La Cassazione boccia la tabella milanese sul danno non patrimoniale da premorienza.Una censura definitiva o un’auspicabile rimeditazione da parte della Corte?

Alessandro Lovato
08 Febbraio 2022

Con l'ordinanza n. 41933/2021 la Cassazione ha bocciato la tabella milanese sul danno non patrimoniale da premorienza perché ritenuta non conforme al parametro dell'equità...
Massima

"Qualora la vittima di un danno alla salute sia deceduta, prima della conclusione del giudizio, per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, l'ammontare del risarcimento spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato, e non a quella statisticamente probabile. Il giudice di merito è tenuto a liquidare tale danno seguendo il criterio della proporzionalità̀, cioè̀ assumendo come punto di partenza il risarcimento spettante, a parità̀ di età̀ e di percentuale di invalidità̀ permanente, alla persona offesa che sia rimasta in vita fino al termine del giudizio, e diminuendo quella somma in proporzione agli anni di vita residua effettivamente vissuti".

Il caso

Tizio, in qualità di tutore del coniuge, con gravi lesioni subite a seguito di un investimento mentre stava attraversando la strada, da parte di un motociclo rimasto sconosciuto, conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Siracusa l'impresa territorialmente designata alla gestione del fondo vittime della strada, onde ottenere il risarcimento dei danni.

Nel corso del giudizio di primo grado, dopo l'espletamento di una CTU medico legale, la danneggiata era venuta a mancare e il giudizio era stato proseguito dagli eredi che si erano visti accogliere la domanda di risarcimento del danno subito dalla de cuius con la liquidazione dell'importo “di euro 418.365,80 a titolo di danno biologico ed euro 202.000,00 a titolo di danno non patrimoniale, oltre agli interessi dalla data del fatto sino al soddisfo e con il carico delle spese di lite.”.

La Corte d'Appello di Catania, in parziale accoglimento del gravame proposto dall'assicurazione e rigetto dell'appello incidentale proposto dagli appellati, liquidava i danni nella minor somma di euro 153.753,00 compensando in parte le spese di lite dei due gradi di giudizio.

La Corte etnea, dopo avere ribadito l'esclusiva responsabilità del veicolo investitore, procedeva alla riliquidazione del danno, sul rilievo che la morte non poteva in alcun modo porsi in relazione causale con l'investimento patito dalla de cuius, così riformando la statuizione del Tribunale che aveva errato a non tener conto dell'intervenuto decesso, posto che laddove la morte della parte danneggiata, si verifichi per cause non collegabili alla menomazione subita, il danno spettante agli eredi iure successionis va calcolato assumendo come parametro la durata effettiva della vita e non più, quella probabile.

Nel procedere alla nuova liquidazione, la Corte d'Appello aveva dichiarato di voler seguire la tabella milanese dell'anno 2018 relativa alla liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla salute definito da premorienza e considerato che il C.T.U. aveva riconosciuto alla vittima un'invalidità di permanente, a titolo di danno biologico, pari al 62% e che tra l'incidente e la morte erano trascorsi cinque anni, liquidava agli eredi la somma di euro 50.708,00 per il primo ed il secondo anno, quella di euro 43.464,00 per i successivi tre anni di sopravvivenza, così per un totale di euro 94.172,00.
Tale somma era stata poi incrementata del 50%, a titolo di personalizzazione, nella misura massima consentita nella citata tabella, pervenendo così alla liquidazione della somma di euro 141.228,00 a titolo di danno non patrimoniale da premorienza a cui aggiungeva l'ulteriore somma di euro 12.495,00 a titolo di danno da invalidità temporanea.

Avverso la sentenza proponevano ricorso gli eredi, lamentando, per ciò che interessa ai fini del presente commento, l'iniquità della liquidazione del danno operata dalla Corte d'Appello, attraverso l'utilizzo della tabella milanese 2018, sulla liquidazione del danno da premorienza. Nessuna difesa veniva svolta dall'impresa assicurativa designata alla gestione del FVS.

