Gli atti depositati oltre le ore 12 dell'ultimo giorno utile, in vista dell'udienza pubblica o della camera di consiglio, sono davvero tardivi?

Lorenzo Baldin
26 Maggio 2022

Il tema relativo alla tempestività (o meno) degli atti depositati telematicamente oltre le ore 12 dell'ultimo giorno utile in vista di una udienza camerale o pubblica è ancora lungi dall'essere risolto. Vi è, infatti, ancora un netto contrasto fra chi considera tali atti ammissibili e chi, per converso, li ritiene tardivi.
Introduzione. La sentenza

L'annoso tema relativo alla tempestività (o meno) degli atti depositati telematicamente oltre le ore 12 dell'ultimo giorno utile in vista di una udienza camerale o pubblica è – purtroppo per tutti gli operatori del processo amministrativo – ancora lungi dall'essere risolto. A sei anni dall'introduzione della nuova versione dell'art. 4, ultimo comma, del titolo I dell'allegato II del d.lgs. 104/2010 (come sostituito dall'art. 7, c. 2, lett. b) del d.l. 31 agosto 2016, n. 168 (conv. con mod. dalla l. n. 197/2016, a decorrere dal 1° gennaio 2017), vi è ancora un netto contrasto fra chi considera tali atti ammissibili e chi, per converso, li ritiene tardivi.

La questione ha oramai assunto un rilievo tale da suscitare l'attenzione di moltissimi commentatori*, ma non ha ancora trovato soluzione nella sede che sarebbe sua propria, vale a dire nell'ambito di un (auspicabilissimo) intervento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Nel frattempo, nell'ambito di uno snodo procedurale che dal punto di vista pratico ha rilevanza centrale, si assiste ad una situazione di totale spaesamento. Moltissimi Avvocati, in ragione di ciò, si vedono costretti a depositare entro le ore 12.00 pur nutrendo dubbi sull'effettiva cogenza del relativo obbligo, ma devono dissimularli come il protagonista di un antico proverbio persiano, al quale fu detto “se a mezzogiorno il re ti dice che è notte fonda, tu contempla le stelle” (F. Sabahi, “Noi donne di Teheran”, Milano, 2013, p. 32).

Ne è dimostrazione la recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 aprile 2022, n. 2650.

Nella controversia decisa, il Collegio ha rigettato l'appello avverso la sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, Sez. III, n. 11483/2020, resa nei confronti di una Società che aveva impugnato provvedimenti dell'AGCOM volti al recupero del contributo dovuto dagli operatori del settore editoria e servizi di media audiovisivi per le annualità dal 2008 al 2012.

Il Collegio, nel rigettare l'appello avverso la sentenza del TAR (a sua volta di esito sfavorevole al privato) ha tuttavia ritenuto di “rilevare la fondatezza dell'eccezione di tardività della memoria della difesa erariale in quanto depositata alle ore 12.53 dell'ultimo giorno utile, atteso che, per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 17 febbraio 2021, n. 1457), il deposito con il processo amministrativo telematico (PAT) è possibile fino alle ore 24.00, ma, se effettuato l'ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dal comma 1 dell'art. 73 del D.Lgs. n. 104/2010, ove avvenga oltre le ore 12:00 (id est, l'orario previsto per i depositi prima dell'entrata in vigore del PAT), si considera - ai soli fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche - effettuato il giorno successivo, ed è dunque tardivo”. La memoria in questione è stata quindi del tutto stralciata, senza tenerne conto ai fini della decisione.

Neppure è stata concessa, alla parte resistente, la sanatoria della tardività per errore scusabile, la quale viene accordata in molti casi proprio in ragione del palese contrasto fra due orientamenti giurisprudenziali diametralmente opposti formatisi sul tema (Cfr., fra le tante, Cons. St., sez. III, 17 novembre 2020 n. 7142, TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 12 gennaio 2021 n. 11 e sez. I, 7 maggio 2021 n. 455; nonché Cons. giust. amm., Sez. Giur., 7 giugno 2018, n. 344; Cons. St., Sez. III, 24 maggio 2018, n. 3136; Cons. St., Sez. IV, 23 novembre 2021 n. 7850).

A dispetto di quanto si legge nella sentenza commentata, in effetti, la posizione assunta dal Collegio è tutt'altro che consolidata, persino nella stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato:

In senso conforme alla sentenza commentata, ovvero nel senso della inammissibilità di tali atti, si è espresso Cons. St., sez. II, 28 ottobre 2021, n. 7242 e 14 giugno 2021, n. 4565; Id., sez. IV, 4 marzo 2021, n. 1841, in Foro it., 2021, 6, III, 346; Id., sez. VI, 17 febbraio 2021, n. 1457; Id., sez. III, 15 febbraio 2021, n. 1327, in Foro amm., 2021, 2, 258; Id., sez. V, 2 febbraio 2021, n. 961, in Foro amm., 2021, 2, 268; Id., sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1137; Id., sez. VI, 2 ottobre 2019, n. 6621; Id., sez. VI, 7 maggio 2019, n. 2921; Id., sez. V, 2 agosto 2018, n. 4785; Id., sez. III, 24 maggio 2018, n. 3136.

