Interdizione temporanea dai pubblici uffici e Legge Severino
13 Aprile 2022
Un imputato, condannato per peculato, ricorre in Cassazione deducendo di aver subito gli effetti dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici in virtù della sospensione di diritto dalla carica di consigliere comunale, ed invoca l'applicazione dei principi affermati dalla Consulta nella sentenza n. 68/2001 in tema di equiparazione delle sanzioni formalmente amministrative alle sanzioni penali.
La doglianza è infondata.
I provvedimenti in forza dei quali sono state disposte la sospensione di diritto dell'accusato dalla carica di consigliere comunale e quella cautelare dal servizio di impiegato comunale hanno natura ammnistrativa. Ne consegue che non può trovare applicazione il disposto dell'art. 661, comma 2, c.p.p., in forza del quale «nella durata delle pene accessorie temporanee applicate dal giudice penale (tra le quali anche l'interdizione dai pubblici uffici) deve essere computata la misura interdittiva di contenuto corrispondente che fosse stata eventualmente disposta, a titolo cautelare, nei riguardi dell'imputato con provvedimento dell'autorità giudiziaria» nei casi previsti dagli artt. 287 e ss. del codice di rito.
Infatti, le pene accessorie sono caratterizzate «dalla natura afflittiva tipica della sanzione penale e conseguono di diritto, alla stregua del disposto dell'art. 10 c.p., alla condanna alla pena principale come effetto automatico della stessa» (Cass. pen., n. 8280/2008).
Inoltre, i provvedimenti amministrativi previsti dagli artt. 10 e 11 d.lgs. n. 235/2012 (cd. Legge Severino) e dell'art. 4 l. n. 97/2001, in materia di sospensione cautelare dal servizio del dipendente pubblico in funzione disciplinare, assolvono «ad esigenze proprie della funzione amministrativa e della pubblica amministrazione presso la quale il soggetto colpito presta servizio, con compiti di natura essenzialmente preventiva e cautelare».
Anche la Corte EDU si è pronunciata a riguardo, escludendo la natura di sanzioni penali delle disposizioni della Legge Severino e la loro conseguente soggezione ai principi contenuti nell'art. 7 della Convenzione.
Per tutti questi motivi il Collegio rigetta il ricorso e condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali.
Fonte: DirittoeGiustizia |