I nuovi strumenti “light” a disposizione dell'esperto soddisfano i requisiti di cui agli artt. 2086 c.c. e 152 l.fall. se il debitore è insolvente?

Andrea Ferri
09 Maggio 2022

Il presente articolo, muovendo dall'istituto della composizione negoziata della crisi - novità di maggior interesse introdotta dal D.L. 118/2021-, si sofferma sui nuovi strumenti previsti dal decreto legge a disposizione dell'esperto per la tutela dei creditori.
Il nuovo D.L. 118/2021 ha riscritto le regole per la dead-line entro la quale occorre entrare in procedura?

Prevenzione ed allerta tra utopia e realtà professionale, nella difficile distinzione tra “twilight zone”, crisi ed insolvenza del debitore.

Ecco, questi potrebbero essere i “leitmotiv” dell'ulteriore riforma che ha in parte stravolto la vecchia legge fallimentare introducendo il nuovo istituto, più aziendalistico che giuridico, della composizione negoziata, che prevede l'egida di un nuovo professionista “attore della crisi”: l'esperto.

Quest'ultimo è una figura ibrida poiché non è un attestatore, sebbene debba firmare il piano, non è un gestore della crisi da sovraindebitamento, sebbene debba trattare con tutti gli stakeholders, clienti compresi, al pari di un vero mediatore – ed utilizza la “cassetta degli attrezzi” (Ranalli, L'OCRI una opportunità e non una minaccia, in Il societario.it, 14 gennaio 2020) come un ristrutturatore aziendale (CRO: Chief Restructuring Officer – “Manager della crisi”, secondo il Chapter 11 of United States Bankruptcy Code).

Oramai gli scritti ed i contributi dottrinali sulla materia si sprecano.

Anzi, oserei dire, che mai come in questo momento, la dottrina giuridica ed aziendalista, hanno cercato di interpretare, con risultati veramente difformi, un testo di riforma in materia concorsuale.

Da una parte levate di scudi di chi difende il ruolo interventista del Tribunale e dall'altra “la guerra santa” di chi difende il nuovo ruolo di un aziendalista che allontana dalle aule del Tribunale gli attori della crisi.

Approfittando delle numerose deroghe al diritto societario già presenti nel D.L. liquidità (D.L. 23/2020), dovute alla fase Covid 19, il legislatore ha peraltro ulteriormente derogato alla legislazione concorsuale ordinaria attraverso l'improcedibilità, per un arco di tempo limitato, dei ricorsi per dichiarazione di fallimento, alla proroga dei termini per la redazione dei piani di risanamento e per la loro revisione nelle procedure di concordato e negli accordi di ristrutturazione, all'introduzione di eccezioni alle norme societarie in materia di garanzia del capitale per i creditori.

Con il provvedimento in esame il legislatore, consapevole del carattere parziale, non meditato e, comunque, temporaneo di queste prime risposte anticrisi pandemica, interviene ora, sempre sul piano della necessità ed urgenza, in modo più consapevole. Dispone un ulteriore rinvio dell'entrata in vigore del codice, ma al solo scopo di coordinarlo con la Dir. UE 1023/2019. Innesta a sorpresa, in attesa di un ripensamento definitivo, il controverso istituto dell'allerta, più o meno come normato nel CCII, ed introduce la composizione negoziata della crisi ed il concordato semplificato che, insieme all'anticipazione di diverse sezioni del codice della crisi, rappresentano una prima risposta alle esigenze strutturali di soluzione delle crisi diffuse d'impresa, aggravate dalla pandemia, ma che hanno la loro origine in debolezze strutturali del nostro sistema economico e finanziario.

I ritocchi hanno interessato anche il concordato “in pectore” per il quale è stato definitivamente recepito il cram down erariale anche in caso di voto negativo del fisco, gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa e gli accordi di moratoria, che ricalcano i corrispondenti istituti del Codice della crisi. Inoltre, come estrema ratio del legislatore di escludere lo Stato (Ente impositore) dal voto nel piano, si amplifica il cram down erariale, eliminando la fase del voto per tutti i creditori nel concordato semplificato.

La “controriforma” estiva si ispira ed amplia la composizione della crisi già prevista dall'art. 19 CCII, con l'obiettivo di armonizzare il corpus del D.Lgs. 14/2019 con la Dir. UE 1023/2019 (Cfr. P. Vella, La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione preventiva europei sull'istituto del concordato preventivo in continuità aziendale, in Ristrutturazioni aziendali.it, 1° gennaio 2022).

Quest'ultima, all'art. 3, prevede che i debitori debbano accedere all'allerta precocemente con meccanismi chiari e trasparenti per individuare rischi di insolvenza futura, così che il debitore possa agire senza indugio. La direttiva prevedeva la possibilità di avvalersi di tecnologie informatiche per accedere agli strumenti messi a disposizione dal legislatore.

Il D.L. 118/21 recepisce l'invito del diritto comunitario attraverso la predisposizione di una piattaforma informatica, messa a disposizione da ciascuna camera di commercio, nella quale il debitore può inserire i suoi dati, verificare la concreta sussistenza di probabilità di risanamento in continuità diretta o indiretta e chiedere la nomina di un esperto (e non più di tre membri dell'OCRI) con il compito di individuare la migliore soluzione possibile senza spossessare il debitore.

All'esito delle trattative con i creditori, che hanno l'obbligo di partecipare attivamente e in buona fede, l'esperto redige una relazione da inserire nella piattaforma informatica, senza notiziare il P.M. Essa può condurre alla soluzione regolatoria sic et simpliciter dallo stesso avallata e avente gli effetti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d) l.fall., ovvero accompagnare il debitore verso una soluzione regolatoria della crisi, dal piano attestato a uno degli strumenti previsti dalla legge fallimentare, che si arricchiscono di un concordato liquidatorio senza adunanza e senza soglia minima del venti percento (tale iter può essere innescato volontariamente dal debitore).

La nuova composizione negoziata della crisi

La novità di maggior interesse riguarda, senza alcun dubbio, l'introduzione nel diritto della crisi dell'istituto della composizione negoziata, avente l'obiettivo di sostituire pro tempore gli istituti disciplinati nel titolo II del Codice della crisi (artt. da 12 a 25) (Cfr. P. Liccardo, Neoliberismo concorsuale e le svalutazioni competitive: il mercato delle regole, in Giustizia Insieme, 7 settembre 2021) affinché l'imprenditore, in assoluta libertà, faccia emergere la propria crisi chiedendo la consulenza di un esperto (art. 2 D.L. 118/21).

Funge da “early warning” una procedura affidata ad un facilitatore “monocratico”, che detterà i tempi e le modalità delle trattative votate alle soluzioni negoziali di composizione della crisi (A. Jorio, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento al maestrale soffia sulla riforma, in dirittodellacrisi.it, 1° ottobre 2021).

Il debitore ed i suoi creditori potranno interloquire con professionisti di propria fiducia che saranno i veri motori del processo di ristrutturazione (R. Rordorf, Interferenze tra diritto della crisi e insolvenza e diritto dei contratti, in dirittodellacrisi.it, 28 gennaio 2022).

Immaginare che le regole del diritto societario, oggi stringenti in forza della nuova versione dell'art. 2086 c.c. che impone all'impresa di adottare tutti i presidi volti all'emersione tempestiva della crisi, ma anche tutti i processi, assetti organizzativi e sistemi di gestione ordinaria volti, ad esempio, al controllo di gestione, alla rendicontazione finanziaria, al budget, al reporting, al controllo sul risk management, siano regolate dalle poche e stringate norme del D.L. 118/21 e dalla “rule” dell' esperto pare una forzatura generatrice di illusioni sulle responsabilità degli amministratori in caso di default.

È più probabile (rectius auspicabile) per chi scrive che esista una linea di demarcazione dimensionale basata sui volumi dell'impresa (fatturato, clienti, dipendenti, assets ecc.) ed anche una dead line temporale, che deve essere anticipatoria dello stato di insolvenza, per quell'imprenditore che potrà accedere al D.L. 118/21 laddove l'esperto veramente interviene in una fase precoce, in una twilight zone che sia anticipatoria della futura insolvenza (in ottica looking forward come sancisce l'art. 2086 c.c.).

L'imprenditore strutturato e dimensionato che soggiace alle nuove disposizione di cui all'art. 2086 c.c. (in vigore ormai da tre anni), nonché alle disposizioni di cui all'art. 152 l. fall. (dove il CdA è autorizzato ad assumere tutti i provvedimenti per risolvere la propria crisi motivando lo stato di salute della società e la scelta dello strumento) dovrà in maniera ragionata e ragionevole, sulla base di indici ed indicatori come vedremo in seguito, motivare le proprie scelte.