In senso difforme, volto a ritenere ammissibili atti depositati oltre le ore 12.00 dell'ultimo giorno utile in vista di un'udienza pubblica o di una camera di consiglio già fissata, purché entro le ore 24.00, Cons. St., sez. III, 17 novembre 2020, n. 7142; Id., sez. IV, 15 luglio 2019, n. 4955; Id., sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3419 e 1° giugno 2018, n. 3309, oltre alle altre sentenze citate nel testo del presente contributo.



*Fra i contributi più importanti sul tema si annoverano quelli di:

L. Viola, “I diversi modi di guardare al P.A.T. e le strategie di adattamento dell'ambiente forense”, in Lexitalia.it, n. 4/2018;
L. Viola, A. Dapas, “Il P.A.T.: disorientamenti giurisprudenziali (e normativi) in materia di termini di deposito degli atti”, in “Urbanistica e Appalti” vol. 2/2018, p. 229 e ss.;
F. Novario, “Processo civile Telematico (con cenni sul processo amministrativo telematico)”, Torino, 2017, pagg. 273 e ss;
D. Anselmi, “Il deposito telematico”, in F. Freni - P. Clarizia, “Le novità del processo amministrativo telematico”, Milano, 2017, 64 e “La digitalizzazione del processo amministrativo prima e dopo la pandemia. Dieci proposte per migliorarlo”, articolo edito sul sito web dell'Associazione Avvocati Amministrativisti Liguri “Carlo Raggi”;
P. Provenzano, “Memorie difensive e note di udienza: quando devono ritenersi inammissibili?” in “lamministrativista.it”;
V. Varone, “Chiarimenti sul termine per il deposito telematico di atti in scadenza”, in “ilprocessotelematico.it”,
I.S.I. Pisano, “Commento all'art. 4 disp. att.”, in R. Chieppa (a cura di), “Codice del processo amministrativo”, Milano, 2017, p. 840.

La disposizione

La disposizione di cui all'art. 4 citato presenta indubbi profili problematici, dovuti probabilmente ad un eccesso di sintesi o, secondo quanto rilevato da avveduta dottrina, ad una formulazione di qualità opinabile (Cfr. L. Viola, “I diversi modi di guardare al P.A.T. e le strategie di adattamento dell'ambiente forense”, in “Lexitalia.it”, n. 4/2018, che lamenta sul punto “una formulazione normativa di pessima fattura”, nonché L. Viola, A. Dapas, “Il P.A.T.: disorientamenti giurisprudenziali (e normativi) in materia di termini di deposito degli atti”, in “Urbanistica e Appalti” vol. 2/2018, p. 229 e ss.).

Tale norma, rubricata “Orario” così recita: “1. Le segreterie sono aperte al pubblico nelle ore stabilite dal presidente del tribunale amministrativo regionale, della sezione staccata, del Consiglio di Stato e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana. Nei casi in cui il codice prevede il deposito di atti o documenti sino al giorno precedente la trattazione di una domanda in camera di consiglio, il deposito deve avvenire entro le ore 12.00 dell'ultimo giorno consentito. Nei casi in cui il codice prevede termini calcolati in ore le segreterie danno atto dell'ora di deposito degli atti e dei provvedimenti giurisdizionali e adeguano gli orari di apertura degli uffici. È assicurata la possibilità di depositare con modalità telematica gli atti in scadenza fino alle ore 24:00 dell'ultimo giorno consentito. Il deposito è tempestivo se entro le ore 24:00 del giorno di scadenza è generata la ricevuta di avvenuta accettazione, ove il deposito risulti, anche successivamente, andato a buon fine. Agli effetti dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche il deposito degli atti e dei documenti in scadenza effettuato oltre le ore 12:00 dell'ultimo giorno consentito si considera effettuato il giorno successivo”.

Il comma 4° reca una aporia intrinseca piuttosto evidente. Il primo ed il secondo periodo consentono di depositare gli atti in scadenza lungo tutto l'arco della giornata.
L'ultimo periodo invece, sia pure “agli effetti dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche” stabilisce una posticipazione al giorno successivo degli effetti del deposito di tutti quegli atti e documenti che - pur essendo inseriti nel fascicolo entro le ore 24 del giorno di scadenza (esattamente come quelli di cui al primo periodo) - sono però depositati oltre le ore 12.00. Per la sua confusa formulazione, la norma ha dato adito, come si anticipava, ad un insanabile contrasto interpretativo, inquadrabile e sintetizzabile in due opposti filoni.

Per una più compiuta disamina del panorama giurisprudenziale si rinvia a L. Viola, A. Dapas, “Il P.A.T.: disorientamenti giurisprudenziali (e normativi) in materia di termini di deposito degli atti”, cit., nonché, degli stessi Autori, “Ancora disorientamenti giurisprudenziali in materia di orari di deposito degli atti dopo il P.A.T. (commento a

