La prova della raggiunta autosufficienza del figlio maggiorenne
08 Marzo 2022
Mantenimento del figlio maggiorenne
Negli ultimi anni si è assistito al fenomeno del prolungamento della durata del dovere genitoriale di mantenimento del figlio maggiorenne dipeso da molti fattori sociali, familiari ed economici (mutamento dei rapporti genitori-figli e migliorate condizioni familiari, dissolvimento delle coppie, allungamento dei percorsi di studio, crisi del mercato del lavoro e disoccupazione giovanile). Secondo l'impostazione tradizionale e maggioritaria della giurisprudenza (Cass. civ., sez. I, 13 ottobre 2021, n. 27904; Cass civ., sez. I, 17 febbraio 2021, n. 4219; Cass. civ., sez. VI, 9 ottobre 2020, n. 21752), l'obbligo del genitore di provvedere al mantenimento del figlio non viene meno automaticamente con il raggiungimento della maggiore età di quest'ultimo, ma perdura finché il genitore onerato non provi che il figlio ha conseguito l'autosufficienza economica intesa come possesso di un'idonea capacità di inserirsi nel mondo del lavoro o come costruzione di un proprio nucleo familiare, ovvero che lo stesso si rifiuti ingiustificatamente di cogliere le occasioni ordinarie per raggiungere la propria indipendenza (c.d. colpevole inerzia). E', invero, rimasto un arresto sostanzialmente isolato il decisum dell'ordinanza n. 17183/2020 con cui i giudici di legittimità, discostandosi dal costante orientamento, avevano ritenuto che al raggiungimento della maggiore età operi una automatica estinzione del diritto al mantenimento salvo che il figlio chieda (e ottenga) lo stesso. L'obbligo dei genitori di contribuire al mantenimento dei figli non può, tuttavia, protrarsi sine die ma trova il suo limite logico e naturale allorquando i figli siano stati messi in condizioni di reperire un lavoro idoneo a sopperire alle normali esigenze di vita, o ancora quando abbiano ricevuto la possibilità di conseguire un titolo sufficiente ad esercitare un'attività lucrativa, pur se non abbiano inteso approfittarne, o comunque quando abbiano raggiunto un'età tale da far presumere il raggiungimento della capacità di provvedere a sè stessi, ovvero abbiano raggiunto piena autonomia cessando la convivenza con la famiglia d'origine con la costituzione di un proprio nucleo familiare (cfr. Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2004, n. 12477). Deve, invero, escludersi che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione e del mercato del lavoro (Cass. civ., sez. I, 2 luglio 2021, n. 18785). L'obbligo del mantenimento dei genitori consiste, in definitiva, nel dovere di assicurare ai figli, anche oltre il raggiungimento della maggiore età, e in proporzione alle risorse economiche del soggetto obbligato, la possibilità di completare il percorso formativo prescelto e di acquisire la capacità lavorativa necessaria a rendersi autosufficiente (Cass. civ., sez. I, 23 agosto 2021, n. 23318; Cass. civ., sez. VI, 22 luglio 2019, n. 19696).
Fonte: ilprocessocivile.it Onere della prova
La S.C. ha chiarito che la verifica del venir meno dell'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne in capo al genitore deve fondarsi su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, alle condizioni di salute, alla complessiva condotta personale tenuta dal figlio a partire dal raggiungimento della maggiore età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso l'acquisizione di una occupazione lavorativa (Cass. civ., sez. I, 15 dicembre 2021, n.40283; Cass. civ., sez. I, 17 luglio 2019, n. 19135). La prova del raggiungimento di un sufficiente grado di capacità lavorativa è ricavabile anche in via presuntiva dalla formazione acquisita e dalla esistenza di un mercato del lavoro in cui essa sia spendibile. La prova contraria non può che gravare sul figlio maggiorenne che pur avendo completato il proprio percorso formativo non riesca ad ottenere, per fattori estranei alla sua responsabilità, una sufficiente remunerazione della propria capacità lavorativa. In particolare, il figlio che abbia portato a termine il prescelto percorso formativo scolastico è onerato della prova di essersi impegnato attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni (Cass. civ., sez. I, 13 ottobre 2021, n. 27904). Pertanto, il genitore che deduca il raggiungimento dell'autosufficienza del figlio maggiorenne, al fine di essere esonerato dal versamento dell'assegno di mantenimento, deve fornire prova della conclusione del percorso di studi intrapreso dal figlio o della inerzia nel conseguimento del titolo di studi (Cass. civ., sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1858), sorgendo l'onere della prova contraria in capo al figlio solo una volta che sia positivamente acquisita prova di tali elementi in giudizio. In concreto, quanto maggiore sarà il numero di anni trascorso dal raggiungimento della maggiore età o dal conseguimento del titolo di studio, tanto maggiore sarà l'onere della prova a carico del figlio maggiorenne con conseguente affievolimento dei contrapposti oneri probatori a carico del genitore che chiede la revoca dell'obbligo di mantenimento. Peraltro, superato il lasso di tempo mediamente occorrente per inserirsi nel mercato del lavoro, il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento viene meno, a meno che questi non provi non solo di non aver potuto trovare il lavoro desiderato per causa a sé non imputabile, ma anche che non fosse conseguibile nessun'altra occupazione idonea