Nuove pronunce, vecchie questioni e un orizzonte non ancora nitido: concordato preventivo e garanzie dei soci illimitatamente responsabili per i debiti sociali

Marco Terenghi
11 Aprile 2022

Il Tribunale di Padova, con la pronuncia in oggetto, risolve in modo sintetico ma corretto alcune questioni di contenuto strettamente concordatario, tra le quali spicca quella relativa agli effetti derivanti dall'omologa in capo al socio di società personale che abbia prestato fideiussione a favore di quest'ultima nei confronti di un suo creditore bancario.
Massime

L'art. 184, comma 2, l.fall., secondo cui il concordato preventivo della società, salvo patto contrario, ha effetto nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, si applica anche qualora i soci abbiano prestato fideiussione per i debiti sociali, in quanto il primo comma, seconda parte, di tale norma, dove prevede che i creditori sociali conservano impregiudicati i diritti contro i fideiussori, i coobbligati e gli obbligati in via di regresso del debitore concordatario, si riferisce esclusivamente ai terzi diversi dai soci, posto che la responsabilità di questi ultimi trova la propria fonte nella partecipazione al contratto di società, e ciò in via assorbente rispetto ad eventuali altri titoli di responsabilità per gli stessi debiti sociali. Da ciò discende che i suddetti soci rimangono liberati dai debiti sociali attraverso il pagamento della percentuale concordataria, anche laddove rivestano contemporaneamente la qualità di fideiussori della società.

Nel concordato preventivo, la differenza tra cessione “pro solvendo” e cessione “pro soluto” ha esclusivamente ad oggetto la previsione o meno dell'immediata e completa liberazione del debitore, che caratterizza la cessione concordataria "pro soluto" dei beni ai creditori, e non quella “pro solvendo”.

Nel concordato preventivo di una società, le ipoteche giudiziali iscritte per debiti sociali sui beni dei soci illimitatamente responsabili nei novanta giorni precedenti la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, nonché successivamente ad essa, sono da ritenersi inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato ai sensi dell'art. 168, ultimo comma, II parte, l.fall.

Il caso

Una S.n.c. ed i soci illimitatamente irresponsabili di quest'ultima depositano presso il Tribunale di Venezia una domanda di concordato prenotativo ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall., cui fa seguito la presentazione di una proposta avente ad oggetto un piano che prevede “un concordato preventivo pro soluto e con liberazione immediata della società in crisi e dei soci illimitatamente responsabili (anche quali fideiussori verso terzi per le obbligazioni sociali)”.

Una banca, creditrice della società per mutui chirografari e scoperto di c/c, ottiene dal Tribunale di Padova l'emissione di un decreto ingiuntivo contro quest'ultima e contro i suoi soci illimitatamente responsabili, a suo tempo costituitisi fideiussori, iscrivendo quindi ipoteca giudiziale a carico dei debitori.

Nel corso del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, il concordato presentato dalla società e dai soci viene omologato, senza che la banca proponga alcuna opposizione al'omologazione. Il Tribunale di Padova accoglie l'opposizione dei soci garanti, revocando il decreto ingiuntivo e dichiarando l'inefficacia dell'ipoteca giudiziale iscritta a loro carico, sulla base di un orientamento giurisprudenziale legittimato in due precedenti pronunce delle Sezioni Unite delle quali la sentenza ha cura di riportare in motivazione gli stralci più significativi, accompagnandoli a considerazioni esplicative di contorno.

Le questioni giuridiche e le relative soluzioni

Il Tribunale risolve in modo sintetico ma corretto alcune questioni di contenuto strettamente concordatario, tra le quali spicca quella relativa agli effetti derivanti dall'omologa in capo al socio di società personale che abbia prestato fideiussione a favore di quest'ultima nei confronti di un suo creditore bancario. Il tema trova la sua disciplina di riferimento nell'art. 184 l.fall., norma che in prima battuta lascia però l'interprete disorientato, in quanto al primo comma fa espressamente salvi i diritti del creditore nei confronti di coobbligati, fideiussori ed obbligati in via di regresso del debitore, mentre al secondo estende l'effetto esdebitatorio conseguente all'omologa del concordato della società ai soci illimitatamente responsabili di questa, salvo il patto contrario.

La mancanza di una previsione specifica diretta a regolare l'ipotesi della coesistenza, in capo al medesimo soggetto, della qualità di socio e di fideiussore (o comunque di garante) della società ha generato un vasto e vivace contenzioso appianato con fatica da due successive pronunce delle Sezioni Unite del 1989 e del 2015 che hanno sancito la “prevalenza”, per così dire, del profilo legato alla partecipazione sociale su quello connesso all'obbligazione nascente dalla garanzia, fornendo in questo modo un'interpretazione riduzionistica dell'espressione “fideiussori” utilizzata dal primo comma, da intendersi limitata a coloro che hanno rilasciato fideiussione senza essere al tempo stesso soci del debitore concordatario.

