Nei giudizi de potestate il minore è litisconsorte necessario: nullo il procedimento senza la nomina del curatore speciale
07 Febbraio 2022
Massima
Nei procedimenti de potestate, connotandosi l'attività del giudice in un controllo sull'esercizio della responsabilità genitoriale che si esplica in presenza di più parti processuali in conflitto tra loro, la partecipazione in giudizio del minore non può dirsi assolta solo con la sua audizione, ma necessita di una veste formale e strutturata; ne consegue che l'omessa nomina del curatore speciale ai sensi dell'art. 78 c.p.c., tale da munire la prole minorenne di difesa tecnica in ossequio all'art. 336 c.c., comma 4, comporta la nullità del procedimento di secondo grado, ex art.354 c.p.c. comma 1, con rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 383 c.p.c. perché provveda all'integrazione del contraddittorio. Il caso
Nel corso di una relazione affettiva, due persone concepiscono un figlio. Con ricorso promosso dal PM, in considerazione dei problemi psichici della madre e del disinteresse del padre non convivente, viene aperto un procedimento de potestate innanzi al Tribunale per Minorenni di Milano a tutela del figlio minore. Con decreto provvisorio, acquisiti gli esiti dei preliminari accertamenti disposti (indagini psicodiagnostiche sulla madre, NPI sul minore), sentita la zia materna intervenuta spontaneamente, il TM, limitando la responsabilità genitoriale, affidava il minore ai Servizi sociali competenti e lo collocava in una comunità educativa unitamente alla madre. Disponeva incontri monitorati e protetti con il padre per il cui accertamento delle risorse genitoriali veniva disposta CTU al fine di individuare un progetto a tutela del minore. Con decreto definitivo, acquisite le risultanze della disposta CTU, della relazione del Servizio Sociale, e della comunità (che dava atto dell'infruttuoso percorso della madre) ritenendo inopportuna l'audizione del minore a fronte della complessità familiare, veniva confermato l'affidamento del minore presso i servizi sociali, limitando la responsabilità dei genitori e incaricando l'ente affidatario di una serie di adempimenti mirati ad un progetto volto a provvedere a collocare il minore presso famiglia affidataria in regime etero familiare per due anni, mantenendo la presa in carico della NPI per il minore, del CPS per la madre per ogni percorso ritenuto necessario e la prosecuzione del percorso di sostegno alla genitorialità per il padre, con onere di monitoraggio e preservazione degli incontri in modalità osservata e protetta con ciascuno dei genitori, con obbligo di segnalare alla Procura minorile eventuali pregiudizi per il minore o modifiche del collocamento. Avverso il decreto, padre, madre e zia materna proponevano tre distinti reclami innanzi alla Corte d'Appello di Milano che previa loro riunione, li rigettava integralmente, aderendo alle conclusioni del giudice di prime cure siccome conformi alle esigenze di crescita del figlio, con ampia motivazione anche in punto di congruità delle risultanze degli accertamenti disposti all'evoluzione positiva dello status emotivo e relazionale del bambino. Ricorrevano in Cassazione con due distinti ricorsi il padre e la zia materna. La questione
Nei procedimenti aventi ad oggetto la decadenza o la limitazione della responsabilità genitoriale il minore è parte in senso sostanziale o anche formale? La sua partecipazione in tali procedimenti può dirsi assicurata solo disponendosene l'ascolto? Quali conseguenze comporta l'omessa nomina di un curatore speciale? Le soluzioni giuridiche
La Cassazione ritorna sul tema della partecipazione del minore nei procedimenti che lo riguardano ed in particolare in quelli de potestate, confermando la peculiarità di questi ultimi che si connotano per essere svolti tra più parti processuali in conflitto – anche solo potenziale – tra loro e che, incidendo su diritti di natura personalissima, postulano la necessità per il minore di essere munito di difesa tecnica. La violazione di tale regola determina la nullità del procedimento, con rimessione della causa al primo giudice, affinché provveda all'integrazione del contraddittorio. Tali principi erano già stati delineati a seguito delle modifiche introdotte dalla l. n.149/2001, seguite da un importante intervento della Corte Costituzionale. La Consulta infatti con la sentenza interpretativa di rigetto n. 1/2002, evidenziò la necessità di inquadrare le norme relative ai procedimenti in camera