Non sussiste un obbligo di gara per l’Amministrazione che intende mutare destinazione a un bene demaniale precedentemente oggetto di gestione

Esper Tedeschi
10 Giugno 2022

L'obbligo di gara sorge nel momento in cui l'amministrazione intenda affidare ad un privato la gestione del bene demaniale, ferma restando la facoltà di destinare il medesimo bene ad un'altra finalità. Pertanto, il mancato rinnovo della concessione demaniale marittima scaduta fondato sulla necessità di indire una procedura di evidenza pubblica ai fini dell'assegnazione, coerentemente con il quadro normativo vigente e con i più recenti arresti giurisprudenziali dell'Adunanza Plenaria (nn. 17 e 18 del 2021), non preclude all'amministrazione di imprimere successivamente una diversa destinazione all'area di interesse.

Il caso.

La vicenda trae origine dall'impugnazione di un provvedimento di

diniego

dell'istanza di

rinnovo

di una

concessione

demaniale

marittima.

In particolare il Comune aveva respinto il rinnovo disponendo la riconsegna dell'area demaniale rappresentando la necessità di applicare il

procedimento a evidenza pubblica.

La società concessionaria, dunque, ha contestato la legittimità della determina e delle successive ordinanze tese a far eseguire lo sgombero, nonché i provvedimenti di concessione temporanea a favore di altre Ditte, lamentando la violazione del cod.

nav.

(artt. 39 e 49) e della ln 241 del 1990 (artt. 3, 7 e 10).

Il TAR ha respinto il ricorso ei motivi aggiunti con sentenza successivata dalla società soccombente che ha censurato – fra l'altro – impugna la mancata valorizzazione nella pronuncia di primo grado della mancata indizione da parte del Comune della gara, avendo l'ente locale solo proceduto a

un'assegnazione temporanea

della concessione a un'altra Ditta.

Tuttavia, le tesi del ricorrente non sono state accolte dal Consiglio di Stato che ha respinto integralmente l'appello.

Limiti alla proroga delle concessioni demaniali marittime e obbligo di gara per la PA

Nel rigettare l'impugnazione il Consiglio di Stato ha anzitutto osservato che non sussiste alcun diritto alla proroga del concessionario, atteso che l'originario titolo che legittimava l'utilizzo dell'area da parte dell'appellante è ormai scaduto.

Difatti, per costante giurisprudenza, il concessionario di un bene demaniale non può vantare alcuna

aspettativa

al

rinnovo

del rapporto e il relativo diniego non necessita di ulteriori motivazioni, né implica alcun “diritto d'insistenza”.

Sul punto l'Adunanza Plenaria ha affermato che “

deve escludere la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari.

Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della PA in quanto l'effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata.

La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate devonono parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell'effetto legale di proroga adottato dalla PA o l'esistenza di un giudicato

” (

Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 17 e 18 del 2021

).

Sotto altro profilo, rileva anche la circostanza per cui il Comune ha deciso di

mutare

la

destinazione

dell'area, dal momento che né alcuna convenzione tra le parti né alcuna norma durante la permanenza della concessione nell'attesa dell'indizione della gara.

Secondo il Consiglio Stato è stata quindi corretta la condotta del Comune, consistente nel raggiungimento dell'intervenuta della concessione, a cui consegue (necessariamente) la richiesta di restituzione dell'area, con le conseguenze previste dalla legge (c

fr

. art. 49 c. nav.) e conformi al testo della convenzione intercorsa tra le parti, per quanto riguarda i beni presenti sull'area.

Il fatto che il Comune abbia escluso di proseguire il rapporto concessorio con l'appellante, ormai scaduto, per la necessità di procedere all'assegnazione dell'area attraverso una competizione pubblica costituisce, infatti, la corretta applicazione dei principi innanzi richiamati.

Il dato per cui non si è mai svolta una pubblica competizione, non vale ad inficiare la bontà di tale conclusione, ove si consideri che la messa a gara dell'area è necessaria per la sua concessione in gestione al privato, ma l'area ben può essere utilizzato e destinato ad altri scopi dell'amministrazione una volta che ne è rientrata in possesso.