Consiglio di Stato, Sez. III, 24 maggio 2018, n. 3136

)”, in “Urbanistica e appalti”, 5/2018, p. 630 e ss. Secondo gli Autori, invero, le posizioni assunte dalla giurisprudenza sarebbero più sfumate, pur potendosi ascrivere alla dialettica generale fra i due poli descritti. Il primo orientamento, in sintesi, è quello graniticamente volto a ritenere tardivi gli atti pomeridiani dell'ultimo giorno, il secondo è rappresentato da quello liberale. Il terzo, pur non discostandosi dal primo, non consente alla parte che ‘subisce' il deposito tardivo di chiedere il rinvio dell'udienza, ma attribuisce all'autore dello stesso di domandare al Collegio la rimessione in termini. Sul punto, gli Autori segnalano che “appare veramente arduo individuare la norma o il principio giustificativo di una simile soluzione; sostanzialmente inutile appare, infatti, il rinvio all'istituto dell'errore scusabile (forse l'unica giustificazione possibile) che non è, in alcun modo, richiamato nella sentenza e che appare molto lontano da una sistematica che prescinde del tutto da considerazioni in ordine alla “giustificabilità” o incolpevolezza del deposito tardive”. Per di più siffatto sistema sarebbe assai sfavorevole ai soggetti contraddittori, che “sarebbero quindi danneggiati tre volte; dalla riduzione del termine a difesa derivante dal deposito tardivo; dal superamento di una sanzione processuale (l'impossibilità di tenere conto del deposito tardivo) non giustificato da una qualche norma processuale; e dal rinvio dell'udienza di discussione che viene richiesto dallo stesso autore della violazione della norma processuale (con il conseguenziale rischio di comportamenti opportunistici)”.

L'indirizzo restrittivo e le ragioni di fondo

Secondo l'orientamento seguito dalla sentenza in commento, restrittivo ed in linea con le prime letture dottrinali della disposizione, “l'apparente antinomia, rilevabile tra il primo ed il terzo periodo dell'art. 4, comma 4, disp. att. c.p.a., va risolta nel senso che il termine delle ore 24.00 per il deposito degli atti di parte vale solo per quegli atti processuali che non siano depositati in vista di una camera di consiglio o di un'udienza di cui sia (in quel momento) già fissata o già nota la data; invece, in presenza di una camera di consiglio o di un'udienza già fissata, il deposito effettuato oltre le ore 12.00 dell'ultimo giorno utile è inammissibile” (Cons. Stato, sez. III, 24 maggio 2018, n. 3136).

La disposizione, in realtà, contemplerebbe quindi due diverse fattispecie. La prima, di cui al primo periodo, disciplinerebbe ordinariamente la possibilità di depositare la generalità degli atti entro le ore 24.00. La seconda, quella di cui all'ultimo periodo, sarebbe norma rivolta a limitare entro le ore 12.00 il deposito di atti e documenti in scadenza rispetto ad una udienza pubblica/camera di consiglio già fissata. Quindi la regola di cui al “nuovo” ultimo comma, ultimo periodo, dell'art. 4 sarebbe in linea di sostanziale continuità rispetto a quella vigente antecedentemente all'istituzione del processo amministrativo telematico, in forza della quale era consentita la possibilità di depositare gli atti in scadenza entro le ore 12 dell'ultimo giorno consentito. Perciò aderire alla tesi restrittiva implica considerare, nella sostanza, la presenza di una sostanziale compressione di dodici ore dei termini a ritroso di cui agli artt. 73 e 55 c.p.a., e, secondo una tesi dottrinale, aprire ad una interpretatio abrogans di quanto statuito dal primo periodo della stessa norma.

Diverse sono le argomentazioni a sostegno di tale impostazione, che si possono di seguito riassumere così:

1) l'art. 4, comma 4, ultimo periodo andrebbe letto in combinato disposto con gli artt. 73, comma 1, e 55, comma 5 c.p.a., che fissano termini a ritroso perentori, presidiati dalla rilevabilità anche d'ufficio della loro violazione (Cfr., in termini, TAR Umbria, Sez. I,05.12.2017, n. 747).
Pertanto, a fronte della natura dei termini fissati dai due articoli predetti, considerato che un deposito effettuato oltre le ore 12 viene qualificato dalla legge come “effettuato il giorno successivo” sarebbe logico dedurne l'inammissibilità. Non essendo previsti termini a ritroso nel caso del deposito dei ricorsi introduttivi, è perfettamente valido il deposito degli stessi effettuato in orario pomeridiano;

2) il termine posto dal quarto comma, ultimo periodo, nel prevedere un termine perentorio, sarebbe posto a “garanzia del contraddittorio tra le parti e della corretta organizzazione del lavoro del Collegio giudicante”, in quanto permetterebbe un tempo minimo al giudice (e alla parte interessata a contraddire) per lo studio degli atti (e per la formulazione di difese in vista dell'udienza, anche camerale), soprattutto in vista della trattazione di affari cautelari. Tantopiù ciò sarebbe vero in presenza del rito accelerato di cui all'art. 119 del c.p.a., ove i termini processuali ad hoc sono dimidiati (Così TAR Lazio, Roma, Sez. III-quater, 13.01.2022, n. 346);

3) aderire alla diversa tesi di stampo più “liberale”, di cui si darà atto subito sotto, costringerebbe a ritenere che il deposito pomeridiano comporti lo slittamento dei termini successivi, con gravi conseguenze in termini di stimolo a comportamenti opportunistici e tattiche dilatorie lesivi del valore della ragionevole durata del processo (in pratica, una delle parti potrebbe ‘lucrare' sull'avversario deposito pomeridiano di memoria ex art. 55 comma 5 c.p.a. per chiedere uno slittamento dell'udienza camerale, lamentando la mancanza dei termini a difesa, e lo stesso potrebbe verificarsi in caso di udienza pubblica ex art. 73 c.p.a.) (Cons. Stato, Sez. IV, 13.02.2020

