L'efficientamento dell'azione amministrativa. La ragionevole durata del procedimento amministrativo

05 Maggio 2022

Tra la Pubblica Amministrazione ed il cittadino si instaura, per effetto dell'avvio del procedimento amministrativo, un rapporto giuridico, fonte di diritti e di obblighi a carico di entrambe le parti. Ab origine, precedentemente alla emanazione della l. n. 241/90, la Pubblica Amministrazione si poneva in una posizione di supremazia-privilegio nei confronti del cittadino. Risultava, allora, escluso che tra le parti potesse sussistere una relazione...
Il diritto del cittadino-contribuente ad una buona amministrazione

Tra la Pubblica Amministrazione ed il cittadino si instaura, per effetto dell'avvio del procedimento amministrativo, un rapporto giuridico, fonte di diritti e di obblighi a carico di entrambe le parti.

Ab origine, precedentemente alla emanazione della l. n. 241/90, la Pubblica Amministrazione si poneva in una posizione di supremazia-privilegio nei confronti del cittadino. Risultava, allora, escluso che tra le parti potesse sussistere una relazione (per una disamina sul procedimento amministrativo si rinvia a G. Melis, Per una storia del procedimento amministrativo prima della legge sul procedimento, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2021, 2, 571).

All'indomani della legge generale sul procedimento amministrativo tale concezione di una Pubblica Amministrazione “autoritativa” e “suprema” è stata sostituita dalla cd. Amministrazione giustiziale che opera perseguendo il bene collettivo e favorendo la partecipazione del cittadino alle scelte amministrative.

Per il soddisfacimento del bene collettivo, invero, la Pubblica Amministrazione necessita inevitabilmente, della collaborazione del privato con cui si instaura un rapporto giuridico per effetto del procedimento.

Tale nuova concezione impone all'Amministrazione di rispettare non soltanto le regole poste a protezione dell'interesse collettivo, ma anche quelle che tutelano l'interesse del privato quali ad esempio la correttezza, la buona fede, la trasparenza, la leale collaborazione.

In altri termini, la Pubblica Amministrazione deve riconoscere una protezione al privato cittadino che ripone nel suo operato un legittimo affidamento.

In tal senso, la Pubblica Amministrazione, anche quando rivesta la funzione di ripartizione del carico tributario, ha il preciso dovere di non tenere comportamenti che possano ingenerare affidamento in merito all'emanazione di atti favorevoli, per poi disattenderli, con conseguente pregiudizio anche del principio di economicità ed efficienza dell'attività amministrativa.

A tal proposito merita di essere richiamata la sentenza del massimo consesso a tenore della quale “l'affidamento è da intendersi quale canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero quelli che si instaurano nell'esercizio del potere pubblico, sia nel corso del procedimento amministrativo sia dopo che sia stato emanato il provvedimento conclusivo (Consiglio di Stato ad. plen., 29/11/2021, (ud. 19/10/2021, dep. 29/11/2021), n.19)”.

A conferma della descritta evoluzione si pone l'art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: “i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede”.

Buona fede e correttezza di cui sopra, ad esempio, sono espressione della cd. amministrazione di risultato che pone al centro della sua azione il risultato da perseguire (D. Mendola, Il procedimento amministrativo tributario tra diritti del contribuente e poteri dell'amministrazione, in Temi dell'impresa e della Pubblica Amministrazione, Padova-Milano, 2021).

La disamina, allora, non può prescindere dall' art. 97 Cost. da leggersi in combinato disposto con gli artt. 1337 e 1338 c.c. L'art. 97 Cost. offre cittadinanza al principio del buon andamento e della Pubblica Amministrazione e presuppone “un modello di pubblica amministrazione permeato dai principi di correttezza e di buona amministrazione e un comportamento dei pubblici poteri consapevole dell'impatto che l'azione amministrativa produce sempre sulla sfera dei cittadini e delle imprese e che per questo deve essere orientato al confronto leale e rispettoso della libertà di determinazione negoziale dei privati” (A. Nicolussi, F. Zecchin, La natura relazionale della responsabilità “preprovvedimentale” della pubblica amministrazione. Autorità e affidamenti, in Europa e Diritto Privato, 2021, 4,791, nota a Cassazione civile, 15 gennaio 2021, n. 615, sez. un).