Il giudice padovano ha risolto la questione dando continuità all'indirizzo della Cassazione, e riaffermando quindi l'inapplicabilità del principio posto dal primo comma, ultimo periodo, dell'art. 184 l.fall. al caso del socio di società di persone che abbia prestato fideiussione per i debiti sociali, sulla base del rilievo per cui egli non può considerarsi “terzo” in senso proprio rispetto all'ente collettivo, tanto da rispondere verso i creditori sociali per un debito “proprio”, e non “altrui”, proprio in forza del vincolo societario, il quale in un certo qual modo assorbe e neutralizza il diverso titolo obbligatorio rappresentato dalla garanzia personale. Dalla propagazione al socio fideiussore dell'effetto esdebitatorio proprio del concordato sociale deriva poi, in particolare, l'illegittimità del decreto ingiuntivo ottenuto dal creditore garantito a carico del socio in relazione al credito verso la società eccedente la percentuale concordataria, nonché l'inefficacia dell'ipoteca giudiziale ottenuta sui beni del fideiussore nei novanta giorni precedenti la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese.

La pronuncia in commento, nel decidere in ordine ad un'eccezione sollevata dalla banca opposta, affronta infine la distinzione tra concordato con cessione pro solvendo e cessione pro soluto, riproponendo pressoché integralmente il principio espresso da Cass., Sez. I, 17 aprile 2014, n. 8966, secondo il quale la differenza tra cessione "pro solvendo" e cessione "pro soluto" non riguarda il criterio di attribuzione dell'esubero rispetto alla percentuale di pagamento dei crediti chirografari (che deve essere eventualmente oggetto di distinta clausola), ma la previsione o meno dell'immediata e totale liberazione del debitore: conseguentemente, in mancanza di un'espressa liberazione del debitore dopo il pagamento della percentuale garantita, la clausola "pro solvendo" è compatibile con la clausola per cui i creditori siano soddisfatti almeno nella percentuale concordataria e, pertanto, non esclude che la liquidazione dei beni ceduti possa comportare una percentuale di soddisfacimento più elevata.

Osservazioni: la responsabilità del socio: per debito proprio o altrui?

Una delle caratteristiche principali dell'archetipo delle società di persone nel nostro ordinamento, come noto, è rappresentata dalla responsabilità illimitata e personale dei soci per le obbligazioni sociali (artt. 2267, 2291, 2313 c.c.). Generalmente definita come “da status” o “da posizione partecipativa”, quale conseguenza del rischio assunto con la partecipazione, essa costituisce un effetto automatico derivante dalla qualità di socio, correlato all'esigenza normativa di accrescere la garanzia dei creditori sociali mediante il coinvolgimento dei patrimoni personali dei soci, anche in considerazione dello scarso rilievo che il capitale sociale e l'aspetto bilancistico assumono nell'ambito delle società di persone. L'evidente alterità soggettiva tra socio e società e la pacifica autonomia patrimoniale di quest'ultima indurrebbero a ritenere, in consonanza con la dottrina prevalente, che la responsabilità del socio verso i terzi per i debiti sociali vada considerata come responsabilità per debito altrui, proprio nell'ottica funzionale di garanzia per i creditori (tra gli altri A. Nigro, Il fallimento del socio illimitatamente responsabile, Milano, 1974, 335 e segg; S. Scotti Camuzzi, L'unico azionista, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo-G. Portale, Milano, vol. II, t. 2, Torino, 1991, 702 e segg.).

Una simile conclusione risulterebbe confermata, tra l'altro, sia dalla natura sussidiaria della responsabilità del socio (titolare di uno specifico beneficium excussionis), sia dal rilievo per cui essa non ha i medesimi presupposti ed il medesimo oggetto di quella della società, poiché per concretarsi necessita di un elemento aggiuntivo, ossia la partecipazione al contratto di società, inteso come vincolo giuridico aggiuntivo rispetto all'originaria matrice (negoziale o extracontrattuale) del debito sociale, che ad esempio fa rispondere il nuovo socio anche per le obbligazioni anteriori al suo ingresso nella compagine.

L'orientamento giurisprudenziale prevalente, tuttavia, è quasi sempre pervenuto a conclusioni sostanzialmente opposte.

