L'impervia (e sdrucciolevole) via per il riconoscimento dei compensi professionali nell'ambito delle procedure alternative

Paolo Bosticco
04 Aprile 2022

La sentenza in commento, anticipando una soluzione che appare coerente con un principio successivamente espresso dalle Sezioni Unite in una recente pronunzia, sancisce l'esclusione del diritto al compenso (per la verità, solo al saldo ulteriore da questi preteso rispetto a quanto già percepito) maturato a favore dei professionisti che avevano assistito l'impresa in crisi in una procedura di concordato preventivo conclusasi con la revoca dell'ammissione all'esito di un procedimento avviato ex art. 173 l.fall.
Le massime

Costituisce atto in frode ai creditori l'omessa disclosure - nell'ambito del piano concordatario e nella correlata attestazione - in merito al differimento dell'evento concorsuale per effetto della redazione di bilanci viziati dal mancato inserimento di necessarie svalutazioni e di conseguenza l'omessa indicazione delle azioni di responsabilità proponibili a carico degli organi sociali.

L'omissione nell'esposizione di dati rilevanti dai quali consegua l'inammissibilità del concordato costituisce inadempimento dell'obbligo in capo ai professionisti che assistono la società debitrice agli obblighi contrattuali dai medesimi assunti, che comprendono la predisposizione di strumenti aventi i requisiti idonei a conseguire il risultato prefissato dell'omologa del concordato, giustificando l'esclusione del credito nell'ambito della verifica del passivo del fallimento seguito al concordato.

Il caso

Le sentenza in commento, anticipando - come vedremo - una soluzione che appare coerente con un principio successivamente espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte in una recente pronunzia, sancisce l'esclusione del diritto al compenso (per la verità, solo al saldo ulteriore da questi preteso rispetto a quanto già percepito) maturato a favore dei professionisti che avevano assistito l'impresa in crisi nell'ambito di una procedura di concordato preventivo conclusasi con la revoca dell'ammissione all'esito di un procedimento avviato a norma dell'art. 173 l.fall.

Il Tribunale si pronunzia qui sull'opposizione all'esecutività dello stato passivo di un fallimento seguito ad un inane tentativo concordatario, presentata dai professionisti che avevano assistito l'impresa fallita nella presentazione dapprima di un ricorso “prenotativo” ai sensi del sesto comma dell'art. 161 l.fall. ed indi assistito il debitore nella redazione del piano e della proposta e nei successivi adempimenti occorsi nell'ambito della procedura ai fini dell'ammissione.

La pronunzia ripercorre e richiama le motivazioni in forza delle quali era stata arrestata l'iniziativa concordataria, laddove ai fini della revoca, disposta ai sensi dell'art. 173 l.fall., era stata censurata la mancata esposizione nel piano ed in particolare nell'attestazione della sussistenza di minusvalenze non contabilizzate derivanti dalla palese non redditività di un ramo d'azienda acquistato sul presupposto della previsione di risultati mai realizzati e dalla appostazione di crediti infragruppo non recuperabili per incapienza della società debitrice; la retrodatazione del dissesto, mascherata dalla mancata svalutazione di quelle poste, quindi, veniva considerata come potenziale fonte di responsabilità degli organi sociali, dato che nel piano concordatario risultava del tutto pretermessa, con conseguente censura per la mancata disclosure e la incompletezza dell'informativa ai creditori.

La decisione in commento, quindi, conferma l'esclusione - peraltro parziale - del credito dei professionisti che avevano assistito l'impresa nella fase concordataria, ritenendo di dover configurare nella omessa esposizione di circostanze rilevanti - valutate come frode ai creditori - un profilo di inidoneità della prestazione al raggiungimento del risultato per il quale era stato conferito l'incarico e quindi l'inadempimento agli obblighi contrattuali tale da giustificare la riduzione del compenso all'importo già ricevuto, con esclusione del saldo.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Anche se, come vedremo, decidendo un aspetto più che altro “sanzionatorio” specifico e concreto, la pronunzia per certi versi si inserisce (anche se con approccio diverso e con riguardo ad una fattispecie peculiare) nell'ambito di una tendenza più generale - che risulta dalle disposizioni in tema di limiti alla prededucibilità nel Codice della Crisi e dell'insolvenza di prossima entrata in vigore, ma che viene anticipata da un revirement giurisprudenziale in materia - a limitare il riconoscimento (sia sotto il profilo dell'ammontare sia in tema di prededucibilità) dei crediti vantati dai professionisti per l'assistenza all'impresa in crisi nell'ambito di procedure alternative che siano sfociate in una procedura fallimentare (ovvero nella liquidazione giudiziale che nel Codice della Crisi sostituisce il fallimento).