a renderlo autonomo (Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12952). Deve, invero, ritenersi che con il superamento di una certa età il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma. Ciò è motivato sulla scorta del dovere di autoresponsabilità del figlio maggiorenne che non può pretendere la protrazione dell'obbligo al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché «l'obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione» (Cass. civ., sez. I, 20 agosto 2014, n. 18076; Cass. civ, sez. un., 9 settembre 2014, n. 20448). Va, peraltro, evidenziato che l'ingresso effettivo nel mondo del lavoro con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita dalla capacità lavorativa a rendimenti crescenti segna la fine dell'obbligo di contribuzione da parte del genitore e la successiva l'eventuale perdita dell'occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell'obbligo del genitore al mantenimento (Cass. civ., sez. VI, 22 luglio 2019, n. 19696; Cass. civ., sez. VI, 27 gennaio 2014, n.1585; Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2010, n. 23590). Casistica
La S.C. ha ritenuto che l'iscrizione all'università non può bastare per sancire il diritto del figlio a percepire il contributo economico del padre in una ipotesi in cui era emerso che il ragazzo avesse allo stesso tempo un contratto di lavoro a tempo indeterminato, seppur part-time (Cass. civ., sez. VI, 11 giugno 2020, n. 11186). E' stata poi valutata come legittima la scelta della figlia maggiorenne – di ventisei anni - di abbandonare un lavoro non confacente alle sue aspirazioni professionali e di tornare all'Università, con conseguente conferma dell'obbligo di mantenimento a carico del padre (Cass. civ., sez. I, 23 agosto 2021, n. 23318). In particolare, la S.C. ha evidenziato che il predetto comportamento non costituiva sintomo di un ingiustificato rifiuto di rendersi economicamente indipendente, ma della volontà di impegnarsi attivamente per condurre a termine gli studi e trovare un'occupazione più confacente ai propri interessi. Si è del resto ritenuto che il genitore è tenuto a versare l'assegno di mantenimento nei confronti del figlio maggiorenne anche in caso di conseguimento della laurea triennale da parte del figlio, qualora tale raggiungimento costituisca solo «una tappa del percorso formativo intrapreso» dal medesimo, in quanto la volontà di proseguire gli studi in conformità alle proprie aspirazioni professionali e compatibilmente con le condizioni economiche della famiglia non determina la cessazione dell'assegno di mantenimento (Cass. civ., sez. VI, 26 aprile 2017, n. 10207). La S.C. ha poi chiarito che il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne cessa ove il genitore onerato dia prova che il figlio non si è positivamente impegnato nel percorso universitario (Cass. civ., sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1858; nel caso di specie un figlio risultava iscritto al Corso di Laurea di Scienze Biologiche al terzo anno e aveva superato soltanto 4 esami; l'altro, fuori corso per la quarta volta al corso di laurea in Cultura e Amministrazione dei beni Culturali, aveva superato meno della metà degli esami complessivi). All'uopo va evidenziato che recentemente i giudici di legittimità hanno ritenuto sussistente il diritto al mantenimento in capo al figlio di 35 anni affetto da un ritardo psico-motorio con conseguenti difficoltà nell'apprendimento che non ha ancora concluso il percorso universitario (Cass. civ., sez. I, 15 dicembre 2021, n. 40283). Si è poi esclusa la sussistenza di un'ipotesi di colpevole inerzia nella condotta del figlio maggiorenne che, inserito, ancora studente, nell'azienda del padre con cui ha un rapporto conflittuale, abbia deciso di non proseguire, considerando tale esperienza non un'occasione di inserimento stabile nel mondo del lavoro ma più propriamente una fase del rapporto dialettico genitore-figlio (Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2017, n. 30540). Non può ritenersi raggiunta l'autosufficienza nel caso in cui il figlio maggiorenne sia occupato come apprendista atteso che il rapporto di apprendistato si distingue, anche sotto il profilo retributivo, dagli ordinari rapporti di lavoro subordinato(Cass. civ., sez. I, 11 gennaio 2007, n. 407). Al contrario, in caso di svolgimento di una regolare attività lavorativa, sia pure con contratti a termine e guadagni contenuti, il figlio deve reputarsi proficuamente inserito nel mondo del lavoro (Cass. civ., sez. I, 26 maggio 2017, n. 13354). Va in ultimo rammentato che la S.C. ha già da tempo chiarito che deve ritenersi autosufficiente il figlio medico specializzando, attesa la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in dipendenza del contratto di formazione specialistica pluriennale ex art. 37, d.lgs. 368/1999, non riconducibile ad una semplice borsa di studio (cfr. Cass. civ., sez. I, 22 maggio 2014, n. 11414; Cass. civ., sez. I, 8 agosto 2013, n. 18974). Riferimenti
Arceri, Il mantenimento dei figli maggiorenni oggi tra diritto di realizzarsi e diritto dell'obbligato all'affrancazione, in Famiglia e Diritto, 2021, 3, 343; Costabile, Il mantenimento dei figli maggiorenni: la Cassazione muta orientamento sul riparto degli oneri probatori?, in ilprocessocivile.it, 30 settembre 2020; Toti, Oltre una certa età un figlio è ormai un adulto (recenti orientamenti sul mantenimento del figlio maggiorenne), in Nuove Leggi Civ. Comm., 2019, 2, 374. |