Secondo la Cassazione, infatti, la responsabilità illimitata del socio per le obbligazioni sociali trae origine dalla sua stessa partecipazione al contratto sociale e si configura quindi come personale e diretta, anche se con il carattere di sussidiarietà reso palese dal beneficio d'escussione. Il socio illimitatamente responsabile, dunque, non può venire considerato terzo rispetto all'obbligazione sociale, bensì debitore al pari della società per il solo fatto di essere parte del contratto di società, e come tale tenuto a rispondere ex lege senza limitazioni, in quanto derivante da un unico rapporto obbligatorio: l'unicità dell'obbligazione viene correlata, per questa via, all'unicità di causa del credito (ex multis Cass. 5.11.1999, n. 12310; Cass. 6.11.2006, n. 23669; Cass. 30.8.2007, n. 18312).

La dimostrazione della ricorrenza di tale sostanziale identità debitoria viene normalmente rinvenuta nella disciplina concorsuale, dove il fallimento della società di persone produce automaticamente il fallimento dei soci illimitatamente responsabili (art. 147 l.fall.), mentre il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l'intero anche nel fallimento dei singoli soci (art. 148, comma 3, l. fall.).

Sulla base di tali riferimenti precettivi, la giurisprudenza ha per esempio concluso che il creditore sociale titolare di una garanzia ipotecaria rilasciata dal socio accomandatario ha diritto di insinuarsi in via ipotecaria nel passivo del fallimento di quest'ultimo, assumendo così la veste di creditore ipotecario del fallito e non di mero titolare di garanzia prestata dal fallito quale terzo datore d'ipoteca per debito altrui; ciò in quanto, come detto, l'atto con cui il socio accomandatario rilascia una garanzia ipotecaria per il debito della società non può essere qualificato come destinato a garantire un'obbligazione altrui, ma va considerato come prestazione di garanzia per un'obbligazione propria (Cass. 23669/2006; Cass. 18312/2007. Sul punto F. Lamanna, Garanzie reali e personali prestate dal socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali e limiti al concorso del creditore garantito, in Il Fallimento, 1991, 3).

Il tema della natura da attribuirsi alla responsabilità del socio assume particolare rilevanza, in concreto, nel caso non infrequente di coesistenza, in capo al medesimo soggetto, della qualità di socio illimitatamente responsabile e di fideiussore della società.

Molto spesso, infatti, i creditori di una società di persone (in particolare gli istituti bancari) pretendono il rilascio di garanzie personali da parte dei soci, non tanto per accrescere l'estensione dei patrimoni riconducibili ai soggetti obbligati (il socio, infatti, risponde pur sempre ex lege con il proprio patrimonio per il fatto stesso di fare parte della compagine sociale), quanto per aggirare il beneficium excussionis previsto dall'art. 2304 c.c. a favore dei soci (il modello fideiussorio adottato dal sistema creditizio prevede infatti la rinuncia a tale prerogativa) nonché, almeno nelle intenzioni, proprio per evitare la propagazione ai soci illimitatamente responsabili che abbiano prestato fideiussione dell'effetto esdebitatorio conseguito dalla società in caso di concordato preventivo omologato, secondo quanto previsto dall'art. 184, comma 2, l.fall..

Attraverso tale norma, introdotta anche per favorire l'utilizzo dello strumento concordatario dal punto di vista operativo, l'omologazione del concordato estende il proprio effetto remissorio nei confronti del socio con responsabilità illimitata anche se questi non è stato assoggettato alla procedura ed è rimasto estraneo a quest'ultima, con la conseguenza per cui il pagamento della percentuale concordataria offerta dalla società finisce per liberare anche il socio stesso.

Nei fatti, quindi, i soci risultano tenuti da un lato a contribuire esclusivamente al pagamento della percentuale concordataria dei debiti sociali pur rimanendo esterni alla procedura della società, mentre dall'altro continuano (sempreché la proposta di concordato non sia stata presentata direttamente anche da loro) a rispondere per l'intero dei propri debiti personali, i quali, a differenza di quelli sociali, non vengono falcidiati, con la conseguenza per cui le azioni esecutive e cautelari dei creditori particolari rimangono esperibili sul patrimonio personale dei soci (cfr. A Maisano, Il concordato preventivo delle società, Milano, 1980, p. 187 segg.; A. Bonsignori, Del concordato preventivo, in Comm. al Codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, p. 20 segg.; E. Frascaroli Santi, Gli effetti del concordato preventivo per i creditori (art. 184 l. fall), in Fallimento, 2006, pagg. 1045 ss.; U.M. Carbonara, L'effetto esdebitatorio del concordato preventivo di società di persone e la garanzia ipotecaria prestata dal socio illimitatamente responsabile, in Giur. comm., 2016, II, p. 991 ss.; M. Speranzin, La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali: profili sostanziali e concorsuali, in Dir. fall. 2017, 312 ss.. In giurisprudenza, tra le altre, Cass., 26 marzo 2010, n. 7273; Cass., 13 aprile 2016, n. 7324, sulla irrilevanza della data di ammissione della società di persone al concordato preventivo ai fini dell'opponibilità al fallimento di ipoteche su beni personali dei soci).