Se l'insolvenza non è solo prospettica, ma ormai irreversibile, forse l'imprenditore può essere tratto in salvo solo dal “cavaliere bianco” attraverso l'immissione di tanto tanto denaro e tante risorse quanti sono i debiti, ed il percorso del D.L. 118/21 non porterà alcuna utilità tangibile al piano.

Più realisticamente, ad insolvenza conclamata, non sarà più possibile adottare la soluzione prevista dal D.L. 118/21 attraverso la nomina dell'esperto, ma si dovrà optare per le soluzioni classiche del concordato preventivo in continuità diretta (o liquidatorio) e del fallimento in esercizio provvisorio.

Se l'esperto attinge dagli indicatori e dagli indici di bilancio unitamente al test compilato dal debitore o dai suoi advisor sulla piattaforma, sottoporrà agli organi societari nonché al tribunale ed all'ausiliario se nominato (nel caso in cui il debitore abbia chiesto le misure protettive e nel caso in cui si arrivi all'omologa) la “determinazione dello stato di salute”, e disporrà di risultanze determinanti per le deliberazioni obbligatorie di cui all'art. 152 l.fall.

L'esperto dovrà imporre al CDA di indicare la gravità dello stato di crisi, che non potrà più essere negoziata mediante le procedure del D.L. 118/21, ma che necessiterà, senza indugio, dell'attivazione di un concordato preventivo o di un esercizio provvisorio fallimentare (se l'insolvenza è irreversibile).

Al fine di individuare i possibili stadi della crisi e le relative valutazioni ed informative in capo al CDA, il Consiglio Nazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili, ha delineato nel 2015 la seguente schematizzazione (Linee Guida del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, 30 ottobre 2015, “Informativa e valutazione nella crisi di impresa”):

Stadio della crisi

Rilevanza ai fini di eventuali procedure di composizione della crisi

Elementi per l'informativa e la valutazione

1

Incubazione declino-crisi (fase ordinaria fisiologica)

Irrilevante ai fini delle procedure di concordato preventivo liquidatorio e rilevante per altri istituti o concordato preventivo con continuità

Rilevabile solo internamente e con strumenti prognostici di determinazione degli equilibri economici e finanziari in ottica di continuità (es. business plan).

Idonea verifica tenuta contabilità aziendale secondo Principio revisione (ISA Italia) 570.

2

Maturazione declino-crisi

(fase straordinaria fisiologica)

Irrilevante ai fini delle procedure di concordato preventivo liquidatorio e rilevante su richiesta del solo imprenditore per altri istituti o concordato preventivo con continuità

Rilevabile solo internamente e con strumenti prognostici di determinazione degli equilibri economici e finanziari in ottica di continuità (es. business plan).

Idonea verifica tenuta contabilità aziendale secondo Principio revisione (ISA Italia) 570

3

Crisi conclamata-reversibile

Rilevante ai fini del concordato preventivo con continuità e dell'amministrazione straordinaria

Coincide con questa fase anche la difficoltà finanziaria conclamata

Rilevabile solo internamente e con strumenti prognostici di determinazione degli equilibri economici e finanziari in ottica di continuità (es. business plan). In caso di valutazione da parte di terzi occorre potere accedere a informazioni di dettaglio disponibili alla sola impresa

Idonea verifica tenuta contabilità aziendale secondo Principio revisione (ISA Italia) 570

4

Insolvenza reversibile (fase straordinaria)

Rilevante ai fini del concordato preventivo sia liquidatoria sia con continuità e dell'amministrazione straordinaria

Rilevabile lo stato di insolvenza con valutazioni di dettaglio preliminari sul bilancio ma con approfondimenti su dati aggiornati e prospettici economico, finanziari e patrimoniali. In caso di valutazione da parte di terzi della reversibilità dell'insolvenza occorre potere accedere a informazioni di dettaglio disponibili alla sola impresa.

Idonea verifica tenuta contabilità aziendale secondo Principio revisione (ISA Italia) 570 con adozione strumento previsto dall'ordinamento per superamento crisi e recupero continuità aziendale.

5

Insolvenza (irreversibile)

Rilevante ai fini del concordato preventivo liquidatorio, dell'amministrazione straordinaria e del fallimento

Rilevabile lo stato di insolvenza con valutazioni su dati di bilancio per evidenza degli equilibri patrimoniali. Per manifestazione esteriore l'inadempimento delle obbligazioni occorre ricorrere a informazioni presso terzi.

Per quanto poi riguarda le stime di valore aziendale ed il cosiddetto Enterprise value dell'impresa che accede alla mediazione assistita del D.L. 118/2021, con l'ausilio dell'esperto vanno necessariamente stimati i valori soprattutto intangibili (empirement test su marchi, brevetti, avviamento) ma anche i cespiti produttivi, determinando lo stato di salute dell'impresa in funzione della continuità aziendale (il principio di revisione ISA 570 definisce lo stato di continuità, di liquidazione ecc.) quali ad es.: capannoni, impianti, attrezzature ecc. Tali stime, poi devono, necessariamente, essere certificate ed avvalorate, anche dall'esperto che deve firmare il piano (art. 11 punto C).

La tabella che segue sintetizza, a titolo esemplificativo, le più probabili relazioni tra processi valutativi di configurazioni di valore e finalità della stima (Linee guida per la valutazione di aziende in crisi CNDCEC – SIDREA, 2016):

Processo valutativo

Configurazione di valore

Finalità della stima

Assetti SGS invariati

Valore di capitale economico

Stima del valore di cessione dell'azienda in funzionamento per gli organi di una procedura concorsuale liquidatoria

Assetti SGS invariati

Valore di investimento

Stima per la decisione di offerta dell'acquirente in una procedura concorsuale liquidatoria

Assetti SGS invariati

Valore di liquidazione

Stima del valore di cessione dei beni aziendali per gli organi di una procedura concorsuale liquidatoria

Assetti SGS corretti

Valore di capitale economico

Stima del congruo valore di cessione dell'azienda in un concordato in continuità

Assetti SGS corretti

Valore di capitale economico

Stima del valore di conferimento di un'azienda in crisi in una società conferitaria in equilibrio

Assetti SGS corretti

Valore d'investimento

Stima per la decisione di offerta dell'acquirente in un concordato in continuità

Assetti S corretti

Valore d'investimento

Stima del valore di acquisizione di una società immobiliare (assumendo la ristrutturazione finanziaria del debito)

La cessione d'azienda di cui all' art. 10 e il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio

L'art. 10 ci mostra come, nell'arco dei 180 gg previsti dall'art. 5 punto 7, sia possibile ottenere, con decreto del Giudice monocratico, previa verifica della funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori:

  • l'autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell'art. 111 l.fall.;
  • l'autorizzazione a contrarre finanziamenti dei soci prededucibili ai sensi dell'art. 111 l.fall.;
  • l'autorizzazione per una o più società di imprese di cui all'art. 13 a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell'art. 111 l.fall.;
  • autorizzazione per l'imprenditore a trasferire in qualunque forma l'azienda o suoi rami in deroga all'art. 2560 c.c. tenendo fermo l'art. 2112 c.c. Queste soluzioni devono permettere il superamento delle condizioni di cui all'art. 2, comma 1: “lo squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne rende probabile la crisi o l'insolvenza”.

Alla fine del percorso normato dal D.L. 118/2021, la più probabile “via d'uscita” per l'imprenditore, se non insolvente, è il concordato semplificato (F. Clemente, La stima dell'attivo nel concordato semplificato ex art. 18 D.L. n. 118/2021, in dirittodellacrisi.it, 7 gennaio 2022).

Permangono molti dubbi sulla non obbligatorietà della procedura competitiva per l'alienazione di aziende, rami aziendali e singoli assets, soprattutto vista la mancanza di collegamenti analogici con l'effetto purgativo dell'art. 108 l.fall., relativamente alla cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli che, di regola, interviene solo dopo la gara degli artt. 105, 107 l.fall.

Tale concordato semplificato ha solo finalità liquidatorie e non è utilizzabile per la continuità diretta per la quale rimane utilizzabile solo il vecchio e sempre attuale procedimento di cui all'art. 186 bis l.fall.

Tale strumento prevede condizioni di accesso più snelle rispetto a quelle imposte e previste dalla legge fallimentare e dal Codice della crisi (F. Carnevali e M. Tarabusi, Composizione negoziata della crisi: la stima della liquidazione del patrimonio, in dirittodellacrisi.it, 07 gennaio 2022).

