Il criterio della prevenzione disciplina la competenza in ordine ai provvedimenti de potestate
14 Aprile 2022
Massima
Il principio secondo il quale i provvedimenti di cui agli artt. 330 e ss c.c. sono di competenza del Tribunale ordinario non è derogabile nella circostanza in cui ad assumere l'iniziativa sia stato il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni. Tale competenza, ex art. 38 disp. att. c.c., trova giustificazione nella necessità di concentrazione delle tutele volte ad evitare che per un'identica situazione conflittuale possano essere aditi organi giudiziali diversi ed assunte decisioni contrastanti ed incompatibili, anche qualora l'esigenza dell'adozione dei provvedimenti de potestate possa emergere da informazioni acquisite dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, poiché sussiste la possibilità di attivare meccanismi di raccordo e trasmissione degli atti tra i diversi uffici dei Pubblici Ministeri. Il caso
Il Tribunale ordinario di Brindisi, adito il 04 marzo 2020su ricorso del padre ex art. 337-ter c.c., con decreto del 20 luglio 2020, ha adottato provvedimenti provvisori ed urgenti nell'interesse di figlia minore. Con successivo decreto del 3 settembre 2020 ha rilevato che, in data successiva all'introduzione del ricorso avanti a sé, il Tribunale per i minorenni di Roma si era pronunciato in seguito a ricorso promosso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni ex art. 333 c.c. disponendo la collocazione della bambina e della madre presso una struttura di accoglienza. Il Tribunale di Brindisi ritenendo l'incompetenza a provvedere, ex art. 38 disp. att. c.c., del Tribunale per i minorenni di Roma, ha disposto la trasmissione del decreto al medesimo per la declaratoria di incompetenza. Il Tribunale capitolino, in data 5 gennaio 2021, disponeva la sospensione dalla responsabilità genitoriale della madre, confermava il collocamento della minore presso la struttura di accoglienza con divieto di prelievo da parte di chiunque e facoltà di visita dei genitori alla presenza di un operatore. Davanti al Tribunale di Brindisi si costituiva la madre che eccepiva l'incompetenza del Tribunale ordinario in favore del Tribunale per i minorenni di Roma. Il Tribunale di Brindisi ha così sollevato conflitto positivo di competenza e chiesto d'ufficio regolamento, ex art. 45 c.p.c., per sentir dichiarare la competenza del Tribunale Ordinario. La Suprema Corte, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato la competenza del Tribunale ordinario di Brindisi a provvedere sul procedimento instaurato dinanzi lo stesso ex art. 316 c.c., e sui provvedimenti de potestate oggetto del procedimento ex art. 333 c.c., pendente dinanzi al Tribunale per i minorenni di Roma, con rinvio delle parti per la prosecuzione. La questione
Il principio secondo il quale i provvedimenti di cui agli artt. 330 e ss c.c. sono di competenza del Tribunale ordinario non è derogabile nella circostanza in cui ad assumere l'iniziativa sia stato il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni. Tale competenza, ex art. 38 disp. att. c.c., trova giustificazione nella necessità di concentrazione delle tutele volte ad evitare che per un'identica situazione conflittuale possano essere aditi organi giudiziali diversi ed assunte decisioni contrastanti ed incompatibili, anche qualora l'esigenza dell'adozione dei provvedimenti de potestate possa emergere da informazioni acquisite dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, poiché sussiste la possibilità di attivare meccanismi di raccordo e trasmissione degli atti tra i diversi uffici dei Pubblici Ministeri. Le soluzioni giuridiche
In tema di provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, al Tribunale per i minorenni restano attribuiti i soli procedimenti promossi senza che sia pendente un giudizio di separazione o divorzio o ex art. 316 c.c., o anteriormente alla proposizione della relativa domanda. La competenza rimane unitariamente attribuita al giudice cui spetta la cognizione della domanda di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c. nell'ipotesi in cui il giudizio concernente la crisi familiare sia stato promosso anteriormente o contestualmente. Il Tribunale ordinario terrà conto, nell'adozione dei provvedimenti nell'interesse della prole, delle determinazioni assunte dal giudice specializzato, destinate a ripercuotersi sul regime dell'affidamento dei figli e sulla disciplina dei rapporti tra gli stessi ed i genitori. Osservazioni