Gli artt. 1337 e 1338 c.c. fanno riferimento alla responsabilità che può derivare dalla violazione di regole di condotta, da cui la stessa Amministrazione non può essere esente.

Il dovere di collaborazione e buona fede ha portata bilaterale, perché sorge nell'ambito di una relazione che, sebbene asimmetrica, è in ogni caso partecipata ed in ragione di ciò esso si rivolge all'amministrazione e ai soggetti che a vario titolo intervengono nel procedimento (in questi termini si è espresso il Consiglio di Stato Consiglio di Stato ad. plen., 29/11/2021, (ud. 19/10/2021, dep. 29/11/2021), n. 19, in Foro. It,2022, 2, III, 69).

Il privato, dunque, è titolare di un interesse giuridicamente protetto nei confronti della Pubblica Amministrazione da cui deriva l'obbligo di questa ultima di adempiere alle funzioni secondo i canoni della correttezza e della buona fede.

Il privato, infatti, ripone un legittimo affidamento sull'operato della Pubblica Amministrazione e, come indicato dalla giurisprudenza, il principio del legittimo affidamento “è un principio generale dell'azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l'aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività" (Cons. Stato, VI, 13 agosto 2020, n. 5011).

Il termine di conclusione del procedimento amministrativo a presidio dell'economicità dell'azione amministrativa

Come noto, l'art. 1, l. n. 241/90, prescrive una serie di principi che governano il procedimento amministrativo. Secondo il predetto dettato normativo, l'attività amministrativa deve essere improntata ai criteri di economicità ed efficacia, richiamando caratteri tipici dell'attività economica. Seppur con una certa prudenza l'attività amministrativa può essere equiparata ad una attività imprenditoriale, laddove riveste particolare rilevanza il rapporto tra input e output.

La Pubblica Amministrazione è chiamata, dunque, ad ottimizzare le risorse disponibili e a perseguire il massimo risultato con il minimo sforzo (cd. principio del minor sacrificio).

L'economicità è ravvisabile anche dal succitato art. 97 Cost. il quale introduce una logica di risultato nella gestione della cosa pubblica, imponendo efficienza ed efficacia e cioè il corretto e razionale impiego delle risorse e la produzione dei soli effetti giuridici che l'autorità si ripropone di determinare (V. Torano, Il principio di buon andamento dell'amministrazione come limite al fenomeno della c.d. reviviscenza delle norme abrogate. - The Principle of Good Administration as a Limit to the Revivescence of Abrogated Provisions, in Foro Amministrativo - C.d.S. (Il), 2013, 12, 3300, nota a Corte Costituzionale, 16 aprile 2013, n. 70; D. Mendola, Rimozione dell'atto illegittimo: il procedimento di autotutela a presidio del buon andamento dell'azione amministrativa, in Iltributario, 10 agosto, 2020).

La logica è quella di “efficientare” la macchina amministrativa senza pregiudicare il perseguimento del risultato, in linea con una amministrazione di risultato.

È per questo che l'aspetto temporale di conclusione del procedimento amministrativo ha assunto un rilievo centrale: la massimizzazione dei tempi di riuscita del procedimento, infatti, si pone quale condizione indefettibile per il raggiungimento del benessere collettivo.

Sulla base di tale presupposto il legislatore ha stabilito che le pubbliche amministrazioni dovessero determinare “per ciascun tipo di procedimento [...] il termine entro cui esso deve concludersi” (art. 2, l. n. 241/90), sottolineando che il procedimento, funzionale alla realizzazione dell'interesse pubblico e alla contestuale protezione dei soggetti privati coinvolti, richiede “un quadro di piena certezza, spaziale ed anche temporale” (Cfr. S. De Nitto, L'incerta durata dei procedimenti. Un'analisi empirica dei ritardi amministrativi, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 3, 2021, 783; M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna 2019; M. D'Alberti, Lezioni di diritto amministrativo, Torino, 2017).