In particolare:

  1. non è prevista alcuna manifestazione di voto da parte del ceto creditorio (che potrà, al più, proporre opposizione all'omologazione);
  2. non richiede una percentuale minima di soddisfacimento in capo ai creditori;
  3. l'ausiliario nominato, diversamente rispetto al Commissario Giudiziale, non deve eseguire controlli sulla veridicità dei dati contabili; né deve effettuare un giudizio di fattibilità; inoltre non deve esprimersi in ordine alle cause della crisi e alle condotte tenute dagli organi di governance;
  4. non è prevista la redazione del piano di cui all'art. 161, comma 2, lettera e), l.fall.;
  5. non è richiesta la relazione del professionista, designato dal debitore, ex art. 161, comma 3, l.fall.

Alla procedura di concordato semplificato può accedere esclusivamente il debitore che abbia intrapreso il percorso della composizione negoziale a condizione che le trattative, condotte secondo buona fede e correttezza, non abbiano consentito di percorrere una soluzione stragiudiziale o di presentare un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Le suddette semplificazioni sono, comunque, compensate da un penetrante controllo del Tribunale in sede di omologa, che dovrà valutare, oltre alla regolarità del procedimento, anche la fattibilità del piano, ed assicurare che ciascun creditore non subisca pregiudizio rispetto all'alternativa fallimentare e riceva una qualsiasi utilità, anche non in denaro (art. 18 punto 5).

Gli indici per la continuità aziendale e la delibera dell'art. 152 l.fall.

Come ammesso da alcuni autorevoli aziendalisti in recenti seminari di studi, il test e gli indicatori della piattaforma previsti dal decreto del 28.09.2021 emanato dal Dipartimento per gli affari di giustizia, non sono indicatori di allerta interna o esterna.

Pertanto, chi scrive, ritiene che siano tuttora applicabili gli indicatori della dottrina aziendalistica ed in primis, se non altro per scopo istituzionale, ma anche per semplicità applicativa, i ratios emanati con Regolamento dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (vecchia versione art. 13 CCII).

Le tre condizioni di equilibrio aziendale: i) economica, ii) finanziaria e iii) patrimoniale, vanno tenute nella massima considerazione da parte degli organi di governance e di controllo, i quali dovranno considerare l'unitarietà delle oscillazioni, come se fossero aggregate in un unico contenitore.

La perdita di marginalità che origina il disequilibrio economico nel tempo, falcidia il capitale netto ed intacca la solidità patrimoniale dell'azienda. Inizia in tal modo a disgregarsi l'equilibrio patrimoniale, con un conseguente incremento dell'indebitamento.

Il disequilibrio finanziario e patrimoniale, originato solitamente dal disequilibrio economico, provoca indirettamente un ulteriore aggravamento del conto economico, mediante l'incremento degli oneri finanziari.

La patologia è rappresentata dai seguenti valori apicali negativi: i) il patrimonio netto azzerato ii) il cash flow azzerato.

Prima di arrivare alla fase di “stand still” con i creditori, quando iniziano le trattative per risolvere la crisi, come può il consiglio di amministrazione determinare la dead line per la quale occorre scegliere lo strumento di risoluzione della crisi (atto di ordinaria amministrazione), con la delibera di cui all'art. 152 l.fall., che potrebbe sancire l'utilizzo degli strumenti light del d.l. 118/2021 oppure delle procedure “in pectore” nel caso di insolvenza irreversibile?

Occorre rapportarsi a criteri di tecnicità contabile e ragionieristica indicati nella tabella in calce.

L'indice misura la sostenibilità del debito aziendale in base al cash flow lordo prodotto dalla gestione. È importante che l'indicatore assuma valori contenuti in termini assoluti: in questo caso si metterebbe in evidenza una sostanziale capacità dell'azienda a sostenere il rimborso dei debiti finanziari indicati nella PFN, tra le quali compaiono le quote di rimborso dei debiti di finanziamento a lungo termine attraverso la generazione di flussi reddituali operativi caratteristici lordi indicati nel valore dell'EBITDA (Fondazione nazionale Dottori commercialisti Documento 15 settembre 2015 La posizione finanziaria netta quale indicatore alternativo di performance).

Qualora non si verifichino variazioni del capitale circolante e, dunque, nei crediti verso clienti e dei debiti verso fornitori, la configurazione reddituale EBITDA esprime una misura indicativa sintetica dei flussi di cassa operativi generati dalla gestione caratteristica che possono, dunque, essere utilizzati al servizio degli impegni finanziari assunti.

Si rivela, pertanto, un indicatore di reddito fortemente utilizzato nella pratica professionale e nella valutazione sintetica della capacità di generare flussi finanziari operativi di un progetto di investimento di un'azienda, soprattutto se finanziato con capitale di terzi.

Nella legge delega 155/17 erano indicati alcuni indici, mentre nei decreti attuativi si demandava al CNDC l'emanazione successiva di indici settoriali (art. 13 CCII).

Nel presente contributo si vogliono annotare, secondo la miglior tecnica aziendale, i ratios che evidenziano, secondo certi range comparativi tra esercizi di bilancio, gli allarmi contabili (cosiddetti early warnings) che possono far attivare la deliberazione del 152 l.fall. e gli opportuni provvedimenti da adottare del DL 118/21 se l'impresa è in crisi, ovverossia, gli strumenti classici del concordato preventivo o esercizio provvisorio fallimentare, se l'impresa è insolvente.

Principio di revisione 570 (ISA Italia)

OIC 19 (ma anche OIC 1,11 e 5) e ora, col bilancio periodico di cui al punto 2 DD 28.9.21 anche OIC 30

La nuova normativa della crisi d'impresa e della composizione negoziata, e il 2086 c.c., inducono l'imprenditore ad effettuare un monitoraggio continuo della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell'azienda al fine di prevenire lo stato di crisi anticipandone le strategie di intervento.

I bilanci intermedi, così come indicati dal Principio Contabile OIC 30, sono uno strumento indispensabile per svolgere il suddetto monitoraggio periodico.

Redazione del Bilancio intermedio: Il Documento allegato al decreto dirigenziale del direttore generale degli affari interni del 28 settembre 2021, nella Sezione II “check list particolareggiata per la redazione del piano di risanamento e per l'analisi della sua coerenza”, al paragrafo 2.1 afferma: “L'impresa dispone di una situazione contabile recante le rettifiche di competenza e gli assestamenti di chiusura, nel rispetto del principio contabile OIC 30, quanto più possibile aggiornata e comunque non anteriore di oltre 120 giorni? ”.

Il riferimento è al principio contabile OIC 30, il quale sancisce (par. 3.3) che “i bilanci intermedi devono essere redatti utilizzando le stesse regole sulla formazione del bilancio d'esercizio. Ciò equivale a considerare il periodo contabile intermedio come un autonomo esercizio, ancorché di durata inferiore all'anno”. Inoltre, al par. 3.2: “il bilancio intermedio deve essere costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota illustrativa. Gli schemi di stato patrimoniale e di conto economico sono gli stessi previsti dagli artt. 2424 e 2425 c.c. per il bilancio di esercizio”.

Il bilancio intermedio dovrà contenere le medesime rettifiche che di norma si effettuano al 31/12 prima del bilancio d'esercizio, in particolare il principio contabile OIC 30 fa riferimento ai seguenti specifici criteri di valutazione.

Bilancio intermedio che va arricchito con la Nota illustrativa, che conterrà informazioni meno dettagliate della nota integrativa del bilancio d'esercizio, ma di cui comunque l'OIC 30 indica il contenuto minimo.

La periodicità del monitoraggio dipende dalle esigenze specifiche di controllo, e può essere mensile/trimestrale/semestrale, anche se è consigliabile almeno un controllo per trimestre.

I valori del bilancio intermedio vanno riportati all'interno degli schemi di bilancio di cui agli artt. 2424 e 2425 cod. civ. possibilmente comparandone i risultati con l'ultimo bilancio approvato al fine di individuarne le differenze.

IAS 1

Documento Banca d'Italia, Consob e Isvap del 6.2.2009 e comunicazione n. 9012559

Principi contabili dottori commercialisti e norme codicistiche, in primis, l'art. 2423 bis c.c.

Monitoraggio del patrimonio netto – impairment test sugli intangibles (quali marchi, brevetti ma anche sulla valutazione del magazzino, dei crediti, degli immobili industriali)

Valutazione del ciclo di tesoreria collegato con le singole componenti del CCN (attività correnti-passività correnti)

Monitoraggio del rendiconto finanziario almeno ad un anno in abbinamento col business plan (col CCII all'art. 13 il monitoraggio della cassa è ad almeno 6 mesi)

Continuità fisica dell'azienda >(vitalità) - i contratti, i clienti, la rete vendita, i processi, il know - how; gli intangibles sono attivi ed hanno un valore?