,

n. 1137);

4) non potrebbe darsi credito alla tesi liberale anche in quanto la norma di cui all'ultimo comma non pospone la decorrenza iniziale dei termini a difesa al giorno successivo, ma contiene un riferimento più vago ai termini a difesa, “con espressione non del tutto univoca”. Alla stregua della tesi più liberale l'intervento normativo sarebbe motivato dall'intento di regolare solo ipotesi particolarissime, come quella del termine per l'istanza di fissazione dell'udienza, o ipotesi almeno in parte controverse, come quella sulla decorrenza del termine per i motivi aggiunti, ovvero i soli casi in cui un deposito determinerebbe, già in base ad altre disposizioni del codice del processo amministrativo, la decorrenza di un termine a difesa;

5) Proprio le considerazioni da ultimo spiegate, basate sulla necessità di garantire “un precetto di ordine pubblico sostanziale a tutela del principio del contraddittorio e dell'ordinato lavoro del giudice” (così TAR Lazio, Roma, sez. III-quater, 13.01.2022, n. 346)avrebbero spinto il legislatore a mantenere intatta, anche a valle dell'introduzione del PAT, la regola per la quale non è consentito tenere in considerazione atti depositati dopo le ore 12 dell'ultimo giorno utile (TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 8.06.2018, n. 1446).

L'indirizzo liberale e le ragioni di fondo

Secondo l'orientamento più liberale, l'effetto della norma non comporta la tardività dei depositi pomeridiani effettuati l'ultimo giorno utile.

Piuttosto, la disposizione disegna un meccanismo “posto a garanzia del diritto di difesa delle controparti”, e pertanto essa, nel senso letterale, “significa unicamente che per contestare gli atti depositati oltre le ore 12 i termini per controdedurre decorrono dal giorno successivo; deve dunque ritenersi che […] la possibilità di depositare con modalità telematica atti in scadenza è assicurata fino alle ore 24 dell'ultimo giorno consentito secondo i termini perentori (cioè fino allo spirare dell'ultimo giorno); il deposito telematico si considera quindi perfezionato e tempestivo con riguardo al giorno senza rilevanza preclusiva con riguardo all'ora” (così TAR Lazio, Roma, Sez. I-Bis 31.03.2022, n. 3668, nonché Cons. St., sez. IV, 24 maggio 2021, n. 4036; Cons. Stato, V, 13 novembre 2020 n. 6987).

Visto che il deposito pomeridiano “si considera effettuato il giorno successivo”, proprio al contraddittore sarebbe quindi concesso ex lege uno spostamento in avanti del termine di cui all'art. 73 comma 1 ultimo periodo, il quale inizierebbe a decorrere dal giorno successivo rispetto al deposito della memoria avversaria. Con la conseguenza per cui la parte interessata a contraddire potrebbe depositare le proprie repliche ex art. 73 nel termine di dieci giorni (o cinque) non liberi, oppure, a fronte di repliche avversarie pomeridiane dell'ultimo giorno, fruire della discussione orale della causa per contestarle, oppure domandare un differimento dell'udienza pubblica.

E lo stesso avverrebbe nel caso di memorie ex art. 55 c.p.a., depositate in vista di una camera di consiglio.

Specularmente, a fronte di una memoria avversaria pomeridiana, alla controparte sarebbe comunque data la possibilità di scegliere se discutere e controdedurre in camera di consiglio, oppure chiederne lo slittamento in avanti.

Sono molteplici le argomentazioni di volta in volta addotte da tale orientamento, di seguito sintetizzate:

1) Le due disposizioni contenute nel quarto comma dell'art. 4 non sono antinomiche. Il valore di fondo perseguito dalla norma è contenuto al primo periodo, pertanto è sempre possibile depositare atti e documenti entro le 24 ore, senza effetti preclusivi dovuti all'orario. La previsione che imponeva un limite al deposito entro il mezzogiorno dell'ultimo giorno era contenuta semmai nella versione dell'art. 4 comma 4 precedente alla riforma del PAT, ormai sostituito ad opera del d.l. 168/2016 (infatti, prima della sostituzione del quarto comma dell'art. 4 operata con il d.l. 31 agosto 2016, n. 168, la disposizione di cui all'art. 4 recitava testualmente, all'ultimo comma, quanto segue: “In ogni caso è assicurata la possibilità di depositare gli atti in scadenza sino alle ore 12.00 dell'ultimo giorno consentito”).
L'ultimo periodo, a ben vedere, dispone soltanto una fittizia posticipazione del deposito esclusivamente “agli effetti dei termini a difesa” e “agli effetti della fissazione delle udienze camerali e pubbliche”. E pertanto la norma non riguarda la parte che esegue il deposito, ma le segreterie e le controparti. Segnatamente, a queste ultime – nell'ipotesi di deposito telematico oltre le ore 12.00 in vista dell'udienza pubblica – la disposizione garantisce il differimento della decorrenza dei termini per le eventuali repliche (TAR Toscana, Sez. III, 04.01.2019 n. 7).
Viene così a configurarsi una scissione degli effetti del deposito per il depositante e per i contraddittori;

