Le Sezioni Unite stringono i cordoni della borsa sulla prededuzione del professionista nel concordato

Giuseppe Fichera
30 Marzo 2022

La vicenda portata all'esame delle Sezioni Unite nasce da un contrasto manifestatosi all'interno della sua I sezione civile nel gennaio dello scorso anno. Il tema centrale portato all'esame si incentra sul quesito se la prededuzione spetti o meno al professionista che abbia assistito chi propone il concordato, anche nel caso in cui alla domanda di ammissione – per qualsivoglia ragione – non abbia fatto seguito il decreto del tribunale ex art. 163 l.fall.
Il caso

La vicenda portata all'esame delle Sezioni Unite della S.C. nasce da un clamoroso contrasto, inconsapevole, manifestatosi all'interno della sua prima sezione civile nel gennaio dello scorso anno.

A fronte di Cass., Sez. I, 15 gennaio 2021, n. 639, secondo cui il credito del professionista che abbia assistito il debitore per la presentazione della domanda di concordato preventivo non gode della prededuzione ex art. 111, comma 2, l.fall., ove la procedura sia stata definita con un decreto d'inammissibilità, pronunciato ai sensi dell'art. 162, comma 2, l.fall., essendo necessario che la stessa sia stata effettivamente aperta, si contrappone, a distanza di soli pochi giorni, Cass., Sez. I, 28 gennaio 2021, n. 1961, a tenore della quale, invece, il medesimo credito maturato dal professionista ha sempre carattere prededucibile, ancorché la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, costituendo il riconoscimento della prededuzione in questo caso un effetto automatico, ex art. 161, comma 7, l.fall., conseguente al fatto che il credito deriva da atti legalmente compiuti dall'imprenditore in pendenza del termine concesso per la predisposizione del piano concordatario.

A distanza di qualche mese dal manifestarsi dei due contrapposti indirizzi, ecco che innanzi alla S.C. si ripresenta il caso di un professionista, il quale dopo avere assistito l'imprenditore poi fallito nella predisposizione della proposta di concordato preventivo, in sede di insinuazione al passivo si era visto respingere l'invocata prededuzione, perché dopo il deposito della domanda di concordato con riserva e alla scadenza del termine assegnato, non era stata depositata alcuna proposta concordataria – avendo anzi il debitore rinunciato alla domanda –, sicché il tribunale aveva dichiarato senz'altro il fallimento dell'istante, senza ovviamente ammetterlo ad alcuna procedura.

Cass. 23 aprile 2021, n. 10885, rimette quindi la soluzione del conclamato contrasto alle Sezioni Unite, con una articolata ordinanza interlocutoria in seno alla quale, tuttavia, il collegio remittente formula ben otto differenti quesiti, con il chiaro intento di offrire al massimo organo nomofilattico l'occasione per fare finalmente luce sull'intricato mondo della prededuzione del professionista nelle procedure concorsuali.

Accanto alla questione principale, scaturita dal cennato contrasto sorto all'interno della prima sezione civile, infatti, l'ordinanza interlocutoria si interroga su una serie di tematiche “accessorie”, che sottopone tutte all'esame delle Sezioni Unite: dalla revocabilità dei pagamenti dei crediti nascenti dalla prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali, all'individuazione del reale fondamento normativo della prededuzione del professionista che ha lavorato per il debitore, al se l'indagine sulla funzionalità vada effettuata ex ante oppure ex post, per passare poi alla natura del c.d. “concordato in bianco” (se si tratti cioè di una fase del concordato preventivo, oppure quest'ultima procedura abbia inizio solo con il provvedimento di ammissione del tribunale), per finire con il dubbio se la prededuzione spetti pure al professionista che abbia lavorato prima del deposito della domanda di concordato e se il giudice sia chiamato alla verifica dell'esatto adempimento, nonché del carattere non abusivo o fraudatorio, della prestazione resa in vista dell'accesso alla procedura concordataria.

Questioni giuridiche

Ora, come anticipato, il tema centrale portato all'esame della S.C. si incentra sul quesito se la prededuzione spetti o meno al professionista che abbia assistito chi propone il concordato, anche nel caso in cui alla domanda di ammissione – per qualsivoglia ragione – non abbia fatto seguito il decreto del tribunale ex art. 163 l.fall.