La questione

La questione esaminata dalla Corte è la seguente: vi è coerenza tra i criteri di liquidazione previsti dalla tabella milanese per la liquidazione del danno non patrimoniale per lesione del bene salute definito da premorienza e il principio di equità previsto dall'art. 1226 c.c. e, conseguentemente, può la stessa tabella, essere assunta quale valido parametro liquidativo?

Le soluzioni giuridiche

L'ordinanza in esame perviene a concludere che la tabella milanese sul danno non patrimoniale definito da premorienza si dimostri non equa e, come tale, non possa costituire un utile strumento per la liquidazione del relativo danno.

Il percorso argomentativo sviluppato dalla Corte, inizia con due preliminari considerazioni: la prima, relativa alla correttezza dell'operato della Corte d‘Appello etnea, laddove ha aderito all'indirizzo giurisprudenziale in base al quale, nel caso in cui la persona offesa sia deceduta per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, l'ammontare del danno non patrimoniale spettante agli eredi, iure successionis, deve essere parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non a quella statisticamente probabile; la seconda, giudicando corretta l'applicazione della Tabella milanese del 2018, relativa alla correttezza del calcolo del danno da premorienza a cui la Corte d'Appello di Catania, aveva dichiarato di volersi rifare, trattandosi delle tabelle vigenti al momento della decisione.

Fatte tali premesse, la questione che viene presa in considerazione dal Collegio è relativa alla coerenza della Tabella in esame – rispetto alla quale il quarto motivo di ricorso aveva avanzato una serie di censure - con il principio di equità, unico profilo sotto il quale la valutazione del giudice di merito può essere sindacata in sede di legittimità.

Affinché una tabella possa essere ritenuta coerente con il principio di equità, prosegue la Corte, è necessario che garantisca, nella liquidazione del danno, non solo una adeguata valutazione delle circostanze nel caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi. Per tali ragioni, a partire dalla nota e fondamentale sentenza 7 giugno 2011, n. 12408, alle tabelle milanesi per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla invalidità psico-fisica” era stato riconosciuto il valore di parametro guida, a livello nazionale, dell'espressione del principio di equità previsto dall'art. 1226 c.c. e destinato a perdurare, stante la mancata emanazione della Tabella Unica Nazionale, prevista dall'art. 138, comma 2, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209.

Per la stessa ragione, invece, la tabella milanese, relativa alla liquidazione del danno non patrimoniale derivante da perdita del rapporto parentale era stata censurata da due recenti pronunce della stessa Corte (la sentenza 21 aprile 2021, n. 10579 e l'ordinanza 29 settembre 2021, n. 26300) ove era stato evidenziato come tale tabella, non seguendo la tecnica del punto, finiva per liquidare il danno, con una somma ricompresa tra un minimo e un massimo in un intervallo di valori molto ampio e senza modulare la liquidazione sulla base di una serie di circostanze ritenute rilevanti, risultando pertanto non idonea a garantire il rispetto di una ragionevole prevedibilità ed uniformità liquidativa e così da poter positivamente integrare il concetto di equità.

Passando ad esaminare la tabella milanese sul danno non patrimoniale per lesione del bene salute definito da premorienza, la Corte censura le due premesse indicate nella relativa relazione di accompagnamento.
La prima è che secondo gli estensori della tabella "un criterio liquidativo diversificato per fasce di età sia inidoneo ad esprimere la peculiarità della fattispecie", trattandosi di un criterio utilizzato per calcolare l'aspettativa di vita, concetto che diviene irrilevante nel momento in cui la persona viene a mancare. Da ciò consegue, osserva la Corte che, in applicazione di tale criterio, se una persona muore cinque anni dopo il sinistro, non ha alcuna importanza che ella avesse trenta, quaranta o sessant'anni nel momento in cui il sinistro si verificò, perché̀ i cinque anni di vita residua sono risarciti allo stesso modo, a tutte le età.