Lo scenario ora sintetizzato tende a complicarsi, tuttavia, ogniqualvolta il socio illimitatamente responsabile abbia prestato garanzia per le obbligazioni della società a favore di un creditore di quest'ultima.

Se da un lato, infatti, egli beneficia quoad socius dell'effetto esdebitatorio previsto dall'art. 184, secondo comma, l.fall., dall'altro la sua contemporanea qualità di fideiussore sembra vanificare tale prospettiva remissoria alla luce del primo comma della norma in questione, che lascia impregiudicati i diritti dei creditori sociali contro coobbligati, obbligati in via di regresso e fideiussori del debitore concordatario.

La notevole diffusione dello strumento fideiussorio nei rapporti banca-cliente in un sistema economico come quello italiano, ancora caratterizzato dalla significativa presenza di numerose piccole imprese sottocapitalizzate ed organizzate nella forma di società di persone, non poteva quindi non portare all'emersione in sede giudiziale di una corposa mole di contenzioso legato agli effetti della procedura sulle garanzie prestate dai soci a titolo personale, alla luce della coesistenza, nell'ambito della medesima disposizione (l'art. 184 l.fall., appunto), di due paradigmi regolatori tra loro indipendenti da cui non è possibile evincere una disciplina specifica per la posizione dei soci che abbiano prestato garanzia per i debiti sociali ( cfr. A. Nigro, Fideiussione dei soci illimitatamente responsabili e concordato preventivo della società, in Giur. comm., 1985, II, 130 ss. )

Come spesso accade, la ricerca di una sintesi in sede applicativa aveva condotto alla formazione, tra gli interpreti, di due orientamenti nettamente contrapposti a livello sia di premesse, sia di risultato finale.

Secondo il primo, che prende le mosse dal presupposto della diversa natura della responsabilità “generale” del socio illimitatamente responsabile rispetto a quella del socio fideiussore, i soci garanti non possono beneficiare, con riferimento a questo secondo titolo di responsabilità, dell'effetto remissorio di cui all'art. 184 l.fall.: ciò tanto se si considera il debito della società come “altrui” rispetto al socio, in virtù dell'alterità giuridica dei due soggetti e delle rispettive sfere giuridiche, quanto se l'obbligazione sociale viene qualificata come “propria” del socio stesso, in considerazione del fatto per cui la soggettività giuridica della società di persone ha carattere strumentale e l'obbligo dei soci garanti scaturisce da un titolo distinto da quello riconducibile alla loro qualità di soci (Cass. 8.11.1984, n. 5642, in Banca, borsa, tit. cred., 1986, II, p. 4; App. Milano 28.10.1986, ivi, 1988, II, 223; App. Milano 20.12.1985, in Giust. Civ. 1986, I, 1475; Trib. Milano 20.5.1985, in Le Società, 1986, 368; Trib. Ferrara 6.11.1980, in Giur. comm. 1981, In dottrina S. Pacchi Pesucci, Fideiussione o rinuncia al beneficium excussionis?, in Giur. comm., 1985, II, 81 ss.; A. Maisano, Il concordato preventivo delle società, cit., 199;; E.F. Ricci-A. Castagnola, Aspetti problematici del concordato preventivo di società di persone, in Giur. comm., 1988, I, 36 ss..). L'evidente conseguenza di tale impostazione è che la garanzia permane integralmente a tutela dell'obbligazione assunta nei confronti del creditore sociale beneficiario, e che, anche dopo la regolare esecuzione del concordato, il socio continua a rispondere con i beni personali per il residuo eccedente la percentuale concordataria nei confronti del garantito.

