Accesso ai benefici penitenziari: se ci sono anche reati ostativi, bisogna prima sciogliere il “cumulo”
17 Febbraio 2022
Lo ha confermato la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 33, pubblicata il 15 febbraio 2022. Violenza sessuale: misure alternative alla detenzione possibili solo a certe condizioni. La pronuncia della Consulta trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1-quater, della l. n. 354/1975 (c.d. Legge sull'ordinamento penitenziario) nella parte in cui prevede che i benefici di cui al comma 1 – l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, e le misure alternative alla detenzione – possono essere concessi al condannato per i delitti di cui agli artt. 609-bis e 609-ter c.p. (violenza sessuale e violenza sessuale aggravata) solo sulla base dei risultati dell'osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno.
Le censure del giudice a quo. Il rimettente ritiene che tale disposizione violerebbe, innanzitutto, l'art. 3 Cost. per contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto il rigido e unitario parametro temporale fissato dal legislatore – che preclude in modo assoluto l'accesso ai benefici allorché la pena da espiare, anche residua, risulti inferiore a un anno – si baserebbe su presunzione assoluta, arbitraria e irrazionale, essendo ben possibile che un'osservazione per un tempo più ridotto sia sufficiente a studiare la personalità del condannato per un reato sessuale e a formulare un giudizio circa l'idoneità di una misura alternativa alla detenzione a rieducarlo e a prevenire il rischio della commissione di reati. Ad avviso del rimettente, la norma impugnata determinerebbe, altresì, una irragionevole disparità di trattamento tra gli autori dei reati sessuali considerati e gli autori di altri reati, anche di particolare allarme sociale, i quali possono accedere alle misure alternative sulla base di un'osservazione scientifica della personalità la cui durata resta legata all'effettivo profilo personale del soggetto. Inoltre, si registrerebbe anche una irragionevole disparità di trattamento tra gli stessi autori di reati sessuali: il condannato per reato sessuale ad una pena più severa, in quanto autore di un fatto più grave, può, infatti, ottenere, previa osservazione annuale, una misura alternativa, diversamente dal condannato per fatto meno grave che, dovendo espiare una pena, anche residua, inferiore a un anno di reclusione, non ha alcuna possibilità di accedere ai benefici.
Cumulo di reati: a quale reato si riferisce la pena residua? Il giudice delle leggi ritiene, tuttavia, di non poter decidere nel merito la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice a quo, in quanto inammissibile per insufficiente descrizione della fattispecie concreta e difetto di motivazione sulla rilevanza. Il rimettente, infatti, ha riferito che l'istante nel procedimento a quo è stato condannato, con sentenza divenuta irrevocabile, a tre anni e sei mesi di reclusione per tre diversi reati: sequestro di persona aggravato, violenza sessuale aggravata e lesioni personali aggravate. Di questi, però, uno solo – la violenza sessuale aggravata – è ostativo alla concessione dei benefici penitenziari ai sensi della norma censurata. In questa situazione, sarebbe stato onere del giudice a quo verificare e specificare a quale, o a quali, di tali reati era imputabile la modesta frazione di pena residua (due mesi e diciotto giorni di reclusione) che – sempre secondo quanto riferito dal rimettente stesso – l'interessato avrebbe dovuto ancora scontare alla data dell'ordinanza di rimessione.
Benefici penitenziari e reati ostativi: bisogna sciogliere il cumulo. La giurisprudenza di legittimità è da tempo costante nel ritenere che, nel caso di cumulo, materiale o giuridico, di pene inflitte per diversi titoli di reato, alcuni dei quali soltanto compresi nell'elenco dell'art. 4-bis ord. pen., occorre procedere allo scioglimento del cumulo, venendo meno l'impedimento alla fruizione dei benefici penitenziari qualora l'interessato abbia già espiato la parte di pena relativa ai reati ostativi (cfr., con riguardo al cumulo materiale, Cass. Pen., n. 28141/2021; con riguardo al cumulo giuridico, Cass. Pen. n. 52182/2016). Inoltre, è stato precisato che, a questi fini, deve ritenersi scontata per prima la pena più gravosa per il reo, ossia quella riferibile ai reati che non consentirebbero l'accesso ai benefici (cfr., ad es., Cass. Pen. n. 28141/2021). Tale indirizzo giurisprudenziale, peraltro, ha recepito le indicazioni del giudice costituzionale, secondo il quale la disciplina dell'art. 4-bis ord. pen. non ha creato uno status di detenuto pericoloso destinato a permeare di sé l'intero rapporto esecutivo, a prescindere dallo specifico titolo di condanna concretamente in esecuzione (Corte Cost. n. 361/1994). La lacunosità, su questo punto, dell'ordinanza di rimessione impedisce, dunque, di verificare l'effettiva rilevanza della questione di legittimità costituzionale: il che, per costante giurisprudenza della Consulta, ne determina l'inammissibilità (cfr., ex plurimis, Corte Cost., n. 136/2021). La questione sarebbe, infatti, prive di rilievo ove la frazione di pena ancora da scontare fosse imputabile ai soli reati non ostativi.
Fonte: Diritto e Giustizia |