La seconda premessa contenuta nella relazione alla tabella e oggetto di censura da parte della Corte è quella che "il danno non è una funzione costante nel tempo, ma esso è ragionevolmente maggiore in prossimità dell'evento per poi decrescere progressivamente fino a stabilizzarsi". Questa impostazione, a parere della Corte, non può essere condivisa, in quanto in contrasto con la logica, il diritto e la medicina legale. Il danno biologico non può decrescere dal momento che lo si definisce permanente. Un simile criterio – osserva la Corte - sarebbe accettabile in relazione al danno morale inteso come sofferenza giuridicamente rilevante, perché̀ appartiene alla natura dell'essere umano la capacità di adattarsi (entro certo limiti) anche alle più gravi perdite. Il danno biologico, invece, è per sua natura destinato a permanere e si calcola, col sistema del punto, proprio come invalidità̀ permanente.

Le criticità sopra evidenziate, prosegue la Corte, conducono a risultati iniqui sul piano della liquidazione, come può evincersi facendo un confronto tra il sistema di liquidazione del danno biologico da invalidità̀ permanente che le tabelle milanesi seguono, per il caso di sopravvivenza della vittima fino alla conclusione del giudizio, con quelle del danno da premorienza.

Questo, afferma la Corte, è il punto centrale che il Collegio intende mettere in evidenza - una tabella sul danno da premorienza, per poter essere "equa" nel senso che si è detto, deve partire dal presupposto che a parità̀ di durata della vita residua deve corrispondere, ovviamente in caso di uguale invalidità̀ permanente, un risarcimento uguale. I cinque anni nei quali la de cuius era sopravvissuta, non possono essere liquidati con una somma inferiore, rispetto ai medesimi cinque anni vissuti da un'altra persona che viceversa, sia sopravvissuta fino al termine del giudizio e sia morta, in ipotesi, molti anni dopo.

Tale disparità di trattamento, osserva la Corte, risulta ben evidenziata nei conteggi contenuti nel quarto motivo del ricorso ove si dimostra che, in applicazione della tabella milanese sul danno da premorienza, la liquidazione del danno per un quinquennio di sopravvivenza risulta ben inferiore a quella che si otterrebbe moltiplicando per cinque anni, il valore del risarcimento ottenuto dividendo il risarcimento complessivo ottenibile sulla base delle tabelle, per i soggetti che sopravvivono, per gli anni di aspettativa di vita, conteggiati sulla base delle relative tabelle ISTAT. Nel caso in esame, infatti, una persona di 72 anni con il 62 % di invalidità si sarebbe vista riconoscere, sulla base delle tabelle milanesi relative alla liquidazione del danno non patrimoniale del 2018, la somma di euro 434.647,00.

Tenuto conto dell'aspettativa di vita, secondo le tabelle ISTAT, di una donna di 83-85 anni, prosegue la Corte, anche calcolando per eccesso, come ha fatto il ricorrente, ulteriori 15 anni di aspettativa, si otterrebbe un risarcimento di pari ad almeno 28.976,00 per ogni anno (euro 434.647,00 diviso 15). Moltiplicando tale somma per i cinque anni di sopravvivenza, si ottiene la somma di euro 144.880,00, ben superiore al risarcimento di euro 94.172,00 liquidabile sulla base delle tabelle da premorienza, dimostrandosi così che la tabella in esame si dimostra non conforme al parametro di equità e, pertanto, non possa costituire un utile strumento per la liquidazione del danno.

A nulla rileva, osserva la Corte che l'importo liquidabile, sulla base delle tabelle da premorienza sia personalizzabile (nella specie la Corte d'appello aveva liquidato il complessivo superiore importo di euro 153.753,00 comprensivo di 12.495,00 a titolo di danno da inabilità temporanea), posto che anche il danno liquidabile in base alla tabella sulla liquidazione del danno non patrimoniale è “personalizzabile”.

Alla luce di tali considerazioni eritenuta la necessità di indicare un criterio alternativo, stante l'assenza di un parametro normativo di riferimento, la Corte osserva che pur nella diversità delle possibili tecniche liquidative, appare preferibile adottare un sistema di calcolo che sia rispettoso del criterio della proporzionalità.

