A proposito della natura giuridica dell'iscrizione nel casellario informatico dell'ANAC

07 Febbraio 2022

L'iscrizione nel casellario informatico dell'ANAC ha natura sanzionatoria. La sentenza, in primo luogo, precisa (rectius ribadisce) che altro è la falsa dichiarazione in ordine ai requisiti, altro è l'omessa dichiarazione in merito agli stessi e che solamente la prima (e non anche la seconda) può giustificare (sia in base alla attuale disciplina - D.Lgs. n. 50/2016 -, sia in base a quelle previgente - D.Lgs. n. 163/2006 -) l'automatica esclusione da una gara e la conseguente iscrizione, da parte dell'ANAC, nel casellario informatico dell'operatore economico.

I Fatti. La sentenza che si segnala pone fine ad una pluriarticolata vicenda che origina da una annotazione nel casellario informatico dell'ANAC risalente al 2017 e relativa alla Società appellante. Detta annotazione, in particolare, aveva ad oggetto l'omessa produzione, in una procedura di gara cui quest'ultima Società aveva partecipato, di una dichiarazione del possesso dei requisiti ex art. 38, co. 1, D.Lgs. n. 163/2006, di una sua procuratrice speciale.

Tale annotazione era stata ritenuta legittima dal Consiglio di Stato con sentenza n. 7271/2018, con la quale si era ritenuto che la locuzione “presentazione di false dichiarazioni o falsa documentazione”, contenuta nel citato art. 38, ricomprendesse non solo le false dichiarazioni, ma anche le omesse dichiarazioni.

A seguito di tale pronuncia, la Società segnalata, anche facendo leva sulla sopravvenuta pronuncia dell'Adunanza Plenaria 16/2020, ha nel 2020 proposto all'ANAC apposita istanza volta a ottenere un riesame di detta annotazione.

L'ANAC, ricevuta tale istanza, ha avviato apposita istruttoria conclusasi senza ritirare detta annotazione e quindi confermandola.

Da qui, l'instaurazione di un nuovo giudizio di impugnazione avente ad oggetto tale (nuova) determinazione dell'ANAC. Giudizio da cui è scaturita, in prima battuta, una pronuncia di inammissibilità dell'impugnazione (TAR Lazio, Roma, sez. I, n. 3754/2021), che è stata poi riformata dal Consiglio di Stato con la sentenza di cui si dà notizia.

I principi di diritto ricavabili dal decisum del Consiglio di Stato. La sentenza in esame presenta molteplici profili di intesse sia di carattere processuale, sia (e soprattutto) di carattere sostanziale.

Da un punto di vista processuale, essa opera, anzitutto, un'attenta disamina della differenza tra atto meramente confermativo (come tale non impugnabile) e atto confermativo (passibile, viceversa, di impugnazione), a valle della quale evidenzia che “il riesame, quantunque ampiamente discrezionale, (…) allorché viene attivato, si conclude con un provvedimento che, ove analogo al precedente, assume la natura di conferma propria” da ritenersi autonomamente impugnabile.

Sempre da un punto vista processuale, il Collegio rileva che la precedente decisione assunta dal medesimo Consiglio di Stato in merito alla legittimità della originaria annotazione non possa considerarsi alla stregua di un precedente tale da precludere, in virtù del principio del ne bis in idem, il sindacato sull'atto assunto a valle del procedimento di riesame di tale annotazione. E ciò sia in considerazione del diverso oggetto del nuovo giudizio, sia in considerazione della (solo) parziale coincidenza dei motivi d'impugnazione tra il nuovo e il vecchio giudizio, sia (e infine) in considerazione del fatto che, essendo il giudicato formatosi inter partesdi rigetto”, esso “lascia invariato l'assetto giuridico dei rapporti precedenti alla radicazione del giudizio (…), sì da non compromettere il potere di riesame dell'amministrazione”.

Venendo agli aspetti di diritto sostanziale, occorre rilevare che la decisione fissa taluni principi, alcuni dei quali ormai consolidati, di indubbia rilevanza.

La sentenza, in primo luogo, precisa (rectius ribadisce) che altro è la falsa dichiarazione in ordine ai requisiti, altro è l'omessa dichiarazione in merito agli stessi e che solamente la prima (e non anche la seconda) può giustificare (sia in base alla attuale disciplina - D.Lgs. n. 50/2016 -, sia in base a quelle previgente - D.Lgs. n. 163/2006 -) l'automatica esclusione da una gara e la conseguente iscrizione, da parte dell'ANAC, nel casellario informatico dell'operatore economico.

Muovendo da tale principio - e qui l'aspetto di maggior interesse della pronuncia -, il Consiglio di Stato si sofferma poi sulla natura giuridica dell'annotazione nel casellario ANAC, evidenziando testualmente che è “impossibile escluderne una natura sanzionatoria”, dato che l'annotazione “produce delle conseguenze inequivocabilmente afflittive” per il soggetto che la subisce (sul punto sia consentito di rinviare a P.Provenzano, Brevi riflessioni a margine della disciplina sugli oneri dichiarativi ex art. 38 D.Lgs. 163/2006 contenuta nell'art. 39 del Decreto Legge n. 90/2014, in Giust.amm. 7/2014).

Da tale natura giuridica consegue de plano l'impossibilità di ammettere una “interpretazione estensiva” delle cause che possono giustificare l'annotazione, rispetto alle quali “ope(ra) il principio di stretta tipicità legale della fattispecie sanzionatoria”.

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