L'orientamento contrapposto, nel recepire la tesi prevalente in giurisprudenza circa la natura della responsabilità del socio per le obbligazioni sociali, configura quest'ultima come responsabilità per debito proprio e giunge alla conclusione per cui, in conseguenza dell'omologa e dell'esecuzione del concordato, si verifica la riduzione anche dell'obbligazione derivante dalla garanzia personale prestata, in quanto la qualità di socio «assorbe» le eventuali diverse fonti di responsabilità per il medesimo debito, quale ad esempio quella ex fideiussione. In altre parole, secondo questa visione, l'ultima parte del primo comma dell'art. 184 si riferisce esclusivamente alla posizione dei garanti terzi diversi dai soci, con la conseguenza per cui la garanzia prestata in proprio da questi ultimi copre il debito esclusivamente per l'ammontare ridotto a seguito del concordato; ne deriva che laddove esso venga eseguito ed il creditore soddisfatto, l'obbligazione di garanzia deve considerarsi estinta, ed il sopravvenuto effetto remissorio rende ininfluente ogni diversa fonte di responsabilità per il socio (Frascaroli Santi, Brevi considerazioni, cit., 789. Per una comparazione dei due orientamenti Speranzin, La responsabilità dei soci, cit., 7).

Il contrasto interpretativo, esteso nel tempo anche ai giudici di merito, è infine approdato ad una prima composizione con la pronuncia delle Sezioni Unite n. 3749 in data 24.8.1989. Quest'ultima, nell'osservare che la diversificazione tra la posizione del socio in quanto tale e del medesimo in quanto fideiussore della società viene meno in ambito concordatario, a fronte dell'interesse superiore della par condicio creditorum, ha aggiunto che in forza di tale principio la responsabilità illimitata derivante dalla qualità di socio assorbe e rende irrilevante ogni altra fonte di responsabilità per lo stesso debito sociale. Ciò si correla con la stessa finalità propria della procedura concordataria così come declinabile nell'ambito delle società con soci illimitatamente responsabili, nel senso per cui si può consentire al creditore di soddisfarsi su due patrimoni diversi (quelli del socio e della società), ma non due volte sullo stesso patrimonio (del socio come tale e come fideiussore) (nello stesso senso Cass. 1.3.1999, n. 1688; tra i giudici di merito, Trib. La Spezia 7.7.2014. In dottrina E. Frascaroli Santi, Brevi considerazioni sull'effetto esdebitatorio del concordato preventivo nei confronti del socio illimitatamente responsabile, garante per debiti sociali (contrasto rimesso alle S.U. con ordinanza n. 3163/2014), in Dir. fall. 2014, 789 ss.; Pinto, Obbligazioni sociali garantite dal socio illimitatamente responsabile nelle società di persone, in Giur. comm. 83, I, 43; A. Nigro, Fideiussione dei soci, cit., 130). Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha concluso per l'applicabilità della regola prevista dall'art. 184, comma 2, l.fall. (secondo cui il concordato della società, salvo patto contrario, produce effetti nei confronti dei soci illimitatamente responsabili) anche al particolare caso di coesistenza, in capo al medesimo soggetto, della qualità di socio e di fideiussore per debito sociale, enunciando il principio per cui il disposto dell'art. 184, comma1, vale esclusivamente per quei garanti che non siano allo stesso tempo soci.

Nonostante la sua portata chiarificatrice, l'approdo delle Sezioni Unite (successivamente ripreso, ad esempio, anche da Cass. 29.12.2011, n. 29863) non ha avuto l'effetto di sopire in modo definitivo il contrasto interpretativo pregresso, poiché la stessa Corte, dopo avere ripetutamente considerato nulle per mancanza di causa le garanzie personali prestate dai soci, in alcune successive pronunce (in particolare Cass. 12.12.2007, n. 26012; si veda anche Cass. 21730/2010) ha sostenuto la validità delle stesse poiché comunque dotate di causa in concreto (ad esempio in quanto sottoscritte per evitare l'invocazione del beneficio d'escussione da parte del socio).

In definitiva, la soluzione data al tema della validità delle garanzie personali ha finito per riproporre le incertezze applicative anteriori alla pronuncia delle Sezioni Unite, e ciò anche in relazione alla questione, formalmente distinta dall'ambito fideiussorio, se l'effetto remissorio del concordato preventivo si estenda alla garanzia ipotecaria prestata su propri beni dal socio illimitatamente responsabile di società personale per i debiti di quest'ultima, e se, in caso di risposta negativa, il creditore ipotecario conservi la garanzia per la parte di credito non coperta dalla percentuale concordataria. In questo specifico senso, dunque, si è espresso il quesito formulato nell'ordinanza di rimessione pronunciata da Cass., Sez. I, 12.2.2014, n. 3163 per sollecitare nuovamente, data l'importanza della questione, l'intervento delle Sezioni Unite (Frascaroli Santi, Brevi considerazioni, cit., 793). Queste ultime si sono espresse con la successiva pronuncia n. 3022 del 16.2.2015, che, dopo avere ripercorso il tema delle garanzie personali sulla falsariga dei principi già espressi da Cass. SS.UU. n. 3749/1989, ha affrontato specificamente l'ipotesi della prestazione di garanzie reali, e in particolare degli effetti del concordato sulla posizione di un socio che aveva dato ipoteca volontaria per i debiti sociali su di un bene personale.