Prima dell'entrata in vigore della legge sull'affidamento condiviso (l. 54/2006) la competenza ad emanare i provvedimenti relativi ai figli naturali, in caso di cessazione della convivenza dei genitori, era ripartita a seconda che la controversia riguardasse l'affidamento dei figli al Tribunale per i minorenni, oppure al Tribunale ordinario nel caso di regolamentazione degli aspetti patrimoniali. Il conflitto tra il Tribunale Ordinario ed il Tribunale specializzato si risolse, sino al dicembre 2012, in favore di quest'ultimo, ritenuto competente sia per l'affidamento dei figli che per i provvedimenti consequenziali di natura economica. Con la l. n. 219/2012 la competenza ad emettere i provvedimenti relativi ai minori viene attribuita, in via generale, al Tribunale ordinario, in ossequio al principio di unicità dello status filiationis. Il legislatore ha voluto regolare i diritti e gli interessi dei minori davanti al giudice competente a conoscere dei rapporti familiari, a prescindere dallo statuto normativo applicabile alla famiglia in cui si svolge la vita del minore. L'ordinanza in commento avvalora la linea giurisprudenziale consolidatasi specialmente post riforma che vede nel principio di prevenzione il cardine della ripartizione delle competenze tra il Tribunale ordinario e Tribunale minorile in materia di provvedimenti de potestate. L'art. 38 disp. att. c.c, come novellato dalla riforma sulla filiazione, limita tassativamente le competenze funzionali del Tribunale per i minorenni e supera il pregresso riparto di competenze fra controversie relative ai figli nati nel o fuori del matrimonio. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che l'art. 38 disp. att. c.c., comma 1, come modificato dall'art. 3, comma 1, l. 219/2012, deve essere interpretato nel senso che, per i procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c., la competenza è attribuita al Tribunale specializzato, eccetto il caso in cui non sia pendente un giudizio di separazione o di divorzio o di cui all'art. 316 c.c. In caso di pendenza dei citati giudizi, la competenza spetta al Giudice del confitto familiare sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, in deroga a quella spettante al giudice minorile. La connessione oggettiva e soggettiva esistente tra le domande di decadenza dalla responsabilità genitoriale o di condotta pregiudizievole del genitore determina una vis attractiva dei procedimenti de potestate avanti al Giudice investito della controversia del nucleo familiare concentrando le tutele, anche al fine di evitare decisioni contrastanti ed incompatibili, in forza del principio generale della tutela del best interest of the child che ispira la normativa a tutela del fanciullo. La deroga non opera nel caso in cui la proposizione del ricorso ex artt. 330 e 333 c.c. avvenga prima dell'instaurazione del giudizio volto a regolare il conflitto familiare avanti al Tribunale ordinario. Nessuna disposizione normativa prevede una vis attractiva in favore dei Tribunali minorili per le domande di mantenimento del minore che siano proposte davanti al Tribunale ordinario, qualora sia già pendente tra le stesse parti un procedimento de potestate innanzi al Tribunale specializzato, in ossequio al c.d. principio della perpetuatio iurisdictionis (art. 5 c.p.c.), ed al principio di precostituzione del giudice naturale (art. 25 Cost.), nonché coerentemente con le ragioni di economia processuale e di tutela dell'interesse superiore del minore, che trovano fondamento nell'art. 111 Cost., nell'art. 8 CEDU e nell'art. 24 della Carta di Nizza. Con ordinanza Cass. n. 1660/2022, in motivazione, gli Ermellini, chiariscono che la mancanza di vis attractiva in favore del Tribunale per i minorenni, è stata voluta dal legislatore (Corte cost. n. 134/2016) che attribuisce ai giudizi de potestate la funzione di un intervento immediato e puntuale, nel quale è centrale il ruolo del pubblico ministero, portatore dell'interesse del minore, che assicuri una tutela specifica e immediata in situazioni di esercizio gravemente inappropriato della responsabilità genitoriale con rischio di grave pregiudizio per il fanciullo, ferma restando la riconduzione della competenza generale in materia di affidamento e mantenimento del minore ai Tribunali ordinari. La Suprema Corte, con l'ordinanza de quo, chiarisce che mentre il criterio della prevenzione governa l'ipotesi in cui la competenza del giudice del conflitto familiare, preventivamente adito, attrae la competenza del Tribunale per i minorenni, in relazione ai provvedimenti de potestate con parziale deroga per materia, il criterio della residenza abituale, invocato dalla madre della minore, di cui al Reg. CE n. 2201/2003, riguarda la competenza per territorio rispetto a giudici che per materia sono entrambi competenti. |