Sicurezza negli sport invernali: norme di comportamento degli utenti delle aree sciabili e profili sanzionatori (Parte 2)
23 Febbraio 2022
Obbligo di utilizzo del casco protettivo
Il capo III, comprendente gli articoli da 17 a 33, nell'occuparsi delle norme di comportamento alle quali gli utenti delle aree sciabili devono attenersi nell'esercizio della disciplina sportiva della quale stiamo trattando, richiama in maniera quasi integrale le precedenti norme di cui alla legge 24 dicembre 2003, n. 363, con alcune aggiunte effettivamente di rilievo. In particolare, l'art. 17 del d.lgs. 28 febbraio 2021 n. 40 ricalca infatti l'art. 8 della legge del 2003, prevedendo tuttavia, in aggiunta a quest'ultimo, una estensione dell'obbligo di utilizzo del casco protettivo ad ulteriori discipline e ad ulteriori soggetti
A mente della precedente norma:
La nuova norma, come sopra anticipato, estende l'obbligo di utilizzo del casco protettivo anche alla slitta ed allo slittino, nonché, a prescindere dalla disciplina sportiva, ai soggetti maggiori di anni quattordici.
L'innalzamento dell'età “protetta”, oltre ad essere certamente opportuno è anche dettato da quanto previsto dalla legge delega, la quale ha esteso l'obbligo a coloro che hanno superato i 14 anni di età. Vi è tuttavia una discrasia tra quanto previsto dalla Legge delega e quanto poi disposto dal Legislatore delegato, e ciò in quanto il primo indicava “l'estensione dell'obbligo generale di utilizzo del casco anche a coloro che hanno superato i quattordici anni d'età, nella pratica dello sci alpino e dello snowboard, in tutte le aree sciabili compresi i percorsi fuori pista”. Il secondo, invece, ha limitato l'obbligo ai minorenni ed ha escluso espressamente lo sci fuori pista. Anche l'inserimento nella lista delle attività sportive del telemark, caratterizzato da basse velocità, è piuttosto singolare, tanto quanto l'esclusione dell'attività dello sci alpinismo e dello sci fuori pista, che il precedente articolo 2 distingue in modo netto dallo sci alpino. Appare evidente che si tratta di una svista, posto che ambedue le discipline sono da considerare tra le più pericolose tra quelle latu sensu sciistiche. Le eventuali sanzioni conseguenti al mancato utilizzo del casco protettivo in relazione a tali ultime attività potrebbero, dunque, essere oggetto di annullamento in quanto comminate in mancanza di una specifica previsione normativa.
Ulteriori differenze sono rappresentate dall'innalzamento del minimo edittale delle sanzioni amministrative conseguenti al mancato utilizzo del presidio protettivo (portato dagli originari € 30,00 agli attuali € 100,00) e dalla devoluzione all'Autorità amministrativa della competenza, precedentemente in capo all'Autorità Giudiziaria, in materia di sequestro dei caschi protettivi non conformi alla normativa. Altre notazioni relative all'art. 17 riguardano l'innalzamento del minimo edittale per le sanzioni amministrative (portato ad € 100 dai precedenti € 30) e l'assegnazione della competenza a procedere al sequestro dei caschi protettivi non conformi all'autorità amministrativa anziché a quella giudiziaria. La seconda rappresenta una modifica certamente importante dal punto di vista pratico, tenuto conto del fatto che l'Autorità amministrativa non abbisogna, per la propria attivazione ed a differenza di quella giudiziaria, di una notizia di reato.
Il successivo art. 18 del d.lgs. 28 febbraio 2021 n. 40 differisce in parte dal precedente art. 9 della legge 24 dicembre 2003, n. 363, poiché, oltre a disciplinare l'aspetto della velocità, pone innovativamente (ed opportunamente) l'accento su una sorta di autoresponsabilità dell'utente, in capo al quale è posto un generale “obbligo di prudenza” (così la rubrica della nuova norma).
