Richiesta di riesame inviata via PEC oltre l’orario di apertura dell’Ufficio giudiziario: quando decorre il termine per la trasmissione degli atti?
30 Marzo 2022
Massima
Nel caso di invio al Tribunale della richiesta di riesame a mezzo PEC oltre l'orario di apertura al pubblico dell'Ufficio giudiziario, il termine perentorio previsto dall'art. 309, comma 5, cod. proc. pen. per la trasmissione degli atti al tribunale da parte dell'Autorità giudiziaria procedente, da calcolare secondo la regola generale prevista dall'art. 172, comma 4, cod. proc. pen., decorre dal giorno successivo a quello della ricezione della PEC. Il caso
Il Tribunale del riesame sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari imposta all'indagato, ritenuto gravemente indiziato del reato di corruzione propria. Avverso questo provvedimento, l'indagato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo la violazione dell'art. 309, comma 5, c.p.p. Secondo la prospettazione del ricorrente, infatti, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l'inefficacia della misura cautelare a causa della inosservanza del termine per la trasmissione degli atti da parte del Pubblico Ministero. Al riguardo, evidenziava che: - la richiesta di riesame era stata trasmessa il 10.6.2021, alle ore 13.59, per mezzo di posta elettronica certificata indirizzata alla cancelleria del tribunale competente; - il termine di cinque giorni previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p. doveva decorrere da tale data, in quanto l'istanza, sebbene depositata oltre l'orario di apertura al pubblico dell'ufficio, era comunque pervenuta durante l'orario di lavoro, anche perché si trattava di un giorno in cui era previsto il rientro pomeridiano del personale; - quand'anche si fosse ritenuto che il dies a quo di decorrenza del termine suddetto coincidesse con il giorno successivo a quello dell'invio della PEC, cioè l'11.6.2021, nondimeno tale termine sarebbe decorso essendo stati trasmessi gli atti solo il 16.6.2021; il termine di cui all'art. 309, comma 5, c.p.p., difatti, comincerebbe a decorrere dal giorno stesso del deposito della impugnazione. La questione
L'art. 309, comma 5, c.p.p. prevede che, nel caso di presentazione di richiesta di riesame, il pubblico ministero – “l'autorità giudiziaria procedente” - sia tenuto a trasmettere al tribunale del riesame gli atti su cui si fonda la misura cautelare nonché gli elementi sopravvenuti a favore dell'indagato “non oltre il quinto giorno dalla presentazione dell'impugnazione”. Il successivo comma 10 della medesima disposizione sanziona con l'inefficacia della misura la mancata trasmissione di tali atti. Quale è il dies a quo di decorrenza del termine disciplinato dall'art. 309, comma 5, c.p.p. nel caso di trasmissione dell'impugnazione al Tribunale del riesame a mezzo PEC? In particolare, da quale giorno decorre tale termine se l'invio della PEC sia avvenuto in un orario successivo a quello di apertura al pubblico dell'ufficio giudiziario? Le soluzioni giuridiche
1. La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo che, nel caso di specie, gli atti siano pervenuti tempestivamente al Tribunale del riesame. In particolare, la Corte ha rilevato che: - la richiesta di riesame è stata trasmessa a mezzo PEC il 10.6.2021, alle 13,59, oltre l'orario di apertura al pubblico dell'ufficio previsto dal regolamento di servizio stabilito con provvedimento del Presidente del Tribunale destinatario dell'impugnazione; - conformemente a quanto previsto dal provvedimento organizzativo del Presidente della Sezione ed in forza dell'art. 172, comma 6, c.p.p., l'atto è stato registrato il giorno successivo, con conseguente slittamento al giorno ancora successivo del decorso del termine previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p.; - il termine previsto da tale norma, da calcolare secondo la regola di cui all'art. 172, comma 4, c.p.p., pertanto, è iniziato a decorrere dal 12/06/2021 e gli atti sono pervenuti in cancelleria tempestivamente il 16.6.2021.
2. La Corte, invero, ha osservato come il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere atti in ufficio giudiziario, a norma dell'art. 172, comma 6, cod. proc. pen., si considera scaduto nel momento in cui, secondo i regolamenti, l'ufficio viene chiuso al pubblico (Sez. Un, n. 30/1995). E' stato precisato che l'orario di servizio e di lavoro del personale degli uffici giudiziari (disciplinati dalla legge e dalla contrattazione collettiva nazionale) siano del tutto distinti da quello di apertura al pubblico degli uffici stessi; l'orario di servizio e l'orario di lavoro non hanno alcuna rilevanza esterna e concernono il rapporto tra pubblica amministrazione e personale alle sue dipendenze, mentre l'orario di apertura al pubblico disciplina i tempi di accesso degli utenti all'ufficio giudiziario (Cass. Sez. 2, n. 40777/2018; Cass. Sez. 1, n. 71121997). È stato anche aggiunto che, dopo il termine dell'orario di apertura al pubblico, nessun atto può più essere depositato, né può essere fatta alcuna dichiarazione, né compiersi qualsiasi altro atto (con ogni conseguenza di legge) se non il giorno successivo, sempre nei limiti dell'orario di apertura al pubblico, anche se vi sia in ufficio personale in servizio.
