Le note di variazione in diminuzione IVA nella liquidazione coatta amministrativa

Fabio Gallio
19 Maggio 2022

Il presente contributo, traendo spunto da un recente chiarimento di AE, ricostruisce l'articolato contesto normativo e giurisprudenziale in merito alla possibilità di emettere note di accredito ai fini IVA da parte di un debitore assoggettato a procedura di liquidazione coatta amministrativa.
Il caso in esame

Con risp. interpello 100/2022, l'Agenzia delle Entrate si è occupata del momento a partire dal quale è possibile emettere una nota di accredito ai fini IVA, secondo la nuova normativa, nel caso in cui il soggetto debitore sia soggetto ad una procedura di liquidazione coatta amministrativa. Il dubbio è sorto in quanto la procedura di liquidazione coatta amministrativa oggetto dell'interpello non era quella prevista e disciplinata dalla l.fall., ma era stata avviata in forza dell'art. 15, commi 1 e 5-bis, DL 98/2011 (convertito con modificazioni dalla L. 111/2011).

Dal momento che la Circolare Ministeriale 17 aprile 2000 n. 77/E richiama espressamente le varie tipologie di procedure concorsuali disciplinate dalla l.fall., si è chiesto se la recuperabilità dell'IVA sia circoscritta esclusivamente all'ambito di tali procedure, con esclusione di quelle non richiamate, oppure sia estendibile anche alle altre previste da leggi diverse.

Secondo l'Agenzia delle Entrate non vi sarebbe alcun elemento contrario all'applicabilità delle nuove disposizioni contenute nell'art. 26 DPR “IVA” alla liquidazione coatta amministrativa di cui al richiamato art. 15, comma 5-bis, DL 98/2011, considerato che il mancato espresso riferimento alla stessa in precedenti documenti di prassi si basa sul fatto che questi non potevano ovviamente tenere conto di norme intervenute in un momento successivo. Del resto, sia il disposto letterale dell'art. 26 DPR “IVA”, sia la l.fall., che rimette comunque alla legislazione speciale di settore la determinazione dei casi in cui tale procedura può avere corso, il relativo iter ed i soggetti cui la stessa si applica (ad esempio, l'art. 2 l.fall. statuisce che: “La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l'autorità competente a disporla. [...]”), permettono di sostenere che la variazione in diminuzione ai fini IVA può essere effettuata anche ai sensi dell'art. 15 DL 98/2011 nelle sue varie articolazioni.

A questo punto è necessario soffermarsi sulla normativa IVA che disciplina le variazioni in diminuzione.

Il quadro normativo IVA

Si deve ricordare che le variazioni dell'IVA dovuta sono regolate dall'art. 26 DPR 633/1972.

In particolare, le principali fattispecie che consentono l'emissione delle note di variazione in diminuzione sono le seguenti:

  • dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili;
  • mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose;
  • applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente;
  • rettifica di inesattezze della fatturazione;
  • risoluzione contrattuale, relativa a contratti ad esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento di una delle due parti; tipicamente, il mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente.

Tale disposizione è stato oggetto recentemente di alcune modifiche che riguardano il momento a partire dal quale è possibile emettere una nota di accredito, qualora le procedure concorsuali, gli accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell'art. 182-bis l.fall., i piani attestati ai sensi dell'art. 67, terzo comma, lett. d), l.fall., pubblicati nel registro delle imprese, siano avviati dal 26 maggio 2021. Per gli istituti iniziati precedentemente, dovrebbero valere le precedenti interpretazioni, che si riassumono brevemente.

