L'accordo di separazione omologato costituisce titolo esecutivo?

Paola Silvia Colombo
02 Febbraio 2022

Se nel verbale di omologa della separazione quanto statuito non viene eseguito, il titolo, è suscettibile di apposizione della formula esecutiva per la notifica del precetto di obbligo di fare? Quale procedura va applicata?

Viene depositato ricorso per la separazione dei coniugi dalla moglie. All'udienza presidenziale, in presenza, la separazione giudiziale viene trasformata in consensuale, come da accordo a verbale sottoscritto. Il Tribunale omologa la separazione Nel verbale viene espressamente pattuito che il marito (proprietario esclusivo dell'appartamento sino ad allora coniugale) debba consentire alla moglie di effettuare il trasloco entro un mese e riconsegnare gli effetti personali della moglie e deve versare una somma depositata sul libretto. Il marito, non esegue spontaneamente l'accordo e frappone mille ostacoli all'esecuzione. Il titolo, è suscettibile di apposizione della formula esecutiva per la notifica del precetto di obbligo di fare? È necessario passare dal giudice dell'esecuzione con ricorso ex art. 612 c.p.c. oppure deve intentare un ordinario giudizio di cognizione per ottenere il comando?

Occorre precisare preliminarmente che attraverso la separazione consensuale i coniugi possono stabilire clausole, a contenuto eventuale, funzionali a regolare l'assetto economico dei loro rapporti patrimoniali in conseguenza della separazione.

Si tratta di accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata e che rientrano, dunque, tra i contratti atipici, a cui si applica la disciplina di cui all'art. 1322 c.c.

Il fondamento di siffatto potere va ricercato nell'autonomia contrattuale ad essi attribuita, la quale ben può estrinsecarsi anche ai fini della definizione della crisi coniugale sia con riferimento alla scelta fondamentale di interrompere la convivenza e vivere separati, sia con riferimento alle conseguenze economiche di detta scelta.

Attraverso tali accordi, si può prevedere il trasferimento della proprietà o altro diritto reale su un bene immobile a favore del coniuge del figlio oppure, come nel caso in esame, l'assunzione di impegni negoziali differenti che si estrinsecano nell'obbligo di compiere una determinatà attività o di pagare una determinata somma (Cfr. Cass. n.16909/2015)

L'accordo di separazione diventa efficace fra i coniugi nel momento in cui il giudice lo omologa: ciò vuol dire che se ritiene le condizioni stabilite dai coniugi eque, legittime e conformi agli interessi dei figli, lo stesso diventa vincolante per le parti.

La giurisprudenza e la dottrina sono ormai concordi nel ritenere l'accordo di separazione omologato costituisce a tutti gli effetti un titolo esecutivo, vale a dire titolo idoneo, una volta munito di formula esecutiva, alla attivazione di un procedimento di esecuzione forzata in caso di mancato adempimento delle obbligazioni ivi previste.

La legge (art. 474 c.p.c.) prevede infatti come titoli esecutivi le sentenze e tutti gli altri provvedimenti del giudice, le cambiali e gli altri titoli di credito o gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli.

Venendo al caso in esame, la questione dell'eseguibilità coattiva degli obblighi oggetto di accordi di separazione consensuale deve essere analizzata anche in funzione della tipologia dell'obbligazione assunta dal coniuge.

Nel caso di specie gli accordi di separazione hanno previsto obblighi di fare a carico del marito consistenti nel versamento di una somma su un libretto, nel consentire il trasloco e nel consegnare dei vestiti della moglie custoditi nell'abitazione.

Il nostro ordinamento prevede che le pretese esecutive che hanno ad oggetto l'esecuzione degli obblighi di fare sono disciplinate dagli artt. 612614 c.p.c.