Indici di bilancio, se palesemente incoerenti col business e valutativi dello squilibrio economico finanziario

Misurazione dell'EBIDTA (generato e prospettico): per la garanzia di sostegno di qualsiasi piano di ristrutturazione del debito si vada ad ipotizzare, nella logica di un adeguato indice di copertura delle passività.

Il Debt Service Cover Ratio (DSCR) è pari al rapporto, calcolato per ogni periodo dell'orizzonte temporale previsto per la durata dei finanziamenti, fra il flusso di cassa operativo dell'impresa (per semplificazione assimilato al valore EBITDA) ed il servizio del debito comprensivo di quota capitale e quota interessi

DSCR = FCO / DFt + It (volto a determinare se i flussi di cassa sono diventati insufficienti per servire il Debito).

Dove: FCO = flusso di cassa operativo relativo all'esercizio t-esimo, DFt = quota capitale da rimborsare nell'esercizio t-esimo, It = quota interessi da corrispondere nell'esercizio t-esimo

Il valore esuberante, rispetto a 1, auspicabile intorno all'1,3/1,5 permette, per la differenza, il pagamento dei dividendi agli azionisti. Tale rapporto utilizza il servizio del debito quale capacità di rimborso delle quote di capitale a breve e a medio lungo termine e la totalità degli interessi pagati sulle passività aziendali; questo nell'assunto che vi sia adeguata capacità di copertura a breve con l'autoliquidante

Rapporto tra PFN ed EBITDA

Indici di efficienza e regolarità gestionale nel Codice della Crisi e nel D.L. 118/2021: l'allerta esterna del legislatore dell'ultima ora

Nel Codice della crisi e dell'insolvenza gli articoli che interessano la procedura di allerta per l'emersione tempestiva della crisi sono, oltre all'art. 2 che definisce lo stato di “crisi” quale: “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”, gli artt. dal 12 al 25 che trattano della procedura di allerta e di composizione assistita della crisi (P. Scapolo, Gli adeguati assetti in relazione (anche) alla composizione negoziata e alla procedura di allerta, in questo portale, 20 gennaio 2022).

Gli elementi basilari su cui verteva il lavoro degli esperti dell'OCRI, Organismo di composizione della crisi che doveva essere istituito presso la Camera di Commercio erano i seguenti.

L'art. 12 (Nozione, effetti e ambito di applicazione) definiva gli strumenti di allerta individuandoli negli oneri di segnalazione da parte dei soggetti di cui ai successivi artt. 14 e 15 (rispettivamente il collegio sindacale ed i creditori qualificati), finalizzati, unitamente agli obblighi organizzativi in capo all'imprenditore di cui al nuovo art. 2086 c.c., alla tempestiva rilevazione e risoluzione dello stato di crisi dell'impresa (A. Quagli e A. Panizza, Il sistema di allerta, in ilcaso.it, maggio 2019).

Al punto 3 veniva sancita l'impossibilità di sciogliere i contratti pendenti stabilendo una netta linea di demarcazione col concordato in bianco.

L'articolo forse più significativo, quale trait d'union con l'art. 2, che definisce lo stato di crisi, è l'art. 13 che definisce gli indicatori che sanciscono l'inizio della crisi.

Con un brusco cambiamento di rotta sparivano gli indici grossolanamente definiti nella legge delega, per far spazio a tre nuovi macro-indici:

Il rapporto tra flusso di cassa e attivo, tra patrimonio netto e attivo, tra patrimonio netto e passivo, tra oneri finanziari e ricavi.

Venivano altresì evidenziati, quali sintomi di crisi, i reiterati e significativi ritardi nei pagamenti, anche evidenziati al successivo art. 24, quello delle misure premiali: i) debiti per retribuzioni scaduti da almeno 60 gg per ammontare superiore al 50% del monte totale ii) debiti verso fornitori scaduti da almeno 120 gg per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti.

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti fu dotato della facoltà di elaborare, con cadenza almeno triennale, gli indicatori di squilibrio reddituale, patrimoniale e finanziario, con proprio Regolamento.

Al terzo comma troviamo ancora una volta la figura “dell'attestatore”, per quell'imprenditore che, ritenendo gli indicatori non consoni al proprio “business”, vuole far certificare il proprio stato di crisi.

Gli altri indici emanati dal CNDC nel corso del 2019 (Regolamento CNDC 19 ottobre 19, Indicatori dello stato di crisi, art. 13 CCII), come sancito dall'art. 13 CCII (non entrato in vigore) sono preceduti nelle analisi contabili da un indice generico molto importante: “la sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare”.

Trattasi delDSCR (Debt Service Coverage Ratio), e ne individuiamo i relativi approcci di misurazione.

Il valore minimo è pari a 1,2 – 1,3. Se inferiore a 1 allora l'impresa è in crisi con possibile insolvenza prospettica data dalla impossibilità a restituire anche le rate capitale.

Solo qualora il DSCR non sia disponibile, o i dati prognostici occorrenti per la sua determinazione

siano ritenuti non sufficientemente affidabili (anche dagli organi di controllo), si ricorre, sempreché la situazione di crisi non sia già stata intercettata dal patrimonio netto negativo o dalla presenza di reiterati e significativi ritardi, all'impiego combinato di una serie di cinque indici, con soglie diverse a seconda del settore di attività, di cui riportiamo i range medi di settore, al fine di esprimere dati scientifici per questo contributo:

  1. indice di sostenibilità degli oneri finanziari in termini di rapporto tra gli oneri finanziari ed il fatturato – valori minimi tra 1,5% e 3,8% – fino a 5% crisi – oltre 5% insolvenza;
  2. indice di adeguatezza patrimoniale in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali (leverage) – valori minimi tra 2,3% e 9,4% - oltre insolvenza;
  3. indice di ritorno liquido dell'attivo in termini di rapporto da cash flow e attivo – valori minimi tra 0,3% e 1,9 % oltre insolvenza;
  4. indice di liquidità in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine valori minimi tra 69,8% e 108% oltre insolvenza;
  5. indice di indebitamento previdenziale e tributario in termini di rapporto tra l'indebitamento previdenziale e tributario e l'attivo – valori minimi tra 2,9% e 14,6% oltre insolvenza.

Oggi tali indicatori sono congelati (art. 13 CCII) ma possono essere utilizzati, anche dall'esperto del D.L. 118/21. Altri indici, significativi e rappresentativi della “salute” del business, sono:

1) Rapporto debt/equity

2) Liquidità primaria attività correnti/pass correnti = maggiore di 1

3) Rotazione dei crediti. Pensiamo alla grande distribuzione rispetto ad un'azienda manifatturiera. Non è pensabile elaborare un unico benchmark di riferimento. Indice di rotazione = Vendite / (Crediti commerciali To + Crediti commerciali T1) /2 Indica il numero di volte in cui lo stock dei crediti si rinnova in un anno. Un valore alto è positivo = un dato accettabile per un'azienda manifatturiera è 3.

4) rotazione dei debiti che è l'indice che più si avvicina al DEBT SERVICE COVER RATIO. Indice di rotazione = (acquisti merci B6 + Costi servizi B7) / (debiti commerciali To + Debiti commerciali T1) /2

Indica il numero di volte che lo stock di debiti vs fornitori si rinnova in un anno

Un valore alto è positivo = un dato accettabile per un'azienda manifatturiera è 3.

5) PFN/EBIDTA

6) CCN= att corr – pass corre = (margine di tesoreria)

7) Equity/attività totali

8) Equity-attività immobilizzate= margine di struttura

Il regolamento emanato dal CNDC, a completamento dell'art. 13 CCII è ad oggi sospeso (A. Quagli, Crisi aziendali e processi di risanamento, II ed., Milano, 2010).

Gli indici sopra citati rappresentano un sicuro, scientifico metodo di determinazione dello stato di crisi utile per adottare le opportune scelte di cui all'art. 2086 c.c. in un'ottica looking forward.

Nel DD 28 settembre 21 nel test pratico per la piattaforma on line, lo stato di crisi viene espresso da un test (pag. 1) che “non deve essere definito alla stregua degli indici della crisi, ma è utile a rendere evidente il grado di difficoltà che l'imprenditore dovrà affrontare”.

L'entità del debito che deve essere ristrutturato è pari a:

  • debito scaduto di cui relativo ad iscrizioni a ruolo,
  • (più) debito riscadenziato o oggetto di moratorie,
  • (più) linee di credito bancarie utilizzate delle quali non ci si attende il rinnovo,
  • (più) rate di mutui e finanziamenti in scadenza nei successivi 2 anni,
  • (più) investimenti relativi alle iniziative industriali che si intendono adottare,
  • (meno) ammontare delle risorse ritraibili dalla dismissione di cespiti o rami di azienda,
  • (meno) nuovi conferimenti e finanziamenti, anche postergati, previsti,
  • (meno) stima dell'eventuale margine operativo netto negativo nel primo anno.