2) A riprova del fatto che non si prevede in realtà alcun obbligo di depositare entro le ore 12.00 dell'ultimo giorno in vista dell'udienza pubblica (o delle camere di consiglio, incluse quelle fissate nell'ambito del rito appalti), basterebbe considerare il comma 2 dell'art. 4. Qui il legislatore ha voluto effettivamente fissare alla parte depositante un termine perentorio, ed infatti ha stabilito che il deposito deve avvenire entro le ore 12.00 dell'ultimo giorno consentito”, sia pure soltanto “Nei casi in cui il codice prevede il deposito di atti o documenti sino al giorno precedente la trattazione di una domanda in camera di consiglio;

3) Superiori esigenze di garanzia dell'azione e della difesa in giudizio dei diritti e degli interessi legittimi ex art. 24 e 111 Cost. impongono di intrepretare tale disposizione nel senso sopra descritto, considerato che meccanismi di mero posticipo legale al giorno successivo degli effetti processuali di un atto effettuato ad una certa ora del giorno precedente finiscono per comprimere ingiustamente ed irrazionalmente le esigenze di difesa di chi compie tale atto (pur sempre entro l'ultimo giorno utile). Si ha pertanto diritto di fruire di tutto il giorno per compiere un atto allorquando il sistema del processo telematico non lo vieti espressamente. Il principio è confermato dalla sentenza 9 aprile 2019, n. 75 della Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 16-septies del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, "nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta”.

Considerazioni critiche sull'orientamento restrittivo

Considerate le due ipotesi interpretative che si contendono il campo, pare un esercizio non meramente scolastico tentare un'esegesi della disposizione secondo il senso fatto palese dal significato letterale dei vocaboli utilizzati dal legislatore (in ossequio al canone interpretativo letterale di cui all'art. 12 delle preleggi), tenendo anche conto dell'intentio legis palesata anche dai lavori preparatori riferiti all'art. 7, comma 2, lettera b) del d.l. 31 agosto 2016, n. 168. Le indicazioni tratte da tali elementi, può subito anticiparsi, portano a concludere che l'indirizzo liberale sia quello più in linea con la disposizione interpretata. Sussistono quindi validi argomenti per ritenere che le fondamentali argomentazioni a sostegno della tesi restrittiva siano superabili e, in ultima analisi, da non preferire.

La norma, come detto sopra, importa il posticipo del deposito dell'atto pomeridiano dell'ultimo giorno “agli effetti della fissazione” di udienze camerali e pubbliche, nonché “agli effetti dei termini a difesa”.

Secondo la tesi restrittiva, si dovrebbe considerare effettuato il giorno successivo, e quindi tardivo, un atto depositato in orario pomeridiano a fronte di una udienza/camera di consiglio già fissata. La disposizione, tuttavia letteralmente posticipa al giorno successivo il deposito dell'atto pomeridiano “agli effetti della fissazione” delle udienze camerali e pubbliche. In ossequio al canone interpretativo della c.d. costante terminologica, va osservato che ogni qual volta il codice si riferisce alla “fissazione” delle udienze, camerali o pubbliche, esso designa soltanto l'attività propedeutica alla calendarizzazione. Non è quindi possibile ritenere che il posticipo importi ex se violazione di termini a ritroso rispetto a camere di consiglio ed udienze già fissate. Sarebbe una evidente forzatura logica ritenere il contrario. Anche perché, se il legislatore avesse voluto ottenere l'effetto inferito dalla tesi restrittiva, ben avrebbe potuto utilizzare una diversa terminologia, quale ad esempio “agli effetti del rispetto, da parte del depositante, dei termini di cui agli artt. 73, comma 1, e 55, comma 5(…)”, o frasi equivalenti.

Interpretata letteralmente, la disposizione riporta anche un effetto utile. Se la camera di consiglio o l'udienza non è ancora fissata, il deposito si intenderà effettuato il giorno successivo senza comportare normalmente alcuna violazione di termini processuali (Anche perché la disposizione in questione non si applica a casi in cui un determinato atto debba essere svolto entro un certo termine, che sia del tutto slegato rispetto ad una camera di consiglio o udienza pubblica già fissata).

Nel caso più classico (cioè quello legato alla fissazione della camera di consiglio per la discussione dell'istanza cautelare collegiale) l'applicazione della disposizione comporta soltanto che il termine di cui all'art. 55, comma 5, primo periodo (dieci giorni dal deposito del ricorso), inizierà a scorrere dal giorno successivo rispetto al recapito (pomeridiano) del gravame alle segreterie. E tanto perché, all'evidenza, il legislatore ha ritenuto di limitare l'attività di fissazione delle camere di consiglio, svolta fuori udienza, agli orari non pomeridiani per tutelare il lavoro ordinato delle segreterie e quello dei magistrati.