Siffatte norme si correlano alle disposizioni dell'art. 2931 c.c., secondo cui «se non è adempiuto un obbligo di fare, l'avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spese dell'obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile»,

Scopo degli artt. 612 e seguenti è di mettere lo strumento dell'esecuzione specifica a disposizione di chi, a seguito di una intervenuta violazione, è creditore di un fare o di non fare.

Tuttavia, l'unico vero limite all'azionabilità dell'esecuzione degli obblighi di fare è dato dalle caratteristiche della prestazione dovuta: tramite il procedimento esecutivo delineato dagli artt. 612 e seguenti, infatti, il creditore ottiene un risultato equivalente a quello che avrebbe ottenuto a seguito dell'adempimento spontaneo del debitore.

Ne consegue, pertanto, che limite all'esecuzione in forma specifica è dato dalla fungibilità o surrogabilità della prestazione, nel senso che essa può essere eseguita da un terzo o dal debitore con identica soddisfazione per il creditore.

Laddove oggetto dell'obbligo sia un facere infungibile è impossibile eseguire coattivamente la prestazione, essendo insurrogabile il comportamento del debitore.

Nel caso di specie ritengo che le prestazioni oggetto dell'accordo (la consegna dei vestiti custoditi in casa, il versamento di una somma di denaro sul libretto e l'impegno a consentire il trasloco) per le loro caratteristiche peculiari, siano infungibili.

È infungibile, infatti, non solo la prestazione che non può essere materialmente eseguita da un terzo ma anche quella che, postulando una specifica ed autonoma determinazione di volontà dell'obbligato, si risolva in una sua condotta strettamente personale e, quindi, del tutto insostituibile.

Presentano in particolare il carattere dell'infungibilità gli obblighi di fare:

- non realizzabili senza la volontà dell'obbligato;

- che presuppongono la collaborazione attiva dell'obbligato, che deve materialmente porre in essere il comportamento cui è specificamente tenuto.

Sono infungibili e, in conseguenza, incoercibili i facere consistenti in un'attività negoziale o, più in generale, nel compimento di atti giuridici.

Altrettanto infungibili si appalesano gli obblighi di fare che, pur essendo materialmente fungibili, implichino particolari difficoltà o complessità qualitative in sede di esecuzione a cura di un terzo.

In ultimo, la tipologia dei facere infungibili comprende le ipotesi in cui la prestazione abbia ad oggetto cose determinate solo nel genere (in questa evenienza, dovrà essere necessariamente il debitore ad individuare e selezionare, secondo la quantità prefissata, la species).

Non possono, quindi, essere eseguite tali obbligazioni nelle forme degli art. 612 c.p.c.

Pertanto, si dovrà procedere con la procedura ex. art. 614-bis c.p.c., che disciplina le misure di coercizione indiretta.

Con tale procedura l'esecuzione si realizza non secondo il modello tradizionale in via sostitutiva, bensì attraverso la coazione indiretta dell'obbligato, costituita nella condanna al pagamento di una somma di denaro predeterminata “per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento”.

Si è in presenza di una misura coercitiva destinata a garantire gli obblighi di fare infungibile o di non fare, per i quali, ovviamente, non è concepibile l'attività sostitutiva di un terzo rispetto a quella richiesta all'obbligato e non può, dunque, operare l'esecuzione forzata diretta a norma dell'art. 612 c.p.c.

Come emerge chiaramente dal tenore letterale dell'incipit dell'articolo 614-bis, la nuova norma oltre che dare vita ad una sorta di “procedimento” di esecuzione indiretta, incide principalmente sul “contenuto” che deve avere il provvedimento di condanna a un obbligo di fare infungibile o a un non fare.

Di conseguenza, per potersi avvalere di questa forma di tutela, è necessario il preventivo svolgimento di un ordinario processo a cognizione piena.

Questo, peraltro, appare giustificato dalla necessita che il giudice, nel contraddittorio delle parti, non soltanto valuti la non “manifesta iniquità” della misura coercitiva ma ne determini anche l'ammontare.

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