Una simile fattispecie è stata anzitutto ricondotta dalle Sezioni Unite nell'alveo di applicazione dell'art. 184, omma 1, l.fall., nonostante questo non menzioni espressamente la figura del terzo datore di garanzia reale accanto alle altre tipologie di coobbligato del debitore concordatario. Il carattere eccezionale della norma, che in virtù della natura lato sensu pubblicistica del concordato introduce una deroga al principio generale della propagazione degli effetti favorevoli tra i condebitori solidali previsto dall'art. 1301 c.c. e dall'art. 1941 c.c. (Cass. 23275/2006; Cass. 28774/2005; Cass. 11200/2003), non ne inibisce infatti un'interpretazione estensiva, posto che la sua ratio, ispirata al principio dell'estraneità degli effetti del concordato verso i terzi, deve valere anche per le garanzie reali esterne al patrimonio del debitore (in dottrina G. Presti, Ipoteca per debito altrui e fallimento, Milano, 1992, 227 ss; di avviso parzialmente difforme A. Bonsignori, Processi concorsuali minori, in Tratt. Galgano, XXIII, Padova, 1997, 326).

Se, dunque, l'art. 184, comma 1, l.fall. si applica anche ai soci garanti in via ipotecaria o pignoratizia, lo snodo interpretativo da superare è il medesimo già esaminato per le garanzie personali, ossia la ricorrenza o meno di una duplicità di obbligazioni (della società e personale del socio) e la controversa inclusione del socio garante tra i soggetti terzi diversi dal debitore, che rispondono per un debito di quest'ultimo.

La Corte, va subito detto, è pervenuta al risultato di confermare sostanzialmente il precedente arresto delle Sezioni Unite del 1989, affermando in sintesi che la responsabilità del socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali trae origine dalla sua qualità di parte del contratto di società e si configura quindi come personale e diretta (anche se con carattere di sussidiarietà in relazione all'obbligo di preventiva escussione del patrimonio sociale), con la conseguenza per cui il rilascio di un'ipoteca su bene personale per un debito della società, alla stregua della fideiussione, non può considerarsi costitutivo di garanzia per un'obbligazione altrui, ma per un'obbligazione propria del socio. Poiché, quindi, l'esclusione dell'effetto esdebitatorio prevista dal primo comma opera in modo identico sia per i rapporti di coobbligazione e le garanzie personali sia per le garanzie reali, nell'ambito applicativo di tale norma rientra certamente il terzo datore di ipoteca, ma non anche il socio illimitatamente responsabile che abbia concesso ipoteca per un debito sociale su un proprio bene, non potendo egli considerarsi, per quanto visto sopra, “terzo” rispetto alla società (la giurisprudenza ha altresì escluso che il socio illimitatamente responsabile di una società di persone possa essere equiparato al terzo datore di pegno: Cass. 7 aprile 2011, n. 7978).

Le Sezioni Unite, a dire il vero, non si sono accontentate di pervenire ad una simile conclusione sulla sola base delle considerazioni sistematiche già utilizzate dal filone interpretativo culminato nella pronuncia del 1989, ma hanno inteso fornire un proprio contributo autonomo correlato alla peculiarità della fattispecie (garanzia ipotecaria rilasciata in un concordato preventivo regolato dalla disciplina anteriore alla riforma del 2007), che tuttavia, come si vedrà, ha avuto l'effetto di appannare l'iter argomentativo della pronuncia e di rendere più farraginosa la concatenazione logica dei suoi passaggi. Il punto centrale della motivazione, infatti, è stato ravvisato nell'interpretazione estensiva dell'art. 177 l.fall. (testo anteriforma), che prevedeva l'obbligo di pagamento integrale dei crediti assistiti da cause legittime di prelazione con la conseguente esclusione di questi ultimi dal voto, salva la rinuncia alla preferenza: poiché nel caso di garanzia ipotecaria sui beni del socio la prelazione si esprime anche con riferimento a questi ultimi, l'art. 177 deve altresì applicarsi in relazione all'ipoteca prestata dal socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali, sicché il credito assistito dalla garanzia, afferendo questa ad un debito sociale per il quale tutti i soci sono coobbligati (ancorché il bene gravato sia di proprietà del solo socio che l'ha concessa), va riconosciuto in sede concordataria con il privilegio ipotecario e va soddisfatto integralmente (ovviamente nei limiti del ricavato dalla vendita dell'immobile).

