Effetti protettivi del contratto di spedalità verso terzi: responsabilità da medmal estesa ai familiari oltre alle ipotesi di c.d. wrongful birth damages?

15 Marzo 2022

La richiesta di risarcimento iure proprio del danno da perdita del rapporto parentale, avanzata dai prossimi congiunti di un paziente ricoverato presso il nosocomio dove è deceduto, ha natura contrattuale.
Massima

La richiesta di risarcimento iure proprio del danno da perdita del rapporto parentale, avanzata dai prossimi congiunti di un paziente ricoverato presso il nosocomio dove è deceduto, ha natura contrattuale.

Gli effetti protettivi del contratto nei confronti di terzi – il cui fondamento va rinvenuto nell'art. 29 Cost. – non operano esclusivamente nelle ipotesi di wrongful birth damages, bensì ogniqualvolta la prestazione sanitaria rischi di incidere sul nucleo familiare.

La possibilità che soggetti particolarmente legati al paziente subiscano un danno dall'inesatto adempimento si inquadra nel contesto del dovere di prevedibilità ex art. 1225 c.c. incombente sul nosocomio.

Ne deriva che anche il danno da lesione o perdita del rapporto parentale rappresenta un risvolto prevedibile dell'aver spezzato una vita e non uno sviluppo causale anormale.

Il caso

I ricorrenti, figli e nipote di una persona anziana, convenivano in giudizio due medici e una struttura sanitaria ove il de cuius era ricoverato onde procedere ad ATP ex art. 696-bis c.p.c. In particolare, i ricorrenti lamentavano una carenza nello svolgimento dell'anamnesi farmacologica, ove veniva omessa l'informazione relativa all'allergia al farmaco e, al contempo, ne denunciavano la somministrazione senza la previa verifica della Scheda di Ricognizione-Riconciliazione farmacologica ove, invece, emergeva l'allergia.

Si costituivano i medici e la struttura sanitaria negando la sussistenza di qualsivoglia responsabilità a proprio carico e contestando le poste di danno di cui i ricorrenti domandavano il risarcimento. Veniva chiamata in causa la Compagnia assicuratrice del nosocomio, la quale contestava, tra l'altro, l'inquadramento contrattuale del danno iure proprio, affermandone la natura aquiliana.

Il Tribunale veneziano, con l'ordinanza in commento, nel disporre l'ATP, perviene a qualificare la responsabilità della struttura come contrattuale anche per i danni patiti iure proprio dai prossimi congiunti del de cuius. La motivazione, come si dirà infra, appare tuttavia in aperta e consapevole dissonanza rispetto all'indirizzo interpretativo fornito dalla Suprema Corte in subiecta materia.

La questione

Gli effetti protettivi del contratto verso terzi possono essere invocati in tutte le ipotesi in cui la prestazione sanitaria rischia di incidere sul nucleo familiare?

Le soluzioni giuridiche

Con la pronuncia in esame, il Tribunale veneziano affronta, tra gli altri, il tema della qualificazione giuridica della domanda risarcitoria formulata iure proprio dai familiari e dai parenti della persona vittima di malpractice nei confronti dei medici e della struttura sanitaria.

Pur dando atto che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'azione dei congiunti rientra nel terreno aquiliano, giacché la portata degli effetti protettivi del contratto è limitata alle sole ipotesi di wrongful birth damages, unico caso in cui sussiste una convergenza di interessi rispetto all'esecuzione della prestazione sanitaria, il Giudice veneziano afferma che l'attribuzione della natura extracontrattuale a tale azione mal si concilierebbe con la natura contrattuale del rapporto intercorrente tra nosocomio e sanitari, da un lato ed il paziente, dall'altro.

La connessione di interessi del paziente e dei familiari giustifica, secondo il Tribunale veneziano, l'estensione degli effetti protettivi del contratto a tutte quelle ipotesi in cui l'attività sanitaria sia foriera di rischi per il nucleo familiare. Tale soluzione, come per le ipotesi di nascita indesiderata, sarebbe coerente con il disposto di cui all'art. 29 Cost.

Peraltro, afferma il Tribunale, in consimili vicende non si pone neppure un problema di estensione dell'obbligo di protezione verso il terzo: in presenza di un illecito plurioffensivo, il pregiudizio dei congiunti (un tempo definito come riflesso) risulta chiaramente prevedibile sul piano dell'imputazione soggettiva e si risolve, dunque, in un problema di prevedibilità ex art. 1225 c.c., che assume già risolto il problema dell'imputazione del danno derivante dall'operato del debitore. Tale principio si applica, dunque, anche all'ipotesi in cui i prossimi congiunti del de cuius domandino il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, finendo quest'ultimo per atteggiarsi come una prevedibile conseguenza dell'aver spezzato una vita, tanto più che nell'ambito della causalità giuridica ex art. 1223 c.c. cessano di essere conseguenze solo gli sviluppi causali del tutto anormali.

