Violenza assistita: quale tutela per i minori coinvolti nelle criticità familiari?

11 Aprile 2022

Il legislatore e la giurisprudenza hanno delineato da alcuni anni e sempre con maggiore intensità e precisione la situazione dei minori che, pur non essendo direttamente destinatari di condotte di violenza o minaccia, sono costretti ad assistere, occasionalmente o sistematicamente, a tali condotte nei confronti di un genitore. La violenza assistita è divenuta, pertanto, un elemento centrale e imprescindibile della valutazione penalistica delle criticità familiari.
Premessa: il concetto di violenza assistita

Per violenza assistita da minori in ambito familiare s'intende «il fare esperienza da parte del/della bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica (percosse con mani od oggetti, impedire di mangiare, bere e dormire, segregare in casa o chiudere fuori casa, impedire l'assistenza e le cure in caso di malattia…) violenza verbale, psicologica (svalutare, insultare, isolare dalle relazioni parentali ed amicali, minacciare di picchiare, di abbandonare, di uccidere, di suicidarsi o fare stragi…) violenza sessuale (stuprare ed abusare sessualmente) e violenza economica (impedire di lavorare, sfruttare economicamente, impedire l'accesso alle risorse economiche, far indebitare…) compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori; s'includono le violenze messe in atto da minori su altri minori o su altri membri della famiglia e gli abbandoni ed i maltrattamenti ai danni di animali domestici. Di tale violenza il/la bambino/a può fare esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti» (così il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia - CISMAI). La “violenza assistita” è stata definita anche dall'OMS come una grave forma di maltrattamento ed è stata riconosciuta come aggravante dalla l. n. 119/13, introduttiva dell'art. 61 n. 11-quinquies c.p.

Le ipotesi aggravate del delitto di maltrattamenti sono state significativamente modificate dalla l. n. 69/2019 – introduttiva del cd. codice rosso – che ha previsto, tra l'altro, espressamente che «Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato». In particolare, «la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'art. 3 l. n. 104/1992, ovvero se il fatto è commesso con armi». Inoltre, «se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni».

La violenza assistita e l'aggravante di cui all'art. 61 n. 11-quinquies c.p.

Ancora prima della l. n. 39/2019, la S.C. aveva distinto l'ambito operativo della "violenza assistita" (configurabile anche nel caso in cui «i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano indirettamente, come involontari spettatori delle liti tra i genitori che si svolgono all'interno delle mura domestiche , sempre che sia stata accertata l'abitualità delle condotte e la loro idoneità a cagionare uno stato di sofferenza psicofisica nei minori spettatori passivi»: così Cass. pen., sez. VI, 23 febbraio 2018 (dep. 2 maggio 2018) n. 18833) dalle ipotesi, invece, rientranti nell'aggravante del fatto commesso "in presenza" di un minore di anni diciotto di cui all'art. 61 comma 1, n. 11-quinquies c.p.

Per la S.C., la condotta di chi compie atti di violenza fisica contro la convivente integra il delitto di maltrattamenti anche nei confronti dei figli, in quanto lo stato di sofferenza e di umiliazione delle vittime non deve necessariamente collegarsi a specifici comportamenti vessatori posti in essere nei confronti di un determinato soggetto passivo, ma può derivare anche dal clima generalmente instaurato all'interno di una comunità in conseguenza di atti di sopraffazione indistintamente e variamente commessi a carico delle persone sottoposte al potere del soggetto attivo (Cass. pen., sez. V, 22 ottobre 2020 (dep.24 novembre 2020) n. 41142).

I minori degli anni diciotto che assistono ai maltrattamenti commessi da un genitore in danno dell'altro rivestono oggi, pertanto – ad opera della l. n. 69/2019 – dell'art. 572 comma 5 c.p., la qualifica di persone offese dal reato, che è configurabile anche nei confronti di un infante che assista alle condotte maltrattanti poste in essere in danno di altri componenti della sua famiglia, a condizione che tali condotte siano idonee ad incidere sull'equilibrio psicofisico dello stesso (Cass. pen., sez. VI, 22 settembre 2020 (dep. 7 ottobre 2020) n. 27901).