La decisione del Tribunale alessandrino, invero, si collega ad altra pronunzia di poco anteriore (Trib. Alessandria 15 maggio 2021, in questo portale, 2021, con nota di Corrado, Non dovuto il compenso all'attestatore se la proposta di concordato è dichiarata inammissibile per violazione di norme imperative di legge) che giunge alla stessa conclusione.

La presa di posizioni dei giudici piemontesi fornisce uno spunto per rivedere in generale quale sia lo “stato dell'arte” con riguardo al trattamento dei crediti professionali sorti per l'assistenza in procedure concorsuali alternative nell'ambito del successivo fallimento, per giungere poi ad apprezzare la fondamentale distinzione tra (non del tutto giustificata, ad avviso di chi scrive) negazione aprioristica della funzionalità di tali crediti all'obiettivo concorsuale e la (viceversa corretta) valutazione in merito alla riconoscibilità o meno (ed in tutto o in parte) di compensi per attività professionale rivelatasi inadeguata.

In particolare, le due pronunzie piemontesi emblematicamente sviluppano un approccio alla tematica, che appare come una applicazione “anticipata” di un ragionamento proposto in via generale dalla più recente pronunzia della Cassazione (Cass., Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093: v. anche G. Fichera, Le Sezioni Unite stringono i cordoni della borsa sulla prededuzione del professionista nel concordato, in questo portale, 30 marzo 2022) in materia di riconoscimento dei compensi professionali per l'assistenza a procedure alternative di soluzione della crisi, laddove i giudici di legittimità hanno non solo individuato i limiti entro i quali a tali compensi è riconosciuto il rango prededucibile, ma hanno sancito che, al di là di ciò, gli organi fallimentari hanno pur sempre la facoltà di valutare negativamente la prestazione professionale sotto il profilo del corretto adempimento dell'incarico e, quindi, di escludere in toto la spettanza del compenso.

Questa duplice opzione si concretizza perfettamente nella fattispecie esaminata dalla sentenza in commento: in questo caso, infatti, l'iniziativa concordataria della società si era arrestata per revoca disposta a norma dell'art. 173 l.fall. e quindi, per un verso, i giudici avrebbero potuto limitarsi a negare la prededuzione ai crediti vantati dai professionisti per l'assistenza al debitore concordatario, muovendo dalla cesura tra la procedura non portata a compimento ed il fallimento, al fine di negare che le prestazioni potessero essere ritenute attuate “in occasione” ovvero “in funzione” di procedura concorsuale. Tale conclusione, peraltro, postulava di accogliere la tesi secondo la quale solo in caso di procedura concordataria andata a buon fine sussisterebbe consecuzione e quindi estensione della prededuzione e non anche, ad esempio, quando alla domanda prenotativa non sia seguita l'ammissione o questa sia stata revocata (per rinunzia del debitore o all'esito di un procedimento ex art. 173 l.fall.).

Come è noto, infatti, l'art. 111 bis l.fall. consente il pagamento diretto solo dei crediti che siano sorti all'interno della procedura fallimentare e che non siano contestati per collocazione ed ammontare (id est, di cui sia certa sia la natura prededucibile, sia l'importo anche in quanto derivanti da provvedimenti di liquidazione del G.D.), laddove per tutti gli altri crediti, ancorchè non contestati, vige comunque la regola secondo la quale il creditore può essere soddisfatto solo nelle forme e con le garanzie dell'attività di riparto ed in ogni caso il principio che i crediti che non siano certi per collocazione ed ammontare sono soggetti alle modalità di accertamento previste per la verifica del passivo.

D'altro canto, il principio generale che disciplina l'ammissione dei crediti prededucibili è che, come precisa la Suprema Corte “Ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, ora menzionato dall'art. 111 l.fall., va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare.” (Cass. civ., Sez. Un., 2 marzo 2020, n. 5686). Il rapporto funzionale, tuttavia, giova a fondare la pretesa di riconoscimento della “prededucibilità” anche qualora manchi il legame temporale, laddove “anche ai crediti sorti anteriormente all'inizio della procedura di concordato preventivo, non occasionati dallo svolgimento della medesima procedura, può riconoscersi la prededucibilità ove sia applicabile il secondo criterio richiamato dalla L. Fall., art. 111, comma 2, quello cioè della funzionalità, o strumentalità, delle attività professionali da cui i crediti hanno origine rispetto alla procedura concorsuale” (Cass. civ., Sez. I, 15 maggio 2020, n. 9027).

