Sulla decorrenza del termine per impugnare l’aggiudicazione in presenza di un’istanza di accesso

18 Marzo 2022

Ammettere che dal complessivo termine di 30 giorni più 15 giorni, individuato dall'Adunanza plenaria nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 per la c.d. dilazione temporale nelle ipotesi di accesso, debbano essere sottratti i giorni che la società concorrente ha impiegato per chiedere l'accesso agli atti, equivarrebbe a porre a carico del concorrente l'onere di proporre l'accesso non solo tempestivamente, come certo l'ordinaria diligenza, prima ancora che l'art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l'opportunità dell'accesso al fine di impugnare.

Il caso. La Regione Lazio indiceva una procedura per l'affidamento di servizi di vigilanza armata e guardiania, che veniva aggiudicata nei confronti della società prima classificata.

In pari data, la stazione appaltante procedeva a pubblicare in una sezione ad accesso riservato della piattaforma informatica, dove era stato pubblicato il bando di gara, tutti i verbali relativi alla procedura di gara citati nella determinazione dirigenziale di aggiudicazione.

La seconda classificata ricorreva dinanzi al TAR Lazio, per l'annullamento della determinazione con cui era stata disposta l'aggiudicazione dell'appalto nei confronti della prima classificata per la sussistenza di un vizio escludente relativo ad una pretesa illegittimità dell'offerta per un utilizzo non consentito delle ore di lavoro straordinario da parte dell'aggiudicataria e per l'annullamento di tutti i verbali di gara. Tuttavia, la società controinteressata, prima classificata proponeva ricorso incidentale, previa sospensione, della stessa determinazione nella parte in cui la ricorrente principale si era collocata in graduatoria come seconda classificata.

Il giudice di prime cure respingeva il ricorso incidentale e accoglieva il ricorso principale, ritenendo infondata l'eccezione sollevata dall'Amministrazione relativa alla tardività del ricorso principale.

Avverso la decisione l'Amministrazione e la controinteressata proponevano separati appelli dinanzi al Consiglio di Stato, successivamente riuniti essendo stati proposti entrambi contro la medesima sentenza ai sensi del 96 c.p.a.

La decisione del giudice d'appello. Il Consiglio di Stato ha ritenuto che le censure delle appellanti relative al ritardo nella proposizione del ricorso non potessero trovare accoglimento.

A tal riguardo, il Collegio ha evidenziato che il termine di 30 giorni per impugnare in nessun modo poteva decorrere dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara come sostenuto dalle appellanti.

Ciò in quanto, la seconda classificata ha potuto prendere esatta cognizione del vizio escludente, denunciato poi nel ricorso, solo effettuando l'accesso agli atti di gara.

Il giudice non ha ritenuto dunque condivisibile l'assunto delle appellanti secondo cui dal termine per impugnare (30 giorni più 15 per l'accesso) dovessero essere sottratti i giorni (nel caso di specie 6) che la società aveva atteso per effettuare l'accesso, poiché altrimenti si sarebbe lasciato il concorrente libero di determinare ad libitum la decorrenza del termine.

Significativa, appare la conclusione del Collegio secondo cui nella fattispecie oggetto della controversia, sostenere che dal complessivo termine di 30 giorni più 15 giorni, individuato dall'Adunanza plenaria nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 per la c.d. dilazione temporale nelle ipotesi di accesso, debbano essere sottratti i sei giorni che l'impresa concorrente ha impiegato per chiedere l'accesso agli atti, equivarrebbe a porre a carico del concorrente l'onere di proporre l'accesso non solo tempestivamente, come certo l'ordinaria diligenza, prima ancora che l'art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l'opportunità dell'accesso al fine di impugnare.

Invero, una diversa interpretazione, che pretenda di applicare il meccanismo della c.d. “sottrazione dei giorni” anche ad un'istanza d'accesso presentata entro un termine contenuto e ragionevole (e, comunque, non superiore ai suddetti quindici giorni), potrebbe contrastare con i principi di legittimo affidamento e di proporzionalità.

Ciò anche in ragione del fatto che la stessa Amministrazione, ai sensi dell'art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l'accesso agli atti, al di là dell'eventuale superamento di questo termine per condotte dilatorie o ostruzionistiche.

Nonostante il codice degli appalti del 2016, in tema di accesso agli atti di gara, non abbia riprodotto la previsione del previgente art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, che assegnava al concorrente per proporre l'istanza di accesso dieci giorni a decorrere dalla ricezione delle comunicazioni di legge da parte della stazione appaltante, ad avviso del Collegio, l'attuale disciplina deve comunque ritenersi in pieno rapporto di continuità con quella precedente, non essendo da un lato consentito attraverso l'istanza di accesso differire ad libitum la decorrenza del termine di impugnazione, e per altro verso dovendo coniugarsi la finalità acceleratoria delle norme in tema di contenzioso sui contratti pubblici con l'esigenza pregnante di tutelare il concorrente che abbia esercitato l'ordinaria diligenza nel chiedere l'accesso anche in relazione al termine assegnato all'amministrazione per provvedere. In definitiva, il Collegio ha ritenuto il ricorso tempestivo, non potendo essere sottratti “ragionevolmente” i menzionati 6 giorni dai complessivi 45 indicati dalla Plenaria senza sacrificare eccessivamente il diritto di difesa e il principio di effettività della tutela giurisdizionale.

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