Se per converso l'udienza è già stata fissata, la disposizione ha l'effetto di abilitare il giudice alla fissazione di (i.e. al differimento ad) una diversa udienza pubblica o camera di consiglio per ragioni di tutela dei termini a difesa della parte interessata a contraddire (fra le tante cfr. TAR Liguria, Sez. II,18.02.2019 n. 129); anche perché normalmente, escludendo del tutto il disposto dell'art. 4, comma 4, u.p., lo slittamento dell'udienza pubblica sarebbe possibile “solo per casi eccezionali, che sono riportati nel verbale di udienza” o “nel decreto presidenziale che dispone il rinvio”. E tanto vale, a maggior ragione, anche per le udienze camerali, in relazione alle quali, peraltro, non si è mai dubitato della possibilità di addivenire ad un rinvio per ragioni di rispetto del termine defensionale di controparte. Si arriva dunque al riferimento, sempre operato dalla norma, “agli effetti dei termini a difesa”. Tale termine è volto alla tutela del contraddittore, valevole a consentirgli uno spatiumdeputato, comunque, alla conoscenza, disamina e articolazione delle difese in replica alle argomentazioni dell'avversario” (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 05.08.2019, n. 1820).

Ora, secondo l'orientamento restrittivo, la disposizione di cui all'art. 4, comma 4, ultimo periodo stabilisce la tardività dell'atto o documento pomeridiano, perché considerarlo inserito nel fascicolo il giorno successivo rispetto ad un termine computato a ritroso - quale quello di cui all'art. 55 comma 5 o 73 comma 1 - implicherebbe violazione del termine medesimo, notoriamente perentorio (Cfr., fra le tante, TAR Veneto, Sez. I. 17.05.2018 n. 538.
Inoltre, consentire depositi pomeridiani dell'ultimo giorno finirebbe per comprimere lo spatium previsto nell'interesse di controparte, che si vedrebbe pregiudicate fino a dodici ore di tempo per approntare le proprie difese in vista dell'udienza o della camera di consiglio designata.

Tuttavia, in relazione alla prima argomentazione, va rilevato che l'art. 4 comma 4, ultimo periodo, in realtà, proprio in quanto riferisce il posticipo alle sole finalità più volte riferite, pone una regola avente effetti diretti sull'attività di chi “riceve” il deposito (con riferimento alle segreterie e ai magistrati incaricati della “fissazione delle udienze”) o di chi lo “subisce” (il contraddittore), ma non anche su chi deposita (La tesi è confortata da TAR Toscana, Sez. III, 04.01.2019 n. 7).

Le disposizioni di cui agli artt. 73 e 55 hanno invece effetti diretti sulle attività proprie dei soggetti depositanti. Non si ravvisa quindi un chiaro ed evidente collegamento fra i due sistemi normativi (quello disegnato dagli articoli 73 e 55, e quello di cui ai due periodi dell'art. 4, comma 4, dell'allegato II al Codice). Peraltro, la lettura in questione porterebbe all'inaccettabile conseguenza di permettere il rilievo della tardività del deposito pomeridiano dell'ultimo giorno anche d'ufficio, ed anche quando le controparti non siano neppure costituite. Quindi permetterebbe lo stralcio di atti anche quando, in realtà, non vi siano affatto “termini a difesa” da tutelare. Oppure, nel caso opposto, si permetterebbe di non tenere conto di atti pomeridiani rispetto ai quali vi è stata ampia replica - scritta o orale - nella prima occasione successiva, cioè quando l'interesse sostanziale sotteso al termine a difesa è stato comunque salvaguardato (na chiara propensione a leggere in tal modo la problematica vi è in TAR Lazio, Roma, Sez. III-ter, 26.07.2021 n. 8951, nonché in TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 18.03.2020 n. 247). Ciò che finirebbe per tradire, nell'essenza, una delle argomentazioni “forti” della tesi restrittiva (senza considerare, poi, che le argomentazioni tratte dalle memorie pomeridiane depositate l'ultimo giorno in vista della camera di consiglio per la trattazione dell'affare cautelare ritornerebbero comunque utilizzabili per la decisione nel merito della controversia).

Anche la seconda argomentazione contrasta con la lettera della disposizione. Come ribadito, l'art. 4 comma 4 ultimo periodo posticipa di dodici ore gli effetti del deposito dell'atto (ad es. del ricorrente) ai fini dei “termini a difesa” (ad es. del controinteressato). Pertanto, nell'esempio, il controinteressato, in vista dell'udienza, fruisce di un termine non libero per replicare (nell'ipotesi di avversari documenti o memorie pomeridiane dell'ultimo giorno), e quindi non perde alcun termine a difesa. A stretto rigore, il contraddittore dispone di un termine a difesa (assai poco) diminuito solo qualora intenda controdedurre in udienza a repliche pomeridiane. In tal caso, questi potrà domandare ed ottenere un rinvio della trattazione, oppure scegliere se replicare durante l'udienza. Ad ogni modo, è chiaro che, nel caso delle udienze pubbliche ex art. 73 c.p.a., il pregiudizio patito dal contraddittore è comunque meramente teorico, considerato il lungo termine intercorrente fra il deposito delle repliche e quello dell'udienza, anche contando l'orario di celebrazione effettiva della stessa. Per quanto attiene alle udienze camerali, soprattutto nel rito appalti, le preoccupazioni espresse dalla tesi restrittiva parrebbero per converso cogliere nel segno. Tuttavia, anche in questo caso, il posticipo implica che spetta alla controparte scegliere se ‘perdere' qualche ora in termini di spatium difensivo in vista della camera di consiglio, e replicare oralmente - dunque esercitando compiutamente il diritto al contraddittorio tutelato (proprio) dai termini a difesa - oppure domandare il posticipo della trattazione. E qui, si potrebbe obiettare, si inserirebbero spazi per tattiche dilatorie ed opportunistiche. Tuttavia, è possibile rispondere che tale rischio sarebbe assai ridotto facendo applicazione di una disposizione importante, quanto negletta, del codice del processo amministrativo, vale a dire l'art. 2, comma 2. Secondo la norma, “Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo”. Applicando tale disposizione (o meglio, dando applicazione al principio generale da essa enunciato) si potrebbe assai semplicemente privilegiare, in via generale, la replica in udienza camerale rispetto al posticipo, se del caso accordando al contraddittore anche un (congruo) rinvio dell'orario della discussione nell'ambito della stessa data già fissata. Non si tratterebbe certo di una soluzione definitiva al problema interpretativo nascente dalla disposizione (che è e rimane controversa), ma certamente sarebbe un compromesso pratico foriero del minor danno possibile agli interessi degli attori del processo.