Le conclusioni delle Sezioni Unite dell'ultimo dell'anno (Cass., S.U., 31 dicembre 2021, n. 41093), compendiate nel principio di diritto espresso in seno alla sentenza, sono univoche: il credito può essere considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, solo alla condizione che il debitore sia stato effettivamente ammesso al concordato preventivo dai giudici.

Per giungere a questa secca conclusione che, come esattamente aveva sottolineato nella sua requisitoria scritta il Procuratore Generale, avrebbe avuto efficacia assorbente di tutte le altre pur numerose questioni sollevate dall'interlocutoria (atteso che, nonostante il tentativo messo in atto dal ricorrente di rimettere in discussione la misura dei compensi ammessi al concorso, si discuteva soltanto del rango da riconoscere nella graduazione dei crediti), la sentenza in commento ripercorre, con piglio a tratti degno della migliore manualistica, tutte le principali questioni che riguardano il tema in oggetto, manifestando l'ambizione di porre in essere un tentativo – oggettivamente arduo – di “sistematizzazione” della prededuzione del professionista all'interno delle procedure concorsuali.

Il collegio parte allora dal concetto stesso di “prededuzione”: è noto che nelle procedure concorsuali, il rango prededucibile attribuisce non una causa di prelazione ma una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell'attività rispetto agli scopi della procedura, mentre il privilegio, quale eccezione alla par condicio creditorum, riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, trovandosi in rapporto di accessorietà con il credito garantito poiché ne suppone l'esistenza e lo segue.

Ora, l'art. 111, comma 2, l.fall. – nel testo novellato dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 –, individua tre categorie di crediti prededucibili; quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, quelli sorti “in occasione” di una procedura concorsuale e quelli che sono nati “in funzione” della medesima.

Nell'ambito di questa tripartizione, sicuramente può escludersi che il credito del professionista chiamato ad assistere il proponente, rientri nel perimetro della prededuzione di fonte legale, difettando in questo caso una specifica disposizione; l'unica norma che si rinveniva nella legge fallimentare, quella contenuta nell'art. 182 quater, comma 4, l.fall. (tesa ad assicurare a determinate condizioni la prededuzione per il professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli artt. 161, comma 3, e 182 bis, comma 1, l.fall.) – lo evidenzia la S.C. – è stata abrogata in sede di conversione dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.

Analogamente, deve negarsi che sia configurabile nel caso in discussione un credito sorto “in occasione” di una procedura concorsuale, poiché questo criterio assume una sua autonomia, sia sul piano cronologico che su quello soggettivo, con riferimento soltanto ad attività che siano state espletate dagli organi della procedura e nel corso della stessa.

La funzionalità, come terzo parametro, invece, secondo le Sezioni Unite esprime «un'attitudine ad arrecare un vantaggio per il ceto creditorio», essendo configurabile quindi in presenza di crediti per prestazioni svolte anche prima dell'inizio della procedura concorsuale e perciò al di fuori di un diretto controllo dei relativi organi, ma a condizione che vi sia una relazione di «inerenza necessaria» allo scopo concordatario.

E sul punto la Cassazione evidenzia come, superando la prospettiva di una verifica ex post del citato vantaggio, la giurisprudenza di legittimità ormai da tempo ha ritenuto che la relativa valutazione debba essere effettuata con un giudizio ex ante; la funzionalità può dirsi sussistente, allora, quando l'attività che ha dato luogo alla nascita del credito risulti ragionevolmente tesa, nel momento in cui è espletata, a favorire l'intera massa dei creditori, i quali sono per legge chiamati a prendere posizione sulla proposta del debitore.

E tuttavia il concetto di funzionalità, ammonisce la Corte, non può sussistere di per sé anche rispetto a più procedure concorsuali, perché la prestazione deve risultare indirizzata verso una determinata procedura e non altra; insomma è necessario che l'opera resa dal professionista sia finalizzata allo scopo specifico per il quale è stata compiuta, non bastando di per sé che ad una procedura ne segua altra.

E la c.d. “consecutività” tra procedure non può configurarsi semplicemente quando vi sia identità dell'elemento oggettivo (id est l'insolvenza) su cui sono fondate le due procedure, l'una che abbia fatto seguito all'altra, essendo al contrario necessario verificare che tra di esse non vi sia discontinuità anche organizzativa, ricorrente invece quando la prima non sia avanzata oltre la domanda del debitore perché nemmeno sia stata aperta, così non raggiungendo lo scopo per il cui realizzo abbia cooperato il professionista.