Si evidenzia come nella L. 223/2021 in sede di conversione del D.L. 152/2021, recante Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”siano stati inseriti gli artt. 30 ter - 30 sexies. In particolare, quest'ultimo è dedicato alle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati. Essi devono segnalare all'imprenditore e all'organo di controllo nella persona del presidente del collegio sindacale che la situazione debitoria ha raggiunto una dimensione tale da imporre l'accesso alla composizione negoziata.

Le soglie per la segnalazione sono le seguenti:

  • Per l'INPS, il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento dei contributi di ammontare superiore al 30% di quelli dovuti nell'anno precedente per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, nonché alla soglia di 15 mila euro, e, per quelle prive dei predetti lavoratori, alla soglia di 5 mila euro;
  • Per l'Agenzia delle Entrate, l'esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all'IVA, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche, superiori a 5 mila euro;
  • Per l'Agenzia delle Entrate – Riscossione, l'esistenza di crediti affidati per la riscossione, scaduti da oltre 90 giorni, superiori, per le imprese individuali, a 100 mila euro, per le società di persone a 200 mila euro, e, per le altre società, a 500 mila euro.

Le segnalazioni sono inviate dall'Agenzia delle Entrate entro sessanta giorni dal termine di presentazione delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell'Iva; l'Inps e l'Agente della Riscossione devono inviarle entro sessata giorni dal superamento delle soglie. La segnalazione all'imprenditore deve contenere l'invito a chiedere la composizione negoziata della crisi introdotta dal D.L. 118/2021, per la quale i valori soglia devono considerarsi pertanto presupposti di legge, almeno come segnali di precrisi, segnali che devono imporre all'impresa una manovra correttiva per evitare che la probabilità di insolvenza prospettica, sorta con i segnali di inadempimento, si concretizzi (F. Cesare, Torna l'allerta esterna ridimensionata nella composizione negoziata della crisi, in questo portale, 4 gennaio 2022).

Ancora oggi gli amministratori delle società di capitali ed i loro consulenti - dopo un codice della crisi non ancora interamente approvato ma certamente sedimentato nelle sue linee guida e nei suoi capisaldi giuridici - faticano ad applicare le norme di cui all'art. 2086 c.c. (già in vigore da tre anni) in riferimento alla emersione anticipata della crisi.

L'imprenditore insolvente dovrà tener conto, nella redazione del piano di risanamento, in primis, di un risultato minimo, in termini di fatturato, EBITDA, e posti di lavoro salvati, nell'ambito dell'esercizio provvisorio all'interno di una procedura concorsuale, prima ancora di avventurarsi nei percorsi del D.L. 118/21, determinando una ripartizione “basica” per i creditori al di sotto della quale, qualunque piano e qualunque procedura non potranno che arenarsi, predisponendo il piano per l'ipotetico curatore in esercizio provvisorio (business plan dell'e.p.).

Impostare all'interno dell'impresa tutti gli opportuni presidi e processi volti all'emersione tempestiva della crisi significa anche ipotizzare un'alternativa nella predisposizione del piano di risanamento che consenta un rapidissimo turn around e la consegna al Tribunale del piano dell'impresa insolvente.

Consegnare al curatore un'azienda senza un piano di risanamento e senza prospettive di ripristino della continuità aziendale, ai sensi del nuovo art. 104 l.fall. (art. 211 CCII), ove la continuità rappresenterà la regola nel prossimo CCII nell'ambito della liquidazione del patrimonio, rappresenta un grave inadempimento delle regole di governo dell'impresa, improntate ad un rapido salvataggio aziendale, che deve tener conto della gravità dello stato di crisi e/o di insolvenza.

Se l'istanza di nomina dell'esperto soggiace, come ritiene chi scrive, alle regole dell'art. 152 l.fall., allora il CDA dovrà previamente e scientificamente, bilanci ed indici alla mano, verbalizzare il piano ed il percorso che intende adottare, motivandone la fattibilità, la convenienza per i creditori e anche la ragionevolezza delle scelte di governance. Ragionevolezza che, secondo la suprema Corte, “va ad intaccare la business judgement rule determinando una valutazione ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario, alla luce dell'art. 2392 c.c., sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere” (Cass. 2 giugno 2017 n. 15470).

A dimostrazione di quanto siamo ancora lontani da questa visione di protezione degli assets e del valore aziendale del debitore, quanto meno nella concezione dei professionisti - in primis tutelando e preservando la continuità del business, ma anche con la continuità indiretta (art. 104 l.fall.) per indire il più rapidamente possibile una gara di vendita dell'azienda - basti pensare che il documento in data 27 ottobre 2021 redatto del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti con riferimento al D.L. 118/2021 (Regolamento sulle modalità di formazione, tenuta e aggiornamento dei dati raccolti dagli Ordini territoriali dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e comunicati alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la formazione dell'Elenco di cui all'art. 3, comma 3, D.L. 118/2021, convertito con modificazioni dalla L. 147/2021. Approvato dal Consiglio Nazionale nella seduta del 27 ottobre 2021), nella sezione dedicata alla descrizione delle attività, svolte dai professionisti, che contemplano un'esperienza di ristrutturazione attiva, non include l'esercizio provvisorio fallimentare che, al contrario, rappresenta una delle attività più difficili da svolgere nell'ambito dei piani di risanamento.

Purtroppo anche il Ministero ha replicato integralmente tale interpretazione, e in data 29 dicembre 2021 ha reso note le linee di indirizzo agli Ordini professionali per l'attività di selezione delle domande per la formazione degli elenchi regionali del D.L. 118/2021, omettendo di indicare i curatori fallimentari in esercizio provvisorio ed i gestori della crisi da sovraindebitamento.

L'esperienza dei curatori fallimentari nei piani che ripristinano la continuità aziendale potrebbe fortificare il PEF che anche l'esperto del D.L. 118/2021 è tenuto a firmare, colmando un divario informativo culturale e scientifico che permetterà finalmente la stesura di un piano B nel caso in cui il concordato preventivo, o gli accordi di ristrutturazione ex art.182-bis l.fall., o il concordato semplificato non andassero a buon fine e si innescasse un esercizio provvisorio fallimentare.

Qualora l'organo di governance omettesse la redazione di tale documento (obbligatorio ex artt. 2392, 2381 e 2086 c.c.) ed il curatore si trovasse disgraziatamente a navigare nel mare in tempesta del ripristino della continuità aziendale, improvvisamente, ad un giorno dalla sentenza di fallimento (magari con una sentenza che non lo dichiara immediatamente, perché il debitore non ha depositato il piano, ed il curatore, nell'interesse dei creditori, deve istruire il Tribunale con un suo piano), tutto il business model potrebbe vacillare.

Le asimmetrie informative tra debitore e curatore che determinano perdite immediate, i costi per il ripristino della continuità aziendale rappresentata nel piano di risanamento che improvvisamente, con l'aiuto di pochi lavoratori consenzienti e disponibili, viene predisposto dal curatore, tutti i maggiori costi insiti in questo “piano B”, non previsto e non approntato dall'imprenditore, devono costituire la base di partenza per la determinazione del danno dell'azione di responsabilità in capo all'organo di governo.

La nuova formulazione dell'art. 2486, comma 3, c.c. (implementato dal CCII: art. 378) stabilizza i criteri sintetici di determinazione del danno col metodo dei netti patrimoniali, in realtà applicato nei tribunali di merito già da decenni, come si evince dalla giurisprudenza formatasi, non sempre potrebbe rappresentare il danno per i creditori sociali causati dal ripristino della continuità aziendale. Soppesare i due piani eliminerebbe quelle asimmetrie informative che si riscontrano nel passaggio da una fase di ristrutturazione in bonis ad una fase di piano controllato del Tribunale. Se la governance omette di rappresentare un piano che dovrebbe essere trasmesso a partire dall'istruttoria prefallimentare e potrebbe riguardare, ad esempio, un concordato preventivo revocato oppure un'amministrazione giudiziale delle misure di prevenzione che determina una causa di scioglimento ex art. 2486 c.c., la differenza in termini di performances aziendali potrebbe determinare un ulteriore danno specifico da parte del CDA.

In tutti quei casi di scioglimento del rapporto sociale (impresa insolvente o impresa in crisi di legalità) che determinano un fallimento in assenza di istanza tempestiva di esercizio provvisorio da parte del debitore, con aggravamento del dissesto (magari per essere passato il debitore, dalle mani dell'esperto del D.L. 118/2021 ad un concordato semplificato non omologato), il raffronto tra i business plan possibili e ragionevolmente fattibili sarà essenziale per la determinazione del danno ai fini dell'art.146 l.fall.