In tal senso ogni procedimento amministrativo “necessario” (che consegua cioè obbligatoriamente ad una istanza) deve concludersi entro un determinato termine e con l'adozione di un provvedimento, esplicito o implicito che sia (in tal senso, L. Parona, L'influenza del diritto europeo sulla disciplina dei procedimenti amministrativi, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2021, 3, 491).

Pertanto, il termine generale entro il quale il procedimento deve essere concluso, qualora non siano previsti dall'ordinamento giuridico specifici e diversi termini, è quello indicato dall'art. 2, comma 2 della l. n. 241 del 1990, ovvero trenta giorni.

La norma non lascia spazio a soluzioni diverse dall'alternativa “termine di 30 giorni/termine più lungo”, perché il comma 2 dell'articolo 2 sopra citato non dice che disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 possono “non” prevedere un termine, ma soltanto che possono prevedere “un termine diverso” (in tal senso, T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. III, 10/11/2021, (ud. 02/11/2021, dep. 10/11/2021), n. 2488).

Sono, allora, fatte salve le ipotesi di deroga al termine di trenta giorni, ma solo se tale deroga risulti strettamente “indispensabile”.

Da quanto detto deriva che gli strumenti di semplificazione amministrativa non debbano essere considerati come una forma di sacrificio dell'interesse pubblico, ma al contrario come strumenti utili a garantire una tutela efficace e tempestiva dello stesso, con il minore onere possibile per la collettività e per i singoli privati (sul punto si rinvia a A. Del Prete, Il silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni: profili critici e problematici, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, 2018, 3, 705, nota a T.A.R. Cagliari, 08 giugno 2017, n.394, sez. II).

La conclusione del procedimento sanzionatorio

Fino a questo punto si è fatto riferimento al dovere di concludere il procedimento in un tempo ragionevole, così come disciplinato dalla l. n. 241/90. Ci si domanda, allora, se la medesima regola “di condotta” debba essere applicata anche ai procedimenti aventi ad oggetto i tributi.

A stimolare la presente riflessione è stata una recente sentenza del Consiglio di Stato secondo cui l'amministrazione, pur in assenza della previsione di un termine ex lege per la conclusione del procedimento sanzionatorio, deve agire in modo tempestivo o fornire le ragioni che le hanno impedito di applicare la sanzione in contiguità temporale con l'accertamento dell'illecito. Per quanto riguarda la fattispecie, l'Agenzia delle Dogane e Monopoli aveva emesso un provvedimento sanzionatorio a seguito di un procedimento iniziato all'incirca due anni prima (Cons. St. Sez. VII, 14/02/2022, n. 1081, in Guida al Diritto, 2022, 8).

Il T.A.R. ha annullato il suddetto provvedimento escludendo l'applicabilità al caso di specie dell'art. 28 l. 689/1981 e ritenendo applicabile l'art. 2 l. n. 241/1990.

Avverso tale pronuncia ha proposto appello l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sostenendo che, diversamente da quanto erroneamente affermato dal primo giudice, sarebbe applicabile alla fattispecie in esame l'art. 28 l. n. 689/1981 in considerazione della specialità della stessa e, quindi, il potere sanzionatorio in oggetto sarebbe legittimamente esercitabile entro il termine quinquennale di prescrizione.

La questione controversa è se possa ritenersi applicabile al caso di specie il termine generale di conclusione del procedimento di cui alla l. n. 241/90 ovvero se debba applicarsi il termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 28 l.n. 689/81. In quest'ultimo caso troverebbe applicazione la regola lex specialis derogat legi generali, secondo la quale la legge speciale prevale su quella generale presentando degli elementi di “specialità”.

Il massimo grado della giurisdizione amministrativa ha ribadito che “l'amministrazione (pur in assenza della predeterminazione di un termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio previsto dalla legge) agisca comunque in modo tempestivo, rispettando l'esigenza del cittadino di certezza, nella specifica accezione di prevedibilità temporale, delle conseguenze derivanti dall'esercizio dei pubblici poteri, e che, ove protragga in modo ingiustificato l'esercizio del potere, dia puntuale motivazione delle ragioni che le hanno, in ipotesi, impedito di applicare la sanzione in contiguità temporale con l'accertamento dell'illecito”.