Di seguito i riferimenti normativi:
È quindi imposta agli sciatori una condotta che, in relazione alle proprie capacità tecniche, alle caratteristiche della pista e alla situazione ambientale, non costituisca pericolo per l'incolumità propria e altrui. La norma amplia pertanto quella contenuta all'interno del precedente art. 9 della legge 24 dicembre 2003, n. 363, ponendo maggiore responsabilità in capo agli sciatori, i quali dovranno mantenere una velocità ed un comportamento di prudenza, diligenza ed attenzione adeguati alla propria capacità (anche il riferimento alla capacità rappresenta una novità), alla segnaletica ed alle prescrizioni di sicurezza esistenti, nonché alle condizioni generali della pista stessa, alla libera visuale, alle condizioni meteorologiche ed all'intensità del traffico. Lo sciatore, inoltre, deve adeguare la propria andatura alle condizioni dell'attrezzatura utilizzata, alle caratteristiche tecniche della pista e alle condizioni di affollamento della medesima Come si diceva dinanzi, viene operato un innovativo richiamo alla autoresponsabilità, condizionata peraltro al fatto che lo sciatore sia messo in condizione di conoscere le disposizioni previste per l'uso delle piste, le quali, come espressamente stabilito al comma I, debbono essere “rese pubbliche mediante affissione da parte del gestore delle piste stesse alla partenza degli impianti, alle biglietterie e agli accessi delle piste”. Infine, la condotta dello sciatore non deve essere un pericolo non solo per gli altri, ma neppure per la propria incolumità. Norma quella in commento certamente di rilievo, la quale, al pari dell'art. 17 del quale si è parlato più sopra, desta tuttavia alcune perplessità. La prima riguarda la “limitazione” delle regole di condotta alle sole piste da sci, con esclusione quindi di quelle discipline oggetto di distinzione da parte dello stesso Legislatore delegato all'art. 2 (sci alpinismo e fuori pista) che si svolgono al di fuori delle piste da sci e che, ed anche di ciò abbiamo detto, sono contrassegnate da un alto (e probabilmente maggiore) grado di pericolosità. Non è inoltre chiaro quali siano i rapporti tra l'art. 18 in commento ed il precedente art. 16. Quest'ultimo riguarda le informazioni connesse alla mappa ed al grado di difficoltà delle piste di cui all'art. 5, comma 5, alla segnaletica ed alle regole di condotta, ed afferma che le informazioni debbono essere apposte, in modo adeguatamente visibile, mediante collocazione nella biglietteria centrale e nella stazione di partenza dei principiali impianti.
L'art. 18 indica l'affissione (sembrerebbe quindi che si prescinda dalla visibilità) alla partenza degli impianti, alle biglietterie ed agli accessi delle piste e si riferisce alle informazioni connesse alle “disposizioni previste per l'uso delle piste”. Sembra che per il legislatore delegato le “regole di condotta” siano diverse dalle “disposizioni previste per l'uso delle piste” e che le prime debbano essere “adeguatamente visibili” solo nei punti principali (biglietteria centrale e stazioni dei principali impianti), mentre le seconde debbano essere affisse anche in modo non adeguatamente visibile, ma presso tutti gli impianti, tutte le biglietterie e tutti gli accessi alle piste. Anche in questo caso appare probabile che si tratti di una mancanza di coordinamento tra le due norme, diversamente risultando difficilmente spiegabile una tale distinzione. Il d.lgs. prosegue poi disciplinando, al proprio art. 19, le regole di precedenza alle quali far riferimento sulle piste, ricopiando nella sostanza il precedente art. 10 della legge 24 dicembre 2003 n. 363, con l'unica, e per il vero, ad avviso di chi scrive, scarsamente rilevante aggiunta del riferimento ai “pericoli”.