Il reato sussiste, a fronte di condotte persecutorie poste in essere da un genitore nei confronti dell'altro quando il figlio è costretto ad assistervi sistematicamente, trattandosi di condotta espressiva di una consapevole indifferenza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali del minore ed idonea a provocare sentimenti di sofferenza e frustrazione in quest'ultimo (Cass. pen., sez. V, 29 marzo 2018 (dep. 13 luglio 2018) n. 32368). In particolare il reato di maltrattamenti, aggravato dalla circostanza dell'essere stato commesso alla presenza di un minore, prevista dall'art. 61 n. 11-quinquies c.p., si differenzia dal reato di maltrattamenti in famiglia in danno di minore, vittima di violenza cd. assistita, perché, ai soli fini della configurabilità dell'aggravante, non è necessario che gli atti di sopraffazione posti in essere alla presenza del minore rivestano il carattere dell'abitualità (Cass. pen., sez. VI, 9 febbraio 2021 (dep. 2 marzo 2021) n. 8323).

È importante chiarire il rapporto tra l'aggravante ad effetto speciale della fattispecie base del delitto di maltrattamenti sopra richiamata con l'aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 11-quinquies c.p. Sul tema si è soffermata un recente arresto della S.C., (Cass. pen., sez V, 20 novembre 2020 (dep. 4 gennaio 2021) n. 74) che ha precisato essere l'aggravante di cui all'art. 61 comma 1, n. 11-quinquies c.p. applicabile anche al reato di atti persecutori, quale "delitto contro la libertà personale" e che il reato cd. di stalking può determinare, in concreto, effetti pregiudizievoli anche nei confronti dei minori che assistano agli episodi di persecuzione minacciosa e/o violenta.

Nel caso di specie la Cassazione ha disposto il rinvio al giudice civile competente per accertare se ricorra una fattispecie di cd. "violenza assistita" che abbia determinato ripercussioni negative sullo sviluppo psicofisico dei figli minori, o l'aggravante dell'aver commesso il fatto "alla presenza" dei minori (art. 61 n. 11-quinquies c.p.), senza che ne sia derivato uno stato di sofferenza psico-fisica, nonché per verificare la sussistenza dei presupposti per la condanna risarcitoria anche nei confronti dei figli minori, in quanto ritenuti vittime "secondarie" della violenza assistita o percepita.

Per la S.C., l'elaborazione della figura della “violenza assistita” rappresenta l'esito di un'evoluzione giurisprudenziale che ha preso le mosse dalla interpretazione in senso estensivo dell'oggetto di tutela di cui all'art. 572 c.p., che ha ritenuto che il bene giuridico protetto da tale norma non sia solo l'interesse dello Stato a salvaguardare la famiglia da comportamenti vessatori o violenti quanto anche la difesa dell'incolumità fisica o psichica dei suoi membri e la salvaguardia dello sviluppo della loro personalità nella comunità familiare. (Cass. pen., sez. VI, 24 novembre 2011 (dep. 20 giugno 2012) n. 24575) Conseguentemente, la condotta incriminata dall'art. 572 c.p. ricomprenderebbe non solo la violenza fisica, quanto anche tutti gli atti di disprezzo e di offesa della dignità della vittima che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali (Cass. pen., sez. VI, 8 ottobre 2013 (dep. 6 novembre 2013) n. 44700), anche se consistenti in atti che, di per sé soli, non costituiscono reato (Cass. pen., sez. VI, 10 marzo 2016 (dep. 4 giugno 2016) n. 13422); la stessa può essere posta in essere tramite condotte omissive di deliberata indifferenza verso elementari bisogni assistenziali e affettivi di una persona, sempre che siano sorrette dal dolo e che da tali omissioni derivi, indubitabilmente, uno stato di sofferenza per la vittima.

Le condizioni per riscontrare la violenza assistita

In sintesi, la decisione menzionata precisa, in relazione alla sussistenza della “violenza assistita”:

  • la necessaria presenza di condotte di violenza ripetute nel tempo;
  • la percezione da parte del minore del clima di oppressione subito da uno dei genitori tale da determinare effetti negativi – oggettivamente verificabili – nei processi di crescita morale e sociale del minore stesso (Cass. pen., sez. VI, 23 febbraio 2018 (dep. 2 maggio 2018) n. 18833);
  • l'essere sufficiente che il fatto venga commesso in un luogo ove si trovi contestualmente un minore, anche se questi per età o altre ragioni non sia in grado di percepire ed avere pertanto consapevolezza del carattere offensivo della condotta posta in essere da taluno, in danno di terzi;
  • la necessità di distinguere la “violenza assistita” dalla differente ipotesi in cui il minore, senza subire un effetto negativo sulla crescita, sia stato solo presente durante la commissione di una delle condotte integranti il reato di cui all'art. 572 c.p. ovvero altri delitti contro la libertà personale, ricorrendo in tali casi l'operatività dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 11-quinquies c.p.

