Medico vs genitori no vax su emotrasfusioni da praticare al figlio minore

Roberto Masoni
01 Marzo 2022

Quali sono i criteri utilizzabili per risolvere il dissenso sulle cure mediche praticabili su minore insorto tra medico e legale rappresentante?
Massima

È ingiustificato il

rifiuto

opposto dai genitori a prestare

consenso informato

a cure mediche proposte per il minore consistenti in

intervento chirurgico salvavita

comportante trasfusioni ematiche ed emoderivati, sotto la condizione che il

sangue trasfuso

non provenga da

donatori non vaccinati anti Covid 19

e va nominato un

curatore speciale

autorizzato a prestare consenso informato.

Il caso

L'Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna ha adito il giudice tutelare del Tribunale di Modena contro il rifiuto espresso dai genitori di

minore di anni due

(affetto da

atresia polmonare

con

difetto intraventricolare

) a prestare il consenso informato a trattamenti sanitari proposti per il minore da parte dei sanitari del policlinico, cure comprendenti pure trasfusioni ematiche. Ebbene, i genitori hanno condizionato il consenso a diverso “modus operandi”, ovvero, all'effettuazione di trasfusione di sangue proveniente da donatori non vaccinati anti Covid 19, adducendo tanto motivazioni religiose, che di carattere sanitario.

Dal primo punto di vista, si assume che il Magistero della Chiesa cattolica ammetterebbe l'obiezione di coscienza rispetto a sostanze ricavate, come alcune che comporterebbero i vaccini usati in Italia, “da cellule di feti abortiti volontariamente”.

Dal punto da vista sanitario, i genitori hanno rifiutato il consenso sul presupposto che solo trasfusioni provenienti da sangue di persone non vaccinate anti Covid 19, “impedirebbe l'inoculazione nel minore di tessuto ematico contenente farmaco la cui sperimentazione evidenzia un marcato numero di complicanze cardiovascolari”.

Il g.t. ha deciso nel merito il ricorso avanzato dall'Ausl felsinea.

In particolare, evidenziando che, dal punto di vista religioso, l'invocato documento del 21 dicembre 2021 della Congregazione della Dottrina della fede “non parla di obiezione di coscienza”; dal punto di vista sanitario, poi, secondo la scienza, “non c'è nessuna differenza tra il sangue di vaccinati e quello dei non vaccinati”. In ogni caso, l'ordinamento interno e quello europeo si sarebbero evoluti nel senso di prevedere esclusivamente la “donazione periodica e anonima non dedicata o sostituiva”.

In forza di queste considerazioni, il g.t. ha accolto il ricorso, disponendo che “il minore sia sottoposto ad intervento chirurgico di connessione dell'arteria polmonare dx dell'aorta ascendente con eventuali trasfusioni di sangue e di emoderivati a scelta dell'ospedale, con nomina a curatore speciale del minore, abilitata a prestare consenso informato, la direttrice dell'ospedale Sant'Orsola”.

La questione

La questione che solleva la decisione del g.t. geminiano è quella dell'individuazione dei criteri utilizzabili per risolvere il dissenso sulle cure mediche praticabili su minore insorto tra medico e legale rappresentante.

Le soluzioni giuridiche

Il dissenso insorto tra equipe medica e legale rappresentante del minore è stato risolto dal g.t. ai sensi dell'art. 3, comma 5, l. n. 219 del 2017, dettata in tema di consenso informato e d.a.t.

In presenza di difetto di “consenso informato” espresso dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore, a fronte di trattamento ritenuto invece dal medico “appropriato e necessario”, la situazione di impasse viene istituzionalmente superata grazie all'intervento del giudiziario.

Condizionare

il consenso informato ad un “diverso modus operandi” con riguardo ad effettuazione di emotrasfusione, “

equivale a rifiuto

” di essa, dato che la manifestazione del consenso in materia medico sanitaria si esprime mediante un atto personalissimo, che non tollera apposizione di elementi accidentali.

Con riguardo al criterio utilizzato per sciogliere il dissenso, il g.t. ha ritenuto che, nel contrasto tra salute o la vita del figlio e libertà di coscienza o di religione dei genitori, “debbano sempre prevalere, nel bilanciamento, le prime”, conformemente al diritto alla vita e sopravvivenza riconosciuto al minore dall'art. 6 della Convenzione di New York.

Osservazioni

La fattispecie decisa dal g.t. del Tribunale di Modena costituisce “piana applicazione” dell'art. 3 comma, 5, l. n. 219 del 2017, che dispone: “nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui all'articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione e' rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria”.

La richiesta avanzata dall'ospedale di procedere ad intervento chirurgico di “atresia polmonare” sul minore confliggeva col rifiuto dei genitori di prestare consenso informato alla delicata operazione chirurgica, legata a motivazioni no vax.