Chi scrive si rifiuta di credere che una società strutturata, una s.p.a. ad esempio, con collegio sindacale, e una società di revisione, possa, dopo la delibera del CDA ex art. 152 l.fall., determinare un percorso, ufficializzato gerarchicamente dal direttore amministrativo alle maestranze, sulla base di un piano di risanamento necessariamente condiviso con tutte le aree aziendali, personale, vendite, acquisti, unicamente sulla base delle poche norme del D.L. 118/21, soprattutto se insolvente.

Piu probabilmente quella s.p.a. ed il suo management opteranno per il concordato preventivo in continuità diretta ex art. 186-bis l.fall. , magari utilizzando la consulenza dell'esperto, ma certamente non si avventureranno nel concordato semplificato ed ancor meno nella vendita dell'azienda sotto l'egida dell'esperto.

Ad ogni modo, quel debitore “strutturato” dovrà tenere sempre in debito conto il piano dell'esercizio provvisorio fallimentare, soppesandolo in termini di peggiore o migliore performance per i creditori, e soprattutto definendolo quale “piano B per il Tribunale”, che dovrà valutare l'omologazione nel concordato semplificato.

La tabella sotto riportata evidenzia con criteri di scientificità, utilizzando gli indici del CNDC ex art. 13 CCII, una possibile dead-line, per la scelta dello strumento di risoluzione della crisi o dell'insolvenza, a cui deve soggiacere il CDA nella graduazione degli interventi per l'ingresso in procedura:

STATO DI CRISI

STRUMENTO

INDICI

a)

Incubazione declino-crisi (fase ordinaria fisiologica)

Valore uguale o > 1,2 e 1,3 = Concordato preventivo in continuità

In primis il DSCR (Debt Service Coverage Ratio), individuandone i relativi approcci di misurazione. Il valore minimo è pari a 1,2 – 1,3. Se inferiore a 1 allora l'impresa è in crisi con possibile insolvenza prospettica data dalla impossibilità a restituire anche le rate capitale.

b)

Crisi conclamata- reversibile

Valore > 1; < 1,2= DL 118

c)

Insolvenza irreversibile

Valore < 1= Fallimento con esercizio provvisorio

a)

Incubazione declino-crisi (fase ordinaria fisiologica)

Valore minimo tra 1,5 - 3,8%= Concordato preventivo in continuità

a) indice di sostenibilità degli oneri finanziari in termini di rapporto tra gli oneri finanziari ed il fatturato – valori minimi tra 1,5% e 3,8% – fino a 5% crisi – oltre 5% insolvenza

b)

Crisi conclamata- reversibile

Valore < o = al 5% = DL 118

c)

Insolvenza irreversibile

Valore > 5= Fallimento con esercizio provvisorio

a)

Incubazione declino-crisi (fase ordinaria fisiologica)

Valore minimo tra 2,3% e 9,4%= Concordato preventivo in continuità

b) indice di adeguatezza patrimoniale in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali (leverage) – valori minimi tra 2,3% e 11% - oltre insolvenza

b)

Crisi conclamata- reversibile

Valore > 9,4%; < 11% = DL 118

c)

Insolvenza irreversibile

Valore > 11% = Fallimento con esercizio provvisorio

a)

Incubazione declino-crisi (fase ordinaria fisiologica)

Valore minimo tra 0,3% e 1,9%= Concordato preventivo in continuità

c) indice di ritorno liquido dell'attivo in termini di rapporto da cash flow e attivo – valori minimi tra 0,3% e 3 % oltre insolvenza

b)

Crisi conclamata- reversibile

Valore > 1,9%; < 3% = DL 118

c)

Insolvenza irreversibile

Valore > 3% = Fallimento con esercizio provvisorio

a)

Incubazione declino-crisi (fase ordinaria fisiologica)

Valore minimo tra 69,8% e 100%= Concordato preventivo in continuità

d) indice di liquidità in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine valori minimi tra 69,8% e 110% oltre insolvenza

b)

Crisi conclamata- reversibile

Valore > 100%; < 110% = DL 118

c)

Insolvenza irreversibile

Valore > 110% = Fallimento con esercizio provvisorio

a)

Incubazione declino-crisi (fase ordinaria fisiologica)

Valore minimo tra 2,9% e 13%= Concordato preventivo in continuità

e) indice di indebitamento previdenziale e tributario in termini di rapporto tra l'indebitamento previdenziale e tributario e l'attivo – valori minimi tra 2,9% e 15% oltre insolvenza

b)

Crisi conclamata- reversibile

Valore > 13%; < 15% = DL 118

c)

Insolvenza irreversibile

Valore > 15% = Fallimento con esercizio provvisorio

D.L. 118/2021 e sovraindebitamento

La composizione assistita della crisi riguarda anche le imprese minori e le società agricole, secondo le disposizioni dell'art. 17 D.L. 118/21, con poche modifiche rispetto alla procedura riservata alle imprese sottosoglia (A. Nicotra, Pignoramento sospeso con le misure protettive nella composizione negoziale, in Imprese, 08 febbraio 2022).

Il legislatore ha ritenuto di optare per una scelta non riservata a tutte le imprese astrattamente soggette al sovraindebitamento: risultano escluse dalla composizione minore le imprese agricole e le start up innovative che abbiano superato i limiti di cui all'art. 1 l.fall., queste ultime esonerate dalle procedure maggiori ex art. 31 D.L. 179/2012. Parrebbe che debbano rivolgersi agli istituti dei “fallibili”, salvo che si tratti di una svista del legislatore, poiché gli esiti procedimentali dalla composizione della crisi quali il concordato in continuità “in pectore” non risultano di norma esperibili da queste categorie di imprese.

La procedura semplificata prevede che la nomina dell'esperto avvenga a seguito di una istanza depositata presso l'OCC o la Camera di Commercio territorialmente competenti. Si deve ipotizzare che la piattaforma informatica renderà più agevole l'accesso all'Organismo di Composizione della Crisi interno a quest'ultima, poiché gli altri organismi dovranno adattarsi ai contenuti software del sistema prima di potervi avere accesso e sempre che il programma preveda in astratto la possibilità di coinvolgere terzi per la nomina dell'esperto.

La composizione della crisi “minore” prevede l'accesso agli strumenti di cui all'art. 17, punto 4, secondo un percorso condiviso con l'esperto che determina una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi, tramite un contratto che assicura la continuità aziendale oppure una convenzione di moratoria.

A questi strumenti si aggiungono l'accordo di ristrutturazione dei debiti(rectius, l'accordo di composizione della crisi), la liquidazione del patrimonio e il concordato semplificato, restando esclusi gli altri strumenti di regolazione della crisi previsti dalla legge fallimentare.

Potrebbe destare qualche perplessità l'inclusione del concordato liquidatorio semplificato tra le opzioni dell'imprenditore minore dopo la composizione assistita. In realtà, a ben vedere, l'istituto potrebbe essere preferibile rispetto alla liquidazione del patrimonio, poiché quest'ultima non prevede l'esdebitazione automatica e comporta il rischio che al termine di essa possano essere riattivate le procedure esecutive. L'accordo di composizione della crisi, se pure prevede una votazione con le forme del silenzio assenso, potrebbe non essere esperibile laddove i rapporti con creditori si siano deteriorati nel corso delle trattative, così da non lasciare alcuno spazio all'approvazione della proposta. Il concordato liquidatorio potrebbe efficacemente superare queste ultime difficoltà posto che non prevede alcuna necessità di approvazione da parte della massa, salve ovviamente le opposizioni all'omologa.

Per l'accesso alle procedure di sovraindebitamento, l'esperto svolge i compiti del gestore della crisi per intuibili ragioni di efficienza ed efficacia: di qui si potrebbe argomentare che, quantomeno per gli esperti delle imprese sottosoglia, il Decreto Ministeriale scelga i gestori già abilitati ai quali si potrebbe offrire una formazione limitata alla piattaforma informatica.

Gli strumenti light di risoluzione della crisi del D.L. 118 parrebbero calzare perfettamente alle procedure di sovraindebitamento (A. Ferri, Il piano nella liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio. Aggiornato con il Correttivo del CCII, la l. 159/2020 e la l. 176/2020, Torino, 149 ss.), dove il concordato semplificato di cui all'art. 18, unitamente alle misure protettive di cui all'art. 6, potrebbe permettere di supplire alle mancanze della L. 3/2012.

Mancano, come noto, alcuni strumenti quali, ad esempio, la possibilità di sospendere previamente la vendita all'asta della prima casa, potendosi inoltrare l'istanza al Giudice Delegato solo quando il piano è già stato ammesso. A questa mancanza si potrà supplire con le misure protettive dell'art. 6 D.L. 118/2021.

La proposta di concordato c.d. chiuso – col preliminare accettato dal debitore (in assenza di procedure competitive) non si adatta, oggi, alle regole di governance dei soggetti maggiori (in primis visto quanto imposto dall'art. 163-bis l.fall. in tema di offerte concorrenti).

Per i soggetti non fallibili/micro-imprenditori/sovra indebitati – invece, tenuto conto della semplicità e dell'esiguità dei numeri del piano e della debitoria, tutte le soluzioni del D.L. 118/2021 paiono estensibili – o almeno è auspicabile che lo siano - anche alla L. 3/2012 (A. Mancini, Composizione negoziata e sovraindebitamento, in ilcaso.it, 7 febbraio 2022).

Il concordato semplificato si scontra con l'esercizio provvisorio fallimentare dell'impresa insolvente: il concetto di pregiudizio per i creditori

Nei principi di attestazione del CNDC, nella rinnovata versione del 2020, soprattutto nel caso di concordato in continuità aziendale ex art. 186-bis l.fall., al punto 7.3.3. si prevede che l'attestatore, relativamente al termine di confronto rispetto al quale formulare il richiesto giudizio di comparazione quantitativa, deve considerare le sole ipotesi alternative di discontinuità praticabili.

Quindi:

  • la liquidazione del patrimonio del debitore, ove concretamente praticabile;
  • il fallimento, in caso di impossibilità di procedere con una liquidazione in bonis, eventualmente mediante cessione dell'azienda o di rami dell'azienda a seguito della prosecuzione dell'attività mediante esercizio provvisorio.

I principi di attestazione dimostrano l'importanza dell'istituto dell'esercizio provvisorio, quale alternativa al concordato anche in continuità diretta (Commissione ODCECBO - Ricerca sull'andamento degli esercizi provvisori del Tribunale di Bologna nel periodo 2008 – 2018, secondo la quale sono stati dichiarati nel periodo oltre 100 esercizi provvisori fallimentari), da certificare in capo all'attestatore utilizzando criteri di scientificità (perizie sugli assets non essenziali, analisi dei contratti che proseguono nelle due alternative, i costi pre-dedotti ecc.), utilizzando un'analisi tecnica che non soppesa più concordato ed alternativa liquidatoria atomistica, ma concordato ed esercizio provvisorio (la continuità dell'azienda in bonis e la continuità rispristinata grazie al Tribunale).

Al cap. 10.2 viene rimarcata la responsabilità penale dell'attestatore, soprattutto nella valutazione dell'alternativa della liquidazione rispetto al concordato, allorquando al punto 10.2.2., a proposito delle perizie mobiliari ed immobiliari, si enuncia: “L'attestatore deve citare l'autore delle analisi che pone a fondamento delle proprie valutazioni e utilizzare le stesse previo vaglio critico in ordine alla loro ragionevolezza e coerenza. L'attestatore deve operare nel medesimo modo quando impiega valutazioni di secondo livello quale parte integrante del proprio lavoro. Si pensi ad es. alle perizie mobiliari od immobiliari. Atteso che non si può pretendere che il perito sia peritus peritorum, lo stesso deve selezionare i suoi esperti tra quelli dotati di autorevolezza professionale, nonché vagliare la coerenza intrinseca e la completezza del lavoro altrui" (Monteleone e Pacchi, Il nuovo cram down del Tribunale nella transazione fiscale, in ilcaso.it, 9 febbraio 2021).

La circolare dell'Agenzia Entrate n. 34/E del 29 dicembre 2020 evidenzia che la validazionedelle informazioni patrimoniali, economiche e finanziarie, che rappresentano i dati di partenza del programma di risanamento o liquidazione, costituisce una forma di garanzia volta ad attestare che le stesse siano attendibili e in grado di fornire un quadro fedele della situazione dell'azienda e della presumibile evoluzione della gestione.

Con riferimento alla fattibilità tecnico-finanziaria del piano, la circolare precisa che l'attività di controllo deve innanzitutto partire dalla diagnosi delle cause della crisi di impresa.

Il valore dei beni oggetto di attestazione, se ritenuti non essenziali alla continuità (ad es., il capannone dato in locazione a terzi), dovrà basarsi su stime di mercato, mentre l'esame dei valori connessi alla continuità (ad es. il capannone essenziale alla continuità perché dotato degli impianti e delle attrezzature necessarie per quel business) sconterà il plusvalore dell'azienda nel suo complesso ed andrà soppesato con i volumi e le marginalità dell'esercizio provvisorio fallimentare (M. Pollio, La degradazione dei crediti nella nuova transazione fiscale: modalità, giudizi di stima e ricerca della legittima distribuzione della finanza ai creditori poziori, in Crisi, gestione economico finanziaria e rilancio dell'impresa, dicembre 2020).

La relazione di attestazione deve, pertanto, confermare che i meccanismi causali posti a fondamento dell'action plan siano idonei a raggiungere gli obiettivi prefissati, suffragandone:

  • la coerenza interna, in quanto deve essere verificata la compatibilità tra le previsioni contenute nel piano ed i risultati storicamente conseguiti dall'impresa;
  • la coerenza esterna in quanto deve essere verificato che le ipotesi relative alle variazioni del contesto economico in cui opera l'impresa siano confermate con dati provenienti da fonti esterne ed attendibili (pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, primarie società di consulenza, ecc.).

L'Agenzia delle Entrate richiede inoltre che il professionista attestatore ponga particolare attenzione alle situazioni in cui i risultati prospettati siano migliori rispetto a quelli storicamente conseguiti dall'impresa, ovvero superiori rispetto a quelli che sono previsti per il mercato di riferimento.

La circolare, in questi casi, richiede che l'attestatore debba corroborare il carattere realistico delle ipotesi formulate con gli stress test.

Il professionista è, in questo caso, tenuto a verificare che:

  • le ragioni dell'over performance siano state accuratamente illustrate nel piano;
  • l'impresa possa ragionevolmente conseguire risultati migliori, alla luce non solo delle sue specifiche caratteristiche o di futuri mutamenti del contesto competitivo in cui opera, ma anche in ragione di altri eventi altamente probabili.

Dopo aver brevemente illustrato gli elementi che debbono essere riepilogati all'interno della relazione di attestazione, la circolare passa ad analizzare i criteri di valutazione daimpiegareal fine di esaminare la proposta di trattamento dei crediti tributari.

La circolare chiarisce innanzitutto che le indicazioni operative sono state predisposte con l'obiettivo di assicurare, su tutto il territorio nazionale, l'applicazione di regole uniformi in merito allo svolgimento dell'attività di valutazione che è incentrata sul criterio della convenienza economica.

La base del procedimento argomentativo che porta a ritenere accoglibile una proposta è difatti fondata sulla regola generale rappresentata dalla valutazione in merito alla maggiore o minore convenienza economica della proposta rispetto all'alternativa liquidatoria (R. Fontana, Dati relativi ai fallimenti 2008 – 2015 del Tribunale di Milano).

Nel richiamare il proprio precedente provvedimento, l'Agenzia delle Entrate precisa dunque che, in forza di quanto previsto dall'art. 182-ter l.fall., la relazione del professionista deve contenere i rilievi e le informazioni necessarie a far emergere che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei crediti tributari, all'esito della comparazione tra il pagamento proposto con la domanda di concordato e quanto ricavabile nell'alternativa liquidatoria (P. Riva, La Circolare AdE 34E 2020 e la trappola dell'expectationgap: l'attestazione non può tecnicamente avere funzioni di “garanzia”, in questo portale, febbraio 2021). Ancora una volta, soppesare con scientificità l'alternativa della liquidazione diventa essenziale, anche per l'Ente impositore, soprattutto nel caso in cui il funzionario dovrà fornire una puntuale motivazione per dissentire, nel caso in cui non intenda aderire alla transazione fiscale, allorquando il commissario giudiziale abbia reso un parere favorevole alla proposta di concordato e, conseguentemente, alla connessa proposta di trattamento dei crediti tributari.

L'Ufficio dovrà giustificare il proprio diniego attraverso una motivazione idoneaa confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni formulate dal commissario giudiziale.

Anche nel raffronto tra il concordato semplificato e l'esercizio provvisorio fallimentare occorre tenere conto dell'art. 18, comma 5, D.L. 118/2021, che testualmente prevede: Il Tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio, omologa il concordato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare e comunque assicura un'utilità a ciascun creditore.”

La tabella indicata sopra potrebbe guidare, in un'ottica looking forward il consiglio di amministrazione nella scelta del momento in cui entrare in procedura e sulla tipologia di piano di risanamento da adottare.

Valutazione della convenienza del piano di concordato semplificato rispetto all'alternativa del piano di liquidazione con esercizio provvisorio (ora fallimento)

Il seguente prospetto fornisce una rappresentazione sintetica e numerica (history case) del diverso grado di soddisfazione dei creditori fra le due procedure.

Si individuano i minori introiti ottenibili per i creditori da un concordato semplificato rispetto ad un eventuale esercizio provvisorio fallimentare.

Raffronto di convenienza per i creditori fra concordato semplificato e fallimento esercizio provvisorio

Concordato semplificato

Esercizio p. fallimentare

Ricavi di vendita dal momento dell'ingresso in procedura sino alla cessione

1.000.000

1.000.000

Azioni revocatorie, recuperatorie e di responsabilità

zero

200.000

Minor importo ottenibile dai creditori in caso di concordato semplificato rispetto all'e.p. fallimentare (stima)

1.000.000

1.200.000

Totale

1.000.000

1.200.000

Conclusioni

Occorre porre in risalto che il migliore soddisfacimento dei creditori è determinato mettendo a confronto il concordato semplificato con l'esercizio provvisorio fallimentare.

Non avrebbe infatti senso logico confrontare uno scenario nel quale il debitore prevede la continuità con quello di svendita atomistica dei beni, ma occorre ragionare su un esercizio p.f., dotato di tuti i valori aziendali, anche intangibili, avviamento compreso.

Il Piano che motivi le ragioni in forza delle quali la vendita dell'azienda in mano al debitore sia più conveniente di quella giudiziaria è evidentemente più “solido” rispetto a quello che non contempli uno scenario di ripristino della continuità (che con il nuovo CCII rappresenterà la regola: art. 211 CCII).

È doveroso segnalare che anche il concordato semplificato (“concordatino”, secondo D. Galletti, Breve storia di una (contro)riforma “annunciata”, in questo portale, 1° settembre 2021, oppure “turbo-concordato”, secondo altri) è pur sempre un concordato preventivo, e pertanto anche il concordato semplificato andrà soppesato con l'esercizio provvisorio fallimentare.

Il percorso autorizzativo dell'organo di governance, nell'ambito delle delibere ex artt. 2086 c.c. e 152 l.fall., dovrà prevedere anche il piano dell'esercizio provvisorio fallimentare, opportunamente rappresentato al Giudice dell'omologa ed all'ausiliario, se nominato, arricchito con le azioni di responsabilità e le revocatorie, e quest'ultimo potrebbe essere preferibile al piano del c.d. concordatino, se l'impresa è insolvente.

Qual è il senso del percorso accelerato (e virtuoso nei propositi) del D.L. 118/2021 (procedure light, cessione dell'azienda sotto l'egida e la protezione dell'esperto, concordato semplificato) con costi che non appaiono poi così contenuti, (advisors, esperto, ausiliari del Giudice della protezione e dell'omologa), se poi tutto questo “restructuring team” va a naufragare nel mare tempestoso dell'esercizio provvisorio fallimentare?

La vecchia procedura, con i tre piani dell'esercizio provvisorio (A. Ferri, Il piano nella liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio, Torino, 2021, 25: “ Le tre tipologie di piani industriali dell'esercizio provvisorio”) e la rapida cessione dell'azienda con gara ex art. 105 l.fall., resta pur sempre attuale.

Probabilmente il legislatore ha ignorato le norme stringenti di cui agli artt. 2086 c.c. e 152 l.fall. che impongono in un'ottica veramente “looking forward” la governance dell'impresa, quanto meno per le società più strutturate; solo nella vera fase della crisi, e ancora meglio della pre-crisi, si potranno adottare il piano e gli strumenti del D.L. 118/2021.

Chi scrive ritiene che la reale utilità riferibile al D.L. 118/2021 sia l'adozione delle misure protettive nelle procedure di sovraindebitamento (accordo o mini concordato e piano del consumatore) e l'introduzione del concordato semplificato (bypassando il voto dei creditori come già istituito dalla L. 3/2012 per il piano del consumatore).

In questo modo l'esperto potrà mediare tante situazioni familiari, di piccoli imprenditori e professionisti ed imprese agricole, con strumenti decisamente più potenti di quelli della L. 3/2012 (A. Farolfi, Le novità del D.L. 118/21: considerazioni sparse “a prima lettura”).

Forse un legislatore ispirato da un eccesso di libertà giuridica negli effetti negoziali concepiti, per il tramite del piano di risanamento, tra debitore e creditori, ha creato una procedura utile per mediare e transigere tante procedure esecutive immobiliari (e mobiliari) vessatorie per un debitore debole, non acculturato e non strutturato amministrativamente.

Nelle esecuzioni, infatti, l'accanimento e l'aggressività di un singolo creditore compiono più danni alla par condicio creditorum, di quelli che una procedura “in pectore”, concordato preventivo in primis (con le classi, i finanziamenti ex art. 182 quater, le opportunità ex art. 182- quinquies l.fall. ad esempio) produce mediante il piano, alla soddisfazione dei creditori (tutelati dall'art. 2740 c.c.).

Guida all'approfondimento

- Si ricorda il decreto di archiviazione del Tribunale di Milano del 3 ottobre 2019 (RG 1357/2019 c.d. Caso Moby) che ha così stabilito: “Il collegio osserva però che l'entrata in vigore del relativo art. 2086 e 2257 c.c. impone anche di attivarsi senza indugio per l'adozione o l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale e che la dizione dell'articolo appare coerente con la situazione esistente nella Moby e nel suo gruppo. Ciò induce a credere che il collegio sindacale sarà sensibile alla responsabilità cui andrebbe incontro se non supportasse il dovuto comportamento degli amministratori o non sollecitasse, come lo saranno gli amministratori, soprattutto ora che le condotte denunciate, di evidente conflitto di interessi in cui opera l'amministratore, di operazioni con società correlate, prive di serie garanzie di restituzione dei finanziamenti, sono state portate alla luce”.

- Il Documento allegato al decreto dirigenziale direttore generale degli affari interni 28 settembre 2021, alla sezione I intitolata “Test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento disponibile online”, in particolare al punto 2, testualmente prevede: “2. L'entità del debito che deve essere ristrutturato è pari a: - debito scaduto di cui relativo a iscrizioni a ruolo; - (più) debito riscadenzato o oggetto di moratorie; - (più) linee di credito bancarie utilizzate delle quali non ci si attende il rinnovo; - (più) rate di mutui e finanziamenti in scadenza nei successivi 2 anni (per le cooperative si tiene conto della probabile richiesta di rimborso del prestito sociale secondo le evidenze storiche non precedenti a tre anni); - (più) investimenti relativi alle iniziative industriali che si intendono adottare; - (meno) ammontare delle risorse ritraibili dalla dismissione di cespiti (immobili, partecipazioni, impianti e macchinario) o rami di azienda compatibili con il fabbisogno industriale; - (meno) nuovi conferimenti e finanziamenti, anche postergati, previsti; -(meno) stima dell'eventuale margine operativo netto negativo del primo anno, comprensivo dei componenti non ricorrenti”.

- Il Ministero della Giustizia, in data 29 dicembre 2021, ha reso note le Linee di indirizzo agli Ordini professionali per l'attività di selezione delle domande per la formazione degli elenchi regionali degli esperti indipendenti nella composizione negoziata della crisi d'impresa, individuando coloro che hanno svolto attività che, nel settore concorsuale, conducono alla preservazione del valore aziendale (e dunque escludendo l'incarico di curatore fallimentare) e precisamente: 1) commissario giudiziale e commissario straordinario di grandi imprese in stato di insolvenza; 2) attestatore ai sensi degli artt. 67, terzo comma, lett. d), 161, terzo comma, 182-bis, primo comma e 186-bis R.D. 267/42; 3) gestore della crisi incaricato della ristrutturazione dell'impresa agricola ai sensi dell'art. 7 L. 3/2012; 4) advisor, anche legale, con incarico finalizzato alla predisposizione e presentazione di piani di risanamento attestati, di piani in accordi di ristrutturazione dei debiti, di convenzioni e/o accordi di moratoria con più creditori e, infine, di piani e proposte di concordati preventivi o fallimentari in continuità o misti; 5) advisor, anche legale, con incarico finalizzato all'individuazione e alla soluzione delle problematiche fiscali per la ristrutturazione del debito tributario e previdenziale e funzionale alla ristrutturazione di imprese in crisi; 6) advisor, anche legale, con incarico in ambito giuslavoristico, purché strettamente funzionale alla gestione dei rapporti con i dipendenti nell'ambito della ristrutturazione di imprese in crisi; 7) attività di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati e di accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale se omologati relativi ad aziende rispetto alle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza.

Sommario