Perché si esplichi l'effetto remissorio previsto dal secondo comma dell'art. 184, secondo le SS.UU. è quindi necessario che il concordato sia stato interamente eseguito con il pagamento integrale del creditore garantito dall'ipoteca, benché costituita sul bene del socio.

Una simile interpretazione estensiva, secondo la Corte, trova giustificazione a contrario nella disparità di trattamento dei crediti ipotecari che verrebbe a crearsi tra lo scenario fallimentare e quello concordatario, qualora ai creditori della società ammessa al concordato preventivo fosse riconosciuto un trattamento, in termini di soddisfacimento della propria ragione, inferiore o comunque deteriore rispetto a quello riservato ai creditori della società fallita. Nel fallimento, infatti, il titolare della garanzia ipotecaria concessa dal socio fallito in estensione per un debito della società è ammesso al passivo di questa in via chirografaria ed in via ipotecaria al passivo del socio stesso, e ciò proprio sulla base della natura personale e diretta della responsabilità del socio (obbligato nei confronti dei creditori sociali al pari della società), la quale esclude che la garanzia ipotecaria rilasciata dal socio per un debito della società possa considerarsi quale garanzia per un'obbligazione altrui, anziché propria.

Le perplessità di diversi interpreti (G. Lo Cascio, Concordato preventivo e soci illimitatamente responsabili, in Il Fallimento, 2015, 509 ss.; A. Caron, Efficacia esdebitatoria del concordato preventivo nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, ivi, 2015, 1104 ss.) si sono incentrate, tra l'altro, proprio su questa impellente esigenza della Corte di parificare fallimento e concordato preventivo ai fini della garanzia del socio, che appare in parziale contrasto con il dato normativo e con la sua applicazione giudiziale.

Se è vero, infatti, che la dichiarazione di fallimento determina la sottoposizione alla procedura dei soci illimitatamente responsabili e quindi il concorso dei creditori sociali su tutti i patrimoni destinati al loro soddisfacimento (della società e dei soci), nel concordato preventivo vale il diverso principio per cui i soci illimitatamente responsabili e, soprattutto, il loro patrimonio personale, restano estranei alla procedura di concordato preventivo, tanto che gli effetti inibitori dell'ammissione alla procedura (artt. 167, 168 e 169 l.fall.) sono disciplinati con riferimento al solo debitore ammesso, cioè la società, mentre non possono escludersi iniziative esecutive o cautelari dei creditori personali dei soci a carico di questi ultimi pur in pendenza del concordato.

Il punto di tangenza tra concordato della società di persone e soci di quest'ultima risiede nel fatto per cui questi ultimi, pur rimanendo esterni alla procedura e comunque illimitatamente responsabili, possono essere chiamati a rispondere delle obbligazioni sociali solo fino a concorrenza della percentuale concordataria nel caso di incapienza del patrimonio della società: ciò, tuttavia, non equivale ovviamente a concludere (come la pronuncia della Corte sembra volere in qualche modo accreditare) che nel concordato si pervenga all'unificazione di patrimoni facenti capo a soggetti distinti (G. Lo Cascio, Concordato preventivo e soci illimitatamente responsabili, cit., 512; A. Caron, Efficacia esdebitatoria, cit., 1107). Di conseguenza, affermare che il credito garantito ipotecariamente da un'iscrizione su beni del socio deve trovare collocazione e soddisfacimento nell'ambito del concordato della società equivale ad imporre un trasferimento automatico nel patrimonio della società stessa della garanzia prestata da un soggetto (il socio) estraneo al concordato e, soprattutto, coinvolgere quest'ultimo nel pagamento in via privilegiata del debito ipotecario: risultato, questo, che in concreto può ottenersi solo ricorrendo al “patto contrario” previsto dal secondo comma dell'art. 184 (necessariamente contestuale al concordato e da stipularsi con tutti i creditori, come la pronuncia in commento correttamente osserva), il quale consente di escludere la propagazione dell'effetto remissorio ai soci nel verosimile intento di rendere la proposta concordataria più appetibile agli occhi dei creditori sociali.

