Tabulati telefonici, quando diventano prova di un reato?

Paolo Grillo
21 Marzo 2022

I tabulati telefonici non possono da soli fondare l'affermazione di colpevolezza del presunto autore di un reato, a meno che essi non siano accompagnati da altri elementi di prova di qualsiasi natura, diretta o indiretta.

Quel telefono traditore... Un giovane veniva processato (e condannato) in quanto ritenuto responsabile di aver fatto in un paio d'occasioni da “palo” ad altri complici intenti a svaligiare un appartamento. Per la banda di topi d'appartamento la Procura tendeva una trappola che nel processo si rivelerà fatale: estratti i tabulati dei cellulari in uso, ne sarebbe emersa la presenza dell'imputato sui luoghi del delitto. Da qui, la condanna.

Con il ricorso per Cassazione veniva censurata l'idoneità dei dati di traffico a comprovare la responsabilità dell'imputato. La Suprema Corte, dopo aver ripercorso il tortuoso percorso della disciplina dei cd. “dati di traffico”, annulla la sentenza con rinvio. Vediamo subito i passaggi salienti del percorso motivazionale seguito dai Giudici.

Le regole probatorie dei dati cd. “esterni” alle conversazioni telefoniche. Ci ritroviamo ancora una volta all'interno di un micro-settore del diritto processuale penale la cui disciplina risulta dall'interazione di più “formanti” giuridici: l'opera della Consulta, il legislatore ordinario, quello europeo e, dulcis in fundo, la giurisprudenza di legittimità nazionale.

In questo pasticcio di fonti eterogenee è difficile raccapezzarsi, ma i Giudici – con invidiabile chiarezza – vi riescono pienamente e tracciano una cronistoria piuttosto esauriente. Proviamo a sintetizzarla. Nella prima metà degli anni novanta del secolo scorso, la Consulta – la sentenza è, per la precisione, del 1993 – stabilisce alcuni principi in materia. Intanto i “dati esterni” alle comunicazioni non vanno confusi con le intercettazioni telefoniche o telematiche delle quali, quindi, non possono mutuare la disciplina. Nonostante l'impossibilità di equiparare le due realtà fenomeniche, il Giudice delle Leggi stabilisce che i dati di traffico, comprensivi quindi anche della indicazione del luogo ove si svolge una determinata conversazione, sono suscettivi di tutela perchè vi è interesse a non renderli conoscibili da chicchessia. In parole povere, ciò comporta che l'acquisizione di tali elementi – documentalmente trasfusi nei cd. tabulati – può avvenire legittimamente soltanto se lo dispone l'autorità giudiziaria con proprio provvedimento motivato.

Dopo appena un lustro le Sezioni Unite della Cassazione sfornano una tripletta di sentenze con cui si pone un fondamentale punto fermo in materia. Con la sentenza Gallieri (1998) si stabilisce il principio della necessità di un decreto motivato dell'autorità giudiziaria per l'acquisizione dei tabulati telefonici; con la successiva sentenza D'Amuri (2000) si ribadisce il concetto, che – casomai fosse risultato poco chiaro – viene ulteriormente scolpito con la sentenza Tammaro (2000).

Finito il martellamento giurisprudenziale, inizia la via crucis normativa. Il Codice della Privacy del 2003 si limita a stabilire una finestra temporale entro la quale deve essere formulata la richiesta di acquisizione dei tabulati: ventiquattro mesi dalla conversazione, poi i dati del traffico telefonico non saranno più disponibili. Nulla si diceva in merito alla tipologia dei reati per i quali si potevano chiedere e ottenere i tabulati, sicché essi potevano essere sfruttati probatoriamente per qualsiasi illecito penale. La Corte di Giustizia Europea stabilisce invece principi piuttosto diversi da quelli che si stavano sedimentando in Italia: non è considerato conforme alla Carta dei diritti fondamentali europea che un'autorità pubblica possa accedere ai dati di traffico per qualsiasi reato. Ancora, non si ritiene nemmeno possibile che un pubblico ministero possa autonomamente autorizzare l'estrazione dei tabulati, dovendosi invece ottenere un controllo preventivo da parte di un giudice. In parole povere, con quella decisione si creava un conflitto con la disciplina italiana, che è dovuta correre rapidamente ai ripari. Un decreto-legge del 2021 ha limitato la possibilità di acquisire i tabulati telefonici ai reati più gravi (quelli puniti con l'ergastolo o con reclusione non inferiore nel massimo a tre anni) e in seconda battuta ha specificato che l'emissione del tabulato telefonico può avvenire soltanto previo decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero, della difesa dell'imputato, della persona sottoposta a indagini o della persona offesa e delle altre parti private.

La nuova legislazione pone però ulteriori paletti: l'acquisizione dei tabulati può avvenire soltanto se vi sono “sufficienti indizi di reato” e se essi sono rilevanti per l'accertamento dei fatti.

Lo standard probatorio minimo: gli elementi di prova ulteriori. La regola generale dell'utilizzo dei tabulati prevede, ad ulteriore garanzia di chi si trova sottoposto a procedimento penale, che gli esiti dei dati esterni alle comunicazioni possano essere utilizzati a carico dell'imputato soltanto se vi sono altri elementi di prova (limitatamente, s'intende, ai reati per i quali ne è permessa l'estrazione). Una disciplina assai stringente, quindi, che tenta – vedremo quanto riuscendovi – di contemperare l'interesse alla repressione dei reati con quello alla segretezza delle comunicazioni.

Fonte: DirittoeGiustizia