Da tale concetto generale di “funzionalità” deriva anche il principio - desumibile dall'art. 111 l.fall. - secondo il quale la prededuzione si estende ai crediti sorti in procedure di qualsiasi tipo, regolate dalla legge fallimentare, che precedano il fallimento (v. sul punto Cass. civ., Sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 2429), ma occorre appunto risolvere a monte la questione circa l'estensione del beneficio, se cioè una prestazione possa considerarsi funzionale solo quando in concreto la procedura minore segua il suo corso regolare, anche se ne segua il fallimento (ad esempio per voto negativo o per diniego di omologa) o se invece la prededuzione spetti per tutte le prestazioni astrattamente funzionali ad un tentativo concordatario, anche se manchi l'ammissione, dovendosi dare rilievo al mero dato di fatto della consecuzione con il fallimento.

Il dibattito sulla estensione oggettiva della prededuzione nell'ambito della consecuzione di procedure aveva trovato un arresto nella L. 30 luglio 2010 n. 122, che aveva introdotto nell'art. 182-quater l.fall. un quarto comma che, nel limitare i casi di riconoscibilità della prededuzione al solo compenso dell'attestatore, sembrava voler operare una scelta restrittiva: argomentando a contrariis si poteva sostenere che il beneficio fosse escluso per tutti gli altri crediti, compresi quelli vantati dai professionisti per l'assistenza alla predisposizione del piano concordatario (in tal senso: Trib. Milano, 16 maggio 2011, in Fallim., 2011, 1337; Trib. Terni, 13 giugno 2011, in DF, 2012, II, 49; Trib. Pistoia 24 ottobre 2011, in Ilcaso.it). Poichè, peraltro, quella disposizione venne (opportunamente) soppressa dal “Decreto sviluppo” (D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), è ritornata applicabile la disciplina generale dettata dall'art. 111 l.fall., con la conseguente possibilità di estendere il campo dei crediti ai quali può spettare il trattamento prededucibile (Trib. Rovigo, 12 dicembre 2013, in Fallim., 2014, 924; contra App. Genova, 9 gennaio 2014, in Fallim., 2014, 921).

Tuttavia, la questione del riconoscimento dei crediti professionali sorti nell'ambito di procedure alternative è rimasta incerta per quel che concerne proprio la verifica della “funzionalità” delle prestazioni di assistenza rese dall'advisor e dall'attestatore che precedono l'ammissione piena al concordato e, in particolare, quelle rese per la presentazione di un ricorso “prenotativo” e per quelle successive finalizzate ad una ammissione che poi non si concreti o che venga revocata (per effetto di un procedimento ex art. 173 l.fall., ma anche per la rinunzia del debitore).

Ed invero, in giurisprudenza sembrava si fosse raggiunta una certa unanimità nel senso di ritenere prededucibili i crediti per prestazioni professionali di assistenza rese nelle procedure minori, ancorchè prodromici al loro avvio vero e proprio (v. Cass., Sez. I, 10 ottobre 2019, n. 25471, e Cass., Sez. I, 11 giugno 2019, n. 15724). Sennonché, di recente, la Suprema Corte ha limitato l'ambito della prededuzione affermando che l'art. 111, comma 2, l.fall., nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti "in funzione" di una procedura concorsuale, presuppone che una tale procedura sia stata aperta, e non la semplice presentazione di una domanda di concordato, escludendo perciò che il beneficio spetti al credito del professionista per attività di assistenza alla presentazione della domanda di concordato preventivo dichiarata inammissibile o rinunciata (Cass. civ., Sez. I, 15 gennaio 2021, n. 639, in GI, 2021, 619, con nota di Boggio, Non dire ‘‘concordato'' finchè non è pronunciato il decreto ex art. 163 L. fall.).

In sostanza, seguendo tale corrente, l'esito negativo della procedura minore “spezza” il vincolo di funzionalità ai fini del riconoscimento del rango prededucibile; il che, tuttavia, non esclude la sussistenza del credito professionale, che verrà considerato concorsuale ed altresì assistito nella maggior parte di casi dal privilegio previsto dall'art. 2751-bis n. 2 c.c..

Come si accennava, a “chiudere il discorso” è intervenuta la pronunzia 42093/2021 delle Sezioni Unite, che ha sancito l'inscindibile legame esistente tra il riconoscimento della prededuzione e la verifica che la “prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art.161 l.f., sia stata funzionale, ai sensi dell'art.111, comma ,2 l.fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell'art. 163 l.f.”, rendendo così dirimente il fattore dell'esito positivo della procedura minore. Non solo, ma gli stessi giudici di legittimità, per altro verso, hanno ancor più accentuato la rilevanza del giudizio concreto sulle prestazioni rese, laddove hanno altresì dettato il principio secondo il quale “restano impregiudicate, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l'eventuale causa di prelazione e, per l'altro, la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l'inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria”.

