Interpretazione del bando, chiarimenti e principio di equivalenza

Tommaso Cocchi
09 Maggio 2022

Il principio di equivalenza è previsto dall'art. 68 d.lgs. 50/2016 esclusivamente per le specifiche tecniche del prodotto o del servizio prescritte dalla stazione appaltante. In tali specifiche non rientra il monte ore lavorativo, che costituisce un criterio identificativo in termini quantitativi della prestazione richiesta e, ove configurato dalla Stazione Appaltante come inderogabile, a maggior ragione in un servizio ad alta intensità di manodopera, non ammette equivalenti di sorta.

Il caso: Un operatore economico veniva escluso da una procedura di gara per aver presentato un'offerta difforme alle specifiche richieste dal capitolato, in particolare per aver offerto un monte ore annuo minore rispetto a quello indicato nella documentazione di gara.

L'impresa proponeva quindi ricorso avverso l'atto di esclusione lamentando, tra l'altro, che il requisito del monte ore non potesse essere considerato come inderogabile sia alla luce delle disposizioni del capitolato che dei chiarimenti, nei quali l'ammontare delle ore era definito come “indicativo”.

La soluzione del TAR Milano. Il Collegio ha respinto le doglianze avversarie ribadendo alcuni consolidati principi sull'interpretazione della documentazione di gara, nonché precisando rilevanti coordinate ermeneutiche sull'applicazione del principio di equivalenza.

Nello specifico, il TAR ha in primo luogo ribadito l'assunto secondo cui le disposizioni del bando di gara devono essere interpretate dando preferenza al criterio letterale e a quello sistematico di cui agli artt. 1362 e 1363 del Codice Civile. Nel caso di specie la documentazione di gara era inequivoca nel richiedere un minimo di ore lavorative garantite.

Il Collegio non ha nemmeno accolto le censure relative all'asserita contraddittorietà dei chiarimenti (nei quali veniva affermata la natura “indicativa” del suddetto monte ore), precisando a tal riguardo che questi non possono in alcun modo modificare una chiara previsione della lex specialis non avendo contenuto provvedimentale. Sul punto, la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato ha precisato che «i chiarimenti della stazione appaltante, infatti, sono ammissibili solo se contribuiscono, con un'operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato, ma non quando, proprio mediante l'attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione della lex specialis, un significato ed una portata diversa o maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all'art. 97 Cost.» (Consiglio di Stato, III, 7 gennaio 2022 n. 64)».

Secondo il Tar, sotto concorrente profilo, non avrebbe potuto trovare applicazione nemmeno il principio di equivalenza previsto dall'art. 68 del Codice dei Contratti Pubblici essendo tale istituto previsto esclusivamente per le specifiche tecniche del prodotto o del servizio prescritte dalla stazione appaltante. In tali specifiche, ad avviso del Collegio, non rientra il monte ore lavorativo, che costituisce un criterio identificativo in termini quantitativi della prestazione richiesta e, se considerato dall'Amministrazione come inderogabile, non ammette equivalenti di sorta. Ciò, a maggior ragione, ove si tratti di appalti ad alta intensità di manodopera. A questo proposito il TAR ha altresì ricordato che, secondo una giurisprudenza amministrativa piuttosto consolidata, anche con riferimento alle specifiche tecniche, il principio di equivalenza non ha un ambito di applicazione generalizzato, dovendosi ritenere lo stesso non operante con riferimento ai requisiti minimi comunque imposti dalla lex specialis.

Per le predette ragioni il Collegio ha rigettato il ricorso perché infondato nel merito.

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