di consiglio in coerenza ai principi del contraddittorio, del giusto processo e del diritto di difesa. Sulla falsariga di tale orientamento il provvedimento, la giurisprudenza successiva di legittimità, affermò che il minore, nell'ambito dei giudizi de potestate, è a tutti gli effetti parte processuale ed è pertanto necessaria l'instaurazione del contraddittorio nei suoi confronti, previa nomina di un curatore speciale. La mancanza di tale adempimento, come riconfermato nella sentenza in esame, causa la nullità del procedimento(Cass. n. 5097/2014; Cass. n. 83/2011; Corte cost. n. 179/2011). La necessità dell'instaurazione del contraddittorio nei confronti del minore come dei genitori, si desume inoltre dall'indefettibile coordinamento delle norme interne – ed in particolare dell'art. 336 c.c. - con quelle di rango comunitario ed internazionale dotate di efficacia imperativa. In particolare, la Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata con l. n. 176/1991, sottolinea al suo articolo 3, la necessità di tenere in primaria considerazione l'interesse preminente del minore in tutti i giudizi che lo riguardano ed annovera al successivo articolo 12 , l'espressa facoltà per lo stesso di essere ascoltato sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato.Tale disposizione è stata poi recepita dalla c.d. riforma sulla filiazione (l. n. 219/2012 e d.lgs. n. 154/2013 ) che ha introdotto con gli articoli 315-bis c.c. e 336-bis s.s. c.c. il diritto per il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e di età inferiore ove capace di discernimento, ad essere ascoltato nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano (art. 336-octies c.c.). Ancora la Convenzione europea di Strasburgo sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, del 1996, (ratificata con l. n. 77/2003), ha esplicitato le modalità attraverso le quali si esplica il diritto del minore ad esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano, specificando che quando esiste un conflitto di interessi con i genitori o una limitazione della responsabilità venga affiancato da un proprio autonomo rappresentante. In particolare, si sancisce il diritto del minore ad esprimere la propria opinione (art. 3), ad essere rappresentato quando si trovi in una condizione di conflitto di interessi con i genitori (artt. 4 e 9), ad essere assistito anche da un avvocato (art. 5) e ad essere informato dal rappresentante circa la natura del procedimento e le conseguenze, soprattutto ove sia capace di discernimento (art. 10). Significativo appare, altresì, il richiamo agli artt. 37-41 delle “Linee Guida adottate dal Consiglio dei Ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minore” del 17.11.2010, che stabiliscono la necessità che i minori siano assistiti da un avvocato a nome proprio nei procedimenti nei quali si trovino in conflitto di interessi con i genitori, che ricevano la nomina di un tutore ad litem da parte dell'autorità giudiziaria procedente e che siano adeguatamente informati sia dal difensore che dal rappresentante dei loro diritti e delle conseguenze del procedimento, facendo proprie le loro istanze. Accogliendo tali principi la giurisprudenza ha più volte affermato la necessità della tutela dei diritti processuali del minore. Nella specie, la Cassazione, discostandosi da difformi precedenti pronunce, si inserisce nel solco di un orientamento più consolidato ed univoco, rilevando che nei giudizi de potestate il conflitto di interessi tra entrambi i genitori e il minore va sempre presunto anche solo in via potenziale. Ciò anche quando i provvedimenti sono assunti nei confronti di uno solo dei due genitori, non potendosi stabilire ex ante la coincidenza dell'interesse del minore con la posizione del genitore non coinvolto dal procedimento (Cass. n. 7478/2014 richiamata dalla recente Cass. n. 1471/2021). Risulta pertanto applicabile il principio secondo cui quando sussiste un conflitto d'interessi, anche solo potenziale, tra colui che è incapace di stare in giudizio e il suo rappresentante legale è necessaria la nomina di un curatore speciale (Cass. n. 1957/2016). Al minore, va così riconosciuta, la qualità di parte nel giudizio e se, di regola, la sua rappresentanza sostanziale e processuale è affidata al genitore, qualora si prospettino situazioni di conflitto d'interessi spetta al giudice procedere alla nomina di un curatore speciale (Corte cost. n. 83/2011). Pertanto, in caso di omessa nomina del curatore, il giudizio è nullo per violazione del principio del contradditorio. Nella specie invece, pur essendo certa la sussistenza del conflitto perché la richiesta di decadenza dalla responsabilità genitoriale era stata proposta nei confronti di entrambi i genitori non era stato nominato in primo grado alcun curatore speciale, né era stato ascoltato il minore. Il provvedimento della Corte d'appello viene pertanto cassato per nullità con rinvio al Tribunale per i Minorenni per l'integrazione del contraddittorio nei confronti del minore.Osservazioni