La sentenza in commento, collocandosi nell'ambito di quest'ultimo solco, si pronunzia tout court nel senso dell''esclusione (ancorchè parziale) del credito, superando la questione della prededucibilità (che, viceversa, troviamo accennata nell'altra sentenza del medesimo tribunale pocanzi citata) e muovendo, invece, da una analisi concreta del corretto adempimento degli impegni negoziali che assume un professionista che assista l'impresa concordataria. Ed invero, l'obbligo primario del professionista viene qui considerato quello di perseguire l'obiettivo di condurre il concordato all'omologa, rispetto al quale viene ritenuto inadempiente il professionista che manchi di operare una adeguata disclosure su elementi rilevanti, omissione dalla quale sia derivata la revoca della procedura minore, sanzionata ex art. 173 l.fall.; la peculiarità del ragionamento sta, per un verso, nel non dettare un criterio generale aprioristico basato sull'esclusione della “funzionalità” (a penalizzare lo stesso diritto del debitore di tentare di accedere alla procedura, se attuato in buona fede) e, di contro, nel comportare una sanzione anche più severa consistente nella esclusione (e non solo nella “degradazione”) del diritto stesso al compenso, seppure solo parziale.

Osservazioni

E dunque, anche se apparentemente il tema della prededucibilità non viene trattato, la sentenza in commento costituisce, alla luce di quanto si osservava, una soluzione alternativa ed un superamento, a monte e con una valutazione preventiva, proprio del dibattuto tema del riconoscimento non solo della prededucibilità, ma anche della sussistenza dei crediti sorti nel corso di procedure minori con esito negativo.

Il principio dal quale muovono i Giudici piemontesi, del resto, prima di essere ribadito da Cass. 42093/2021, era già stato sancito da una pronunzia della Suprema Corte (Cass., Sez. VI, 30 ottobre 2020, n. 24025) la quale, muovendo anch'essa da un approccio di tipo sanzionatorio, conclude che “l'esclusione dallo stato passivo del credito del professionista che ha predisposto la relazione ex art. 161, comma 3, l.fall. su incarico della società cha abbia depositato proposta di concordato preventivo e che, a seguito della mancata ammissione alla procedura, sia stata dichiarata fallita è giustificata qualora - nel corso dell'esame della domanda di ammissione - siano emerse carenze evidenzianti il difetto della dovuta diligenza nell'adempimento delle proprie prestazioni da parte dell'attestatore (sul quale, peraltro, ricade l'onere di dimostrare il corretto adempimento della prestazione professionale)”.

Similarmente, un'altra pronunzia di legittimità (Cass., Sez. I, 21 maggio 2021, n. 14050), conclude per la condivisibilità della decisione del giudice fallimentare di liquidare in misura ridotta il compenso dell'attestatore che si limiti a redigere un parere sull'assenza dei presupposti per l'accesso alla procedura anziché elaborare una vera e propria attestazione negativa.

In sostanza, qui si tratta non più valutare se la funzionalità della prestazione professionale alla procedura alternativa sia elemento che consenta il suo soddisfo antergato in seno al successivo fallimento (negandolo ogni volta che la procedura minore non abbia avuto esito positivo), bensì di sanzionare - con valutazione caso per caso - la prestazione inidonea a far sì che l'iter del concordato abbia successo in quanto “non prestazione” che integra un inadempimento all'obbligo contrattuale che il professionista ha assunto nei confronti dell'impresa per assisterlo nella procedura (scelta che implicitamente presuppone di considerare il Fallimento come successore nei diritti negoziali, ivi compreso quello di censurare la negligenza nell'esecuzione dell'incarico: sul punto, v. Trib. Roma, 13 marzo 2012, in Fallim., 2012, 1363 e Trib. Milano, 25 marzo 2010, in sito Ilcaso.it la quali concludono che la responsabilità dell'attestatore è contrattuale verso il proponente suo committente e, viceversa, extracontrattuale verso i terzi).

