I procedimenti de potestate tra passato e presente: come cambia la disciplina alla luce della Riforma familiare

Paola Loddo
05 Maggio 2022

In data 9 dicembre 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 206 del 26 novembre 2021, che delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore uno o più decreti legislativi volti a riorganizzare il processo civile nell'ottica di una sua maggiore efficienza. A decorrere dal mese di giugno 2022, dunque, l'intera materia in esame inizierà a subire un processo di rinnovamento che si completerà nel giro di alcuni anni. In considerazione della delicatezza di questa fase transitoria, si segnalano nel testo le novità normative che per prime entreranno in vigore nella materia qui esaminata.
Inquadramento

In data 9 dicembre 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 206 del 26 novembre 2021, che delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore (prevista per il 24 dicembre 2021), uno o più decreti legislativi volti a riorganizzare il processo civile nell'ottica di una sua maggiore efficienza, intervenendo inoltre nella disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e prevedendo una serie di misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie.

La legge delega prevede che la riorganizzazione del processo civile avvenga in maniera progressiva, con taluni interventi immediati e altri, in considerazione della loro stessa portata, differiti nel tempo.

Ai sensi dell'art. 1 comma 37 della legge 206/2021, alcune disposizioni - e precisamente quelle previste dai commi da 27 a 36 del medesimo articolo 1 - si applicheranno già ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

A decorrere dal mese di giugno 2022, dunque, l'intera materia in esame inizierà a subire un processo di rinnovamento che si completerà nel giro di alcuni anni.

In considerazione della delicatezza di questa fase transitoria, si segnalano nel testo le novità normative che per prime entreranno in vigore nella materia qui esaminata.

Natura e ratio dei procedimenti de potestate

Nell'attuale contesto giuridico, l'espressione coniata da Carlo Jemolo secondo cui “la famiglia è un'isola che il mare del diritto deve solo lambire” ancora corrisponde al sentire comune: lo Stato deve esercitare il meno possibile la propria ingerenza nella vita familiare, la cui gestione spetta alla libera determinazione dei suoi membri.

In tale quadro, i procedimenti de potestate costituiscono, al contrario, un esempio pregnante di intervento statuale nello spazio familiare: la necessità di tutelare il superiore interesse del minore, infatti, legittima le ingerenze pubbliche di controllo dell'esercizio della responsabilità genitoriale.

Il sistema giurisdizionale deve attivarsi ogni qualvolta i genitori violino o trascurino i loro doveri, o abusino dei loro poteri, recando così pregiudizio ai figli minorenni.

L'ingerenza pubblica può così sfociare nell'adozione dei provvedimenti ex artt. 330 e 333 c.c., dando luogo ad una pronuncia di decadenza o di limitazione della responsabilità genitoriale, o, nei casi più gravi, può spingersi a decisioni più drastiche e definitive con l'apertura di un procedimento per l'eventuale dichiarazione adottabilità.

I procedimenti de potestate ricomprendono i giudizi limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale (artt. 333 e 330 c.c.) nonché quelli volti alla reintegra della stessa (art. 332 c.c.).

I provvedimenti emessi nell'ambito dei singoli procedimenti non hanno natura sanzionatoria nei confronti dei genitori che abbiano tenuto condotte pregiudizievoli nei confronti dei figli, ma hanno finalità sostanzialmente preventiva, volta a interrompere le conseguenze dannose per il minore e ad evitare un pregiudizio futuro.

Il prevalere della funzione preventiva su quella sanzionatoria rende irrilevante l'elemento soggettivo della condotta. Piuttosto, la circostanza che la condotta genitoriale sia posta in essere con dolo o colpa potrà avere delle ricadute sulla gravità della misura assunta, orientando verso la decadenza dalla responsabilità genitoriale o verso un più blando intervento limitativo in relazione alla maggiore o minore consapevolezza dei genitori.

In sede istruttoria andrà accertato il pregiudizio subito dal minore e dovrà essere effettuata una valutazione prognostica in merito alle capacità genitoriali, tenuto conto del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i loro compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore (Cass. civ., 15949/2018).

Il provvedimento potrà essere emesso nei confronti di uno solo dei genitori o di entrambi e potrà diversamente modularsi in termini di gravità (decadenza o limitazione), così come potrà riferirsi ad uno solo o a tutti i figli minori.

Procedimento

I procedimenti de potestate sono disciplinati dall'art. 336 c.c. e dagli artt. 737742 bis c.p.c.

Si tratta di procedimenti tradizionalmente ricompresi nell'ambito della volontaria giurisdizione, che si svolgono con rito camerale, ove il Tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, assunte informazioni e sentito il Pubblico ministero.

La scarna procedura dei procedimenti in esame, decisamente informale e destrutturata nell'ottica della massima tutela del minore, è stata tuttavia accusata di distorcere i principi del contraddittorio e del giusto processo, con iter processuali spesso lunghissimi e caratterizzati da scarse garanzie processuali per le parti coinvolte. La questione di legittimità costituzionale sollevata ormai vent'anni fa in relazione all'art. 111 comma 1° Cost. è stata tuttavia ritenuta inammissibile per insufficiente motivazione del giudice rimettente (Corte cost., 1/2002), benchè la Corte non abbia mancato di precisare che spetta all'interprete il compito di individuare i criteri applicativi opportuni per rendere il rito camerale il più possibile conforme ai precetti costituzionali.

