Indegnità a succedere: le ipotesi sono tassative
28 Aprile 2022
Questo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella ordinanza n. 13266 pubblicata il 28 aprile 2022 in tema di indegnità a succedere dell'erede nominato in testamento. I fatti di causa. Il caso riguarda quattro nipoti successibili ex lege. Uno di loro adiva il Tribunale convenendo in giudizio tutti gli altri per dichiarare l'indegnità a succedere di un nipote designato erede nel testamento olografo della de cuius rispetto al quale l'attore aveva dedotto l'invalidità per incapacità del testatore e l'apocrifia. Il giudice di primo grado decideva sulla domanda di indegnità con sentenza non definitiva dichiarando l'indegnità del nipote a succedere stante il comportamento dal medesimo tenuto che aveva, di fatto, abbandonato l'anziana zia ed impedito che se ne potessero occupare gli altri nipoti, essendo lui l'unico detentore delle chiavi. Il giudice inquadrava tale condotta nell'ambito del reato di cui agli artt. 56 e 591 ultimo comma c.p., sanzionabile ex art. 463 n. 2 c.c. con la declaratoria della indegnità a succedere, ritenendo così assorbite tutte le altre questioni di indegnità che erano, pertanto, meno gravi rispetto al primo motivo. Tale sentenza non definitiva veniva impugnata dal nipote dichiarato indegno con appello immediato che veniva accolto. In particolare, la Corte d'Appello di Catanzaro escludeva che fosse configurabile la sussistenza della causa di indegnità riconosciuta dal tribunale in assenza di una condotta cui la legge dichiari applicabile le disposizioni sull'omicidio. Tuttavia, la Corte riteneva che il giudice di primo grado, non avendo accertato la presenza di altre cause di indegnità a succedere, dovesse rinviare la decisione al primo giudice per proseguire l'istruttoria del giudizio. Il nipote, così, ricorreva per Cassazione e altri due nipoti resistevano con controricorso portante reclamo incidentale. Il giudice di secondo grado deve pronunciarsi su tutte le questioni. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice d'Appello è investito della piena cognizione di tutte le domande ed eccezioni ritualmente devolutegli, comprese quelle non esaminate dal giudice di primo grado per asserito assorbimento conseguente all'accoglimento di altre domande ed eccezioni. Pertanto, il giudice d'appello avrebbe dovuto decidere anche sulle altre questioni che avrebbero potuto condurre alla indegnità a succedere e non, come ha fatto, rimettere al giudice di prime cure il prosieguo dell'istruttoria. Pertanto, la Cassazione rimetteva alla Corte d'Appello la causa affinché decidesse in diversa composizione sulle domande rimaste assorbite dalla decisione di primo grado. L'indegnità a succedere. Secondo i ricorrenti incidentali, bene aveva fatto il Tribunale ad accertare l'indegnità a succedere dell'altro nipote vista la di lui deplorevole condotta, sanzionabile ex art. 463 c.c. Il motivo è infondato, ai sensi dell'art. 463 c.c., è escluso dalla successione come indegno: 1) chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale, 2) chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge dichiara applicabili le disposizioni sull'omicidio; … Pertanto, l'attentato alla vita del de cuius deve essere commesso volontariamente, non essendo sufficiente l'omicidio colposo né preterintenzionale. Dalla ricostruzione dei ricorrenti, la condotta del nipote sarebbe stata una condotta dolosa ma, i giudici osservano, se fosse vero che il Tribunale aveva ricostruito i fatti quale attentato volontario alla vita della de cuius, non occorreva richiamare il n. 2 dell'art. 463 c.c. ma il n. 1 della medesima norma. Per l'abbandono dell'incapace, è richiesto l'elemento soggettivo del dolo generico, consistente nella volontà dell'abbandono, sussistente in chi sia consapevole tanto del dovere di cura o custodia che intercorre tra lui e l'incapace, quanto del pericolo che l'abbandono determina nei riguardi dell'incolumità individuale. Pertanto, essendo l'abbandono di incapace e l'omicidio differente rispetto l'elemento soggettivo (nel secondo caso è necessaria la consapevolezza di cagionare la morte altrui), il delitto di abbandono non può farsi rientrare nelle ipotesi dell'art. 463 n. 2 perché la legge non dichiara applicabile le disposizioni sull'omicidio. Se poi l'abbandono sia stato posto in essere volendo causare la morte, di fatto non deve ricomprendersi nel n. 2 ma nel n. 1, cosa che il tribunale però non ha ritenuto di fare. La tipicità delle ipotesi. Il ricorso incidentale veniva così respinto posto che le ipotesi di indegnità a succedere non sono rimesse alla valutazione del giudice, perché le ipotesi sono a ritenersi rigorosamente tassative e il relativo regime è di ordine pubblico, non essendo esse suscettibili di interpretazione estensiva né analogica.
Fonte: dirittoegiustizia.it
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