Tutte le novità sull'istituto del riconoscimento in sede di MAE
02 Marzo 2022
Il quadro normativo di riferimento
Come è noto, l'istituto del riconoscimento di sentenza penale straniera di condanna a pena detentiva in sede di esecuzione è disciplinato nel nostro ordinamento dal d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161 (contenente disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI del 27 Aprile 2008).
La decisione-quadro 2008/909/GAI si fonda sul principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.
Pertanto, l'accostamento con il mandato di arresto europeo in executivis, che ha trovato espressione nella decisione quadro 2002/584/GAI, attuata nel nostro ordinamento con la legge n. 69/2005, è inevitabile.
I due istituti, nel nuovo panorama unitario, in cui i rapporti tra i Paesi dell'Unione si sono fatti sempre più stretti e caratterizzati da un alto livello di fiducia, perseguono l'obiettivo di concorrere alla creazione di uno «spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima» dando attuazione in entrambi i casi al principio del reciproco riconoscimento delle decisioni definitive di condanna a pene detentive della libertà personale.
Va precisato, però, che il d.lgs. n. 161/2010 è entrato in vigore soltanto a partire dal 5 dicembre 2011, e prima ancora della comparsa di tale nuovo strumento normativo di cooperazione erano insorti numerosi problemi applicativi, in assenza di un percorso procedimentalizzato per pervenire alla decisione di rifiuto della consegna in sede di MAE in vista di una espiazione della pena in Italia.
Infatti, in sede di MAE in executivis era stata contemplata la possibilità di rifiuto della consegna dall'art. 18, comma 1, lett. r) l. n. 69/2005, ma alla condizione che si procedesse all'esecuzione della pena in Italia conformemente al suo diritto interno.
La Suprema Corte si era espressa nel senso che l'art. 18, comma 1, lett. r) l. n. 69/2005, ben lungi dall'imporre alla Corte d'appello una decisione di rifiuto della consegna del cittadino italiano sol che vi fosse stata una richiesta di espiare la pena in Italia, aveva attribuito, invece, alla Corte d'appello un ambito di valutazione circa la concreta possibilità di espiazione della pena in Italia.
Il principio della conformità al diritto interno, secondo la Corte di cassazione, imponeva – e impone anche adesso – l'esecuzione dello stesso tipo di pena prevista per il reato in Italia, sicché, in caso di incompatibilità della natura e della durata delle pene previste nei due ordinamenti, si riteneva che la Corte d'appello dovesse procedere agli adattamenti necessari.
Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 161/2010 il punto di contatto tra MAE esecutivo e procedura di riconoscimento è stato creato con l'art. 24 decreto legislativo citato, a sua volta generato sulla base del considerandum n. 12 della decisione-quadro 2008/909/GAI.
L'art. 24 d.lgs. n. 161/2010 prevede infatti che le disposizioni relative all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, si estendono anche all'esecuzione della pena o della misura di sicurezza «nei casi di cui agli artt. 18, comma 1, lett. r), – per quel che interessa – e 19, comma 1, lett. c) l. 22 aprile 2005, n. 69» (art. 24 comma 1 d.lgs. n. 161/2010).
Con legge 4 ottobre 2019, n. 117, entrata in vigore il 2 novembre 2019, l'originaria ipotesi di rifiuto obbligatorio è stata soppressa per essere sostituita con la previsione del rifiuto facoltativo nel caso in cui il ricercato sia cittadino italiano o cittadino dell'Unione europea radicato nel territorio italiano.
Infatti, l'art. 18-bis l. n. 69/2005, come modificato dalla l. n. 117/2019, dispone che la Corte d'appello può rifiutare la consegna nel caso contemplato alla lett. c) «se il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la Corte d'appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno».
La disciplina del MAE è stata di recente modificata con d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10 entrato in vigore a partire dal 20 febbraio 2021.
Il complesso delle modifiche contenute nella struttura di tale decreto legislativo trasforma profondamente la disciplina del MAE, specie sotto il profilo della procedura di consegna passiva e del mutuo riconoscimento.
Lo schema del nuovo decreto legislativo incide anche sui motivi di rifiuto facoltativi sanciti nell'attuale art. 18-bis l. n. 69/2005.
La modifica più significativa concerne il motivo di rifiuto previsto nella lett. c) della disposizione vigente, opponibile quando la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea residente o dimorante in Italia.
Secondo la nuova formulazione, la norma troverà applicazione solo quando il periodo di residenza o dimora sul territorio italiano sia di almeno cinque anni.
È stato introdotto, quindi, un preciso sbarramento temporale di cinque anni per dare corso all'eventuale rifiuto.
L'adattamento è consentito con i limiti previsti dall'art. 8 par. 2 della decisione-quadro 2008/909/GAI del Consiglio, ripresi dall'art. 10 comma 5 d.lgs. n. 161/2010.
Va precisato, tuttavia, che la Suprema Corte ha affermato che il sistema esecutivo, delineato dalla sopra indicata decisione-quadro del 2008, si fonda essenzialmente sul consenso dello Stato di condanna all'esecuzione in altro Stato dell'U.E. di una pena detentiva inflitta in base ad una sentenza di condanna emessa delle sue autorità giudiziarie. Consenso – manifestato nell'invio del certificato – che presuppone il rispetto da parte dello Stato di esecuzione delle regole definite nella decisione-quadro.
Con le due novelle che hanno riformulato l'art. 18 lett. r) l. n. 69/2005, discostandosi in entrambi i casi dalla sua originaria previsione, rendendo il rifiuto da obbligatorio in facoltativo, specie con il nuovo schema di MAE delineato dal d.lgs. n. 10/2021, che ha introdotto una sostanziale riduzione dei casi di rifiuto della consegna, sia obbligatori che facoltativi, lo Stato di esecuzione richiesto, in sede di MAE, vanta la nuova prerogativa di dare luogo alla consegna, evitando il riconoscimento e il susseguente adattamento. In conclusione
L'art. 24 d.lgs. n. 161/2010, nella sua originaria formulazione, non ha più alcuna attualità nella misura in cui continua a contemplare l'ipotesi ormai obliterata del rifiuto obbligatorio della consegna qualora la persona ricercata fosse cittadino italiano, ipotesi che peraltro nulla prevedeva per il cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea che legittimamente ed effettivamente avesse residenza o dimora nel territorio italiano.
L'art. 18-bis lett. c) l. n. 69/2005 (ora art. 18-bis comma 2 l. n. 69/2005) ha reso facoltativo il rifiuto sebbene il ricercato sia cittadino italiano o cittadino dell'Unione europea radicato nel territorio italiano.
D'altra parte, la piena operatività del riconoscimento presuppone la omogeneità dei sistemi giuridici e contesti in cui vi è la garanzia equivalente dei diritti fondamentali. |