Ciò significa, prosegue la Corte, che il danno da premorienza deve essere calcolato considerando come punto di partenza (dividendo) la somma che sarebbe spettata al danneggiato in considerazione dell'età e della percentuale di invalidità, se fosse restato in vita fino al termine del giudizio; rispetto a tale cifra, assumendo come divisore gli anni di vita residua secondo le aspettative che derivano dalle tabelle dell'ISTAT, dovrà essere calcolata la cifra dovuta per ogni anno di sopravvivenza, da moltiplicare per gli anni di vita effettiva, in modo da pervenire ad un risultato che sia, nei limiti dell'umanamente possibile, maggiormente conforme al principio di equità.

Ciò non toglie, osserva la Corte che siano comunque ammissibili anche altri criteri e, in particolare, quelli che, ad esempio, applichino il criterio proporzionale soltanto in parte residua, riconoscendo che una quota del risarcimento si matura immediatamente e l'altra in ragione proporzionale al numero degli anni effettivamente vissuti.

In conclusione, cassando la sentenza, in relazione al criterio utilizzato per la liquidazione del danno, la Corte enuncia il seguente principio di diritto, al quale dovrà attenersi il giudice del rinvio: "Qualora la vittima di un danno alla salute sia deceduta, prima della conclusione del giudizio, per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, l'ammontare del risarcimento spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato, e non a quella statisticamente probabile. Il giudice di merito è tenuto a liquidare tale danno seguendo il criterio della proporzionalità̀, cioè̀ assumendo come punto di partenza il risarcimento spettante, a parità̀ di età̀ e di percentuale di invalidità̀ permanente, alla persona offesa che sia rimasta in vita fino al termine del giudizio, e diminuendo quella somma in proporzione agli anni di vita residua effettivamente vissuti".

Osservazioni

A distanza di pochi mesi dalle sentenze con le quali la Corte di Cassazione ha censurato la tabella elaborata dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano (nell'ambito delle cc.dd. Tabelle milanesi) relativa alla liquidazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, la scure della Corte si abbatte anche sulla tabella contenente “criteri orientativi per la liquidazione del danno derivante da lesione del bene salute definito da premorienza”, ritenendo che la stessa non superi il vaglio della conformità con il criterio di equità e, come tale, non possa costituire uno strumento utile per la liquidazione del danno.

La tabella in questione, precedentemente discussa negli incontri di coordinamento nazionale degli Osservatori sulla Giustizia Civile che si tennero a Milano nel maggio del 2016, venne presentata nel corso dell'Assemblea Nazionale degli Osservatori sulla Giustizia Civile, tenutasi a Roma nel maggio 2017, che ne aveva precisato e approvato il contenuto (con l'eccezione dell'Osservatorio di Roma) e contiene una proposta (criteri orientativi) per la liquidazione del danno che la Corte ritiene di non condividere, ma che aveva trovato numerose concrete applicazioni nella giurisprudenza di merito (per una interessante trattazione sulle prime applicazioni della tabella operate dalla giurisprudenza di merito si rimanda a: P. Mariotti, R. Caminiti, La Tabella milanese sul danno definito da premorienza nelle prime applicazioni giurisprudenziali, in Ridare.it 12 dicembre 2019).

La Corte, che perviene addirittura a fornire una formula matematica per il corretto calcolo del risarcimento, ritiene errata non solo la scelta di attribuire somme maggiori per i primi due anni e quindi, una somma inferiore, dal terzo anno di sopravvivenza in poi, in quanto, il danno biologico permanente, essendo appunto permanente, non è destinato a diminuire, ma anche, in definitiva, l'idea di non considerare il fattore età, ma attribuire un valore al risarcimento a prescindere dall'età del danneggiato. Applicando invece il criterio di proporzionalità e, dunque, dividendo l'importo in astratto risarcibile alla persona offesa, ove fosse sopravvissuta al giudizio, sulla base delle “Tabelle di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla invalidità psico-fisica”, per gli anni residui di vita secondo le tabelle elaborate dall'ISTAT e, quindi, moltiplicando il risultato per gli anni di effettiva sopravvivenza, gli importi liquidabili – nel caso esaminato in sentenza - sarebbero ben superiori a quelli liquidabili sulla base della tabella milanese relativa alla liquidazione del danno non patrimoniale definito da premorienza. Di qui l'iniquità della tabella in esame.