3. Tale indirizzo, secondo la decisione in esame, deve essere conformato alle previsioni della legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione del decreto-legge n. 137 del 2020. L'art. 24, comma 1, della legge in questione prevede che il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'art. 415-bis, comma 3, c.p.p., presso gli uffici delle Procure della Repubblica presso i Tribunali è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza. Il successivo comma 4, invece, per gli atti diversi da quelli appena indicati ha consentito fino al 31 luglio 2021 il deposito con valore legale mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati. Il comma 5, poi, dispone che “A fini dell'attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma 4, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l'atto nel fascicolo telematico”. In tema di impugnazioni, più in particolare, viene in rilievo l'art. 24, comma 6-novies, del d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020. Questa disposizione richiama il precedente comma 5 per cui l'atto inviato a mezzo PEC da parte del difensore deve essere registrato dal personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari nell'apposito registro. Si tratta di un adempimento strumentale a consentire la verifica della tempestività dell'atto e l'effettiva sua riconducibilità ad un soggetto legittimato a proporre l'impugnazione.
4. Nel caso di specie, la richiesta di riesame è stata ricevuta via PEC dopo l'orario di apertura al pubblico. Il Tribunale "ha preso in carico" la richiesta - cioè ha saputo di quella richiesta e ha proceduto alla sua registrazione - il giorno successivo a quello dell'invio, cioè l'11.6.2020, provvedendo immediatamente a dare avviso all'autorità procedente di trasmettere gli atti posti a fondamento della domanda cautelare. In tal modo, ha correttamente applicato alla fattispecie in esame l'art. 172, comma 6, cod. proc. pen. come interpretato dalla giurisprudenza consolidata (il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere atti in ufficio giudiziario, a norma dell'art. 172, comma 6, cod. proc. pen., si considera scaduto nel momento in cui, secondo i regolamenti, l'ufficio viene chiuso al pubblico). Seguendo il diverso ragionamento della difesa, cioè sostenendo che anche nei casi in cui la richiesta è stata ricevuta fuori dall'orario di apertura al pubblico il termine previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p. dovrebbe iniziare a decorrere lo stesso giorno dell'inoltro, invece, si verificherebbero conseguenze insostenibili per gli uffici. In particolare, il termine inizierebbe a decorrere dal giorno dell'inoltro della PEC anche quando l'atto fosse presentato via PEC alle ore 23,59 di tale giorno, in un momento in cui, come è evidente, l'ufficio non può avere nessuna conoscenza dell'atto. In tali casi, il termine previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p.., piuttosto, non può che decorrere da quando la sequenza procedimentale è "possibile", cioè dal momento in cui l'ufficio viene a conoscenza della richiesta di riesame, perché, diversamente, il procedimento sarebbe dipendente da variabili rimesse alla volontà delle parti, con possibili abusi.
5. La Corte di cassazione, infine, ha aggiunto che, pur nell'ambito di indirizzi non sempre omogenei, il metodo di calcolo del decorrere del termine perentorio di cinque giorni entro il quale l'Autorità procedente deve trasmettere gli atti al Tribunale del riesame segue la regola generale, fissata dall'art. 172, comma 4, cod. proc. pen. secondo cui dies a quo non computatur in termine, trattandosi di ordinario termine processuale e non già di termine direttamente incidente sullo stato di custodia del soggetto (Cass. Sez. 6, n. 12315/2007; Cass. Sez. 2, n. 10505/2012). Non avendo il legislatore, nel caso in esame, previsto alcuna eccezione alla regola generale dettata per il computo dei termini, consegue che il giorno di presentazione della richiesta di riesame, che è quello iniziale di decorrenza, non si computa ai fini del calcolo del termine anzidetto. Osservazioni
1. L'utilizzo dei mezzi informatici per l'invio degli atti agli uffici giudiziari - ed in particolare per la trasmissione telematica delle impugnazioni - rappresenta una delle poche conseguenze positive del tragico periodo pandemico che stiamo affrontando. Si tratta di una innovazione di notevole rilievo, che ci avvicina alla realizzazione del processo penale telematico, perché dal solo utilizzo da parte delle cancellerie delle notifiche telematiche - ossia dalla mera possibilità di adoperare la telematica per gli atti “in uscita” dagli uffici giudiziari - si è passati al suo uso per gli atti “in entrata” negli uffici, specificamente per quelli provenienti dai difensori