Le variazioni in diminuzione per istituti iniziati prima del 26 maggio 2021

Secondo l'orientamento erariale, prima delle recenti modifiche e con riferimento alle procedure iniziate prima del 26 maggio 2021, il cedente o prestatore dell'operazione può emettere la nota di variazione in diminuzione:

  • per il fallimento, in presenza di piano di riparto, in seguito alla pubblicazione del decreto con il quale il giudice delegato stabilisce tale piano (Ris. AE 120/E/2009) o, più prudentemente, decorso il termine per le osservazioni al piano di riparto (Circ. AE 77/E/2000);
  • per il fallimento, in assenza del piano di riparto, alla scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura (Ris. AE 155/E/2001 e Ris. AE 195/E/2008);
  • per il concordato preventivo liquidatorio o con continuità aziendale, con la definitività della sentenza di omologazione e con il rispetto da parte del debitore concordatario degli obblighi ivi assunti (Circ. AE 77/E/2000 e Circ. AE 8/E/2017, par 13.2). In altri termini, rileva il compimento del piano di riparto (Risp. interpello AE 113/E/2018);
  • per la liquidazione coatta amministrativa, con il decorso dei termini per l'approvazione del piano di riparto (Circ. AE 77/E/2000).

Con particolare riferimento al fallimento, l'Agenzia delle Entrate ha confermato quanto sopra (Risp. interpello AE 261/E/2020).

Relativamente, invece, agli accordi di ristrutturazione dei debiti, Agenzia delle Entrate (Risp. interpello AE 340/E/2021), ha chiarito che:

  • ciascun creditore può legittimamente procedere all'emissione della nota di variazione ai sensi dell'art. 26, comma 2, DPR “IVA” nell'anno di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti;
  • a fronte di note di variazione regolarmente emesse, il cessionario/committente è tenuto, non solo alla sola registrazione delle stesse, ma anche al riversamento della relativa imposta all'Erario;
  • fatta salva l'eventualità in cui ricorra una delle ulteriori ipotesi indicate nell'art. 26, comma 2, DPR “IVA” il cessionario/committente è invece esonerato dall'obbligo di registrazione delle note conseguenti agli stralci previsti negli accordi di ristrutturazione nel caso in cui i documenti di rettifica risultino emessi prima del decorso del dies a quo di cui all'omologazione, ovvero dopo il decorso del termine previsto dall'art. 19, comma 1, DPR 633/1972.

A questo punto, è necessario ricordare che, secondo l'Agenzia delle Entrate, la nota di variazione deve essere emessa, al più tardi, entro i termini per l'esercizio della detrazione IVA ex art. 19, comma 1, DPR 633/1972, vale a dire entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (Circ. AE 1/E/2018).

È stato infatti chiarito che "le variazioni possono essere effettuate senza limiti temporali, anche se il diritto alla detrazione dell'imposta può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si verifica il presupposto per operare la variazione in diminuzione" (Ris. AE 89/E/2002).

Si ricorda che, per effetto delle modifiche apportate all'art. 19, comma 1, DPR 633/1972 dall'art. 2, comma 1, DL 50/2017, convertito, con modificazioni, in L. 96/2017, "Il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all' anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo". A norma del successivo comma 2-bis, tale disposizione si applica alle fatture e alle bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017.

Pertanto, laddove il dies a quo per l'emissione delle note di variazione sia antecedente il 1° gennaio 2017, il diritto alla detrazione può essere esercitato "con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto"; a decorrere invece dal 1° gennaio 2017, la detrazione può essere esercitata al più tardi "con la dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto" (Risp. interpello AE 113/E/2018). In questo senso, si è espressa la Risp. interpello AE 119/E/2021.

Le recenti modifiche normative

L'art. 18 DL 73/2021, c.d. DL "Sostegni-bis" (conv. in L. 106/2021), in vigore dal 26 maggio 2021, ha modificato l'art. 26 DPR 633/72 in materia di variazione in diminuzione dell'imponibile e dell'IVA. La tematica è stata di recente affrontata dall'Agenzia delle Entrate con Circ. 20/E/2021su crediti non riscossi nell'ambito di procedure concorsuali. In particolare, la circolare citata precisa che “Il nuovo comma 3-bis […] prevede che la disposizione di cui al comma 2 si applica anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, ad opera del cessionario o committente: per le procedure concorsuali, gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all'art. 182-bis l. fall. e e i piani attestati ai sensi dell'art. 67, terzo comma, lettera d), della stessa legge fallimentare (lettera a) […]”.

