Resistenza a pubblico ufficiale: l'esclusione ex lege della particolare tenuità del fatto non è incostituzionale

Giuseppe Marino
04 Aprile 2022

La scelta del legislatore di escludere dal campo di applicazione dell'esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è stata giudicata manifestamente irragionevole, poiché essa corrisponde all'individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione, giacché non limitato al corretto funzionamento della pubblica amministrazione, ma inclusivo della sicurezza e libertà di determinazione delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni.

Il fatto. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 131-bis, comma 2, secondo periodo, c.p., nella parte in cui, agli effetti dell'applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, stabilisce che l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità nei casi di cui all'art. 337 c.p., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni.

Il Tribunale rimettente espone di dover giudicare sull'imputazione di resistenza a pubblico ufficiale ascritta all'imputato per avere questi, in stato di ebbrezza, usato minaccia per opporsi a due agenti della polizia ferroviaria, che stavano procedendo alla sua identificazione, a bordo di un treno sul quale egli si trovava sprovvisto del titolo di viaggio: secondo il giudice a quo, poiché è stato commesso da persona incensurata, il fatto sarebbe connotato da particolare tenuità, per non avere realmente intralciato l'attività di identificazione, né essere trasceso in violenza fisica.

Le censure del giudice a quo. Ad avviso del rimettente, la disposizione censurata sarebbe irragionevole, in quanto escluderebbe aprioristicamente per il reato di resistenza a pubblico ufficiale l'applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, della quale potrebbero invece beneficiare gli autori di reati di eguale o maggiore gravità, quali l'abuso d'ufficio, il rifiuto e l'omissione di atti d'ufficio, l'oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, la turbata libertà degli incanti e le lesioni personali in danno del pubblico ufficiale.

Inoltre, per il rimettente l'irragionevolezza della disposizione censurata emergerebbe anche da un raffronto con le altre ipotesi di esclusione della causa di non punibilità previste nel secondo comma dell'art. 131-bis c.p., a norma del quale l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa, ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona, né quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive: a differenza di tutte queste ipotesi, la deroga stabilita dalla disposizione censurata si risolverebbe in una prerogativa meramente soggettiva, che collocherebbe il pubblico ufficiale su un piano di superiorità rispetto al privato, attribuendo al primo una tutela rafforzata tipica degli stati autoritari.

Resistenza a pubblico ufficiale ed esclusione della particolare tenuità del fatto: scelta non irragionevole. La questione di legittimità costituzionale è già stata dichiarata non fondata dalla Consulta con la sentenza n. 30/2021, depositata successivamente all'ordinanza di rimessione del giudice a quo. Tale sentenza ha richiamato il principio per cui le cause di non punibilità costituiscono altrettante deroghe a norme penali generali, sicché la loro estensione comporta strutturalmente un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono da un lato la norma generale e dall'altro la norma derogatoria, giudizio che appartiene primariamente al legislatore.

Da questa premessa la medesima sentenza ha desunto che le scelte del legislatore relative all'ampiezza applicativa della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. sono sindacabili soltanto per manifesta irragionevolezza.

Ebbene, la scelta del legislatore di escludere dal campo di applicazione dell'esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è stata giudicata manifestamente irragionevole, poiché essa corrisponde all'individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione, giacché non limitato al corretto funzionamento della pubblica amministrazione, ma inclusivo della sicurezza e libertà di determinazione delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni.

Inoltre, la citata sentenza ha escluso l'omogeneità dei tertia comparationis dell'abuso d'ufficio e del rifiuto di atti d'ufficio, poiché queste fattispecie delittuose, per quanto incidano anch'esse sul regolare funzionamento della pubblica amministrazione, non vedono tuttavia direttamente coinvolta la sicurezza e la libertà della persona fisica esercente la funzione pubblica, intesa quale soggetto passivo del reato.

Poiché l'ordinanza di rimessione del giudice a quo non apporta argomenti nuovi e diversi rispetto alle richiamate considerazioni, la questione con essa sollevata si rivela manifestamente infondata (cfr., ex multis, Corte cost., n. 224/2021): pertanto, la sollevata questione di legittimità costituzionale viene dichiarata manifestamente infondata.

Fonte: DirittoeGiustizia