Quanto detto in considerazione del legittimo affidamento riposto da una parte del rapporto obbligatorio nei confronti dell'altra (Cfr. G. Comporti, Il legittimo affidamento del contribuente quale via per un fisco più certo ed efficiente, in Iltributario, 5 maggio 2020).

Ne deriva che l'azione amministrativa seppur diretta a sanzionare condotte illecite non può esimersi dal rispettare i principi di economicità, efficacia ed efficienza. Qualora, dunque, l'azione amministrativa si protragga oltre il termine di durata ragionevole l'Amministrazione è tenuta a darne giustificazione, in caso contrario si finirebbe per ritornare alla anacronistica concezione di “amministrazione privilegiata”, superata a seguito della emanazione della l. n. 241/90 e contraria alla concezione di “rapporto” tra le parti del procedimento amministrativo.

La giurisprudenza de qua sembra, allora, voler ribadire che l'obbligo di conclusione del procedimento amministrativo entro un determinato termine costituisce diretta applicazione del precetto costituzionale di cui all'art. 97, comma 2, Cost., secondo cui i pubblici uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'Amministrazione. Non rileva, allora, la natura dell'oggetto, ma solo il procedimento che segue le regole della l. n. 241/90.

Il buon andamento della “macchina” organizzativa pubblica presuppone la possibilità per il cittadino che ad essa si rivolge di poter contare su tempi certi nella conclusione di un procedimento che debba obbligatoriamente conseguire ad una istanza.

In conclusione

L'evoluzione dei rapporti tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino ha determinato la normativizzazione di taluni principi posti a protezione del privato nel corso del procedimento amministrativo. Tra i suddetti principi riveste particolare rilievo quello del legittimo affidamento e della certezza dei rapporti giuridici a cui si accompagna la ragionevole durata del procedimento amministrativo. Tale ultima regola, tuttavia, deve essere applicata indistintamente a tutti i procedimenti amministrativi, ivi compresi quelli di cui è parte l'Amministrazione Finanziaria. La ragionevole durata del procedimento risponde all'esigenza di tutelare il diritto del cittadino-contribuente ad avere “tempi certi”, a garanzia del corretto agere amministrativo.

Il principio in questione diviene, allora, il presupposto indefettibile, affinché l'azione amministrativa possa dirsi conforme a quanto previsto dall'art. 97 Cost.

Bibliografia

M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2019.

G. Comporti, Il legittimo affidamento del contribuente quale via per un fisco più certo ed efficiente, in Iltributario, 5 maggio, 2020.

M. D'Alberti, Lezioni di diritto amministrativo, Torino, 2017.

S. De Nitto, L'incerta durata dei procedimenti. Un'analisi empirica dei ritardi amministrativi, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 3, 2021, 783.

A. Del Prete, Il silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni: profili critici e problematici, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, 2018, 3, 705, nota a T.A.R. Cagliari, 08 giugno 2017, n.394, sez. II.

D. Mendola, Il procedimento amministrativo tributario tra diritti del contribuente e poteri dell'amministrazione, in Temi dell'impresa e della Pubblica Amministrazione, Padova-Milano, 2021.

D. Mendola, Rimozione dell'atto illegittimo: il procedimento di autotutela a presidio del buon andamento dell'azione amministrativa, in Iltributario, 10 agosto, 2020.

G. Melis, Per una storia del procedimento amministrativo prima della legge sul procedimento, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2021, 2, 571.

A. Nicolussi, F. Zecchin, La natura relazionale della responsabilità “preprovvedimentale” della pubblica amministrazione. Autorità e affidamenti, in Europa e Diritto Privato, 2021, 4,791, nota a Cassazione civile, 15 gennaio 2021, n.615, sez. un.

L. Parona, L'influenza del diritto europeo sulla disciplina dei procedimenti amministrativi, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2021, 3, 491.

V. Torano, Il principio di buon andamento dell'amministrazione come limite al fenomeno della c.d. reviviscenza delle norme abrogate. - The Principle of Good Administration as a Limit to the Revivescence of Abrogated Provisions, in Foro Amministrativo - C.d.S. (Il), 2013, 12, 3300, nota a Corte Costituzionale, 16 aprile 2013, n.70

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