L’equo compenso per gli incarichi professionali degli avvocati

Redazione scientifica
28 Febbraio 2022

Il TAR Campania ha accolto il ricorso dell'Ordine degli Avvocati di Roma volto all'annullamento di un Avviso pubblico per la costituzione di un elenco di avvocati per l'affidamento di incarichi di patrocinio legale, violativo della normativa sull'equo compenso degli onorari professionali degli avvocati.

La vicenda trae origine dal ricorso proposto dall'Ordine degli avvocati di Roma (OAR) al TAR Campania, con cui chiedeva l'annullamento, previa sospensione degli effetti, dell'Avviso pubblico per la costituzione di un elenco di avvocati per l'affidamento di incarichi di patrocinio legale e di domiciliazione.

Secondo il ricorrente le previsioni contenute nell'Avviso sulla remunerazione delle prestazioni di difesa giudiziale sarebbero nulle o comunque illegittime per violazione del c.d. equo compenso di cui all'art. 13-bis della l. 247/2012 e del D.m. 55/2014.

Invero, l'Avviso avrebbe determinato in via unilaterale che «il compenso massimo previsto sarebbe stato al massimo pari al c.d. minimo di parametro, mentre, per quanto riguarda l'attività di domiciliazione, avrebbe determinato in materia arbitraria dei compensi in misura fissa, forfettaria e onnicomprensiva».

Si costituiva la (omissis) eccependo l'inammissibilità della censura articolata dall'OAR, non ricorrendo una lesione concreta ed attuale, in quanto il compenso in questione non sarebbe stato ancora previsto per la trattazione di un incarico specifico.

Il TAR, dopo aver respinto l'istanza cautelare - sul presupposto che le esigenze di parte ricorrente potessero trovare adeguata tutela mediante la sollecita trattazione del merito del ricorso - ha esaminato nel merito il ricorso, ritenendolo fondato.

Preliminarmente viene richiamata la normativa di riferimento, l'art. 13-bis della l. 247/2012 ed, in particolare, il comma 2, secondo cui «il compenso si intende equo se è proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione».

Con tali previsioni l'ordinamento ha inteso tutelare il diritto ad una retribuzione adeguata dei professionisti lavoratori autonomi nei rapporti con i contraenti cosiddetti «forti» e nell'ambito di convenzioni unilateralmente predisposte da questi ultimi.

In tale contesto va inquadrata anche la norma di cui al comma 3 dell'art. 13-bis della l. 247/2012, che prevede che la pubblica amministrazione garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti.

Tale norma, nell'estendere anche alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di applicare la disciplina dell'equo, è finalizzata ad assicurare una speciale protezione al professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale.

Essa trova applicazione in tutti i casi in cui la pubblica amministrazione, a causa della propria preponderante forza contrattuale, definisca unilateralmente la misura del compenso spettante al professionista e lo imponga a quest'ultimo.

La disposizione non trova invece applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti oppure nei casi di formazione della volontà della p.a. secondo i principi dell'evidenza pubblica.

Ciò premesso, il Collegio ha ritenuto che le clausole riportate non siano in linea con il quadro normativo in quanto, nel primo caso, relegano la trattativa individuale tra la (omissis) e il professionista incaricato alla fissazione di un compenso che si attesta sistematicamente e necessariamente al di sotto della soglia minima fissata dal D.m. 55/2014.

Nel secondo caso, invece, perché il bando esclude in via di principio qualunque negoziazione individuale predeterminando unilateralmente la misura del compenso per le domiciliazioni, integrando così gli estremi della vessatorietà individuati nella l. 247/2012.

Per l'effetto, il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, in accoglimento del ricorso, ha annullato i provvedimenti impugnati.