Per la S.C. «mentre per il ricorrere della prima autonoma ipotesi sarebbe necessario che il minore percepisse le condotte vessatorie reiterate nel tempo e ne ricavasse uno stato di sofferenza psico-fisica, per ritenere integrata l'aggravante di cui all'art. 61 n. 11-quinquies c.p., sarebbe sufficiente che il fatto fosse commesso in un luogo ove si trovasse contestualmente anche un minore, anche qualora quest'ultimo non fosse in grado, per età o per altre ragioni, di percepire e di avere consapevolezza del carattere offensivo della condotta in danno di terzi avvenuta in sua presenza». Per Cass. pen., sez VI, 22 settembre 2020, (dep. 7 ottobre 2020) n. 27901, è configurabile il reato di maltrattamenti nei confronti di un infante che assista alle condotte maltrattanti poste in essere in danno di altri componenti della sua famiglia, a condizione che tali condotte siano idonee ad incidere sull'equilibrio psicofisico dello stesso.

In concreto, viene riconosciuta così sussistente il reato di maltrattamenti anche nei confronti dei figli anche se la condotta violenta sia stata tenuta solo nei confronti della madre, in quanto lo stato di sofferenza e di umiliazione delle vittime non deve essere necessariamente collegato a specifici comportamenti vessatori posti in essere verso un determinato soggetto passivo ma può derivare anche dal clima generalmente instaurato all'interno di una comunità, conseguenza diretta di atti di sopraffazione, vessazione ed umiliazione. Non solo: la menzionata decisione precisa altresì che «i fatti commissivi abitualmente lesivi della personalità del coniuge maltrattato possono integrare il delitto di cui all'art. 572 c.p. anche nei confronti dei soggetti minori se, al contempo, nei loro confronti, si traducano in una "indifferenza omissiva", frutto di una deliberata e consapevole trascuratezza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali dei figli, quando, cioè, i maltrattamenti siano realizzati anche in violazione dell'art. 147 c.c. in punto di educazione ed istruzione e rispetto delle regole minimali del vivere civile, cui non si sottrae la comunità familiare regolata dall'art. 30 della Carta costituzionale» (Cass. pen., sez. VI, 10 dicembre 2014 (dep. 29 gennaio 2015) n. 4332).

Violenza assistita anche in assenza di maltrattamenti verso terzi?

Resta da chiarire, nondimeno, se la sussistenza di un rapporto conflittuale violento e abituale, anche in assenza di una condotta tale da integrare il delitto di maltrattamento nei confronti di uno dei due coniugi, possa di per sé assumere una connotazione autonoma rispetto alla condizione del minore. Se, quindi, il minore possa – a fronte di effetti negativi sulla propria crescita – essere riconosciuto in via esclusiva persona offesa del delitto di cui all'art. 572 c.p. (o 612-bis c.p.) anche in assenza di ulteriori persone offese. Si tratta di una prospettiva, laddove si ritenga di privilegiare la prospettiva di tutela di tale soggetto, che deve essere concretamente considerata, ben potendo una serie di condotte inidonee a integrare il delitto di maltrattamenti verso il partner in grado di essere espressive della “indifferenza omissiva", frutto di una deliberata e consapevole trascuratezza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali dei figli, sopra menzionata.

Si segnala, infine, che ai fini dell'applicazione della sanzione accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, prevista dall'art. 34 c.p., integra abuso di tale responsabilità, in caso di condanna per il delitto di maltrattamenti in famiglia, la condotta vessatoria, rivolta nei confronti dell'altro genitore, che coinvolga solo indirettamente i figli minori, costringendoli ad assistere ad una violenza sopraffattrice destinata ad avere ripercussioni sulla loro crescita ed evoluzione psicofisica (Cass. pen., sez. V, 12 ottobre 2020 (dep. 3 dicembre 2020) n. 34504).

In conclusione

La violenza assistita è stata equiparata dal legislatore, per molti aspetti, alla volenza effettiva, in quanto al minore è stato riconosciuto, su base normativa, il ruolo di persona offesa.

L'insorgenza di uno stato di sofferenza psico-fisica tale da determinare un effetto negativo sulla crescita, consente di distinguere la violenza assistita dalle condotte per le quali deve essere ravvisato il fatto commesso "in presenza" di un minore di anni diciotto di cui all'art. 61 comma 1, n. 11-quinquies c.p.

Il delitto di maltrattamenti nei confronti di un minore può essere realizzato anche tramite condotte omissive di deliberata indifferenza verso elementari bisogni assistenziali e affettivi di una persona.

Riferimenti
  • P. Gasperini, La violenza intrafamiliare e la violenza assistita, una lettura interdisciplinare, in ilpenalista.it, 20 Dicembre 2019;
  • G. Spangher, La giustizia penale verso la reparative justice, in ilpenalista.it, 4 Marzo 2022.

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