La pronuncia appare parzialmente allineata rispetto ad una precedente sentenza del Tribunale di Savona (Trib. Savona, sez. I, 19 febbraio 2021, n. 143), nella quale l'estensore giunge ad affermare che il regime della responsabilità ex contractu si estende anche ai prossimi congiunti del paziente che lamentino pregiudizi iure proprio, operando il c.d. “principio della prossimità”, a mente del quale “la responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria oltre che nei confronti del paziente è configurabile anche relativamente ai soggetti terzi cui si estendono gli effetti protettivi del contratto, e in particolare ai prossimi congiunti".

Non si rinviene, tuttavia, alcun riferimento all'elemento della prevedibilità ex art. 1225 c.c. dei danni subìti dai congiunti.

Osservazioni

La pronuncia in esame, come sopra accennato, si schiera sul versante opposto rispetto ai dicta della giurisprudenza di legittimità, ritenendo possibile estendere gli effetti protettivi del contratto a terzi anche in ipotesi diverse dai già citati wrongful birth damages, ove, l'interesse di cui sono portatori i terzi – ossia il nascituro, il padre e i fratelli – risulta strettamente connesso a quello “regolato già sul piano della programmazione negoziale” (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2020, n. 14258).

La figura del contratto con effetti protettivi verso terzi, mutuando le parole di Cass. civ., sez. III, 15 settembre 2020, n. 19188, si giustifica poiché il terzo ha un interesse identico a quello dello stipulante, un interesse che viene coinvolto dalla esecuzione del contratto nello stesso modo in cui è coinvolto l'interesse della parte contrattuale, del creditore della prestazione. Nel contratto tra la struttura e la gestante, l'interesse di quest'ultima è la nascita del figlio: la donna si affida alla struttura sanitaria (o al medico) allo scopo di avere assistenza al parto.

L'esecuzione del contratto soddisfa (o lede, in caso di inadempimento) l'interesse dell'altro genitore allo stesso modo di come soddisfa (o lede) l'interesse della gestante contraente. Non v'è dunque motivo di riconoscere azione da contratto all'una ed azione da delitto all'altro.

Quanto al padre, l'estensione è fatta discendere dall'insieme dei diritti e dei doveri che l'ordinamento gli attribuisce in fatto di procreazione (artt. 29 e 30 Cost., artt. 143, 147,261 e 279 cod. civ., L. 194/1978 e L. 40/2004, n. 40); quanto ai fratelli, invece, il relativo fondamento normativo viene rinvenuto negli artt. 29 Cost. e 8 CEDU.Con particolare riferimento a tale ultima ipotesi, si ritiene che le ragioni della protezione contrattuale vadano rinvenute “nella inevitabile, minor disponibilità dei genitori nei loro confronti, in ragione del maggior tempo necessariamente dedicato al figlio affetto da handicap, nonché nella diminuita possibilità di godere di un rapporto parentale con i genitori stessi costantemente caratterizzato da serenità e distensione" (Cass. civ., sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754).

Parte della dottrina, tuttavia, ritiene che, rispetto ai fratelli, non sia configurabile la lesione della “pianificazione familiare”, non essendo questi titolari di un tale diritto (cfr. Rossetti M., Il danno alla salute, 3^ ed., Milano, 2021, p. 1095. V., altresì, Posteraro N., Danni da responsabilità medica, in Il danno alla persona, a cura di G. Cassano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2^ ed., Milano, 2022, p. 891. In giurisprudenza, si veda Cass. civ., sez. III, 12 aprile 2018, n. 9048).

La soluzione prospettata nell'ordinanza in commento, invece, sposa quella dottrina (cfr. La Battaglia L., Gli incerti confini tra contratto e torto nella responsabilità sanitaria: la Cassazione alle prese col danno parentale da suicidio del paziente psichiatrico, in Corr. giur., 3, 2021, pp. 316 ss.) secondo la quale ciò che non convince nelle conclusioni cui giunge la Suprema Corte è non già la negazione in sé della protezione contrattuale per i parenti della vittima di colpa medica, ma la pretesa di ammantare di una (inconsistente) giustificazione teorica una differenziazione di trattamento rispetto ai casi di wrongful birth che, in fin dei conti, ha il sapore di un self restraints: la Cassazione, per tale linea dottrinale, si limiterebbe unicamente a spiegare perché il “(sotto-)sottosistema" dei wrongful birth damages possa essere inscritto nella teoria del contratto protettivo, ma non si esprimerebbe chiaramente sul perché quest'ultima sia, invece, incompatibile con ipotesi solo apparentemente diverse (come, ad es., il suicidio del paziente psichiatrico). Quanto, poi, al profilo della prevedibilità del danno ex art. 1225 c.c., la linea teorica in questione circoscrive la cerchia dei soggetti protetti dal contratto a quella effettivamente prefigurabile ex ante dal debitore.