A tali problemi hanno posto in parte rimedio le riforme attuate con la legge 149/2001 e con il d. lgs.153/2013, che hanno previsto, rispettivamente, la necessarietà della difesa tecnica per il minore e per i genitori e l'obbligatorietà dell'ascolto del minore.

Tali questioni si sono man mano definite in seno al complesso dibattito in merito alla riconducibilità dei procedimenti de potestate all'ambito dei procedimenti di volontaria giurisdizione o a quelli di natura contenziosa.

In passato, infatti, appariva preponderante una lettura dei procedimenti in esame in chiave di giurisdizione volontaria, poiché si affermava che i procedimenti ex artt. 330 e 333 c.c. non prevedessero una controversia tra parti contrapposte, né fossero in grado di incidere definitivamente su diritti o status, ma fossero piuttosto finalizzati alla gestione di interessi.

Con il tempo, pur in un contesto sempre controverso, si è accentuato il riferimento agli aspetti contenziosi dei medesimi procedimenti, evidenziando che essi si svolgono tra parti processuali tra loro in conflitto e che sono in grado di incidere su posizioni giuridiche soggettive, con effetti limitativi o parzialmente ablativi e con interferenze anche significative su diritti fondamentali (in tal senso, si veda Cass. civ., 18998/2018)

In tale quadro, si pensi, in particolare, alla profonda evoluzione assunta dalla posizione del minore nel processo, dapprima relegato a un ruolo di forte passività e soggezione, per poi divenire a tutti gli effetti titolare di specifici diritti soggettivi nei confronti dei genitori e in una posizione di potenziale antagonismo verso gli stessi.

Di pari passo con questo mutamento i procedimenti de potestate hanno subito una profonda ristrutturazione, nell'ottica di accrescere le garanzie procedimentali a tutela di tutti i soggetti coinvolti. È stata così prevista, con interventi ora legislativi ora giurisprudenziali, l'obbligatorietà della difesa tecnica per tutte le parti coinvolte, l'obbligo di ascolto del minore e, da ultimo, l'obbligatorietà della nomina del curatore speciale del minore (cfr., su tale ultimo punto, Cass. civ., 1471/2021, e la più recente Cass. civ. n. 11786/2021).

Inoltre, con una significativa inversione di rotta, si è giunti a riconoscere l'idoneità dei provvedimenti ablativi o limitativi emessi con decreto camerale ad acquistare efficacia di cosa giudicata (giudicato rebus sic stantibus), sancendo così la ricorribilità degli stessi in Cassazione (Cass. civ., 19779/2018).

Iter processuale

Il procedimento si propone con ricorso e si svolge nel contraddittorio di entrambi i genitori, i parenti (se hanno presentato il ricorso) e del minore, con la partecipazione necessaria del Pubblico Ministero.

Prevede il litisconsorzio necessario di tutte le parti, con costituzione in giudizio e difesa tecnica.

L'ultimo comma dell'art. 336 c.c., come modificato dalla legge 149/2001, prevede infatti che i genitori e il minore siano assistiti da un difensore.

Tuttavia, diversamente da quanto previsto nei procedimenti per l'eventuale dichiarazione dello stato di adottabilità del minore (cfr. artt. 8 e 10 l. 184/1983), non è prevista la nomina di un difensore d'ufficio per i genitori del minore (si veda sul punto Cass. civ., 9100/2019)

In ogni caso, ai sensi dell'art. 336 comma 2° c.c., deve essere sentito il genitore contro il quale il provvedimento è richiesto.

Il procedimento è caratterizzato da elasticità delle forme e dei tempi processuali, con una notevole discrezionalità in capo all'organo giudicante, sia nella fase istruttoria, sia in quella decisoria, posto che il Giudice non è ovviamente legato al petitum nella propria decisione.

Il Giudice è investito di ampi poteri istruttori ufficiosi ed è chiamato a verificare se sussista un pregiudizio, anche solo potenziale, per il minore, dovendo valutare se il grado di intensità del pregiudizio sia tale da giustificare l'adozione di un provvedimento ablativo o limitativo della responsabilità genitoriale o se, addirittura, sia tale da sfociare nell'apertura di un procedimento per l'eventuale dichiarazione dell'adottabilità del minore ai sensi della legge 184/1983.

In tale ambito, ampia è la varietà delle decisioni che il Tribunale potrà assumere in sede istruttoria: sovente l'accertamento delle condizioni di pregiudizio del minore verrà effettuata tramite incarico al Servizio Sociale territoriale di effettuare un'indagine familiare, più di rado, tramite espletamento di apposita consulenza tecnica d'ufficio.

Devono essere sentiti i genitori e deve essere disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore ove capace di discernimento.

Il Tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il Pubblico Ministero.

Legittimazione

Ai sensi dell'art. 336 c.c., sono legittimati attivi a presentare ricorso:

- il genitore, nei confronti dell'altro, la cui condotta sia censurabile ex artt. 333 e 330 c.c.,

- i parenti,

- il Pubblico Ministero,

- il genitore interessato dal provvedimento ablativo o limitativo, quando si tratta di chiedere la revoca o la modifica dello stesso.

Si è ritenuto che i parenti legittimati siano quelli entro il sesto grado, ex art. 77 c.c.