Nella pronuncia in commento viene ribadito che solo per i provvedimenti limitativi ed ablativi della responsabilità genitoriale ed ai sensi dell'art. 336 c.c., comma 4, è prevista la nomina di un difensore per il minore, in quanto parte in senso formale, non anche per le controversie relative all'affidamento e regime di frequentazione degli incontri, ossia quando la legittimazione processuale non risulta da alcuna disposizione di legge. In tali controversie i minori possono qualificarsi parti sostanziali, in quanto portatori di interessi diversi, quando non contrapposti, rispetto ai genitori. In questi ultimi giudizi la tutela e partecipazione del minore viene realizzata attraverso il suo ascolto espressamente previsto dall'art.155-sexies c.c., divenuto necessario ai sensi dell'art. 315-bis c.c. e successivamente sancito anche dall'art.337-octies c.c. (introdotto dal d.lgs. n.154/2013 art.55) con la conseguenza che ove questo sia omesso, senza espressa motivazione, deve intendersi violato il principio del contraddittorio. Estremamente interessante il passaggio motivazionale della sentenza in esame che, con espresso richiamo ad un orientamento prevalente in dottrina e giurisprudenza, inquadra la diversità di trattamento della tutela della posizione del minore, anche in relazione alla tipologia dei procedimenti in cui è coinvolto, come applicazione del principio di uguaglianza in senso sostanziale che impone di disciplinare in modo differente, situazioni diseguali. In particolare, ravvisando nel minore una condizione di vulnerabilità connessa alla “mancata conclusione del suo processo di strutturazione di personalità identitaria” che equivale, nel diritto, all'impossibilità di riconoscergli capacità di agire, indica come dovere giuridico l'istituzione di una rete di misure di protezione da calibrarsi con intensità diversa, a seconda del contesto processuale in cui è coinvolto. Inoltre, poiché la sede giudiziaria di per sé rappresenta una “deriva patologica tra le declinazioni delle relazioni umane” in quanto generata da situazioni di conflitto, contrapposizioni ed assenza di collaborazione, essendo un ambito di potenziale pregiudizio, occorre assicurare al minore tutela adeguata attraverso strumenti ed istituti che assicurino l'effettiva emersione del suo specifico interesse. Da tali considerazioni emerge la necessità che al minore, in procedimenti come quelli limitativi, ablativi o restitutivi della responsabilità genitoriale nei quali l'incidenza del giudizio nella sua posizione è particolarmente profonda venga assicurata una rappresentanza ad hoc che possa non soltanto dargli voce come accade attraverso l'ascolto, ma garantisca il rispetto dei suoi diritti in modo più strutturato ed organico attraverso il riconoscimento autonomo e formale della sua posizione, ricorrendo in re ipsa un conflitto di interessi tra quest'ultima e quella delle sue figure genitoriali. La centralità del minore nel processo riporta al concetto di valorizzazione della diversità delle posizioni di partenza, che postula la necessità di approntare idonee garanzie processuali come declinazione dell'applicazione principio di pari opportunità ed uguaglianza sostanziale. La violazione di tale tutela viene sanzionata con la nullità del procedimento: tale automatica conseguenza connessa ai procedimenti de potestate induce a riflettere sul diverso trattamento riservato ai procedimenti legati alla crisi familiare tutte le volte in cui l'elevata conflittualità e la rigida contrapposizione tra parti genitoriali pongono il minore coinvolto in una posizione di conflitto di interessi certamente potenziale (se non in re ipsa) e che però pur potendosi assimilare alla deriva patologica delle relazioni umane che incide in misura significativa sull'interesse del minore determinandone sicuro pregiudizio, non prevede la medesima tutela se non subordinata ad una valutazione discrezionale del Decidente cui è demandato il giudizio. |