Di seguito le norme in discorso:
L'articolo 20, disciplinante le modalità di sorpasso, è in tutto e per tutto identico al precedente art. 11 della legge 24 dicembre 2003 n. 363 ed obbliga lo sciatore che intende sorpassare un altro sciatore ad assicurarsi di disporre di uno spazio sufficiente allo scopo e di avere sufficiente visibilità. Di seguito le norme di riferimento
Il successivo art. 21, invece, risulta innovativo rispetto al precedente art. 12 del d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 363. Di seguito le norme di riferimento
All'interno di tale nuova disposizione il Legislatore ha quindi ancora una volta inserito norme destinate ad influire sull'autoresponsabilità: non più precedenza a destra o in base alla segnaletica, ma dovere di “modificare la propria traiettoria e ridurre la velocità per evitare ogni contatto con gli sciatori giungenti da altra direzione o da altra pista”. Lo sciatore è inoltre onerato di “prendere atto” di chi sta giungendo da altra pista anche se a monte. Ancora una volta è evidente l'intenzione di imporre regole elastiche agli sciatori, confidando nella loro capacità di adeguare le proprie condotte alle esigenze di sicurezza. Nella pratica si dovrà poi verificare se la scelta in questione, la quale di fatto elimina la regola della “precedenza a destra” agli incroci, sia stata corretta o meno, nonché in che modo una tale modifica andrà ad influire in ambito processuale da punto di vista dell'attribuzione di responsabilità all'uno piuttosto che all'altro tra i soggetti coinvolti nel sinistro.
Lo stazionamento e il risarcimento per fatto illecito
L'art. 22 del d.lgs. in commento disciplina invece lo “stazionamento” e va sostanzialmente a riprendere il contenuto dell'art. 13 della legge 24 dicembre 2003 n. 363, senza particolari aggiunte, se non in relazione alla sosta presso i rifugi.
In particolare, gli utenti che sostano presso tali strutture (ma anche in “altre zone”, con ciò dunque ricomprendendo qualunque tipo di sosta non legata ad emergenze) devono posizionare la propria attrezzatura fuori dal piano sciabile al fine di non ostruire la pista e non recare intralcio o pericolo agli altri. In ipotesi di sinistro cagionato, in tutto od in parte, dalla presenza di attrezzatura sul piano sciabile od in prossimità di esso, potrà essere chiamato senza dubbio a rispondere dei danni il proprietario dell'attrezzatura stessa. Si ritiene peraltro che una tale precisazione rilevi soprattutto sul piano amministrativo e vada quindi a fare da presupposto per l'emanazione della sanzione conseguente alla violazione dell'obbligo ivi descritto, ricollegandosi piuttosto una eventuale responsabilità civile alle regole generali che la disciplinano ed in particolare agli art. 2043, sub specie “insidia o trabocchetto” e 2051 del Codice civile ed alla responsabilità da cosa in custodia.
Del resto, non costituisce “insidia occulta” ogni situazione di pericolo, ma solamente quella che l'utente medio, usando la normale diligenza richiesta dalla particolare situazione in cui si trova, non può obiettivamente prevedere.
Come sopra anticipato, il danneggiato potrà altresì invocare la disposizione di cui all'art. 2051 c.c. (anche in via contemporanea ed alternativa).
Come noto, in materia di responsabilità da cose in custodia è onere del danneggiato dimostrare la sussistenza di un nesso di causalità tra l'evento dannoso e la cosa.