Quanto al P.M., assai di frequente promotore dei giudizi in questione, egli agisce generalmente su impulso di Enti o soggetti in diretto contatto con il minore, come gli istituti scolastici, i Servizi Sociali territorialmente competenti, l'autorità di pubblica sicurezza, ecc.

Non sono legittimati né il minore né gli affidatari, benché questi ultimi possano rivolgere al Pubblico Ministero segnalazioni e richieste affinché attivi il procedimento.

Ne consegue che gli affidatari non sono legittimati neppure a proporre motivi di impugnazione (Cass. 18542/2019).

Competenza funzionale

Prima dell'entrata in vigore della legge 291/2012, l'art. 38 disp. att. c.c. prevedeva la competenza esclusiva del Tribunale per i Minorenni in materia di provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale.

La riforma, in ossequio al principio della perpetuatio jurisdictionis di cui all'art. 5 c.p.c., nonché in coerenza con ragioni di economia processuale e di tutela dell'interesse superiore del minore a non disperdere l'efficacia degli accertamenti già svolti e la conoscenza già acquisita dal giudice specializzato nella concreta situazione di fatto (Cass. 6430/2017; nello stesso senso, Trib. Milano 9 marzo 2017), ha previsto un più articolato sistema di riparto della competenza tra l'autorità giudiziaria minorile e il Tribunale Ordinario.

L'attuale formulazione dell'art. 38 disp. att. prevede, infatti, che:

I. Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all'articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'articolo 316, del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile.

II. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

III. Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni”.

La norma ha dato adito a notevoli contrasti interpretativi in ordine alla definizione del riparto di competenze tra Tribunale per i Minorenni e Tribunale Ordinario.

Ad oggi, la giurisprudenza ha raggiunto delle posizioni abbastanza consolidate e uniformi sulle principali questioni controverse, riassumibili nei termini seguenti:

- a) in via generale, la competenza in tema di limitazione o ablazione della responsabilità genitoriale spetta al Tribunale minorile;

- b) tuttavia, nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio per la regolamentazione dell'affidamento e del mantenimento dei figli minori (ai sensi dell'articolo 316 c.c.) la competenza del Tribunale per i Minorenni è esclusa, in deroga al criterio generale, e, in tale ipotesi, per tutta la durata del processo, la competenza, spetta invece al giudice del conflitto familiare, individuabile nel Tribunale Ordinario, se sia ancora pendente il giudizio di primo grado, o nella Corte d'Appello in composizione ordinaria, se pende il temine per l'impugnazione o è stato proposto appello (Cass. civ., 1349/2015).

In questo modo, il principio di concentrazione delle tutele garantisce non soltanto l'emissione di un provvedimento in tempi più rapidi, ma scongiura il rischio di strumentalizzazioni volte a distogliere la decisione dal giudice naturale, con la presentazione di domande aventi la finalità di scardinarne la competenza.

Tale principio evita inoltre che il minore sia sottoposto a ripetuti accertamenti (valutazioni peritali o indagini da parte dei Servizi Sociali, audizione, ecc.) nell'ambito di due procedimenti diversi e da parte di autorità giudiziarie differenti, ma soprattutto impedisce che possano essere adottate decisioni di contenuti diverso e contraddittorie, con conseguente incompatibilità di giudicati e inevitabili difficoltà nella stessa esecuzione dei provvedimenti (Trib. Roma, 15 settembre 2016, n. 23721).

Ad ulteriore specificazione di quanto affermato, va precisato quanto segue.

  • In virtù del principio di prevenzione, la forza attrattiva del Tribunale Ordinario opera solo nel caso in cui il procedimento avanti allo stesso sia stato instaurato per primo (Cass. civ. 1866/2019, Cass. civ., 20202/2018); di contro, nel caso in cui per primo sia stato instaurato il procedimento avanti al Tribunale per i Minorenni, resterà in capo a quest'ultimo ogni decisione in tema di limitazione o decadenza della responsabilità genitoriale, anche laddove davanti all'autorità giudiziaria ordinaria venga incardinato un procedimento di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c.; in altri termini, le azioni de potestate proposte in via autonoma non rientrano nella competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, ma sono ad esse demandate solo in pendenza di uno dei procedimenti di conflitto familiare indicati - competenza funzionale per attrazione - (si veda sul punto, Trib. Milano, 30 dicembre 2016, che ha escluso la propria competenza, in un caso in cui era stato adito in via principale ai fini della declaratoria di decadenza exart. 330 c.c. e, in tale ambito, era stato richiesto di regolare l'affidamento esclusivo della minore al genitore non decaduto. La domanda ex art. 330 c.c. si poneva infatti come pregiudiziale rispetto alle statuizioni sull'affidamento, da ritenersi meramente accessorie e consequenziali alla stessa. In tal caso, dunque, il Tribunale milanese aveva ravvisato la competenza del Tribunale per i Minorenni, trattandosi di un giudizio di “decadenza con richieste satellitari dipendenti”).
  • Condicio sine qua non per la competenza del Tribunale Ordinario in tema di provvedimenti de potestate è che il processo penda "tra le stesse parti". Pertanto, la vis attractiva del giudice del conflitto familiare non opera nel caso di domanda introdotta da altre parti, ovvero dagli ascendenti (Trib. Milano, 7 maggio 2013) o dagli altri parenti legittimati ad agire in base all'art. 336 c.c. (Trib. Minorenni di Brescia, 1° agosto 2013).

