Omesso versamento con soglie dilatate
08 Marzo 2022
Premessa
Delineati i confini della particolare tenuità in relazione al reato di omesso versamento di imposte. Tolleranza fino a 274.999 euro. Con la sentenza n. 2236, depositata il 20 gennaio 2022, la Terza sezione penale della Cassazione ha ritenuto inapplicabile al reato di omesso versamento di Iva, previsto dall'art. 10-ter del d.lgs. n. 74/2000, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis c.p., qualora l'imposta evasa superi del 10% la soglia di punibilità fissata a 250.000 euro. In relazione alla medesima fattispecie di reato, inoltre, la Cassazione ha tracciato l'ambito di operatività dell'esimente della forza maggiore prevista ex art. 45 c.p.
Il reato previsto dall'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 ha quale presupposto indefettibile la dichiarazione annuale IVA. Come chiarito dall'univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti “il debito erariale non deve risultare dai registri delle fatture emesse o dalle fatture o dalla contabilità di impresa o, ancora, dal bilancio: il debito erariale rilevante ai fini del reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto è solo quello oggetto della dichiarazione annuale” (Cass. pen., Sez. III,17 aprile 2020, n.1235). Trattandosi di un'ipotesi documentale e non dichiarativa, la fattispecie di reato si integra con il mancato versamento dell'imposta dovuta entro il termine dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, per l'Iva fissato al 27 dicembre di ogni anno. La punibilità della condotta, inoltre, presuppone il superamento di una soglia di evasione fissata a 250.000 euro con il d.lgs. 158/2015, a fronte di quella di 50.000 euro precedentemente prevista. Il reato si perfeziona ogni qual volta vi sia il superamento della suddetta soglia di mancato versamento a prescindere dal volume d'affari del soggetto, sia esso imprenditore o un semplice professionista. Le soglie di punibilità, come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione, rappresentano elementi costitutivi del reato e non condizioni obiettive di punibilità ex art. 44 c.p. (Cass. pen., Sez. Unite, sent. 12 settembre 2013, n. 37424).
In primis è opportuno ricordare che il legislatore ha già previsto un'ipotesi specifica di non punibilità per i reati tributari all'art. 13 del d.lgs n. 74/2000. Il reato di omesso versamento IVA, al pari dei reati di cui all'art. 10-bis e 10-quater, si estingue qualora l'imputato saldi il debito con l'Erario, compresi interessi e sanzioni, prima dell'inizio del dibattimento facendo ricorso persino alle procedure conciliative e di adesione all'accertamento deflattive del contenzioso tributario. La particolare tenuità, dunque, costituisce una seconda ipotesi di non punibilità parametrata sull'entità dell'imposta evasa ovvero, più precisamente, sull'esiguità dello scostamento rispetto alla soglia di punibilità di 250.000 euro. Infatti, in seguito all'introduzione del 131-bis c.p. la giurisprudenza ha iniziato a riconoscerne l'applicabilità ai reati fiscali dopo alcuni orientamenti di segno opposto (Cass. pen., Sez. III, 29 dicembre 2015, n. 51020). La questione, in particolare, è stata definitivamente superata con la conferma espressa dalle Sezioni Unite nel 2016 (Cass. pen., Sez. Unite, 6 aprile 2016, n. 13682) dalla quale ha avuto origine un filone giurisprudenziale univoco. La sentenza n. 2236/2022, inserendosi in tale solco interpretativo, aggiunge un ulteriore tassello fornendo un parametro concreto di applicabilità della causa di non punibilità e tale da definire numericamente quel concetto di “poco” oltre il quale l'esimente è inapplicabile. Parametro, dunque, fissato in uno scostamento non superiore al 10% della soglia di punibilità. Il giudizio sulla tenuità, tuttavia, secondo quanto precisato dalla Cassazione, richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta. Per l'operatività della causa di non punibilità, in particolare, non devono esser stati commessi precedenti reati tributari, né deve essere intervenuta nei suoi confronti una dichiarazione che attesti la qualifica di delinquente abituale o per professione. Forza maggiore
La Suprema Corte, infine, chiarisce i confini entro i quali l'imprenditore può beneficiare dell'esimente della forza maggiore così come definita dall'art. 45 c.p. Riprendendo un orientamento consolidato nel tempo, la sentenza n. 2236/2022 chiarisce che, a tal fine, devono sussistere congiuntamente due condizioni. In primo luogo, la crisi d'impresa non deve essere imputabile all'imprenditore il quale, al contrario, deve aver esperito tutte le possibili azioni per far fronte alla crisi, comprese quelle sfavorevoli per il proprio patrimonio personale. Il soggetto, inoltre, deve esser stato costretto a commettere il reato “per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico”. Condizioni che, tuttavia, la Cassazione non ha ritenuto integrate nella fattispecie esaminata.
L'omesso versamento, infatti, aveva rappresentato il risultato della precisa scelta dell'imprenditore di soddisfare le ragioni dei creditori diversi dall'Erario. |