Compie atti osceni davanti ad un ragazzo, ma si salva perché il luogo non era abitualmente frequentato dai minori
05 Maggio 2022
Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi su un ricorso presentato da un imputato che era stato condannato, in primo e in secondo grado, alla pena di quattro mesi di reclusione per aver compiuto ripetutamente degli atti osceni nella propria autovettura dopo aver richiamato l'attenzione di un minore.
L'imputato ricorre in Cassazione, denunciando, tra i vari motivi, la violazione di legge relativamente all'art. 527, comma 2, c.p. Egli, infatti, afferma che, per la sussistenza del reato, la suddetta norma richieda che il fatto sia commesso all'interno o nelle immediate vicinanze dei luoghi abitualmente frequentati da minori e sostiene che la strada dove la sua vettura era parcheggiata non fosse uno di quei luoghi, essendo prevalentemente percorsa da automobili.
La doglianza è fondata.
Ai fini della sussistenza del reato di atti osceni di cui all'art. 527, comma 2, c.p., per luogo abitualmente frequentato dai minori «non si intende un sito semplicemente aperto o esposto al pubblico dove si possa trovare un minore, bensì un luogo nel quale, sulla base di una attendibile valutazione statistica, la presenza di più soggetti minori di età ha carattere elettivo e sistematico» (Cass. pen., n. 30798/2016).
Quindi, i luoghi abitualmente frequentati da minori sono «quelli riconoscibili come tali per vocazione strutturale (come le scuole, i luoghi di formazione fisica e culturale, i recinti creativi all'interno dei parchi, gli impianti sportivi, le ludoteche e simili), ovvero per elezione specifica, di volta in volta scelti dai minori come punto abituale di incontro o di socializzazione, ove si trattengono per un termine non breve (come un muretto sulla pubblica via, i piazzali adibiti a luogo ludico, il cortile condominiale)» (Cass. pen., n. 29239/2017).
Nel caso in esame, l'atto non risulta essere stato compiuto in un luogo abitualmente frequentato dai minori o nelle immediate vicinanze. La stessa sentenza impugnata, infatti, evidenzia come la scuola fosse a 500 metri dal luogo dei fatti, distanza che non può ritenersi tale da far integrare l'elemento oggettivo del reato.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso ed annulla senza rinvio la sentenza impugnata.
*Fonte: DirittoeGiustzizia |