2. L'impiego della PEC, ovviamente, permette l'invio degli atti anche oltre l'orario di apertura al pubblico degli Uffici giudiziari. Ciò comporta, oltre a delicati ed intuibili problemi organizzativi, la necessità di determinare la data di ricezione dell'atto e i criteri per la decorrenza dei termini processuali, quando questi partono dal momento in cui la parte ha presentato un atto. In modo specifico, si pone la necessità di verificare se, all'invio dell'impugnazione a mezzo PEC, possa essere applicato l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui, ai sensi dell'art. 172, comma 6, cod. proc. pen., si considera scaduto il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere atti in ufficio giudiziario nel momento in cui, secondo i regolamenti, l'ufficio viene chiuso al pubblico (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202901). Tale indirizzo, infatti, si è formato in un'epoca in cui gli atti delle parti potevano solo essere depositati in cancelleria ex art. 121 cod. proc. pen. (salvo quanto si dirà nel prosieguo sulla spedizione a mezzo servizi postali). La sentenza in esame si segnala perché la Corte di cassazione ha accolto la soluzione favorevole all'estensione dell'indirizzo giurisprudenziale indicato, affermando che, in forza del principio espresso dall'art. 172, comma 6, cod. proc. pen., l'atto inviato all'Ufficio giudiziario dopo l'orario di apertura al pubblico dell'Ufficio giudiziario si considera conosciuto da tale Ufficio il giorno seguente. In particolare, la Corte ha ribadito che l'orario di apertura al pubblico, fissato con provvedimenti organizzativi dei vertici degli Uffici giudiziari, è distinto da quello di servizio e di lavoro del personale degli uffici giudiziari, disciplinati invece dalla legge e dalla contrattazione collettiva nazionale. Questi ultimi non hanno alcuna rilevanza esterna. Essi concernono il rapporto tra la pubblica amministrazione e il personale alle sue dipendenze, mentre l'orario di apertura al pubblico disciplina i tempi di accesso degli utenti all'ufficio giudiziario (Cass. Sez. 2, n. 40777 del 19/07/2018; Cass. Sez. 1, n. 7112 del 17/12/1997 - dep. 1998, n. 7112; Cass. Sez. 4, n. 42963 del 04/10/2001; Cass. Sez. 4, n. 6849, del 22/01/2004).
3. La sentenza in esame, poi, ha ribadito che il termine perentorio previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p. è un ordinario termine processuale e non già di termine direttamente incidente sullo stato di custodia del soggetto (Cass. Sez. 5 n. 30723 del 21/06/2021; Cass. Sez. 2 n. 10505 del 25/01/2012, dep. 2013; Cass. Sez. 6, n. 12315 del 27/11/2007, - dep. 2008; Cass. Sez. 2, n. 10505 del 25/01/2012; Cass. Sez. 6, n. 1444 del 20/04/1999). Trattandosi di termine ordinario e non avendo la legge disposto “altrimenti”, deve trovare applicazione la regola generale di cui all'art. 172, comma 4, cod. proc. pen. secondo cui “nel termine non si computa l'ora o il giorno in cui ne è iniziata la decorrenza; si computa l'ultima ora o l'ultimo giorno”.
4. Appare utile osservare, infine, che l'art. 583, comma 1, cod. proc. pen. prevede che le parti e i difensori possono proporre l'impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nel precedente art. 582, comma 1. Il pubblico ufficiale addetto allega agli atti la busta contenente l'atto di impugnazione e appone su quest'ultimo l'indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione. In tale caso, secondo l'art. 583, comma 2, cod. proc. pen., l'impugnazione si considera proposta dalla parte nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma. L'art. 309, comma 4, c.p.p., in tema di presentazione dell'istanza di riesame, richiama anche le forme dell'art. 583 cod. proc. pen.
Con riguardo alla spedizione a mezzo posta della richiesta di riesame, nell'ipotesi dunque di utilizzo delle forme di proposizione dell'impugnazione previste dall'art. 583 cod. proc. pen., la Corte di cassazione, in più occasioni, ha affermato che il termine previsto dall'art. 309, comma 5, cod. proc. pen. per la trasmissione degli atti al Tribunale del riesame decorre dall'arrivo della richiesta nella cancelleria del Tribunale (Cass. Sez. U 22/03/2000; Cass., Sez. 3, n. 4113 del 17/12/2007). Il giorno di arrivo pare rappresentato dalla data in cui la cancelleria attesta di aver ricevuto la posta “esterna”; questa data non è necessariamente determinata dall'orario di apertura al pubblico dell'ufficio giudiziario, essendo sufficiente che la ricezione sia avvenuta nell'orario giornaliero di lavoro del personale di cancelleria.
Il termine di cui all'art. 309, comma 5, c.p.p. poi, secondo l'indirizzo prevalente, deve essere computato “dalla data in cui la raccomandata perviene alla cancelleria del giudice competente per il riesame” (Cass. n. 4417/2009; Cass., Sez. 2, n. 32914/2012; in senso contrario, Cass. Sez. 4, n. 2909/2005) e non da quella in cui la raccomandata è pervenuta alla cancelleria centrale del Tribunale. È stato rilevato, infatti, che si è in presenza di una disciplina che pone ritmi molto sostenuti (il presidente cura che sia dato "immediato" avviso all'Autorità giudiziaria procedente) e termini molto brevi (5 giorni) nonché perentori (conseguendo dal loro mancato rispetto addirittura la perdita di efficacia della misura cautelare). |