In questi casi, la competenza a conoscere la domanda volta ad ottenere la declaratoria di decadenza o di limitazione della responsabilità dei genitori rimarrà in capo al Tribunale per i Minorenni.

  • Il giudice ordinario sarà competente per i provvedimenti de potestate per tutta la durata del suddetto giudizio, anche in pendenza dei termini per le impugnazioni e nelle altre fasi di quiescenza, fino al passaggio in giudicato (Cass. civ., 18093/2016).

Ne consegue che, nel caso in cui, successivamente, siano state proposte azioni dirette ad ottenere provvedimenti limitativi od ablativi della responsabilità genitoriale quando sia pendente il termine per l'impugnazione, o sia stato proposto appello contro la decisione di primo grado, la competenza a conoscere tali azioni è attribuita alla Corte d'appello in composizione ordinaria (così Cass. civ., 1349/2015).

  • La vis attractiva del Tribunale Ordinario opera anche nel caso di procedimenti per la modifica delle condizioni di separazione e divorzio o di revisione delle disposizioni che riguardino i figli non matrimoniali, dato che una diversa linea interpretativa andrebbe in contrasto con la stessa ratio della previsione ex art. 38, volta a garantire la concentrazione delle tutele, onde evitare il rischio di decisioni contrastanti rese da due organi diversi (Cass. civ., 10365/2016; Cass. Civ., 432/2016).
  • Il principio di concentrazione delle tutele comprende entrambi i provvedimenti de potestate: ciò significa che il Tribunale Ordinario, ove adito per primo, sarà competente sia in tema di limitazione della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c., sia in tema di decadenza ex art. 330 c.c. (in tal senso, Cass. civ.17931/2016, Cass. civ., 432/2016, Trib. min. Caltanisetta, 27 febbraio 2019).

L'orientamento oggi prevalente (cfr. la recente Cass. civ., 3490/2020) sembra avere infatti superato i precedenti contrasti interpretativi, ove parte della giurisprudenza, basandosi sul tenore letterale della norma, aveva escluso che la vis attractiva potesse estendersi alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale, da intendersi di appannaggio del solo Giudice Minorile (in tal senso Cass. civ.,1866/2019).

  • Secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, il criterio della prevenzione e la forza attrattiva in favore del Tribunale ordinario operano anche quanto la successiva azione de potestate sia stata promossa su iniziativa della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni (Cass. civ. 432/2016, Tribunale min. Caltanisetta, 27 febbraio 2019).

I passati contrasti giurisprudenziali sul punto nascevano dalla diversità di funzioni del Pubblico Ministero Minorile rispetto al Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario: mentre al primo spettano infatti poteri di domanda e impulso processuale, il secondo è unicamente interventore necessario senza autonomo potere di domanda.

Da qui, l'interrogativo in merito alle sorti del procedimento promosso dalla procura minorile davanti al Tribunale per i Minorenni, in caso di declaratoria di incompetenza di questa autorità giudiziaria: in mancanza di poteri di impulso della Procura ordinaria, chi avrebbe potuto promuovere il relativo procedimento de potestate presso il Giudice ordinario? Secondo tale orientamento, infatti, nell'inerzia degli altri legittimati ex art. 336 c.c., il minore sarebbe rimasto senza adeguata tutela.

In tale quadro, si collocavano così decisioni come quella del Tribunale per i Minorenni di Catania, 21 marzo 2018, che, nel caso di un procedimento ex art. 333 e 330 c.c. promosso su impulso del Pubblico Ministero Minorile pur in pendenza di procedimento separativo, aveva confermato la competenza del giudice minorile, ritenendo che il Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario non potesse qualificarsi “parte” alla stessa stregua del Pubblico Ministero Minorile.

Di contro, le più recenti posizioni sottolineano che l'iniziativa del P.M. minorile non è ostativa allo spostamento di competenza e che in questi casi si possono trovare dei meccanismi di raccordo tra i due uffici, ad esempio, attraverso la trasmissione ex officio degli atti direttamente all'organo giudicante presso il Tribunale Ordinario. Tale soluzione sarebbe così in grado così di ovviare alla mancata riassunzione su impulso della parte più diligente ex art. 50 c.p.c., che può in effetti rivelarsi impraticabile nel caso di azione promossa dal Pubblico ministero minorile o da parenti non legittimati ad agire davanti all'autorità giudiziaria ordinaria (in tal senso Cass. civ., 25290/2008, Cass. civ. 1866/2019, Cass. civ., 7160/2016; Cass. civ., 25290/2008).