Non pare cogliere nel segno neppure l'invocata “tutela del principio di ordine pubblico processuale” consistente nella necessità di garantire, sempre negli affari cautelari, un tempo minimo per lo studio dei fascicoli da parte del Giudice. Ciò in quanto, essendo noto che i termini di cui tale soggetto fruisce non sono perentori, le ore ‘perse' per via del deposito pomeridiano di una delle parti, ben potrebbero essere ‘recuperate' a seguito dello svolgimento della camera di consiglio, vale a dire dopo il passaggio in decisione dell'incidente cautelare, e proprio a seguito di un ‘robusto' ed ampio contraddittorio in camera di consiglio (secondo la soluzione sopra proposta). E lo stesso vale, sia detto per mera completezza, per le udienze pubbliche, ove problemi di tempistiche per lo studio dei fascicoli, in realtà, non si pongono affatto.

Anche l'argomento teleologico milita per la tesi liberale. La norma è effettivamente nata per sfruttare al massimo le potenzialità del deposito telematico degli atti, senza l'intermediazione delle segreterie (e degli orari necessariamente limitati di apertura delle stesse), attutendo al contempo gli effetti negativi che potrebbero discendere per i termini a difesa altrui.

Per avvedersi di ciò, basta soffermarsi sui lavori preparatori del d.l. n. 168 del 31 agosto 2016 e della relativa legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197. Come noto, la disposizione che ha permesso, nel processo amministrativo, il deposito telematico entro le ore 24.00 dell'ultimo giorno di scadenza è stata introdotta nell'ordinamento ad opera dell'art. 9, comma 3, del D.P.C.M. 16 febbraio 2016 n. 40.

Tale disposizione prevedeva, in continuità con l'attuale art. 4, comma 4, primo periodo, che “Il deposito degli atti e dei documenti di cui al comma 1, effettuato mediante posta elettronica certificata, è tempestivo quando entro le ore 24 del giorno di scadenza è generata la ricevuta di avvenuta accettazione, ove il deposito risulti, anche successivamente, andato a buon fine”. La disposizione regolamentare testé esposta recava tuttavia problemi di coordinamento con l'allora vigente art. 4, comma 4 dell'allegato II al Codice, il quale non era aggiornato al PAT e di conseguenza continuava a prevedere il limite delle ore 12 per gli atti in scadenza nell'ultimo giorno. Pertanto, sia pure con intervento contenente un elemento che non era stato ritenuto necessario dalle indicazioni di riordino provenienti dal Consiglio di Stato (vale a dire proprio la previsione sullo slittamento in avanti del deposito pomeridiano ai fini dei termini a difesa e per la fissazione delle udienze), in data 31 agosto 2016 è stato varato l'art. articolo 7, comma 2, lettera b) del decreto legge sopra citato. Tale disposizione è intervenuta sostituendo l'intero precedente comma 4 con quello recante il contenuto oggi a tutti noto. Successivamente è intervenuta la legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197. Le disposizioni di rango primario sono entrate poi in vigore a partire dal 1°gennaio 2017.