Nello specifico, nella suddetta circolare si afferma che “[…] qualora il mancato pagamento sia dovuto all'assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, la variazione conseguente può essere operata, ai sensi del combinato disposto dei nuovi commi 3-bis e 10-bis, a partire dalla data di apertura della procedura concorsuale (senza quindi attenderne l'esito) ossia la data della sentenza dichiarativa del fallimento […]”.

La circolare, inoltre, precisa i termini e le modalità entro i quali il creditore deve emettere la relativa nota di variazione ai fini della detrazione dell'imposta affermando che “se il presupposto per operare la variazione in diminuzione si verifica nel periodo d'imposta 2021, la nota di variazione può essere emessa, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno 2021, vale a dire entro il 30 aprile 2022. Se la nota è emessa nel periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2022, la detrazione può essere operata nell'ambito della liquidazione periodica IVA relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa, ovvero direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all'anno 2022 (da presentare entro il 30 aprile 2023)”.

In caso di mancato pagamento a causa di procedure concorsuali, quindi, la stessa circolare prevede che:

  • la data a partire dalla quale sono consentiti l'emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, l'esercizio del diritto alla detrazione dell'IVA in capo al cedente/prestatore è quella in cui il cessionario/committente è assoggettato alla procedura stessa;
  • la data entro cui emettere la nota di variazione in diminuzione deve essere individuata nel termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione, ossia, con particolare riferimento alle procedure concorsuali, entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui viene emanata:
  • la sentenza dichiarativa del fallimento;
  • il provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
  • il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
  • il decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Resta fermo, invece, ai sensi del comma 3-bis, che tale diritto è esercitabile dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'art. 182-bis l.fall., ovvero dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell'art. 67, terzo comma, lett. d), l.fall.

La circolare, inoltre, ricorda che la data entro cui esercitare il diritto alla detrazione deve essere individuata nella data della “liquidazione periodica IVA relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione IVA relativa all'anno di emissione della nota”.

Infine, in merito alla decorrenza delle modifiche normative, è previsto che tali modifiche operino “solo con riferimento alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021, data di entrata in vigore dello stesso Decreto Sostegni-bis”.

Il momento a partire dal quale è possibile emettere la nota di accredito

La nuova versione della norma permette di superare la tesi erariale secondo la quale, nell'ambito delle procedure concorsuali, la nota di accredito deve essere emessa alla chiusura della procedura, in quanto solo in tale momento si verifica l'irrecuperabilità derivante dall'infruttuosità (così, ad esempio, la Risp. interpello 261/E/2020).

La sentenza Cass. 16 novembre 2020, n. 25896 si è espressa diversamente, occupandosi del caso della necessità o meno dell'emissione da parte del cedente o prestatore di servizio di emettere una nota di variazione IVA nei confronti di un soggetto sottoposto a fallimento, e del momento a partire dal quale è possibile effettuare la relativa rettifica.

In particolare, la causa era sorta in quanto l'amministrazione finanziaria, attraverso la notifica di una cartella di pagamento, aveva disconosciuto la detrazione IVA effettuata in dichiarazione da una società a seguito del fallimento del proprio cliente, senza emettere una nota di variazione, come previsto dall'art. 26 DPR 633/1972, e senza aspettare la chiusura della procedura fallimentare. La Suprema Corte ha accolto il ricorso di parte contribuente, sostenendo il seguente principio: "In tema di iva, è illegittima la pretesa del fisco di ottenere l'imposta dal cedente o dal prestatore che non abbia fatto ricorso al meccanismo previsto dall'art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 per mancato pagamento a causa di procedure concorsuali rimaste infruttuose, qualora questo meccanismo sia stato utilizzato dal cessionario o committente, e sia stato eliminato in tempo utile il rischio di perdita di gettito per l'erario".