L'ordinanza in commento, peraltro, disancora addirittura la matrice contrattuale della responsabilità verso i familiari dalla figura del contratto ad effetti protettivi, giungendo ad inscrivere tale ipotesi nell'alveo contrattuale attraverso l'applicazione dell'art. 1225 c.c.: in presenza di un illecito plurioffensivo, afferma il Tribunale, il pregiudizio dei congiunti risulta chiaramente prevedibile sul piano dell'imputazione soggettiva e si risolve, dunque, in un problema di prevedibilità ex art. 1225 c.c.

Tuttavia, mentre l'attrazione del pregiudizio patito iure proprio dai congiunti nella figura del contratto ad effetti protettivi rappresenta un'opzione ermeneutica, l'applicazione de plano dell'art. 1225 c.c. al danno dei familiari, sganciata dalla copertura contrattuale, appare difficilmente spiegabile: l'art. 2056 c.c., infatti, nel disciplinare la valutazione dei danni risarcibili, rinvia agli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., escludendo espressamente l'art. 1225 c.c.

Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, dunque, e si può stare certi che il silenzio del legislatore corrisponde qui ad una precisa scelta: l'esigenza che giustifica il limite della prevedibilità non sussiste nel tema della responsabilità extracontrattuale. Qui non si tratta di un comportamento richiesto ed assunto nell'interesse del creditore quanto, piuttosto, di un comportamento che rileva solo come lesiva intromissione nell'altrui sfera giuridica. Appare quindi spiegabile che tale ingerenza, colposa o dolosa, importi comunque a carico del responsabile l'integrale riparazione del danno che ne consegue (cfr. Bianca C. M., Inadempimento delle obbligazioni, in Commentario del Codice Civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1979, p. 373. In giurisprudenza, cfr. Cass. civ. sez. III, 30 marzo 2005, n. 6725:”in ordine all'entità del risarcimento dei danni derivati da fatto illecito, il requisito della prevedibilità del danno, correlato all'elemento psicologico di esso - art. 1225 c.c. -, è inapplicabile alla responsabilità extracontrattuale, in quanto non richiamato dall'art. 2056 c.c., avendo scelto il legislatore di non commisurare il risarcimento al grado della colpa”).

Quanto, infine, all'indistinta e generalizzata estensione degli effetti protettivi del contratto - come inizialmente predicato nell'ordinanza in commento-, il rischio concreto è di mettere in tal modo in discussione il principio di relatività del contratto sancito dall'art. 1372 c.c., il quale, appunto, circoscrive la produzione degli effetti del contratto medesimo tra le sole parti, salva l'ipotesi in cui la legge disponga diversamente. E ciò che consente di ritenere integrato il contenuto del contratto, consentendo a chi non è parte negoziale di agire ex art. 1218 c.c., è proprio la natura dell'interesse fatto valere. Per tale ragione, dunque, per poter invocare gli effetti protettivi del contratto verso terzi, è necessario che l'interesse di cui questi siano portatori sia sovrapponibile (la Suprema Corte usa il termine “identico”) a quello regolato dalla programmazione negoziale.

In conclusione, costituisce ormai ius receptum il principio secondo cui, nell'ambito della responsabilità medico-sanitaria, la figura del contratto con efficacia protettiva verso il terzo non abbia ragion d'essere al di fuori dell'ipotesi poc'anzi esposta, con la conseguenza che le pretese risarcitorie avanzate iure proprio dai prossimi congiunti del paziente rientrano nell'ambito di operatività dell'art. 2043 c.c., in ragione del mancato impatto diretto dell'obbligazione sanitaria sulla loro posizione.

Riferimenti
  • M. C. Bianca, Il contratto, in Diritto civile, Vol. 3, 3^ ed., Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, pp. 32-34 e 526-527;
  • Savoia R., Si suicida mentre è ricoverato in ospedale: la richiesta risarcitoria dei congiunti per la perdita del rapporto parentale ha natura extracontrattuale, in Ri.da.re, News del 23 luglio 2020;
  • Serpetti di Querciara A., Contratto con azienda sanitaria con effetti protettivi nei confronti del terzo e prescrizione del danno iure proprio, in Ri.da.re, Giurisprudenza commentata del 29 novembre 2021.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.