Dopo questo lunghissimo excursus sulla natura della prededuzione del professionista, ecco che le S.U. giungono alfine alla composizione del segnalato contrasto interno alla prima sezione civile.

E su questo nodo cruciale, stavolta in maniera tranchant, la sentenza in commento afferma che la fase preconcordataria non può essere assimilata ad ogni effetto al regime del concordato preventivo: perché si possa parlare di consecuzione tra procedure (dalla concordataria alla fallimentare), è in realtà necessaria una evoluzione formale della procedura, che sia stata cioè almeno ammessa ai sensi dell'art. 163 l.fall.

In sostanza, per la Cassazione di fine 2021, la prededuzione può essere riconosciuta solo quando il concordato preventivo, per quanto ad esito infausto, sia progredito oltre la mera domanda del debitore, raggiungendo almeno gli obiettivi minimali che lo caratterizzano tipologicamente, quando cioè si sia giunti alla fase di possibile coinvolgimento dei creditori, con l'adunanza ex art. 175 l.fall. che segue il decreto di ammissione ex art. 163 l.fall.

Del resto, ricordano sempre le S.U., la medesima soluzione risulta accolta dall'art. 6, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (CCII), destinato ad entrare in vigore il prossimo 16 maggio 2022 –, essendo ivi previsto che i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, maturino la prededuzione solo a condizione che la procedura sia stata aperta.

E del resto la possibilità di utilizzo come criterio ermeneutico del Codice della crisi è stata già, in più occasioni, vagliata dalle medesime Sezioni Unite, a partire dall'ormai famosa Cass., S.U., 24 giugno 2020, n. 12476, ove si è riconosciuto che il detto Codice in generale non è applicabile per scelta del legislatore alle procedure concorsuali prima della sua entrata in vigore; e tuttavia «la pretesa di rinvenire in esso norme destinate a rappresentare un utile criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare potrebbe essere ammessa se (e solo se) si potesse configurare - nello specifico segmento - un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro».

Ma la sentenza in commento non si ferma nell'enunciare il principio di diritto surriferito, da solo idoneo a determinare l'esito del ricorso in termini di rigetto, in conformità alle conclusioni formulate nella sua requisitoria scritta dal Procuratore Generale.

Giovandosi del lungo approfondimento operato sul tema, la Cassazione enuclea infatti altri due ulteriori importanti principi, i quali, ancorché privi di decisività nel caso sottoposto al Giudice di legittimità, in futuro potrebbero essere gravidi di rilevanti conseguenze nell'ambito di tutte le domande di insinuazione al passivo da parte del ceto professionale.

Invero, la sentenza in commento afferma in maniera perentoria che spetta al giudice di merito verificare se la prestazione del professionista, sia essa resa in epoca anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art. 161 l.fall., risulti funzionale, ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall., alle finalità della procedura concordataria; e tale indagine deve mirare in particolare a verificare che l'opera professionale abbia contribuito «con inerenza necessaria, secondo un giudizio "ex ante" rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa».

In questo modo la Cassazione irrigidisce – e non poco – i criteri per ammettere i crediti dei professionisti al concorso con il rango prededucibile sperato, in quanto stabilisce che è compito dell'autorità giudiziaria accertare una sorta di nesso di causalità tra la prestazione resa e la conservazione o addirittura l'incremento della massa attiva: insomma, se l'opera professionale resa non abbia fornito un contributo teso ad assicurare “il miglior soddisfacimento” del ceto creditorio – ché questo è all'evidenza l'obiettivo della procedura minore –, non può riconoscersi l'invocata prededuzione.

E ancora, allontanandosi dallo stretto tema del rango riconoscibile al credito del professionista maturato durante il concordato, sempre secondo le S.U., detto credito, può integralmente o solo in parte essere escluso dal concorso nel successivo e consecutivo fallimento, ove si accerti l'inadempimento dell'istante alle obbligazioni assunte, ovvero la sua partecipazione ad attività fraudatoria posta in essere dal debitore.

Più in dettaglio, il curatore sarà legittimato ad eccepire, ai sensi degli artt. 1218 e 1460 c.c., che il professionista «ha causalmente contribuito all'allestimento di un concordato in realtà privo della sua causa concreta», cioè inidoneo al superamento della crisi d'impresa attraverso il concordato, con il risultato che la domanda di insinuazione al passivo andrà respinta, «essendosi interrotto il nesso funzionale tra prestazione professionale e procedura stessa».

Quindi, una volta che il curatore abbia eccepito l'inadempimento o l'inesatto adempimento dell'istante – essendo bastevole invocare l'esito nefasto della procedura, poi sfociata in fallimento –, sul professionista ricadrà l'onere di dimostrare l'esattezza del suo adempimento, fornendo la prova che la sua condotta sia stata conforme al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione, oppure sobbarcarsi il compito di riuscire ad imputare a fattori esterni, imprevisti e imprevedibili, l'evoluzione dannosa della procedura.

Conclusioni

La sentenza in commento, traendo spunto dai numerosi quesiti formulati dall'ordinanza interlocutoria di rimessione, ambisce a dare un assetto complessivo ad una materia, quella della prededuzione spettante ai crediti professionali per l'opera svolta nell'ambito delle procedure minori, da sempre particolarmente sensibile, in quanto coinvolge gli interessi di un'ampia platea di soggetti operanti nel settore concorsuale.

La questione principale, oggetto di un contrasto interno alla prima sezione civile, viene agevolmente risolta dalle Sezioni Unite, anticipando in via ermeneutica la scelta operata dal Codice della crisi, che ha codificato la regola a tenore della quale la prededuzione spetta soltanto se la procedura concorsuale minore sia stata formalmente aperta dal tribunale.

Assai più impegnativi e suscettibili di controversa valutazione si mostrano gli ulteriori principi affermati dalla Corte:

a) l'opera resa dal professionista potrà dirsi “funzionale” alla procedura solo se, sulla base di un giudizio ancorato al momento in cui la stessa è stata realizzata, abbia arrecato vantaggio ai creditori, conservando o incrementando l'attivo liquidabile);

b) quando il curatore, di fronte all'esito non positivo della proposta concordataria, in sede di verifica dei crediti abbia eccepito l'inadempimento del professionista, quest'ultimo avrà l'onere di dimostrare di avere diligentemente adempiuto all'obbligazione assunta.

In questo modo le Sezioni Unite, all'evidenza, finiscono per conferire ai giudici fallimentari sostanzialmente il potere di respingere tout court l'istanza del professionista tesa all'ammissione al concorso, quando quest'ultimo non abbia dimostrato il proprio esatto adempimento a fronte dell'esito negativo del concordato, emergendo, in qualche modo, già al momento dell'ammissione alla procedura concordataria, la non utilità per la massa della procedura minore avviata dall'imprenditore.

Ora, da un lato, è certo condivisibile l'enorme sforzo operato dalle S.U. per fornire a tutti gli operatori regole chiare ed univoche, superando la babele dei distinguo e delle eccezioni caso per caso, cui la stessa Corte di cassazione ha contribuito in passato, e, dall'altro, può pure apprezzarsi una linea di politica giudiziaria tesa a favorire una stretta sulle prededuzioni “facili”, potenzialmente in grado di erodere in maniera consistente l'attivo messo a disposizione del ceto creditorio.

E tuttavia occorre confrontarsi con un dato ineludibile della realtà giudiziaria quotidiana.

A fronte dell'eccezione di inadempimento avanzata dal curatore, come potrà il professionista dimostrare che non si è interrotto il necessario “nesso funzionale tra prestazione e procedura”, in tutti quei casi – cioè direi la totalità di quelli portati all'esame della S.C. – in cui la proposta di concordato sia stata dichiarata inammissibile, oppure il giudizio di omologa si sia concluso con un rigetto della domanda.

Si tratta, infatti, di fattispecie tutte caratterizzate dalla sicura circostanza che il tentativo di superare la crisi dell'impresa, ricorrendo alla procedura minore, ha avuto comunque esito infelice e sarà allora forte la tentazione degli organi fallimentari, alla luce dei principi espressi dalla sentenza in commento, di imputare siffatto insuccesso anche ai professionisti che hanno coadiuvato il debitore proponente; ma questo, forse, non era esattamente quello che volevano sancire le Sezioni Unite dell'ultimo dell'anno del 2021.