La scelta operata dagli Osservatori, nell'elaborazione della tabella, come risulta dalla relazione di accompagnamento, era stata quella di tentare di fornire un criterio orientativo per la liquidazione di tale particolare fattispecie di danno che evitasse di pervenire a liquidazioni che erano apparse non idonee a soddisfare il principio di equità, ma che la invece la Corte considera ulteriormente sperequative, questa volta in senso contrario, come afferma nel penultimo capoverso del punto 5,4 della sentenza.

Adottando infatti il criterio di proporzionalità indicato dalla Corte, l'aspetto che era stato considerato in senso critico, in sede di elaborazione e discussione della tabella era che dividendo il risarcimento astrattamente ottenibile sulla base delle tabelle generali, per gli anni di aspettativa di vita del de cuius, si otteneva il paradossale effetto per cui più era giovane il danneggiato, più ridotto sarebbe risultato il risarcimento e ciò era parso assolutamente iniquo.

Infatti, per fare un esempio – utilizzando le indicazioni contenute nella sentenza - prendendo a riferimento un'aspettativa di vita di 83-85 anni e applicando il criterio proporzionale indicato dalla Corte si ottiene che per una donna di 72 anni con un 62 % di ip (applicando le tabelle 2018) il danno non patrimoniale risarcibile sarebbe pari ad euro 464,647,00. Dividendo detto risultato, per i 12 anni di aspettativa di vita residua, si perviene all'importo euro 36.220,58 che moltiplicato per i cinque anni di effettiva sopravvivenza porta a un risarcimento di euro 181.102,91. Senonché,effettuando lo stesso calcolo con una donna di 35 anni si avrebbe che il relativo risarcimento di euro 567.051,00, diviso per 49 anni di aspettativa di vita residua, ammonterebbe ad euro 11.572,46 che moltiplicato per i cinque anni di effettiva sopravvivenza, porterebbe ad un risarcimento di euro 57.862,34. Se poi si volesse effettuare il calcolo con una bambina di 8 anni, si avrebbe che il risarcimento di euro 650.286,00 diviso per i 76 anni di aspettativa di vita residua, ammonterebbe ad euro 11.572,46 e ciò porterebbe ad un risarcimento di gran lunga inferiore, pari ad euro 42.781,97.

Applicando invece la tabella milanese (2018) sul danno da premorienza si otterrebbe per lo stesso periodo di sopravvivenza e per tutte le vittime, l'importo di euro 94.172,00 personalizzabile fino a euro 141.258,00, importo che pare obiettivamente un equo compromesso rispetto ai non coerenti risultati ottenibili con l'applicazione del metodo proporzionale indicato dalla Corte.

Ciò che infatti era apparso iniquo, era proprio la disparità tra un danno liquidabile nel caso di premorienza di una donna di 72 anni (181.102,91) e quello liquidabile per una bambina di 8 anni (42.781,97).

Di qui la scelta di non ricorrere al metodo proporzionale, escludere un criterio equitativo puro, non idoneo ad assicurare uniformità e prevedibilità delle decisioni ed altri criteri (compreso il metodo c.d. romano) che portassero a queste differenze nei risultati che apparivano sperequative e, pertanto, inique, nei riguardi delle vittime più giovani.

