Gli effetti della procedura concorsuale sul contratto di appalto e sulla clausola compromissoria

Giuseppe Davide Giagnotti
21 Marzo 2022

Per quanto concerne gli effetti dell'apertura di una procedura concorsuale sulla validità del contratto di appalto e della clausola compromissoria, ivi contenuta, benché sia necessario un intervento dirimente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, bisogna considerare, come punto fermo da cui partire, il principio secondo cui l'accertamento di crediti vantati nei confronti di una parte sottoposta a fallimento o amministrazione straordinaria non può essere devoluta ad un collegio arbitrale, dal momento che l'effetto attributivo di cognizione, scaturente dalla clausola arbitrale viene paralizzato dall'inevitabile assorbimento di tali tipologie di giudizio, nello speciale procedimento di verifica dello stato passivo.

Con l'ordinanza n. 8591/2022, depositata il 16 marzo 2022, la Corte Suprema di Cassazione ha affrontato il tema della validità della clausola compromissoria, contenuta in un contratto di appalto, a seguito di sottoposizione di una delle parti ad una procedura concorsuale e specificatamente se detta clausola possa ritenersi operativa, durante la pendenza del termine di 60 giorni concesso, ex art. 81 della Legge Fallimentare, in favore del commissario liquidatore, per decidere se subentrare o meno nei contratti di appalto, già in essere.

Il fatto. All'origine della vicenda processuale c'è il mancato adempimento di un contratto di subappalto, stipulato nel 2012, per la realizzazione di un intervento edilizio, in conseguenza del quale la società subappaltatrice aveva proposto un'istanza di fallimento, in danno della committente, salvo poi rinunciarvi, stante il raggiungimento di un accordo.

Nel maggio del 2013 la stessa committente, azionando la clausola compromissoria contenuta nel contratto, proponeva domanda di arbitrato, chiedendo la risoluzione dello stesso, la rideterminazione del compenso spettante alla subappaltatrice, parametrandolo sull'effettivo valore venale delle opere realizzate ed infine il risarcimento dei danni provocatigli dall'iniziativa prefallimentare avanzata dalla subappaltatrice.

In data 16 ottobre 2014, in pendenza della procedura arbitrale, la committente era posta in liquidazione coatta amministrativa, mentre il 30/10/2014 veniva pubblicato il decreto ministeriale di apertura della procedura concorsuale.

Tale circostanza, tuttavia, non veniva comunicata agli arbitri, i quali, in data 12 novembre 2014, si pronunciavano accogliendo alcune delle domande della committente, ma rigettando la domanda di risoluzione del contratto di subappalto. Il lodo arbitrale era oggetto d'impugnazione, innanzi alla Corte d'Appello, che però la rigettava.

Avverso tale pronuncia, la committente proponeva ricorso alla Corte di Cassazione, ove, innanzi alla Seconda Sezione, per il rilievo nomofilattico delle questioni trattate, la causa veniva rinviata alla pubblica udienza e alla fine veniva disposta la trasmissione degli atti al Primo Presidente, perché valutasse l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Il contrasto fra lo scioglimento automatico e la quiescenza. La peculiarità della questione sottoposta alla Seconda Sezione della Corte è tutta nel contrasto fra due differenti posizioni giuridiche, concernenti l'effetto dell'apertura della procedura concorsuale sulla validità del contratto di appalto.

Da un lato, l'eventuale riconoscimento dello scioglimento del detto contratto, quale conseguenza automatica della procedura concorsuale, comporterebbe l'inefficacia di tutte le clausole ivi contenute, compresa quella compromissoria e conseguentemente la nullità del lodo arbitrale, perché pronunciato in assenza di potestas iudicandi.

La tesi opposta, al contrario, ritiene che, a partire dalla pubblicazione del decreto ministeriale di apertura della procedura concorsuale inizi il decorso del termine di 60 giorni, che l'art. 81 l.fall. concede al curatore fallimentare o al commissario liquidatore, per decidere se subentrare nei contratti d'appalto già in essere e durante tale periodo di spatium deliberandi, questi ultimi rimangono validi ed efficaci, seppur quiescenti e con essi anche le eventuali clausole compromissorie ivi contenute, facendo così salva la potestas iudicandi degli arbitri. Pertanto, una pronuncia arbitrale che ricada in detto periodo è assolutamente valida.

La via tracciata dalla Seconda Sezione. La Seconda Sezione della Corte, pur ritenendo necessario devolvere alle Sezioni Unite il compito di dirimere la complessa questione dell'influenza della procedura concorsuale sulla validità del contratto di appalto, ha comunque ritenuto di approfondirla, individuando una traccia in due precedenti pronunce delle Sezioni Unite, in cui si affermava il principio secondo cui l'accertamento di crediti vantati nei confronti di una parte sottoposta a fallimento o ad amministrazione straordinaria non può essere devoluta ad un collegio arbitrale, dal momento che l'effetto attributivo di cognizione, scaturente dalla clausola arbitrale viene paralizzato dall'inevitabile assorbimento di tali tipologie di giudizio, nello speciale procedimento di verifica dello stato passivo (Cass. civ. n. 15200/2015 e n. 9070/2003).

La ratio di tale previsione sta nell'esigenza di realizzare un simultaneus processus, all'interno del quale concentrare tutte le azioni vertenti sull'accertamento dei crediti vantati nei confronti del debitore insolvente, permettendo a tutti i creditori potenzialmente concorrenti di prendervi parte, in contraddittorio.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it