La previsione di cui all'art. 2051 c.c., pertanto, esonera il danneggiato dalla prova soltanto dell'elemento soggettivo della colpa del custode e non anche del nesso di causalità, che invece deve essere da lui fornita. La natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia, quindi, non legittima il danneggiato a ritenere assolto l'onere della prova posto a proprio carico unicamente dimostrando di essere caduto in corrispondenza di un'anomalia e riversando sul custode ogni altro onere. Il danneggiato è invece tenuto a fornire la prova positiva anche del nesso di causalità tra il danno e la res e, a tal fine, è suo preciso onere dimostrare anzitutto l'attitudine della cosa a produrre il danno, in ragione dell'intrinseca pericolosità ad essa connaturata, atteso che – in assenza di una simile caratteristica della cosa – il nesso causale non può per definizione essere ritenuto sussistente. Mettendo momentaneamente da parte l'art. 23, disciplinante l'omissione di soccorso e sul quale torneremo più avanti, l'art. 24 del Decreto si occupa invece del “Transito e risalita”, in ciò riprendendo, con una lieve aggiunta, il contenuto del precedente art. 15 della legge 24 dicembre 2003 n. 363.
Rispetto al precedente articolo dedicato alla questione, il Legislatore, come si noterà, ha inserito un riferimento alle sedute di allenamento (e non solo alle gare) nel divieto per gli utenti di sorpassare i limiti segnati, di sostare sulla pista chiusa e di percorrerla. A contrario, ma ciò è abbastanza ovvio, una tale condotta è consentita a coloro che partecipano alla gara o alla seduta di allenamento che si svolgono sulla pista, i quali, appunto, avranno la possibilità di sorpassare, sostare e percorrere la stessa. Si occupa invece dei “Mezzi meccanici” il successivo art. 25, il quale riprende, senza particolari innovazioni a parte un riferimento diremmo ovvio ai mezzi adibiti “al soccorso”, il contenuto del precedente art. 16 della legge 24 dicembre 2003, n. 363.
Il successivo art. 26 del d.lgs. 28 febbraio 2021 n. 40 disciplina invece lo sci fuori pista, lo sci alpinismo e le attività escursionistiche e, datane la novità e rilevanza, ne riserveremo in seguito una apposita e separata trattazione.
L'art. 27 del Decreto rappresenta anch'esso una novità nel panorama della normativa disciplinante le attività sciistiche. In particolare, lo stesso dispone infatti che:
È stato quindi espressamente introdotto l'obbligo per gli sciatori, gli snowboarders e gli utenti del telemark di praticare l'attività su piste aventi un grado di difficoltà rapportato alle proprie capacità non solo fisiche ma anche tecniche, con la precisazione che, nel caso il percorso sia contrassegnato come “pista nera”, le capacità anzidette, sia dal punto fisico che tecnico, devono essere “elevate”. Si tratta certamente di una disposizione condivisibile ed avente, quantomeno sulla carta, una sua intrinseca utilità, la quale va a completare la norma di cui all'art. 18 che, come si rammenterà, sin dalla rubrica si riferisce a “Velocità e obbligo di prudenza”. Dunque, il Legislatore, al dichiarato fine di arginare improvvisazioni e virtuosismi tecnici non supportati da sufficienti capacità, ha stabilito dei vincoli nella scelta delle piste da percorrere, ribadendo la necessità di agire anche in questo caso con prudenza, diligenza ed attenzione. Come si diceva, al di là del certamente opportuno e meritevole inserimento di una disposizione di tale tenore, la stessa appare peraltro più un invito, un monito, che altro. Ed infatti, se pur è vero che ai sensi dell'art. 33, c. 2, lettera i), per la violazione della norma in discorso è prevista una sanzione che va dagli € 250,00 agli € 1.000,00, è altrettanto vero che risulta difficile immaginare un controllo tanto mirato e puntuale da poter accertare con sufficiente margine di certezza il mancato rispetto della stessa. Detto in altri termini non si comprende nella pratica come si possa di volta in volta procedere alla verifica delle “capacità fisiche e tecniche” del soggetto che si assume aver violato la norma in discorso. L'art. 28 del Decreto in esame, invece, è dedicato al “concorso di responsabilità” e riprende senza variazione od innovazione alcuna il contenuto del precedente art. 19 della legge 24 dicembre 2003 n. 363.
