La mera archiviazione non equivale a certa e futura non rilevanza delle intercettazioni
11 Aprile 2022
Il caso. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Gorizia con istanza depositata nel 2018, aveva chiesto procedersi alla distruzione delle intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite in un procedimento, per il quale, con decreto emesso il 9 agosto 2005, era stata disposta l'archiviazione. Il g.i.p. aveva rigettato la richiesta, ritenendo che la mera archiviazione non equivarrebbe a certa e futura non rilevanza delle intercettazioni medesime e che la conservazione delle stesse nell'archivio della Procura della Repubblica, luogo riservato e protetto, permetterebbe di tutelare il diritto alla riservatezza dell'intercettato e, nel contempo, il diritto pubblicistico al mantenimento delle intercettazioni.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero, ritenendo l'ordinanza impugnata un atto abnorme, in quanto resa in violazione del secondo comma dell'art. 269 c.p.p. e foriera di una stasi procedimentale.
Deduzione infondata. Per la Suprema Corte, però, l'ordinanza impugnata non ha determinato alcun pregiudizio per il successivo eventuale sviluppo procedimentale, atteso che il pubblico ministero ben potrà, ove ritenuto, riproporre l'istanza alla luce delle circostanze evidenziate dal giudice.
Infatti, precisa la Corte, a fronte della richiesta avanzata dal pubblico ministero il giudice ha seguito l'iter procedimentale prescritto (e quindi fissato l'udienza camerale e assicurato alle parti interessate il diritto al contraddittorio) e ha rigettato la richiesta sottolineando come non fosse stato specificato quali intercettazioni dovessero essere distrutte ed il perché dovessero essere considerate inutili.
Il dato logico evidenziato. I giudici, poi, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ricordano come «l'elemento processuale dell'archiviazione del procedimento è in sé neutro, in quanto espressione di una semplice fase del procedimento, che, così come non può fondare per ciò solo il rigetto dell'istanza in prospettiva di una futura eventuale riapertura del procedimento e di una conseguente rinnovata valenza probatoria del materiale intercettato (determinando così effettivamente una indebita stasi procedimentale ed un conseguente permanente compressione degli interessi, costituzionalmente tutelati, delle parti coinvolte), non può, allo stesso modo, giustificare di per sé solo il suo accoglimento, appunto in quanto mero dato processuale, che nulla dice in ordine alla rilevanza del materiale intercettato». |