  • I provvedimenti provvisori ed urgenti eventualmente emessi dal Tribunale per i Minorenni prima della declaratoria di incompetenza rimangono efficaci fino all'emissione di nuovi provvedimenti da parte del Tribunale Ordinario, mentre le prove assunte davanti all'autorità minorile potranno essere valutate come prove atipiche davanti all'autorità ordinaria (Cass. civ. 25067/2018).
  • Infine, va sottolineato che la forza attrattiva non opera al contrario. Pertanto, la successiva proposizione avanti al Tribunale Ordinario di un giudizio separativo, divorzile o ex art. 316 c.c. (nonché di modifica delle condizioni), in pendenza di un procedimento de potestate avanti al Tribunale per i Minorenni non determina l'attrazione della competenza sul procedimento per l'affidamento del figlio al Tribunale minorile, poichè il carattere tassativo delle competenze attribuite al Tribunale per i Minorenni e la mancata previsione di una "vis attractiva" in favore dello stesso, impongono che il giudizio successivamente promosso dinanzi al Tribunale Ordinario resti attribuito alla sua competenza, ferma restando la necessità di tener conto nell'adozione dei provvedimenti nell'interesse della prole delle determinazioni assunte dal giudice specializzato (Cass. civ., 16340/2021, con riferimento a un'ipotesi di proposizione da parte di uno dei genitori avanti al Tribunale Ordinario di una domanda per l'affidamento esclusivo di un minore, ai sensi degli artt.337-quater e 316-bis c.c., in pendenza di un procedimento per la dichiarazione di decadenza dell'altro.
Rapporti tra procedimento de potestate e procedimento di adottabilità

Si sottrae all'ambito di applicazione dell'art. 38 disp. att. c.c. l'apertura del procedimento di adottabilità e l'emanazione dei relativi provvedimenti.

Tale ambito non potrà mai essere demandato al Giudice Ordinario (Cass. civ.,1349/2015).

È necessario, infatti, operare una distinzione tra i provvedimenti de potestate legati alla crisi familiare, che possono essere assunti anche dal Tribunale Ordinario nel relativo giudizio, e quelli che si rendono invece opportuni nell'ambito di un procedimento per l'eventuale dichiarazione di adottabilità per tutelare un minore che si trovi “temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo”.

Infatti, l'accertamento dello stato di abbandono con la conseguente dichiarazione di adottabilità ex legge 184/1983 e l'assunzione dei relativi provvedimenti de potestate sono sempre di competenza del Tribunale per i Minorenni, anche quando è pendente davanti al Tribunale un giudizio relativo alla crisi familiare (si veda Tribunale min. Potenza, 19 novembre 2019).

Ciò in quanto le indagini e gli accertamenti relativi alle condizioni di vita del minore, connessi all'eventuale dichiarazione dello stato di abbandono, hanno portata molto più ampia di quelle che vengono svolte ai fini delle decisioni sull'affidamento nell'ambito di un procedimento separativo e divorzile, anche quando queste ultime portino a misure limitative della responsabilità genitoriale.

Nulla impedisce, dunque, che in pendenza di tale ultimo procedimento, venga promosso un giudizio per l'eventuale dichiarazione di adottabilità con l'assunzione di tutti i provvedimenti ex. artt. 330 e 333 c.c. utili a mettere il minore in sicurezza, impregiudicata ogni questione relativa all'affidamento, di competenza del Tribunale Ordinario, laddove lo stato di abbandono venga poi escluso.

Da un lato, infatti, non sussiste alcuna pregiudizialità tra l'uno e l'altro accertamento giurisdizionale (si veda, infatti, Cass. civ. 14842/2015, che ha escluso la sospensione del procedimento di adottabilità in presenza di un procedimento separativo), né un'effettiva possibilità di contrasto di giudicati, dall'altro, non si può applicare il criterio della preventiva pendenza dell'uno e dell'altro giudizio: se così fosse, la pendenza (anche strumentale) di un giudizio riguardante un conflitto genitoriale comporterebbe il venir meno dell'obbligo del P.M. e del Tribunale di procedere nel superiore interesse del minore, effettuando tutti gli accertamenti necessari alla verifica delle condizioni richieste dalla l. n. 184/1983.

La riforma introdotta dalla legge n. 206/2021

Nell'ambito della riforma introdotta dalla legge n. 206/2021, tra le previsioni che entreranno per prime in vigore, vi è il nuovo testo dell'art. 38 disp. att. c.c.

La norma è stata completamente riscritta, nell'ottica di fornire una più chiara soluzione normativa ai numerosi problemi interpretativi a cui la versione attualmente in vigore aveva dato adito.

I nuovi criteri di riparto della competenza tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni riproducono in parte gli orientamenti giurisprudenziali sopra riportati e introducono, opportunamente, specifiche modalità di raccordo tra l'autorità giudiziaria e ordinaria e quella minorile.

Il nuovo testo dell'art. 38 disp. att. c.c. così dispone:

«Sono di competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti previsti dagli articoli 84, 90, 250, ultimo comma, 251, 317-bis, ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Sono di competenza del tribunale ordinario i procedimenti previsti dagli articoli 330,332,333,334 e 335 del codice civile, anche se instaurati su ricorso del pubblico ministero, quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, giudizio di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero giudizio ai sensi degli articoli 250, quarto comma, 268,277, secondo comma, e 316 del codice civile, dell'articolo 710 del codice di procedura civile e dell'articolo 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898. In questi casi il tribunale per i minorenni, d'ufficio o su richiesta di parte, senza indugio e comunque entro il termine di quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale ordinario, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale ordinario. Il pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, nei casi di trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni al tribunale ordinario, provvede alla trasmissione dei propri atti al pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale ordinario».

Il secondo comma del nuovo art. 38 disp. att. prevede poi che:

«Il tribunale per i minorenni è competente per il ricorso previsto dall'articolo 709-ter del codice di procedura civile quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, un procedimento previsto dagli articoli 330,332,333,334 e 335 del codice civile. Nei casi in cui è già pendente o viene instaurato autonomo procedimento previsto dall'articolo 709-ter del codice di procedura civile davanti al tribunale ordinario, quest'ultimo, d'ufficio o a richiesta di parte, senza indugio e comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni».

