Riforma processo civile: una prima lettura dell'innovato art. 403 c.c. (Parte II)
19 Maggio 2022
La legge delega di riforma del processo civile (l. 206/2021) ha introdotto taluni istituti destinati ad entrare in vigore nei successivi centottanta giorni dalla pubblicazione di essa sulla Gazzetta Ufficiale. Tra di essi spicca la radicale riforma apportata alla previsione normativa in tema di allontanamento minorile dalla famiglia ad opera della pubblica autorità (art. 403 c.c., come innovato dall'art. 1, comma 27, l. 206 cit.). Il testo originario della norma appariva monco e gravemente lacunoso sotto il profilo procedurale, dato che il legislatore non aveva delineato il procedimento da seguire a seguito del provvedimento di allontanamento familiare disposto della pubblica autorità, né erano stati previsti termini di intervento della giurisdizione. Per quanto talune lungimiranti interpretazioni avessero suggerito di rendere il provvedimento di allontanamento suscettibile di conferma da parte del T.M. (Trib. Min. Bologna 13 gennaio 2011 n. 18, est. Stanzani, in Dir. Giust., 2011, che aveva disposto l'immediato ricollocamento del minore in famiglia, previa revoca del provvedimento ex art. 403 c.c.). L'esigenza di una riforma era da tempo avvertita, come evidenzia la p.d.l. A.C. 4299, di iniziativa dell'on. Agostinelli ed altri, presentata alla Camera in data 15 febbraio 2017, avente ad oggetto la modifica del testo dell'art. 403 c.c. Le gravi lacune normative sono state alfine colmate grazie alla novellazione del 2021 che ha aggiunto sette nuovi commi all'art. 403 c.c., introducendo una procedura giurisdizionale scadenziata da termini perentori, oltre ad averne svecchiato i presupposti sostanziali.
Fonte: ilprocessocivile.it Presupposti sostanziali
La novella è anzitutto intervenuta sul testo originario con riguardo ai presupposti riguardanti l'intervento urgente di allontanamento minorile («quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in ambienti insalubri o pericolosi, o da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione»). Il nuovo testo normativo ha mantenuto il riferimento all'abbandono morale o materiale del minore (già presente nel testo originario), tuttavia espungendo i vetusti ed inattuali riferimenti all'insalubrità degli ambienti di allevamento ed alla presenza di persone incapaci di educare, mediante introduzione di una nuova formula lessicale concernente l'esposizione del minore «nell'ambiente familiare a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica» in presenza di una situazione di «urgenza di provvedere». Il legislatore ha conservato il riferimento alla situazione di «abbandono morale o materiale» del minore, che costituisce identico presupposto della dichiarazione di adottabilità, che è riscontrabile quando il minore sia «privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori» (di cui all'art. 8 l. 184/1983); ovvero, «quando la situazione familiare sia tale da compromettere in modo grave ed irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino» (ad es., da ultimo, Cass. civ., 6 settembre 2021, n. 24059; Cass. civ., 17 febbraio 2021, n. 4220). La condizione del minore abbandonato ex art. 403 c.c. è «prodromica all'affidamento». In quest'ottica, la nuova formulazione sembra accentuare la protezione della personalità individuale del minore, tutelato contro aggressioni provenienti dalla famiglia; siano queste di natura fisica (quali, ad es. abusi sessuali), ovvero, psichica (consistenti in forti condizionamenti psicologici del minore in grado influire sulla sua personalità; si pensi, ad es., alle forti influenze che possono talvolta derivare dall'appartenenza ad una famiglia che si riconosce nei principi dell'islam radicale, ovvero, a famiglie criminali, impeditive di un armonico sviluppo minorile) provenienti dalla famiglia e, in particolare, dai genitori, da entrambi, o da uno di essi (si pensi al padre abusante o maltrattante), come ha cura di precisare il comma 2. Alla finalità prevalentemente descrittiva riscontrabile nel testo