Causa estintiva del reato: il contraddittorio è sempre necessario
11 Maggio 2022
Sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione: disciplina incostituzionale? La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 129, 568, comma 4, 591, comma 1, lett. a), 601, 605 e 620 c.p.p., nella parte in cui, in caso di giudizio di appello definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, illegittimamente emessa in fase predibattimentale senza citazione delle parti e comunque senza alcuna forma di contraddittorio, consente alla Corte di Cassazione, investita da rituale ricorso dell'imputato, di dichiarare l'inammissibilità dello stesso per carenza d'interesse e non prevede, invece, la declaratoria di annullamento della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di Appello per il giudizio nel contraddittorio delle parti.
Secondo il rimettente, la disciplina impugnata, nel diritto vivente creatosi a seguito della sentenza delle Sezioni Unite penali n. 28954/2017, impedirebbe, in modo radicale e assoluto, il contraddittorio preliminare, precludendo in radice il giudizio in ordine alla ricorrenza o meno della causa estintiva, con conseguente violazione degli artt. 24 e 111 Cost.
Causa estintiva del reato e sentenza di appello emessa senza contraddittorio: il diritto vivente. La sentenza delle Sezioni Unite penali n. 28954/2017 richiamata dal rimettente ha ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel giudizio di appello, non è consentita la pronuncia di sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell'art. 469 c.p.p., ovvero del precedente art. 129. Ciò perché la disciplina del proscioglimento prima del dibattimento è dettata soltanto per il giudizio di primo grado e perché l'obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità non ammette pronunce de plano, atteso che il richiamo del citato art. 129 c.p.p. ad “ogni stato e grado del processo” presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio e, dunque, un giudizio in senso tecnico, ossia il dibattimento di primo grado, il processo di appello o il processo di cassazione. Solo in tali ambiti si realizza, infatti, la piena dialettica processuale fra le parti e il giudice dispone di tutti gli elementi per la scelta della formula assolutoria più favorevole per l'imputato.
La sentenza n. 28954/2017 ha, quindi, ribadito che solo un interesse concreto dell'imputato alla rinnovazione del giudizio di merito, viziato da nullità assoluta per violazione del contraddittorio, può giustificare la declaratoria di nullità e l'annullamento del provvedimento impugnato.
Ragionevole durata del processo e bilanciamento di interessi: non si può rinunciare al contraddittorio. Per la Consulta, il bilanciamento operato dal diritto vivente tra l'interesse dell'imputato ad impugnare per la mancata valutazione di cause di proscioglimento nel merito la sentenza predibattimentale d'appello, che abbia dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione senza alcun contraddittorio, ed il principio di ragionevole durata del processo non è rispettoso dell'art. 24, comma 2, e dell'art. 111, comma 2, Cost., stando all'elaborazione costituzionale del diritto di difesa e della garanzia del contraddittorio.
Il giudice delle leggi ha più volte affermato, anche di recente, che la nozione di “ragionevole” durata del processo (in particolare penale) è sempre il frutto di un bilanciamento delicato tra i molteplici – e tra loro confliggenti – interessi pubblici e privati coinvolti dal processo medesimo, in maniera da coniugare l'obiettivo di raggiungere il suo scopo naturale dell'accertamento del fatto e dell'eventuale ascrizione delle relative responsabilità, nel pieno rispetto delle garanzie della difesa, con l'esigenza pur essenziale di raggiungere tale obiettivo in un lasso di tempo non eccessivo. Sicché una violazione del principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111, comma 2, Cost. può essere ravvisata soltanto allorché l'effetto di dilatazione dei tempi processuali determinato da una specifica disciplina non sia sorretto da alcuna logica esigenza e si riveli quindi privo di qualsiasi legittima ratio giustificativa (cfr., ex plurimis, C. Cost., n. 260/2020, n. 124/2019 e n. 12/2016).
È ben vero che istituti i quali assicurano una sollecita definizione del contenzioso costituiscono attuazione di un preciso vincolo costituzionale, poiché la ragionevole durata è un connotato identitario della giustizia del processo (così C. Cost., n. 74/2022). Tuttavia, una cosa è la disciplina di un procedimento nel quale, sia pure in forma differita, è pur sempre assicurato il contraddittorio; altra cosa è l'assunzione di una decisione con una forma non prevista per il giudizio di appello, senza alcuna possibilità di recuperare il contraddittorio e avverso la quale l'unico rimedio esperibile è il ricorso per cassazione.
Il contraddittorio è essenziale anche ai fini dell'accertamento della causa estintiva del reato. I principi dettati sia dall'art. 111, comma 2, Cost., sia dall'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), delineano la ragionevole durata come canone oggettivo di efficienza dell'amministrazione della giustizia e come diritto delle parti, comunque correlati ad un processo che si svolge in contraddittorio davanti ad un giudice imparziale.
L'interesse ad impugnare per conseguire la declaratoria di nullità di una sentenza di appello di proscioglimento dell'imputato per intervenuta prescrizione emessa de plano, senza alcuna attivazione del contraddittorio tra le parti e, dunque, al di fuori di un giusto processo ex art. 111 Cost., non è, pertanto, bilanciabile con le esigenze di ragionevole durata sottese all'operatività della disciplina della immediata declaratoria delle cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p. Tanto meno il conclamato sacrificio del contraddittorio e del diritto di difesa può giustificarsi, nella prospettiva dell'utilità concreta dell'impugnazione, in base ad una prognosi di superfluità del dispiegamento di ulteriori attività processuali in sede di rinvio, volte a pervenire al proscioglimento con formula di merito. Invero, la Consulta ha già da tempo sottolineato l'essenzialità che riveste il contraddittorio, anche ai fini dell'accertamento della causa estintiva del reato (C. Cost., n. 91/1992), nonché la rilevanza dell'interesse dell'imputato prosciolto per estinzione del reato a sottoporre la mancata applicazione delle formule più ampiamente liberatorie alla verifica di un giudice di merito, piuttosto che alla Corte di cassazione (C. Cost., n. 249/1989).
La disciplina impugnata – interpretata nel senso di ritenere inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato – è, quindi, incostituzionale, per violazione degli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.
*Fonte: DirittoeGiustizia |