Competenza territoriale

La competenza territoriale deve essere individuata sulla base del luogo della residenza abituale del minore alla data di introduzione del giudizio, con la seguente precisazione, reiteratamente sancita dalla Corte di Cassazione e fatta propria dalla giurisprudenza di merito: “nella individuazione in concreto del luogo di abituale dimora non può farsi riferimento ad un dato meramente quantitativo, rappresentato dalla prossimità temporale del trasferimento di residenza o dalla maggiore durata del soggiorno, essendo invece necessaria una prognosi sulla probabilità che la nuova dimora diventi l'effettivo e stabile centro d'interessi del minore ovvero resti su un piano di verosimile precarietà o sia un mero espediente per sottrarsi alla disciplina della competenza territoriale” (così Cass. civ. 21750/2012 e Cass. civ.,17746/2013; nonché, seppure in tema di determinazione della giurisdizione, la recente Cass. SS.UU., 10243/2021, nonchè Cass. SS.UU., 1310/2017).

In virtù del principio della perpetuatio jurisdictionis, la competenza territoriale del giudice adito rimane ferma nonostante lo spostamento in corso di causa della residenza anagrafica o del domicilio del minore, a seguito del trasferimento del genitore con cui egli convive, per esigenze di certezza e di garanzia di effettività della tutela giurisdizionale (Cass. 7161/2016, ma si veda anche Trib. Milano, 16 settembre 2013). In tal senso, il predetto principio finisce per prevalere sul principio di prossimità.

Le stesse SS.UU. della Cassazione (Cass. SS.UU, 11915/2014) hanno ribadito la rilevanza esclusiva della residenza abituale del minore, da individuarsi con riferimento al “luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale” e non a “quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto”.

Il minore parte processuale tra obbligatorietà della difesa tecnica, nomina del curatore speciale e ascolto
  • Difesa tecnica e nomina del curatore

La posizione del minore nei procedimenti che lo riguardano è divenuta nel tempo sempre più centrale, in un contesto di crescente valorizzazione dei suoi diritti.

Con riferimento ai giudizi de potestate, l'articolo 336 comma 4 c.c., introdotto dall'art. 37 l. 149/2001, ha previsto l'obbligo della difesa tecnica in capo al minore (“il minore è assistito da un difensore”), riconoscendogli in tal modo la qualità di parte non soltanto in senso sostanziale, ma anche in senso formale.

Il minore potrà essere rappresentato nel giudizio dal tutore, se nominato, o dai genitori, fermo restando che, in caso di conflitto di interesse con questi ultimi, dovrà essergli nominato un curatore speciale ex art. 78 c.p.c.

In via generale, la giurisprudenza ha chiarito che il conflitto di interessi sussiste ogni qualvolta l'incompatibilità delle rispettive posizioni è anche soltanto potenziale, a prescindere dalla sua effettività e che “la relativa verifica va compiuta in astratto ed ex ante secondo l'oggettiva consistenza della materia del contendere dedotta in giudizio, anzichè in concreto ed a posteriori alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti nella causa” (Cass. civ. 5097/2014).

Con specifico riferimento ai procedimenti de potestate, si è ritenuto che il conflitto di interessi sia sempre sussistente, dato che in tali giudizi il minore si trova inevitabilmente in una posizione contrapposta a quella dei suoi genitori, anche se il provvedimento limitativo o ablativo viene richiesto nei confronti di uno solo di essi (in tal senso, Cass. civ. 7478/2014, e Cass. civ. 5256/2018).

Questo perchè non si può stabilire ex ante se l'interesse del minore è omogeneo o coincidente con quello dell'altro genitore, dato che quest'ultimo potrebbe essere mosso da motivazioni ben diverse da quelle volte alla tutela del figlio. Infatti, il genitore non interessato da un'eventuale compressione della propria responsabilità genitoriale potrebbe non essere in grado di rappresentare in maniera adeguata la posizione e i diritti del figlio nel processo, insistendo per l'accoglimento o il rigetto della domanda per interessi esclusivamente personali.

A maggior ragione, questo accade nei giudizi per l'adozione di provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi della responsabilità genitoriale riguardanti entrambi i genitori (Cass. civ. 7196/2019).

Ne discende, come affermato dalla prevalente giurisprudenza della Suprema Corte (di orientamento contrario si segnala solo Cass. Civ), che in tutti questi casi - laddove il minore non sia già rappresentato da un soggetto terzo attraverso la nomina di un tutore - è necessario che gli venga nominato un curatore speciale ai sensi degli art. 336 comma 4° c.c. e 78 c.p.c. (Cass. civ., 1471/2021, Cass. civ, 16410/2020, Cass. civ., 29001/2018).

Il curatore del minore che rivesta la qualifica di avvocato potrà stare in giudizio senza il ministero di altro difensore ai sensi dell'art. 86 c.p.c.