Viene quindi previsto e riproposto un concorso di responsabilità in caso di incidente tra due sciatori, il cui meccanismo è apparentemente analogo a quello disciplinato in materia RC auto dall'art. 2054, c 2, c.c. Apparentemente in quanto, al di là della presunzione di pari responsabilità che effettivamente è identica nella due norme, quella in commento richiede in realtà una prova liberatoria meno stringente rispetto a quella prevista in ambito RC Auto. In particolare, mentre il conducente di un veicolo, per andare esente da responsabilità, dovrà fornire la prova di aver fatto “tutto il possibile per evitare il danno”, lo sciatore, anche qualora non riesca a fornire la prova di avere fatto tutto il possibile per evitare l'incidente e di avere rispettato tutte le norme comportamentali specifiche e di prudenza generica va esente da responsabilità, qualora risulti che l'altro sciatore abbia posto in essere una violazione di un obbligo fondamentale e cruciale per la sicurezza sulle piste da sci. A tale presunzione, in ogni caso ed al pari di quanto previsto in ambito RC Auto, deve comunque riconoscersi natura sussidiaria, in quanto la stessa si applica solamente laddove non sia possibile stabilire diversamente la dinamica del sinistro.
Il Decreto prosegue poi con l'articolo 29, dedicato ai “soggetti competenti per il controllo”, riprendendo il contenuto del precedente articolo 21 della Legge 24 Dicembre 2003 ed eliminando dal novero dei predetti soggetti i maestri di sci, in capo ai quali, all'interno di quest'ultimo, era posto il compito di segnalare le condotte degli sciatori dagli stessi ritenute pericolose per l'incolumità altrui (l'articolo 21, comma II, della Legge 24 Dicembre 2003 n°363 richiamava infatti espressamente il comma I dell'articolo 9 della medesima Legge, dedicato appunto alla condotta degli sciatori).
Assicurazione obbligatoria
Il successivo articolo del Decreto in commento, il 30, rubricato “Assicurazione obbligatoria”, rappresenta invece una assoluta novità nel panorama della disciplina degli sports invernali, in quanto stabilisce un obbligo a carico dello sciatore (e correlativamente, come si vedrà, del gestore) in alcun modo previsto in precedenza. L'articolo de quo, in particolare, dispone quanto segue:
Dal 1° gennaio 2022, pertanto, lo sciatore che intenda accedere alle piste da sci alpino deve possedere una assicurazione in corso di validità che copra la propria responsabilità civile per danni o infortuni causati a terzi. I gestori degli impianti, dal canto proprio, dovranno mettere a disposizione degli utenti una polizza assicurativa per la responsabilità civile per danni provocati a cose o persone, nel momento in cui acquistano il titolo di transito. La stabilita obbligatorietà dell'assicurazione RCT non rappresenta peraltro una novità assoluta nel nostro panorama legislativo, essendo già prevista in primo luogo nell'ambito del sistema RCA per ragioni che potremmo definire solidaristiche ed in particolare quella di garantire a tutti i proprietari di veicoli un'adeguata copertura assicurativa che possa tenere i terzi indenni dall'attività di circolazione degli autoveicoli. La suddetta obbligatorietà è inoltre prevista nell'ambito dell'attività venatoria, nonché, ed anche ciò rappresenta una piuttosto recente innovazione, nell'ambito della responsabilità sanitaria, da ultimo riformata dalla Legge 8 Marzo 2017 n°24 (c.d. Legge Gelli – Bianco). Quest'ultima, in particolare, stabilisce al proprio articolo 10, rubricato “Obbligo di assicurazione”, che le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private debbano essere provviste “di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera” (comma I), nonché che “Per l'esercente la professione sanitaria che svolga la propria attività al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 del presente articolo o che presti la sua opera all'interno della stessa in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente ai sensi dell'articolo 7, comma 3, resta fermo l'obbligo di cui