originario, che richiamava il degradato contesto familiare nel quale viveva il minore, il legislatore ha preferito modernamente privilegiare una nuova prospettiva; quello rivolta alla tutela della persona dello stesso nell'ottica di garantirne in modo completo un equilibrato sviluppo ed una crescita personale, scevra da condizionamenti o pregiudizi scaturenti da un nucleo familiare non idonei a garantire prospettive di sviluppo equilibrato ed anzi pregiudizievole. In un'ottica di salvaguardia della personalità del minore. Il legislatore non è, invece, intervenuto per meglio dettagliare la collocazione provvisoria del minore destinato ad essere provvisoriamente posto in «un luogo sicuro». Tale individuazione continua ad essere rimessa all'esclusiva discrezionalità dei servizi sociali locali. Non è stata accolta la proposta (A.C. 4299) che rimetteva ai s.s. di «valutare in via prioritaria la possibilità di collocazione del minore presso i parenti entro il quarto grado». Innovazioni procedurali
La novella pone precise garanzie formali sotto il versante procedurale. L'assenza di un raccordo tra provvedimento di allontanamento disposto dalla p.a. e verifica giurisdizionale in passato aveva posto il testo codicistico in stridente contrasto con garanzie formali e tutele indispensabili. D'altro canto, la lacuna iuris rendeva arbitri del procedimento i servizi sociali, col più che scoperto rischio di abusi e prevaricazioni in danno del minore e della famiglia, tutte le volte in cui l'allontanamento fosse basato su labili elementi indiziari, solo sommariamente riscontrati dai s.s., in assenza di qualsivoglia verifica giurisdizionale. All'assenza delle garanzie proprie della giurisdizione si è alfine posto rimedio grazie al nuovo procedimento introdotto dalla novella, che ha previsto un'assai opportuna triangolazione istituzionale tra le autorità che si occupano di infanzia abbandonata, quali; pubblica autorità procedente, p.m. minorile, Tribunale per i minorenni, Corte d'appello in sede di reclamo. Il procedimento è stato articolato prevedendo una procedura di convalida da parte del tribunale minorile del provvedimento di allontanamento, ad istanza del p.m. minorile, coniugato al riscontro del rispetto di termini perentori previsti nel compimento e la comunicazione degli atti del procedimento di allontanamento; termini posti a pena di inefficacia dell'allontanamento medesimo (art. 403, comma 7, c.c.), nell'ottica di garantire una tempestiva pronunzia giurisdizionale definitiva su una disposizione foriera di effetti potenzialmente destabilizzanti sul minore, la famiglia e le relazioni famigliari. Fase avanti al p.m. minorile
La pubblica autorità che ha adottato il provvedimento di allontanamento familiare è tenuta a dare (un inedito) «immediato avviso orale al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni» (comma 2). Poi, nelle ventiquattro ore successive al collocamento, alla medesima autorità vanno comunicati gli atti, consistenti nel provvedimento di allontanamento, la documentazione a corredo ed una «sintetica relazione» descrittiva. Il rispetto del termine di trasmissione al p.m. degli atti nelle 24 ore successive al collocamento è testualmente posta a pena di inefficacia del provvedimento (comma 7). Nell'ottica garantista onde evitare di lasciare privo di controllo giurisdizionale un provvedimento di sì rilevante delicatezza, appare utile ed opportuno l'obbligo di immediato avviso orale al p.m. con successiva trasmissione degli atti. In tal modo, la trasmissione del provvedimento consente al p.m. minorile di compiere celermente, quasi nell'immediatezza del collocamento, un primo sommario vaglio di legittimità sui presupposti dell'allontanamento, come pure sul rispetto del termine di trasmissione della documentazione. La norma di nuovo conio (di cui al terzo comma), già in questa sede, può permettere al p.m. di disporre la «revoca del collocamento», quando riscontri dalla mera lettura dei documenti l'assenza dei presupposti sostanziali ex primo comma, ovvero, il mancato rispetto del termine di