In mancanza di tale nomina, il procedimento deve ritenersi nullo ai sensi dell'art. 354 comma 1° c.p.c. con rimessione della causa al primo Giudice, ai sensi dell'art. 383 comma 3° c.p.c., perché provveda all'integrazione del contraddittorio (Cass. civ. 5256/2018, n., Cass. civ. 7196/2019, si veda anche la recente Cass. civ., 8627/2021, che ha dichiarato la necessità, a pena di nullità del provvedimento conclusivo del procedimento, di procedere alla nomina di un curatore speciale al minore nei giudizi relativi alla responsabilità dei genitori nei quali si discuta dell'affidamento della prole ai servizi sociali).

A tal proposito, va ricordato che l'eventuale nomina del curatore speciale nel procedimento di appello sarebbe in ogni caso idonea a sanare il vizio inerente alla costituzione processuale. Infatti, il litisconsorte necessario pretermesso che si costituisce in appello e accetta il processo nello stato in cui si trova sana ogni vizio e il procedimento prosegue (Cass. civ. 26631/2018, nonché Cass. civ. 3804/2010, si veda anche Cass. civ. 28723/2020).

Una segnalazione merita la recente Cass. civ., 11786/2021 che ha rilevato d'ufficio la nullità del giudizio d'appello per la mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti del tutore provvisorio del minore nominato in primo grado dal Tribunale ordinario che, in un procedimento di revisione delle condizioni inerenti l'affidamento di un figlio nato fuori dal matrimonio, all'esito della consulenza tecnica d'ufficio, aveva disposto la sospensione di entrambi i genitori dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 e ss.

Si evidenzia che la riforma di cui alla legge 206/2021 ha introdotto significativi cambiamenti in tema di nomina del curatore speciale, modificando gli artt. 78 e 80 del codice di procedura civile.

Il curatore diventa obbligatorio nei procedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale, di allontanamento ex art. 403 c.c., di affidamento familiare, nonché quando “dai fatti emersi nel procedimento emerga una situazione di pregiudizio per il minore, tale da precluderne l'adeguata rappresentanza processuale” oppure quando ne faccia richiesta il minore ultraquattordicenne. Inoltre, il Giudice può (ma non vi è tenuto) nominare il curatore speciale in tutti i casi in cui ritenga che i genitori “appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore”.

  • L'ascolto del minore

Ai sensi dell'art. 336 comma 2° c.c., il Tribunale deve disporre l'ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

L'audizione dei minori, già prevista nell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino. Infatti, “l'ascolto del minore di almeno dodici anni, nonché di età minore ove capace di discernimento, costituisce una tra le più rilevanti modalità di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse” (così, Cass. civ. 6129/2015).

Il mancato ascolto costituisce violazione del contradditorio e del giusto processo (Cass., SS.UU.,22238/2009) e rende nulla la decisione. L'esclusione dell'ascolto è legittima solo se manifestamente superflua o in contrasto con il suo interesse. In questo caso, incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione (Cass. civ.,1741/2021).

Resta inteso che la presenza del curatore del minore, che lo rappresenta nel procedimento e che normalmente lo incontra nell'ambito di tale rapporto di rappresentanza, potrà anche rendere superfluo un formale ascolto in ambito processuale.

Diversamente, l'ascolto del minore verrà effettuato, dal presidente del tribunale o dal giudice delegato (presso i Tribunali per i Minorenni sovente dal Giudice Onorario) secondo le norme previste dall'art. 336-bis c.c.

Provvedimenti temporanei e decisione

Ai sensi dell'art. 336 comma 3° c.c., “in caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d'ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio”.

Tali provvedimenti possono avere un contenuto molto vario, prevedendo, ad esempio, il provvisorio allontanamento del minore dal nucleo familiare e il collocamento in un contesto protetto, intervenendo sul regime di frequentazione con uno o con entrambi i genitori, prevedendo, in sostanza, ogni opportuna statuizione a tutela del minore.

Ai sensi dell'art. 741 c.p.c., il procedimento de potestate si conclude con l'emissione di un decreto motivato.

Il raggiungimento della maggiore età del minore impone la definizione del giudizio con pronuncia di cessazione della materia del contendere, data l'automatica cessazione della responsabilità genitoriale.

Ai sensi dell'art. 337 c.c., il compito di vigilare sull'osservanza delle decisioni in materia di esercizio della responsabilità genitoriale spetta al Giudice Tutelare.

I provvedimenti, siano essi provvisori o definitivi, possono essere sempre modificati o revocati in relazione al sopraggiungere di nuove circostanze di fatto ai sensi dell'art. 742 c.p.c.

Impugnazioni

Ai sensi dell'art. 38 att c.c.disp., i provvedimenti adottati dal Tribunale per i Minorenni sono immediatamente esecutivi, salva diversa statuizione del giudice e sono reclamabili dinanzi alla sezione per i minorenni della competente Corte d'Appello.

Ai sensi dell'art. 739 c.p.c., il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato nei confronti di una sola parte, o dalla notificazione, se è dato nei confronti di più parti.

Quanto ai provvedimenti emessi dal Tribunale per i Minorenni in via provvisoria nell'ambito dei procedimenti de potestate, per lungo tempo, la giurisprudenza aveva ritenuto che non fossero reclamabili in appello ai sensi dell'art. 739 c.p.c., ritenendoli, in ragione della loro natura temporanea, privi dell'efficacia di giudicato.