all'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, all'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, e all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189” (comma II). Come si vede, e prescindendo, non essendo questa la sede, dalla effettività di una tale previsione in ambito sanitario alla luce della possibilità per le strutture di optare per le “altre analoghe misure” e quindi nella sostanza per una autoassicurazione, con conseguente possibile rischio di insolvenza ed altrettanto conseguente vanificazione dell'obbligo del quale stiamo discutendo, si tratta anche in questo caso, al pari del settore RCA, di una scelta dettata dalla finalità solidaristica alla quale sopra si accennava e legata all'alto tasso di sinistrosità. Nell'ambito dello sci, di contro, una tale scelta non appare dettata dai numeri se solo si considera che l'incidentalità nella stagione 2018/19 ha annoverato 9.301 infortuni (fonte ASTAT - Amt für Statistik), ma soprattutto se si considera che il 77% degli incidenti è causato da cadute accidentali (Fonte Marco Giustini – Istituto Superiore Sanità). Ciò detto, ne restano certamente ferme l'opportunità e la rilevanza. Peraltro, a differenza che nel settore RCA ed in quello sanitario, per i quali, rispettivamente, gli art. 144 del d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (Codice delle Assicurazioni Private) e 12, comma I, della legge 8 marzo 2017 n. 24 (c.d. Legge Gelli – Bianco), quest'ultimo ancora inattuato, prevedono la possibilità di azione diretta nei confronti della Compagnia del presunto responsabile, nell'ambito del quale ci stiamo occupando una tale facoltà non è stata accordata al danneggiato, con conseguente operatività della previsione generale di cui all'art. 1917 del Codice civile. Passando quindi all'art. 32, quest'ultimo, anch'esso come detto nuovo rispetto alle previsioni della precedente Legge 24 dicembre 2003 n. 363, introduce una sorta di “pagella” del comprensorio sciistico, con “finalità pubblicitaria” e di incremento turistico, rimettendo l'individuazione dei parametri ad un successivo DPCM o ente delegato. L'articolo in questione indica peraltro che tali parametri dovranno tenere conto delle condizioni generali degli impianti e delle piste e la loro sostenibilità ambientale. Il premio sarà costituito da un “fiocco bianco”: da zero a cinque.
L'ultimo articolo del Capo III, il 33, si occupa invece del regime sanzionatorio per la violazione delle norme delle quali abbiamo trattato in precedenza.
Con tale disposizione il Legislatore delegato ha recepito l'espressa indicazione del delegante, introducendo nuove sanzioni ed inserendo anche la possibilità per le Regioni ed i Comuni di adottare ulteriori prescrizioni finalizzate a garantire la sicurezza ed il migliore utilizzo delle piste e degli impianti. Le sanzioni sono irrogate dai soggetti competenti per il controllo e la vigilanza di cui all'art. 29. Il IV comma della norma in discorso, peraltro, prevede che in caso di violazioni reiterate o di particolare gravità, i già menzionati soggetti provvedano, in aggiunta alla sanzione pecuniaria, al ritiro dello skipass giornaliero od alla sospensione fino ad un massimo di tre giorni. Il trasgressore potrà ottenere un documento valido per l'uso degli impianti necessari per consentigli il rientro al domicilio. Infine, in caso di “ulteriore reiterazione” delle violazioni, lo skipass può essere definitivamente ritirato (il riferimento, evidentemente, è ai titoli contrattuali aventi efficacia di più giorni e quindi settimanali od anche stagionali). Vi è peraltro da dire che la formula “ulteriore reiterazione” potrebbe prestare il fianco a dubbi interpretativi, posto che sembra riferirsi non alla commissione di una seconda violazione quanto piuttosto ad una violazione successiva a quest'ultima (e quindi ad una violazione appunto ulteriore rispetto a quella reiterata). Sarebbe stato più semplice e certamente avrebbe fugato ogni dubbio interpretativo l'utilizzo di formule diverse quali ad esempio “reiterazione” od “ulteriore violazione”.
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