Evidentemente, si tratta di un approccio che deve essere prudentemente coordinato con il fondamentale principio sulla natura della prestazione professionale, che è obbligazione “di mezzi” e non “di risultato” (come osserva rettamente Di Marzio, Credito professionale e prededuzione, in GiustiziaCivile.com): affermare ex post che l'opera dell'advisor o dell'attestatore non fu idonea a garantire l'esito della procedura è argomento periglioso se meramente dedotto dall'esito infausto della procedura (per mancata ammissione a seguito della fase prenotativa o per revoca dell'ammissione), che potrebbe derivare, ad esempio, da mutati scenari o dalla percezione dell'ostilità dei creditori che si contava di condurre a siglare accordi di ristrutturazione; come osserva un commentatore (Greggio, La prededuzione dei compensi dei professionisti secondo le Sezioni Unite: per la certezza si rischia l'ingiustizia?, in DirittodellaCrisi.it), il fallimento del concordato potrebbe spesso derivare da comportamenti estranei al controllo del professionista. Un automatismo interpretativo così radicale sarebbe, anzi, peggiore rispetto all'orientamento che dall'esito nefasto della procedura minore fa discendere solo l'esclusione della prededucibilità; ipotizzare l'inutilità della prestazione del professionista in base ad un giudizio basato ex post sulla riuscita della procedura minore appare, invero, assai discutibile; altro è, invece, andare a verificare con giudizio ex ante, come suggerito dalla Suprema Corte, se il mandato professionale sia stato eseguito con la dovuta perizia (v. Casa, La “quadratura del cerchio”; note minime su una sentenza importante (Cass., Sez. Un., 31 Dicembre 2021, n. 42093), in Ilcaso.it).

In questo senso, la sentenza in commento utilizza un'espressione che potrebbe trarre in inganno laddove qualifica la prestazione professionale come “inidonea al raggiungimento del risultato”, ma al di là delle parole il senso del ragionamento dei giudici piemontesi è chiaro: la censura si fonda sulla ben diversa, e decisamente più corretta, valutazione in merito alla intrinseca adeguatezza, nella fattispecie in concreto, della prestazione professionale e può ritenersi in tal senso accettabile che venga sanzionata non con la mera esclusione della prededuzione, bensì con la negazione del diritto al compenso l'accertato precipuo inadempimento all'obbligo di una adeguata disclosure.

Volendo, quindi, ricondurre tale assunto ai principi generali negoziali, si tratta di valutare non il risultato dell'attività, ma, piuttosto, se possa essere ascritta al professionista una delle ipotesi tipiche di addebito per colpa, ovvero se si possa in concreto riscontrare una negligenza (come ne caso in cui l'attestatore ometta l'esame delle situazioni che poi, riscontrate dal Commissario, inducano il Tribunale ad applicare l'art. 173 l.fall.) o un'imperizia (se, ad esempio, l'advisor non abbia adeguata conoscenza degli adempimenti periodici previsti in fase prenotativa o se l'attestatore rediga una relazione carente) e fors'anche imprudenza (quando il professionista non vagli adeguatamente e si limiti a proporre i dati forniti dall'impresa o si affidi ad interpretazioni temerarie).

In particolare, così ragionando, non pare si possa contestare come inadempimento del professionista la caducazione della procedura che discenda da una diversa valutazione del Tribunale in tema di fattibilità, ma tale sindacato è invece ammissibile ove si contesti al professionista una carente esposizione (v. Fabiani, Il delicato ruolo del professionista del debitore in crisi fra incerta prededuzione e rischio di inadempimento, in GComm., 2017, I, 744 ss.), come è appunto avvenuto nel caso deciso dalla sentenza in commento, laddove la contestazione riguarda l'omessa indicazione in merito alla sussistenza di responsabilità per l'occultamento del dissesto in capo agli organi societari, verso i quali si sarebbero potute ipotizzare iniziative risarcitorie. Sotto tale profilo, la sentenza qui commentata si colloca nel solco di una corrente giurisprudenziale ormai consolidata secondo la quale la mancata indicazione dei presupposti per l'avvio di azioni di responsabilità (che, va rammentato, nel sistema attuale non sono esercitabili dal commissario giudiziale e non si possono intendere tout court trasferite ai creditori: v. per tutte Trib. Firenze, 22 maggio 2019, in Fallim., 2019, 1409) costituisce un vulnus informativo per i creditori, tale da giustificare l'applicazione dell'art. 173 l.fall..

Affermazione condivisibile anche alla luce delle disposizioni del nuovo Codice della Crisi e dell'Insolvenza, laddove l'art. 87 impone espressamente ora di indicare nel piano di concordato “le azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili, con indicazione di quelle eventualmente proponibili solo nel caso di apertura della procedura di liquidazione giudiziale e delle prospettive di recupero” e l'art. 115 prevede che nei concordati con cessione l'attivo trasferito ai creditori rientri inderogabilmente anche il credito risarcitorio riveniente dall'azione di responsabilità societaria: l'esistenza di un potenziale recupero di attivo mediante l'esercizio di tali azioni (e, se si vuole, anche il riscontro del fatto che l'insolvenza derivi da mala gestio) è un dato del quale i creditori devono essere informati e tale informativa deve essere correttamente contenuta già nei documenti redatti dai professionisti dell'impresa che è tenuta ad una disclosure piena, senza che il professionista possa giustificare le proprie omissioni informative con la provenienza del suo incarico da soggetto che potrebbe avere tutto l'interesse a non esternare tali situazioni (l'incarico è, infatti, quello di svolgere tutte le attività utili ad un proficuo svolgimento dell'iter concorsuale e non certo quello di correre il rischio della inammissibilità o della revoca tenendo comportamenti reticenti).