Orbene, dalla relazione illustrativa della legge di conversione del d.l. 168/2016, emerge che la riforma mirava a “coordinare le disposizioni vigenti del c.p.a. con quelle introdotte dalle regole tecniche di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 40 del 2016”.
Pertanto, l'intento perseguito dal legislatore era quello di avvicinare la norma primaria a quanto dispone(va) il Regolamento attuativo del PAT, il quale non ha mai previsto preclusioni al deposito pomeridiano di memorie o atti nell'ultimo giorno utile. Ed ancor prima, nell'ambito della relazione parlamentare elaborata per la valutazione degli elementi di legittimità costituzionale del decreto legge 168/2016, era stato chiarito che “all'articolo 4, in materia di orario-limite per il deposito degli atti in scadenza, viene previsto il deposito "telematico" (accertato mediante la ricevuta di accettazione originata dal sistema) fino alle ore 24.00 dell'ultimo giorno utile (l'attuale deposito ordinario chiude alle ore 12.00)”. L'inciso fra le parentesi è assai eloquente, perché evidenziala volontà legislativa di demarcare una linea di distinzione rispetto al precedente assetto, e quindi l'intento di superare la preclusione delle ore 12 dell'ultimo giorno utile, proprio utilizzando le nuove possibilità telematiche, che non conoscono orari di chiusura. Subito appresso, e senza che sia stato previsto o esternato alcun meccanismo di preclusione rispetto ai depositi pomeridiani dell'ultimo giorno,il legislatore ha sentito la necessità di precisare “che il deposito di tali atti che avvenga tra le 12.00 e le 24.00 dell'ultimo giorno utile si considera, ai fini dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali, effettuato il giorno successivo”. In tale quadro pare obiettivamente emergere che legislatore, contrariamente a quanto pure si legge in molte sentenze, non ha mai sentito l'esigenza di anticipare il deposito degli atti in scadenza alle ore 12 dell'ultimo giorno utile a fronte di una udienza o camera di consiglio fissata. Una siffatta interpretazione, per tutto quanto evidenziato sinora, non poggia su argomentazioni supportate dai lavori preparatori al testo normativo, ed ha il solo effetto di determinare un sostanziale e surrettizio svuotamento della regola che permette il deposito lungo le 24 ore dell'ultimo giorno utile. Effetto, quest'ultimo, che non è stato chiaramente voluto dal legislatore.

Da ultimo, va rilevato anche un altro elemento di non condivisibilità dell'indirizzo favorevole alla ‘preclusione pomeridiana'. Esso finisce per riservare un trattamento illogicamente difforme, sia pure sul piano processuale, a posizioni giuridiche soggettive identiche. Ciò che comporta una violazione sostanziale degli artt. 3, 24, 101, 111, 103 e 113 Cost. Infatti, chi intenda tutelare i propri diritti soggettivi dinanzi al Giudice civile potrà fruire, per il deposito in giudizio dei propri atti defensionali (ad esempio, in sede di cognizione, le memorie ex art. 183 c.p.c., le comparse conclusionali, ecc.) dell'intero termine di 24 ore del giorno di scadenza, senza alcuna preclusione oraria legata allo scoccare del mezzogiorno. E ciò in forza di quanto dispone l'art. 16-bis, c. 7, del d.l. 18 ottobre 2012 n. 179.

Chi invece voglia tutelare identiche posizioni di diritto soggettivo dinanzi al Giudice Amministrativo (e ciò accade in tutte quelle materie che, se non fossero devolute alla Giurisdizione Esclusiva, ricadrebbero nell'ambito di cognizione del Giudice civile, quali quelle in materia di diritti soggettivi dei pubblici impiegati c.d. non contrattualizzati) incorre invece in una preclusione al deposito dell'ultimo giorno effettuato oltre le ore 12. Ciò che appare quanto di più lontano dai canoni del giusto processo, della parità di trattamento, e dell'effettività, pienezza, inviolabilità della tutela giurisdizionale delle posizioni di diritto ed interesse legittimo.

Non si comprende a pieno, inoltre, per quale ragione il legislatore abbia voluto (come intendono i fautori della tesi restrittiva) tutelare i termini a difesa della controparte presidiandoli con una preclusione siffatta, nell'ambito del Processo Amministrativo, laddove invece è chiaro che nell'ambito del Processo Civile tale esigenza non è stata sentita e non sussiste affatto. Di certo non possono essere addotte, per spiegare le ragioni di una così evidente discrasia, marcate differenze in relazione ai termini temporali accordati alle parti nell'uno e nell'altro sistema. Come noto, tali termini non sono del tutto dissimili (eccezion fatta per l'art. 55 c.p.a., soprattutto nell'ambito del rito appalti), e certamente entrambi accordano un tempo più che ragionevole alle parti in vista delle attività processuali da svolgere.

Conclusioni

Poste le oscillazioni giurisprudenziali che si sono registrate e si continuano a registrare sul tema, si rivela assai più che necessario quantomeno un intervento chiarificatore dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ex art. 99 comma 1 del c.p.a. Anche se, in realtà, la questione meriterebbe di essere affrontata e meglio ponderata dallo stesso legislatore.

L'importante è che un (auspicato) intervento nomofilattico, o un ancora più risolutivo intervento legislativo, non muovano dal presupposto di dover garantire la continuità del sistema della giustizia rispetto ai tempi in cui la digitalizzazione era di là da venire. Sicché è importante non cedere a quella che un indirizzo dottrinale avveduto ha avuto modo di definire “la nostalgia delle segreterie”.

Sono infatti noti a tutti i disguidi che possono derivare da un apparato normativo non adeguato alle potenzialità anche tecnologiche dei tempi, come è avvenuto sia in periodi storici recenti che meno recenti, anche nel rito civile.

In attesa di tale intervento, comunque, dal punto di vista pratico ed operativo, è necessario, sia pure ob torto collo, continuare ad applicare tuzioristicamente l'orientamento restrittivo, non essendo possibile (con buona pace della certezza del diritto) prevedere le sorti effettive dell'atto pomeridiano depositato nel giorno di scadenza (potrebbe indifferentemente venire salvaguardato o stralciato, con o senza la previsione di un errore scusabile per via di contrasti giurisprudenziali).

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