trasmissione. Laddove non venga disposta revoca della misura, nelle settantadue ore successive (termine decorrente, parrebbe, dalla ricezione degli atti, di cui al comma 2), il p.m., a pena di inefficacia del collocamento stesso (comma 7), è tenuto a richiedere al tribunale per i minorenni la convalida del provvedimento di allontanamento (comma 3). Una volta effettuati gli accertamenti del caso (come ha cura di precisare la disposizione di nuovo conio; il p.m. in tale frangente potrebbe «assumere informazioni»), l'inquirente è tenuto ad avanzare ricorso per convalida al t.m., depositando in cancelleria la documentazione a sostegno della richiesta. Non è previsto che il p.m. possa modificare il provvedimento di collocamento. Fase ante udienza al tribunale minorile
Una volta depositata istanza di convalida, segue un'ulteriore forma di controllo sull'allontanamento. Nelle successive quarantotto ore il tribunale per i minorenni è tenuto a compiere taluni adempimenti, il primo dei quali essenziale, dovendo: 1) «provvedere alla richiesta di convalida»; 2) «nominare il curatore speciale del minore»; 3) «nominare il giudice relatore»; 4) «fissare l'udienza di comparizione delle parti innanzi a questo entro il termine di quindici giorni». Il primo di questi adempimenti, riservato al presidente del t.m. o ad un giudice da lui delegato, è essenziale. Esso consiste in un'ulteriore forma di controllo sulla legittimità del provvedimento di collocamento extra familiare minorile. In tal caso, la verifica del temporaneo collocamento (che in questa sede potrebbe venire, appunto, revocato, laddove, ad es., non fossero state rispettate le scansioni temporale ex comma 7, da parte della pubblica autorità o dal p.m.) va compiuta in termini celeri (entro 48 ore). La verifica avviene allo stato degli atti, senza possibilità di compiere alcuna forma di approfondimento istruttorio (o di assunzione di informazioni) e pertanto mediante semplice controllo cartolare, sulla scorta degli atti e documenti prodotti. Il decreto di convalida da parte del giudice monocratico minorile va adottato nelle successive quarantott'ore, termine (pare) posto a pena di inefficacia della misura. Dato che, a termine del comma 7, il provvedimento della p.a. diviene inefficace se «i decreti del t.m.» non sono assunti in modo tempestivo, perciò la norma, lessicalmente (usando il sostantivo «decreti» al plurale), parrebbe attingere, non solo il provvedimento decisorio emesso a seguito di udienza, ma anche quello provvisorio del giudice monocratico. Il decreto del t.m. di fissazione dell'udienza va comunicato al p.m. (come pure all'autorità che ha emesso il provvedimento di collocamento) (comma 4). A cura del p.m. (anche tramite p.g.), sono disposte le notifiche di ricorso e decreto di fissazione d'udienza, in particolare agli: 1) esercenti la responsabilità genitoriale ed 2) al curatore speciale del minore (comma 4). Parti del procedimento di convalida sono solo queste due, oltre al p.m., non anche l'autorità che ha disposto il collocamento, che potrebbe essere chiamata a rendere «informazioni» in udienza. L'omessa notifica al minore tramite il suo curatore speciale, minore che è parte formale del procedimento (come si afferma con riguardo ai procedimenti de potestate: Cass. civ., 6 marzo 2018, n. 5256; Cass. civ., 6 dicembre 2021, n. 38719), rende il giudizio affetto da nullità rilevabile d'ufficio. Udienza e decreto
All'udienza che si svolge avanti al t.m. l'attività istruttoria viene espletata dal giudice relatore, che interroga direttamente il minore, le parti e può assumere informazioni. La decisione compete collegialmente al tribunale per i minorenni. In udienza vanno ascoltati i genitori del minore e, laddove possibile, il minore stesso. Con riguardo a quest'ultimo, va ascoltato il minore che abbia compiuto i dodici anni di età ed anche il minore di età inferiore, «in considerazione della sua capacità di discernimento» (art. 336-bis, comma 2, c.c.; art. 10, comma 5, l. 184/1983, con riguardo al procedimento per la dichiarazione di