D'altro canto, a ben vedere, da un inadempimento agli obblighi di corretto adempimento potrebbe addirittura scaturire un onere risarcitorio collegato con le eventuali maggiori perdite riconducibili eziologicamente al ritardo nell'avvio di procedura fallimentare che si opini cagionato dall'erroneità delle prospettazioni dei consulenti che “mascherino” profili di inammissibilità della procedura minore (ipotesi teorizzata, ad esempio, per la responsabilità dell'attestatore, da Trib. Venezia, 19 maggio 2015, in DF, 2016, II, 1040, con nota di Napolitano, Azioni di responsabilità esercitate nel fallimento: corresponsabilità dell'attestatore del piano ex art. 182-bis l.fallim. e criteri di quantificazione del danno).

Le questioni aperte alla luce della riforma

Presumibilmente, la problematica del riconoscimento della prededuzione sarà comunque destinata ad essere rimeditata allorchè - o forse si dovrebbe dire qualora - entri in vigore il Codice della Crisi e dell'Insolvenza, evento per ora rinviato al maggio 2022 dal D.L. 118/2021.

Ed invero, accogliendo le indicazioni dell'art. 2 l.delega n. 155/2017, laddove il legislatore auspicava il “contenimento delle ipotesi di prededuzione, con riguardo altresì ai compensi dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l'attivo delle procedure”, il primo comma dell'art. 6 CCII prevede espressamente che sono prededucibili “b) i crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che gli accordi siano omologati; c) i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 47”.

Il nuovo Codice della Crisi e dell'Insolvenza sancisce, quindi, una decurtazione ex lege in misura percentuale, anche se la norma non precisa quale sia il parametro di partenza sul quale si dovrebbe operare la riduzione: delle due l'una, o si ipotizza un anomalo potere liquidativo ex post da parte del Giudice delegato nell'accertamento dei crediti (sui quali poi opererà lo “sconto coattivo” del 25%) o, se si ipotizza l'applicazione delle tariffe concordate con l'impresa in crisi (in mancanza, tra l'altro, di una tariffa precipua che quantifichi gli onorari di assistenza alle procedure minori), che a questo punto si rischia vengano “gonfiate” per sopperire alla falcidia (di fatto costituendo a favore del professionista una sorta di success fee del 25% che opera in caso di positivo esito della procedura minore e che invece fungerà indirettamente da ombrello per il caso di esito negativo ed apertura della liquidazione giudiziale).

Ma ciò che potrebbe veramente provocare la fuga dei professionisti (o la richiesta di pagamento anticipato, come osserva Greggio, La prededuzione dei compensi, cit.), che però - in mancanza di riconoscimento del rango prededucibile - potrebbe non essere sufficiente nel caso in cui si tema che l'insuccesso della procedura minore possa portare ad una liquidazione giudiziale insufficiente a coprire i crediti assistiti da privilegio professionale, con qualche rischio di revocatoria, posto che l'art. 166 “copre” soli i pagamenti effettuati dopo l'avvio delle procedure minori) è il rischio di mancato riconoscimento della prededuzione in caso di mancata ammissione, fondato su quella sorta di automatismo che pocanzi criticavamo e senza che venga invece proposta una soluzione più mirata a sanzionare le prestazioni inadeguate o volte a supportare tentativi di utilizzo “abusivo” della procedura minore con finalità dilatorie (fattispecie che, del resto, è stata ritenuta opportunamente sanzionabile già nell'applicazione dell'attuale normativa: v. per tutte Cass. Sez. I, 7 dicembre 2020, n. 27936; Cass. Sez. I, 12 marzo 2020, n. 7117, in Fallim., 2020, 927 con nota di Zanichelli, Il controllo del tribunale sulla domanda prenotativa; Cass. Sez. I, 25 ottobre 2018, n. 27120).

A dirla tutta, non pare neppure convincente la contrazione delle prededuzioni professionali che emerge dall'ultimo comma dell'art. 6 CCII, laddove si precisa che “non sono prededucibili i crediti professionali per prestazioni rese su incarico conferito dal debitore durante le procedure di allerta e composizione assistita della crisi a soggetti diversi dall'OCRI” e che sembra confermato dal D.L. 118/2021, laddove tale normativa amplia le ipotesi prededuzione ai soli crediti dell'esperto incaricato di seguire la composizione negoziata, escludendola implicitamente per i crediti dei professionisti ai quali necessariamente il debitore dovrà rivolgersi per studiare la soluzione compositiva, posto che compito dell'esperto non è quello di elaborare piani e strategia, ma solo quello di favorire i contatti con i creditori ed altri stakeholder.

Da queste disposizioni si evince, invero, l'intento di ridurre a monte l'ambito oggettivo delle prestazioni qualificate come funzionali alla procedura concorsuale, oltre ad una riduzione forzata dell'importo dei compensi riconosciuti come prededucibili. A prescindere dai dubbi sull'opportunità di tale automatismo, legato sic et simpliciter al risultato, è legittimo chiedersi se in tal modo il legislatore abbia voluto, per contro, escludere un sindacato sulla spettanza dei compensi, ove si ipotizzi che la quantificazione dei medesimi sia rimessa agli accordi tra debitore e professionista: in altre parole è legittimo chiedersi se sotto la vigenza del nuovo Codice della Crisi sarà comunque possibile un sindacato di congruità in funzione di valutazioni similari a quelle adottate dalla sentenza qui commentata. Probabilmente sì, se si considera che l'art. 6 del Codice della Crisi non fa riferimento al compenso pattuito, ma al “credito accertato” e quindi - al di là della spettanza ridotta ex lege sia nell'an che nel quantum - si potrebbe ritenere che in ogni caso il compenso professionale dovrà fare i conti con una verifica di adeguatezza della prestazione non dissimile da quella compiuta dai giudici piemontesi e tanto più incerta in mancanza di una tariffa di riferimento.

Conclusioni

La sentenza del Tribunale di Alessandria, appare dunque certamente condivisibile laddove correttamente (e con un approccio in linea con le indicazioni della più recente giurisprudenza di legittimità) formula un giudizio in concreto sulla idoneità delle prestazioni professionali rese nell'ambito - o meglio in funzione - di una procedura concorsuale a supportare un'ipotesi di soluzione della crisi che sia costruita su basi corrette e tali da consentire (in base ad un giudizio ex ante e non influenzato dal mero esito della procedura) l'omologa di una proposta concordataria, senza assumere un approccio sanzionatorio generico, bensì andando a colpire l'abuso dello strumento concordatario o comunque l'inadeguatezza della prestazione anche sotto il profilo del difetto di completezza dell'informazione, che potenzialmente possa fuorviare la percezione da parte dei creditori.

In tal senso, de jure condendo, chi scrive sarebbe più lieto se il legislatore, anzichè penalizzare in base a principi di “risparmio” che è difficile comprendere sino in fondo (nella misura in cui vanno a renderla meno appetibile) la qualità dell'assistenza professionale al debitore, prendesse posizione con maggior decisione sulle - purtroppo non rare - occasioni in cui il professionista si presta ad assecondare finalità dilatorie del debitore o appunto ad occultare aspetti rilevanti (d'altro canto, la completezza dell'informativa e la correttezza e trasparenza costituiscono principi da ultimo recepiti anche dall'art. 4 D.L. 118/2021 ai fini di qualificare le modalità di approccio alla nuova figura della composizione negoziata della crisi).

Guida all'approfondimento

In giurisprudenza a favore della prededucibilità dei crediti per l'assistenza prodromica alle procedure minori, v. Cass., Sez. I, 2 luglio 2020, n. 13596, nonchè Cass. civ., Sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 2423 con riguardo al credito dell'attestatore e Cass. civ., Sez. I, 9 gennaio 2020, n. 220 per quel che concerne il credito del professionista che ha redatto il ricorso introduttivo (corrente di pensiero dalla quale scaturisce quale corollario anche la concessione della prededuzione al compenso per la redazione di istanza di fallimento, quale attività “funzionale”, ancorchè esterna alla procedura: Cass. civ., Sez. I, 9 febbraio 2021, n. 12758). Contra, ad escludere la prededuzione al professionista per la presentazione della domanda di concordato preventivo dichiarata inammissibile o rinunciata, Cass., Sez. I, 15 gennaio 2021, n. 639, peraltro contraddetta dalla quasi coeva Cass., Sez. VI, 28 gennaio 2021, n. 1961, che ribadisce la natura prededucibile del credito del professionista incaricato, in pendenza di ricorso prenotativo, di redigere l'attestazione.

In dottrina, v. Jeantet, Il concordato preventivo dalla legge fallimentare al codice della crisi di impresa, Milano, 2021, 457 ss.; Fichera, La sorte del compenso dell'attestatore che non attesta, in Fallim., 2021, 1373; Canazza, L'eccezione di inadempimento quale motivo ostativo all'ammissione allo stato passivo del credito dell'attestatore, in Fallim., 2021, 968; Nardecchia, Le mobili frontiere della prededuzione, in Fallim., 2021, 478; Serra, Consecuzione tra procedure di concordato preventivo e prededuzione dei crediti dei professionisti. Il sigillo della Suprema Corte, in BBTC, 2021, II, 537; Nardecchia, La prededuzione dei professionisti nel concordato preventivo, in Fallim., 2020, 175; Zocca, La relazione del professionista e le sue responsabilità, in Ghia - Piccinini - Severini, Trattato delle procedure concorsuali, Torino, 2011, 325 ss..

Sulla disciplina della prededuzione in generale, v. Zanichelli, Prededuzione dei crediti tra interpretazioni attuali (incerte) e possibili soluzioni future, in Fallim., 2020, 553; D'Orazio - Filocamo - Paletta, Attestazioni e controllo giudiziario nelle procedure concorsuali, Milano, 2015, 249 ss.; Rebecca - Roncato - Sperotti, Il riparto nelle procedure concorsuali, Milano, 2021, 9 ss.; Caiafa - Romeo, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Tomo II, Padova, 2014, 309 ss.; Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 206 ss.; Panzani, Ancora sulla prededuzione dei crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo, in Fallim., 2021, 938; Mattei, La ripartizione dell'attivo, in Cagnasso - Panzani (a cura di), Crisi d'impresa e procedure concorsuali, Tomo II, Torino, 2016, 2214 ss.; Staunovo Polacco, Il concordato con riserva, Milano, 2016, 158 ss.; Fabiani, Il delicato ruolo del professionista del debitore in crisi fra incerta prededuzione e rischio di inadempimento, in GComm., 2017, I, 720; Minutoli, La distribuzione dell'attivo e il rendiconto, in Jorio (a cura di), Fallimento e concordato fallimentare, Torino, 2016, 2353 ss.; ID, Crisi d'impresa ed economia criminale, Milano, 2011, 359 ss.; Salvato, Prededucibilità del credito del professionista per l'assistenza nella fase di ammissione al concordato preventivo, in Fallim., 2014, 80; Ferro, La legge fallimentare, Padova, 2014, 1546 ss.; Patti, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 ed art. 182-quater l. fall., in Fallim., 2011, 1341. I presupposti di una responsabilità dell'attestatore sono ben delineati da Panzani, L'insuccesso delle operazioni di risanamento delle imprese in crisi e le responsabilità che ne derivano, Tomo III, in Cagnasso - Panzani (a cura di), Crisi d'impresa e procedure concorsuali, Torino, 2016, 3907 ss.; Jorio, Violazioni societarie e fallimentari, Milano, 2017, 185 ss.; Trentini, Piano attestato di risanamento ed accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2016, 46 ss.; ID, I concordati preventivi, Milano, 2014, 308 ss..

In merito all'addebito connesso con la mancata evidenziazione dei presupposti per l'avvio di azioni di responsabilità contro gli organi societari, quale carenza informativa e fonte di inammissibilità ai sensi dell'art. 173 l.fall., v. Trib. Catania, 27 giugno 2018; Trib. Mantova, 8 maggio 2014 e Trib. Rimini, 8 ottobre 2014, tutte in sito Ilcaso.it; Trib. Monza, 25 novembre 2011, in Fallim., 2012, 236; contra Trib. Bolzano, 30 aprile 2015, in Fallim., 2015, 955 con nota di Fabiani, Dalla meritevolezza al rapporto dialogico fra frode e responsabilità nel concordato preventivo.

Sul punto, v. anche Fabiani, Le azioni di responsabilità nel concordato preventivo con cessione dei beni: la transizione dalla legge fallimentare al codice della crisi, in Fallim., 2019, 1534; Zanardo, Legittimazione all'esercizio delle azioni di responsabilità nel concordato preventivo: il ruolo del commissario giudiziale, in Fallim., 2019, 1409; Ambrosini - Tron (a cura di) Piani di ristrutturazione dei debiti e ruolo dell'attestatore, Bologna, 2016, 185 ss.; Trentini, I concordati preventivi, cit., 437 ss.; Dimundo, Le azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, Milano, 2019, 69 ss..

Sulla disciplina della prededuzione nell'ambito del futuro Codice della Crisi e dell'Insolvenza, v. Lamanna, Il nuovo Codice nella Crisi d'impresa e dell'insolvenza, vol. I, Milano, 2019, 99; Sanzo - Burroni, Il nuovo Codice nella Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Bologna, 2019, 26.

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