Il percorso giudiziario ha investito il giudice tutelare del luogo di residenza del minore nell'ottica di superare l'impasse, in applicazione della disposizione normativa di nuovo conio, dettata in tema di consenso informato al trattamento sanitario.

Riservando di approfondire in seguito taluni snodi problematici che la novella suscita, vale anzitutto una considerazione preliminare; ovvero, quella diretta a verificare se la pronunzia che ha risolto il contrasto insorto tra genitori ed ospedale potesse essere evitata, in applicazione di altro principio cardine affermato nella l. n. 219 del 2017.

Il caso sottoposto all'attenzione del giudice geminiano riguardava un intervento chirurgico salvavita di connessione dell'arteria polmonare destra all'aorta ascendente”, dato che il minore risulta affetto da “atresia polmonare con difetto interventricolare”, come si legge nel decreto. Si precisa ancora che “l'intervento chirurgico, pur definito non di emergenza nel ricorso, è soggetto a programmazione con prossima scadenza”. Da notizie di stampa si apprende che il policlinico felsineo ha programmato l'intervento cardiochirurgico del minore a distanza di una settimana rispetto alla pronunzia del decreto.

La “atresia polmonare” è un difetto cardiaco congenito della valvola polmonare, consistente nella “impervietà congenita dell'organo(TRECCANI). Ciò significa che il sangue non viene ossigenato dai polmoni a causa dell'occlusione presente nella valvola polmonare. L'intervento (che può non essere l'unico) appare assai delicato.

Per quanto l'operazione non sia definita di emergenza, come ha precisato il decreto, tuttavia per la diretta incidenza sulla salute e la sopravvivenza del minore, la stessa è stata qualificata “salvavita” e presenta il carattere della urgenza”; tanto è vero che il Policlinico S. Orsola ha programmato l'intervento cardio-chirurgico a distanza di una settimana dalla pronunzia del g.t., così confermando la “urgenza “ di provvedere, una situazione cioè caratterizzata da impellenza che non ammette ritardi.

Nel frangente avrebbe potuto, quanto meno, ipotizzarsi l'applicabilità della disposizione normativa che rimette il trattamento sanitario alla diretta competenza, professionalità e responsabilità del medico, a prescindere dalla manifestazione del consenso informato del paziente (o del suo rappresentante legale). Dato che “nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell'equipe sanitaria assicurano le cure necessarie nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla” (art. 1, 7° comma, l. n. 219/2017).

Già in un analogo caso era stato qualificato “urgente” l'intervento cui doveva sottoporsi un beneficiario di a.d.s. ed avente natura salvavita e, dato che la persona, non in grado di esprimersi, si trovava in condizione di urgenza terapeutica, il ricorso avanzato dall'a.d.s. fu rigettato, rimettendo ogni decisione al riguardo ai sanitari (Trib. Modena, 18 gennaio 2018, in Nuova giur. Civ. Comm., 2018, 9, 1276, con nota di Rotelli).

Scartata la scelta di demandare al sanitario ogni scelta operativa al riguardo (in forza dell'art. 1, 7° comma, l. n. 219/2017), il g.t. ha fatto “piana applicazione dell'art. 3, 5° comma, l. cit. La norma rimette alla competenza del giudice dei soggetti fragili la soluzione del contrasto insorto tra medico e paziente (o suo rappresentante) in ordine all'espressione del consenso informato. Ebbene, il g.t. geminiano ha risolto de plano il contrasto, entrando nel merito del conflitto.

La norma richiamata, per risolvere il conflitto medico-paziente, testualmente si limita a “rimettere la decisione al g.t.”, senza specificare i criteri cui attenersi.

In realtà, già la pronunzia Englaro (Cass. n. 21748/2007) aveva indicato i criteri cui ci si doveva ispirare. In particolare, precisando che il vicario sarebbe tenuto a manifestare il consenso sanitario per l'incapace “ricostruendone la presunta volontà” e, in ogni caso, operando nello esclusivo interesse dello stesso”.

La legge di nuovo conio ha codificato queste indicazioni: “il consenso informato al trattamento sanitario è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore, tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione al sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità” (art. 3 comma 2, l. n. 219 del 2017).

Laddove il minore sia dotato di “capacità di discernimento” potrà esserne ascoltato il parere (artt. 315-bis, comma 3, 336, comma 2, 336-bis, c.c.) per conoscerne la “volontà” con riguardo ai trattamenti sanitari cui lo stesso va sottoposto. Quando invece difetti la capacità di discernimento (come nel caso di specie, riguardante infante di soli due anni), è applicabile il criterio residuale che richiama il best interest del minore, ovvero, quello volto alla “tutela della sua salute psicofisica e della sua vita” (art. 3, comma 2, parte finale, l. n. 219/2017).