Tale pronuncia è importante, in quanto ritiene che, anche per gli istituti iniziati prima del 26 maggio 2021, non è necessario attendere la chiusura della procedura concorsuale per effettuare la rettifica IVA. Per accordare il diritto alla riduzione della base imponibile, infatti, sarebbe sufficiente che il soggetto passivo evidenzi l'esistenza di una probabilità ragionevole che il debito non sia saldato, anche a rischio che la base imponibile sia rivalutata al rialzo nell'ipotesi in cui il pagamento avvenga comunque. E ciò proprio perché la certezza della definitiva irrecuperabilità del credito può essere acquisita, in pratica, solo dopo alcuni anni. Per giustificare tale conclusione, è stata citata dai giudici di legittimità la C.Giust. UE 23 novembre 2017 (causa C-246/16) che ha stabilito che “l'art. 11, parte C, par. 1, comma 2, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro non può subordinare la riduzione della base imponibile dell'iva all'infruttuosità di una procedura concorsuale qualora una tale procedura possa durare più di dieci anni”. Se tale rettifica non fosse concessa, infatti, si costringerebbero altrimenti gli imprenditori italiani a sopportare, nei casi di mancato pagamento di una fattura, uno svantaggio in termini di liquidità rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri, idoneo a compromettere l'obiettivo di armonizzazione fiscale perseguito dalla sesta direttiva.

Tale tesi è in linea con quanto sostenuto anche da parte della dottrina (AIDC Milano, denuncia 6 maggio 2019 n. 13) e della giurisprudenza (CTP Vicenza 17 aprile 2019 n. 145/2/19 – sent.), le quali ritengono che il riconoscimento del diritto all'emissione della nota di variazione e, conseguentemente, della detrazione dell'IVA può avvenire precedentemente ai momenti sopra individuati, e, in particolare, ogniqualvolta il cedente/prestatore ravvisi "con ragionevole certezza" che il credito non potrà essere incassato, giustificando il tutto, ad esempio, mediante attestazione del curatore che attesti l'irrecuperabilità del credito.

Per superare tali problematiche che non agevolano gli operatori, è stata cambiata la relativa normativa, che ha permesso anche allo Stato italiano di adeguarsi ai principi sanciti dalla Corte di Giustizia europea, secondo la quale, tra l'altro, deve essere permessa all'operatore economico la riduzione della base imponibile dell'IVA, qualora lo stesso possa dimostrare che il credito da egli vantato nei confronti del suo debitore risulta definitivamente irrecuperabile (C.Giust. UE 11 giugno 2020, C-146/19).

Conclusioni

Come sopra esposto, il legislatore italiano ha modificato l'art. 26 D.P.R. 633/1972 per anticipare il recupero dell'IVA non pagata dai cessionari o committenti sottoposti a procedure concorsuali, consentendo ai fornitori di soggetti in crisi di recuperare l'IVA, con l'emissione di note di variazione in diminuzione dell'imponibile e dell'imposta o con le annotazioni in rettifica nei registri IVA delle fatture emesse o dei corrispettivi e nel registro degli acquisti, a partire dalla data in cui i debitori sono assoggettati a procedure concorsuali, senza attenderne l'esito negativo.

Ciò costituisce indubbiamente una semplificazione per gli operatori.

Come precisato, ad esempio, da Assonime con Circ. 15 marzo 2022 n. 10, gli stessi creditori non si troveranno costretti a partecipare alla procedura fallimentare, ai fini del recupero dell'IVA, anche nei casi in cui già sia ampiamente prevedibile che avrebbe un esito negativo.

In tale contesto normativo, infatti, si deve ritenere superato l'orientamento dell'Agenzia delle entrate, basato sulla precedente formulazione normativa, secondo cui la nota di variazione in diminuzione è emessa in subordine alla “necessaria partecipazione del creditore al concorso”. Ciò è stato riconosciuto dalla Circ. Agenzia Entrate 20/E/2021, di cui sopra, con la precisazione che “l'emissione della nota di variazione in diminuzione (a decorrere dalla data di avvio della procedura concorsuale) e, conseguentemente, la detrazione dell'imposta non incassata, non risulti preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l'insinuazione al passivo del credito corrispondente”.

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