La scelta, come ben spiegato nella relazione illustrativa della tabella, era stata quella di ricorrere ad un criterio liquidativo che utilizzasse quali parametri:

a) il risarcimento medio, ossia il risultato della media matematica, per ogni percentuale di invalidità, tra il quantum liquidabile sulla base delle Tabelle Milanesi ad un soggetto di anni 1 e quello di un soggetto di anni 100, e cioè la media tra la somma risarcitoria massima e quella minima;

b) l'aspettativa di vita media, prendendo a riferimento la vita potenziale di un soggetto di età compresa tra gli 1 e i 100 anni (che corrispondono agli estremi anagrafici presi in considerazione dalla citata Tabella) a prescindere dal sesso di appartenenza e facendo la media matematica tra le aspettative di vita maschile e femminile di ogni soggetto e quindi quella matematica generale;

c) il risarcimento medio annuo corrispondente al rapporto tra il risarcimento medio e l'aspettativa di vita media, che in definitiva è la distribuzione annua, in funzione dell'aspettativa di vita media, della massa risarcitoria media per ogni percentuale invalidante.

Non vi è poi alcuna diminuzione del risarcimento medio. La Corteafferma che il danno biologico, in quanto permanente, non è destinato a diminuire e cesura la Tabella milanese che prevede una diminuzione del risarcimento dopo i primi due anni.Tuttavia, la Tabella milanese, per i primi due anni di invalidità prevede invece il riconoscimento di un incremento del valore del risarcimento medio annuo nella misura del 100%, per il primo anno e del 50 % per il secondo anno, non già, dunque, applicando una diminuzione del “danno biologico” ma, piuttosto, un aumento del danno non patrimoniale in considerazione di una maggiore intensità della sofferenza derivante dalla menomazione in tale primo periodo.

Tale impostazione era sembrata coerente non solo con le indicazioni che erano pervenute dalla componente dell'Osservatorio costituita da medici legali, ma anche sulla base di precise indicazioni giurisprudenziali che si era ritenuto di condividere, e sul tale aspetto si può richiamare Cass. 2297/2011, laddove afferma che “in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da fatto illecito, qualora, al momento della liquidazione del danno biologico, la persona offesa sia deceduta per una causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza di esso, alla valutazione probabilistica connessa con l'ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato va sostituita quella del concreto pregiudizio effettivamente prodottosi, cosicché l'ammontare del danno biologico che gli eredi del defunto richiedono "iure successionis" va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva, pur tenendo conto del fatto che nei primi tempi il patema d'animo è più intenso rispetto ai periodi successivi".

La tabella sul danno da premorienza, prevede inoltre un parametro relativo alla possibile personalizzazione – previsto nella quinta colonna– ed è stato indicato con particolare riferimento al fattore anagrafico, così da attribuire nel concreto una possibile maggiore liquidazione, da parte del Giudice, anche in relazione al fattore dell'età.

Ora, come ha ricordato l'Avv. Giuseppe Chiriatti (si veda CHIRIATTI G., Alla ricerca dell'equità: i danni da premorienza e terminali nelle nuove Tabelle milanesi, in Ridare.it, 25 settembre 2018), è stato osservato da taluni autori come tali nuovi criteri liquidativi, contenuti nelle “nuove tabelle” afferenti, tra l'altro, i danni da premorienza, non possono certo godere di quel rango “paranormativo” che è stato riconosciuto dalla c.d. sentenza Amatucci (Cass. civ., n. 12408/2011) alle tabelle “storiche” per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione del bene salute (in questo senso BONA M., Tabelle milanesi oltre il seminato: critica ai parametri per i danni da premorienza e terminali, in Ridare.it, 17 aprile 2018; SPERA D., Le tabelle milanesi edizione 2018, in Ridare.it, 20 giugno 2018).

Ciò nonostante i criteri orientativi elaborati nella tabella - giudicati favorevolmente da numerosi Osservatori sulla Giustizia Civile (Bologna, Catania, Firenze, Genova, Reggio Calabria, Reggio dell'Emilia, Rimini, Roma, Salerno, Torino e Verona) – avevano trovato, come sopra ricordato, le prime concrete applicazioni nella giurisprudenza di merito.

La soluzione indicata dalla Corte, al di là del caso in esame, non pare convincente, a parere di chi scrive, per dettare un criterio che risolva universalmente, in modo equo, il delicato e difficile problema liquidativo che si impone nel caso di premorienza.

Il criterio proporzionale, soffre infatti, come sopra evidenziato, il grave limite sperequativo in relazione all'età delle vittime, penalizzando fortemente i risarcimenti relativi alle vittime più giovani.

La Corte, tuttavia, nella sentenza in commento, dopo aver dettato il criterio applicabile nel caso portato al suo esame, ritiene comunque ammissibili anche altri criteri, quelli che ad esempio, “applichino il criterio proporzionale solo in parte residua, riconoscendo che una quota del risarcimento si matura immediatamente e l'altra in ragione proporzionale al numero di anni effettivamente vissuti.”.

Tale ulteriore indicazione che certamente non contribuisce ad indicare un criterio di riferimento uniforme per la liquidazione e la prevedibilità delle decisioni, tuttavia suggerisce, a parere di chi scrive che dovrà essere compito del legale proporre al giudice, un parametro liquidativo che evidenzi le soluzioni che appaiano più eque, nel caso concreto, sia in base all'applicazione della “formula matematica” indicata dalla Corte nell'ordinanza in esame, sia evidenziando il diverso risultato ottenibile con l'applicazione dei criteri orientativi suggeriti dalla tabella milanese per la liquidazione del danno da premorienza che non potrà non essere comunque considerata un parametro di riferimento o, eventualmente di altri criteri liquidativo che possano consentire al giudicante una liquidazione del danno conforme ad equità ex art. 1226 c.c. e 2056 c.c.

Come è stato infatti osservato dalla Corte in altra occasione, sez. III, sent. 26 giugno 2020, n. 12913: La mera divergenza del risultato quantitativo - quando non si manifesti come assurda od intollerabilmente sproporzionata, anche in relazione a casi analoghi - non mette in discussione i principi-parametro espressi dalle norme di diritto di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., laddove l'esame della attività svolta dal Giudice di merito evidenzi la esaustività delle premesse in fatto, considerate essenziali ai fini dell'integrale risarcimento del danno, e la coerenza logica dei parametri assunti a base del sistema di calcolo prescelto per tradurre nell'equivalente valore patrimoniale il pregiudizio da ristorare”.

In questa sentenza la Suprema Corte,trovandosi a giudicare la liquidazione di un danno definito da premorienza (ndr. la liquidazione non era stata operata sulla base della tabella del danno da premorienza) aveva stabilito inoltre affermato che: “Nell'esercizio del potere di liquidazione del danno alla salute secondo equità si devono assicurare l'adeguatezza del risarcimento all'utilità effettivamente perduta e l'uniformità dello stesso in situazioni identiche; perciò, qualora tali scopi non siano raggiungibili attraverso il criterio cd. "tabellare", venendo in questione un'ipotesi di danno biologico non contemplata dalle tabelle adottate, il giudice di merito è tenuto a fornire specifica indicazione degli elementi della fattispecie concreta considerati e ritenuti essenziali per la valutazione del pregiudizio, nonché del criterio di stima ritenuto confacente alla liquidazione equitativa, anche ricorrendo alle tabelle come base di calcolo, ma fornendo congrua rappresentazione delle modifiche apportate e rese necessarie dalla peculiarità della situazione esaminata”.

Un'ultima annotazione.

Né la tabella sul danno da premorienza, né il criterio indicato dalla Corte nella sentenza in commento, risolvono il problema che appare invero ineludibile, della disparità che si verifica, come si evidenzia nella motivazione, tra il caso di chi sopravvive alla definizione della controversia con il passaggio in giudicato della decisione o con eventuale stipula di una transazione e chi, invece, viene a mancare prima della definizione.

Nella sentenza n. 12913/2020 da ultimo citata, che peraltro affronta sotto altra prospettiva e per taluni aspetti in modo difforme, molte delle questioni esaminate nella sentenza in commento, la Suprema Corte ritiene che “l'obiezione dell'ingiustificato diverso trattamento risarcitorio, cui rimarrebbe esposto il soggetto deceduto in corso del giudizio, rispetto al trattamento riservato, invece, al soggetto ancora in vita al momento della liquidazione del danno, prospettato dai ricorrenti come illogica conseguenza della durata del processo, si rivela un argomento ascrivibile alla figura retorica del paralogismo. Premesso che il fenomeno della eccessiva durata del processo è vicenda del tutto estranea rispetto alla applicazione dei principi di diritto sopra enunciati, essendo inidonea, pertanto, la mera allegazione di un problema pratico ascrivibile a varie e complesse ragioni che qui non è dato esaminare- a veicolare una pertinente critica al fondamento giuridico della commisurazione del danno non patrimoniale alla durata della vita effettiva del danneggiato (la durata del processo non è elemento costitutivo del credito risarcitorio, né elemento determinativo della valutazione della entità del danno e della sua commisurazione per equivalente monetario: si vedano per analoghe considerazioni le motivazioni di Cass. sez. VI- 3, 31 ottobre 2019, n. 28168), osserva il Collegio che il criterio di liquidazione del danno biologico "permanente" fondato su una stima del quantum compiuta in previsione della probabile durata della vita futura del soggetto, è del tutto consentaneo alla natura e tipologia del danno da stimare (invalidità anatomo-funzionale che perdura nel tempo), e risponde altresì alla esigenza dell'ordinamento giuridico di pervenire, attraverso l'esercizio della funzione giudiziaria, comunque ad una definizione delle controversie sul risarcimento del danno, perseguendo - attraverso la liquidazione di un danno futuro che appaia verificabile - lo scopo di garantire la certezza dei diritti e la tendenziale stabilità dei rapporti giuridici”.

Al di là di queste considerazioni, come è stato osservato, in taluni particolari casi, una soluzione concreta potrebbe forse essere individuata facendo riferimento all'istituto della rendita vitalizia, si veda al riguardo la sentenza Trib. Milano, sez. I, 14 maggio 2019 (F. Martini, Il risarcimento del danno non patrimoniale in forma di rendita vitalizia, Percorribilità e praticabilità dell'istituto, Ridare.it 2019), ove si è affermato che “Il risarcimento del danno non patrimoniale per la grave lesione del bene salute ben può essere risarcito, in alternativa al metodo tradizionale, con lo strumento della rendita vitalizia ex art. 2057 c.c., ove le circostanze del caso lo indichino, quali la oggettiva gravità della situazione in cui versi la vittima, il carattere permanente del danno e l'impossibilità di stabilire, in modo oggettivo, una durata presumibile della vita della danneggiata (ormai già in età molto avanzata)”.

Riferimenti
  • Napolitano C., Le Tabelle di Milano quale parametro di conformità per la valutazione equitativa del danno biologico, Danno e Responsabilità, n.1, 1 gennaio 2021, p. 95;
  • Pardolesi R. e Simone R, Le nuove Tabelle milanesi e il fascino discreto della para-normatività, Danno e Responsabilità, n.4, 1 luglio 2021, p. 423;
  • Bona M., Danno non patrimoniale permanente e morte sopravvenuta per cause indipendenti: critica al “criterio della proporzione” e soluzioni alternative, Ridare.it 15 Febbraio 2016;
  • Breggia C., Danno biologico intermittente: le nuove proposte del Tribunale di Milano, Ridare.it, 16 Marzo 2017;
  • De Giovanni C., Morte sopravvenuta del danneggiato per cause indipendenti dal fatto oggetto del giudizio e liquidazione del danno biologico, Ridare.it, 15 Luglio 2019;
  • Moro D., Danno biologico intermittente: la soluzione “milanese”, Ridare.it 22 Maggio 2017;
  • Spera D., Ventriglia L., Danno alla persona, Ridare.it, 15 Luglio 2019;
  • Spera D., Roma – Milano ancora più distanti: le due Tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale a confronto, Ridare.it, 17 dicembre 2019.