Tale criterio è stato correttamente applicato dal g.t., il quale ha ritenuto di attribuire prevalenza alla tutela della salute e della vita del minore rispetto a quello della libertà di coscienza e di religione dei genitori.

L'argomento primario utilizzato dagli istanti per rifiutare il consenso alla trasfusione era fondato su un argomento religioso; ovvero, quello secondo cui “il Magistero della Chiesa consentirebbe l'obiezione di coscienza rispetto alle sostanze ricavate, come alcune che compongono i vaccini, da cellule di feti abortiti volontariamente”.

In realtà, la “Nota della Congregazione per la dottrina della fede sulla moralità dell'uso di alcuni vaccini anti Covid 19” (in data 21 dicembre 2021) smentisce l'assunto. In essa si legge che, per quanto sia vero che taluni vaccini in uso in Italia siano derivati da linee cellulari provenienti da feti abortiti nel 1972 e 1986, la Dottrina Cattolica ritiene “moralmente accettabile utilizzare tali vaccini”, a fronte della “mancanza di vaccini contro il Covid 19 eticamente ineccepibili. Si evidenzia infatti che la cooperazione al male dell'aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari appare “remota”.

Nel loro assunto i ricorrenti si mostravano zelanti ed anzi intransigenti nelle loro convinzioni al punto da essere, per così dire, “più cattolici del Papa”.

Pretendere poi, come hanno fatto i ricorrenti, che la donazione di sangue al minore provenisse da persone non vaccinate anti Covid non aveva diritto di cittadinanza nell'ordinamento. Se è vero che essa si fonda, come noto, sul principio secondo cui la donazione del sangue umano è “volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita” (art. 2, comma 2, l. 21 ottobre 2005, n. 219), senza possibilità di risalire all'identità del donatore, che deve rimanere anonimo.

Come si vede, la richiesta era già ab origine irricevibile.

Va infine compiuta una conclusiva chiusa sulla vicenda umana e personale portata all'attenzione del Tribunale.

Da un punto di vista logico (non solo giuridico), rifiutarsi di prestare consenso ad un'operazione chirurgica riguardante la salute del proprio figlio infante gravemente infermo, ostacolando l'effettuazione di intervento cardiochirurgico definito “urgente”, oltrechè salvavita”, significa anteporre le proprie (oltranziste, oltrechè intransigenti e risultate infondate) convinzioni ideologiche rispetto alla tutela della salute e della vita del figlio.

Una scelta sconsiderata che costituisce un portato di questo lunga stagione pandemica nella quale l'opzione vaccinale anti Covid-19 ha disvelato e fatto emergere incertezze, errate convinzioni ideologiche antiscientifiche affermate come valori di verità da una porzione (seppur minoritaria) della società. Indice trasparente di questi contrasti ideologici e delle nette prese di posizioni emerge trasparente dalle pronunzie giudiziarie che hanno risolto i contrasti endofamiliari sulla vaccinazione anti Covid da praticare ai figli minori (ex multis, Trib. Monza 22 luglio 2021, in Dir. Fam. Pers., 2021, 4, 1721; Trib. Milano 2 settembre 2021, in Quot giur; Trib. Parma 11 ottobre 2021, ivi); contrasti manifestatisi pure tra genitori non separati e risolti ex art. 316 c.c. (Trib. Firenze 15 febbraio 2022, in Il caso).

Assai opportunamente, a fronte di una condotta di “abuso dei poteri” inerente la responsabilità genitoriale determinante “grave pregiudizio del figlio” (come si esprime il testo dell'art. 330 c.c.), su iniziativa della procura minorile, mediante provvedimento urgente, il Tribunale per i minorenni ha sospeso temporaneamente l'esercizio della responsabilità genitoriale dei ricorrenti, affidandola ai servizi sociali del Comune di residenza del minore, agli effetti dell'esecuzione dell'ormai prossimo intervento chirurgico (art. 336, comma 3, c.c.).

Riferimenti
  • PICCINNI, Decidere per il paziente: rappresentanza e cura della persona dopo la l. n. 219/2017, 2018 , 7/8, 1118.
  • ROTELLI,Amministrazione di sostegno e urgenza terapeutica: oltre il consenso informato, 2018 , 9, 1276.
  • MASONI,Il corpo umano tra diritto e medicina,Milano, 2020.
  • SCALERA,Genitori no vax rifiutano le emotrasfusioni al figlio? Va nominato un curatore speciale (nota a Trib. Modena 8 febbraio 2022), 14 febbraio 2022.

(Fonte: Il Familiarista)

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