Per completezza, con riferimento all'elemento temporale, giova segnalare che ai fini dell'effetto remissorio per il socio garante, il momento rilevante è quello dell'omologa. Secondo la giurisprudenza prevalente, infatti, l'esdebitazione opera a beneficio del socio laddove quest'ultimo risulti tale all'atto dell'omologazione, essendo quindi irrilevante che egli non facesse parte della compagine sociale all'epoca del rilascio della fideiussione (Trib. Torino (ord.) 8.4.2014, Il Fallimento, 2014). Specularmente, laddove il fideiussore per debiti della società verso terzi rivestisse la qualità di socio al momento della costituzione della garanzia, ma essa sia venuta successivamente meno (per cessione, recesso, esclusione o altro titolo) e non sussista quindi più in sede di omologa, secondo l'impostazione della Suprema Corte l'ex-socio va considerato, ai fini del concorso, alla stregua di un terzo garante “ordinario”, come tale pienamente responsabile verso il creditore garantito in virtù dell'obbligazione assunta negozialmente, distinta da quella riveniente ex lege dall'appartenenza alla compagine sociale (Cass. 29.12.2011, n. 29863, Il Fallimento 2012, 569, con nota critica di Barbieri in ordine ad un possibile profilo di incostituzionalità per disparità di trattamento). E' irrilevante, per contro, la circostanza per cui la garanzia fideiussoria sia stata rilasciata prima o dopo l'acquisizione della qualità di socio da parte del garante, a condizione ovviamente che quest'ultima sussista al momento dell'omologa (Trib. Milano, 23.12.2015, n. 14699. In senso contrario G. Lo Cascio, Concordato preventivo, cit., 514, secondo cui la soluzione non può essere individuata sulla base dell'esistenza del rapporto societario all'atto dell'omologazione, ma in forza del titolo da cui deriva la responsabilità).

Conclusioni ed un possibile, ulteriore problema interpretativo alla luce del Codice della Crisi e dell'Insolvenza

Il Tribunale, sulla falsariga delle due pronunce delle Sezioni Unite e di un orientamento ormai del tutto prevalente tra i giudici di merito (si vedano, tra i più recenti, Trib. Teramo 24.6.2020, n. 524; Trib. Milano 23.12.2015, cit.), ha quindi dato una diligente applicazione al principio distillato da un formante giurisprudenziale laborioso e talvolta incerto, che oggi deve tuttavia venire considerato alla stregua di ius receptum. Una simile conclusione parrebbe imporsi, a maggior ragione, alla luce della formulazione dell'art. 117 D. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, “CCII”), di ormai prossima entrata in vigore, il quale riproduce pressoché integralmente il testo del vigente art. 184 l.fall., sostituendo il riferimento al decreto di apertura del concordato con la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese. Va peraltro segnalato, in prospettiva de iure condendo, che l'art. 6, comma 1., lett. n) della Legge delega 19 ottobre 2017, n. 155 per la riforma delle discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza, prescriveva al Governo di stabilire i presupposti per l'estensione degli effetti esdebitatori ai soci illimitatamente responsabili che siano garanti della società, con eventuale distinzione tra garanzie personali e reali”, con un'indicazione specifica che il suo ideatore e propulsore, Renato Rordorf, aveva molto probabilmente mutuato proprio dal precedente del 2015 delle Sezioni Unite, del cui Collegio egli aveva fatto parte quale Primo Presidente.

Si potrebbe quindi parlare di un'occasione sprecata, se non fosse che la Relazione illustrativa del CCII, nel commentare l'art. 117, recita testualmente: “L'art. 117 è l'esatta riproduzione dell'art. 184 r.d. n. 267/1942 e ribadisce che (…) il concordato di società con soci illimitatamente responsabili ha efficacia anche nei confronti di questi ultimi, con la precisazione che – salvo patto contrario – se i soci hanno prestato autonoma garanzia continuano a rispondere integralmente per tale diverso titolo”.

In realtà, il testo dell'art. 117 non sembra contenere una specifica precisazione in tal senso, che ove presente avrebbe ovviamente portata decisiva nel ribaltare completamente l'attuale stato della giurisprudenza sul tema, rendendo autonoma la responsabilità “da garanzia” rispetto a quella “da contratto sociale”.

La discrepanza tra il testo di legge e la Relazione, in mancanza di futuri interventi correttivi o di interpretazione autentica, darà molto probabilmente avvio ad una ripresa delle ostilità tra i fautori dei due orientamenti faticosamente composti dalle Sezioni Unite Se è vero, infatti, che la Relazione illustrativa ad un D. Lgs. non rientra tra le fonti del diritto di cui all'art. 1 delle Disposizioni sulla legge in generale, può tuttavia contribuire a rivelare la c.d. “intenzione del legislatore” ai sensi dell'art. 12 delle Preleggi (Corte Cost. 21 luglio 2020, n. 158; Cass. 29 dicembre 2021, n. 41843), ed ha quindi una portata non trascurabile in sede di interpretazione di una norma delegata, soprattutto quando la Legge Delega aveva assegnato a quest'ultima uno specifico compito di chiarimento dei suoi presupposti applicativi.

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