adottabilità). Per quanto non vi sia un richiamo specifico nel testo novellato, nulla sembra vietare che «prima di procedere all'ascolto il giudice (possa) informa(re) il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto», come previsto per l'ascolto del minore nel procedimento de potestate (art. 336-bis, comma 3, c.c.) Il procedimento di convalida soggiace al rito camerale e si conclude con pronunzia di decreto (ex art. 742 c.p.c., il decreto non forma giudicato, dato che lo stesso è in ogni momento revocabile o modificabile), con cui il t.m. «conferma, modifica o revoca il decreto di convalida» (comma 4). Laddove il provvedimento di allontanamento venga revocato, il t.m. può «adottare provvedimenti nell'interesse del minore» (quale, ad es., l'affidamento familiare) e, laddove sia instaurato un procedimento de potestate, egli «dà le disposizioni per l'ulteriore corso del procedimento». Il decreto decisorio del t.m. va adottato «entro i quindici giorni successivi», termine decorrente dall'udienza o, meglio, rispetto all'ultima udienza (in caso di rinvio del procedimento) tenutasi per la convalida. Determinare l'esatta decorrenza del termine quindicinale è significativo, dato che il ritardo nella decisione, anche in tal caso, determina l'inefficacia dell'allontanamento (comma 7). Agli effetti del rispetto del termine, sembra rilevante la data di deposito del provvedimento giurisdizionale in cancelleria, non la successiva attività di comunicazione esplicata a cura della stessa (art. 136 c.p.c.); quest'ultima attività è rilevante unicamente agli effetti del decorso del termine per il reclamo (come emerge dal comma sesto, su cui infra). Impugnazione
Come emerge trasparente dal tenore del comma sesto, la legittimazione all'impugnazione compete agli esercenti la responsabilità genitoriale, al curatore speciale del minore ed al p.m., ovvero a quanti hanno assunto qualità di parte nel procedimento di convalida. Contro il decreto pronunziato dal t.m. le parti possono proporre «reclamo alla corte d'appello ai sensi dell'art. 739 c.p.c.». La corte «provvede entro sessanta giorni dal deposito del reclamo» (comma sesto). Non è sicuro se, il mancato rispetto del termine di decisione del reclamo da parte della corte d'appello, sezione minorile, determini cessazione di efficacia della misura ex comma 7 o se tale termine rivesta natura ordinatoria. Un'interpretazione logica e teleologica, fondata sull'esigenza di garantire una celere pronunzia della giurisdizione sul collocamento minorile, pare escludere l'applicabilità della sanzione di inefficacia; tanto più che la Corte d'appello chiamata a decidere sul reclamo non si identifica col «tribunale per i minorenni», i cui decreti decisori sono i soli che soggiaciono alla sanzione di inefficacia. La corte decide con decreto in applicazione del rito camerale (art. 739, comma 1, c.p.c.). Non sono previsti approfondimenti istruttori, né audizione del minore. Neppure è ammessa ulteriore impugnazione del decreto pronunziato dalla corte (art. 739, comma 3, c.p.c., la cui disposizione espressamente lo esclude). Diverso è il regime giuridico del decreto de potestate pronunziato dalla corte. Solo quest'ultimo provvedimento è suscettibile di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., data la sua incidenza su diritti personalissimi di rango costituzionale, in quanto dotato di carattere decisorio e definitivo (Cass. civ., 21 novembre 2016, n. 23633, in Foro it., 2016, I, 3749, con nota di Casaburi; Cass. civ., 24 gennaio 2020, n. 1668; Cass. civ., 5 maggio 2021, n. 11786; Cass. civ., 4 gennaio 2022, n. 82). Riferimenti
C.M. Bianca, Diritto civile la famiglia, Milano, 2014, IV° ed., 415 ss.; Mir. Bianca,Osservazioni sulla proposta di modifica dell'art. 403 c.c., in materia di intervento della pubblica autorità a favore di minori A.C. 4299,in Giudicedonna.it., 2/3, 2017; Villa, Coscone,Il nuovo art. 403 c.c: una prima lettura, inMinori fam., gennaio 2022; Masoni,Riforma processo civile: persistente vigenza dell'art. 403 c.c. (parte I), in ilprocessocivile.it. |