Più di recente, la stessa Corte di Cassazione ha invece sottolineato che tutti i provvedimenti emessi nell'ambito dei predetti procedimenti, sia che siano emessi in via provvisoria, sia che giungano a conclusione del procedimento, intervengono su diritti personalissimi di rango costituzionale, incidendo in maniera a volte molto forte sulla relazione parentale e sui diritti dei minori.

La Corte ha quindi affermato che anche i provvedimenti provvisori emessi nei procedimenti c.d. de potestate “hanno attitudine al giudicato rebus sic stantibus in quanto non revocabili o modificabili, salva la sopravvenienza di fatti nuovi” e sono pertanto immediatamente reclamabili (Cass. civ., n. 10777/2019).

Con riferimento all'ammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 comma 7° Cost. avverso i provvedimenti de potestate adottati dal giudice minorile, si sono susseguiti nel tempo due distinti orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento, i provvedimenti de quo non potevano essere impugnati attraverso il ricorso straordinario per Cassazione perché espressione di giurisdizione volontaria e non contenziosa e perché privi dei caratteri della decisorietà e definitività e come tali sempre revocabili e modificabili (per tutte, Cass. SS.UU. 6220/1986, Cass. civ., 18149/2018, nonché, più di recente Cass. civ., 28724/2020).

Tale posizione prestava il fianco a numerose critiche, posto che lo sbarramento verso il giudizio di legittimità rischiava di avere pesanti ripercussioni sulla tutela dei minori coinvolti nei relativi procedimenti (si pensi all'impossibilità di sottoporre a revisione eventuali provvedimenti affetti da pesanti vizi processuali).

Al contrario, il più recente orientamento giurisprudenziale, delineato dalla Suprema Corte negli ultimi anni (Cass. civ.1743/2016 e da Cass. civ. 1746/2016, Cass. civ., 23633/2016) ha ritenuto ammissibile il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. avverso i provvedimenti de potestate, sottolineando che i provvedimenti ablativi e limitativi della responsabilità genitoriale incidono su diritti di natura personalissima di primario rango costituzionale, sono emessi nell'ambito di un procedimento che ha forti elementi di natura contenziosa e sono caratterizzati dall'attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non revocabili né modificabili, salva la sopravvenienza di fatti nuovi (Cass. civ. 19779/2018, Cass. civ., 1668/2020; si veda in particolare Cass. civ. 29001/2018 che ha ammesso il ricorso ex art. 111 Cost. avverso il decreto della Corte d'Appello pronunciato a definizione di un procedimento de potestate ove era stata omessa la nomina del curatore speciale del minore).

Sulla base di questi assunti, con la pronuncia Cass. n. 32359/2018, le Sezioni Unite hanno sancito che i provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale sui figli minori, compresi quelli coinvolgenti i nonni, non possono essere sottratti al controllo garantistico della Corte di Cassazione e, pertanto, devono essere considerati ricorribili per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (si veda anche la recentissima Cass. SS.UU, 10243/2021)

Riferimenti

Calabrese C., Procedimenti de potestate: partecipazione del minore, curatore e integrazione del contraddittorio, in Il Familiarista;

Cesaro, G. O., Il curatore speciale del minore, in Il Familiarista;

Commentario al Codice Civile;

Commentario al Codice di Procedura Civile;

Cordiano, A., L'esecuzione dei provvedimenti nel procedimento de potestate, in Diritto di Famiglia e delle Persone, n. 4/2020

Costabile, C., Affidamento ai servizi sociali ed omessa nomina di un curatore speciale al minore, in Il Familiarista;

Costabile, C., Decadenza dalla responsabilità genitoriale: Tribunale per i Minorenni o Tribunale ordinario?, in Il Familiarista;

Danovi, F., L'avvocato del minore nel processo civile, in Famiglia e diritto, 2/2014, pagg. 179 e ss.;

Dell'Osta, L. - Spadaro G, Responsabilità genitoriale: decadenza e limitazioni, in Il Familiarista;

Donzelli, R. Sulla natura decisoria dei provvedimenti in materia di abusi della responsabilità genitoriale: una svolta nella giurisprudenza della Cassazione, a commento di Cass. Civ. sez. i 21 novembre 2016 n. 23633, in Famiglia e diritto 3/2017, p. 235;

Donzelli, R., Garanzia del ricorso per cassazione e provvedimenti decisori nell'interesse del minore, in Famiglia e diritto,3/2019, pagg. 267 e ss.;

Donzelli, R., Sulla natura delle decisioni rese nell'interesse dei figli minori nei giudizi sull'affidamento condiviso e de potestate, in Rivisita di diritto processuale, 4-5/2019, pagg. 1067 e ss.;

Frassinetti, A., Curatore speciale per il minore e garanzia del ricorso per cassazione, in Famiglia e diritto, 4/2019, pagg. 370 e ss.;

Galluzzo, S.A.R., Giurisdizione e residenza abituale del minore, in Il Familiarista;

Galluzzo, S.A.R., Il minore è parte necessaria nei giudizi de potestate, in Il Familiarista;

Galluzzo S.A.R., Il diritto del minore all'ascolto come realizzazione del suo superiore interesse, in Il Familiarista;

Italia, E., La partecipazione del minore nel processo civile, in Il Corriere giuridico, 7/2018, pagg. 988 e ss.

Mangano, F.S., Rimessione al giudice di appello per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del tutore provvisorio del minore, in Il Familiarista

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario