Il condominio è legittimato ad esperire l'azione revocatoria nei confronti dei condomini morosi?
10 Giugno 2022
In generale, l'azione revocatore rappresenta uno strumento di conservazione della garanzia del patrimonio del debitore, con cui il creditore chiede la revoca e conseguente dichiarazione di inefficacia di atti di disposizione patrimoniale attuati dal debitore, che siano tali da ridurre la garanzia del creditore, ossia la sua possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore. Invero, la norma ex art. 2091 c.c. è posta allo scopo di ovviare alla possibilità, da parte del debitore, di porre in essere una cosciente violazione del proprio obbligo di condotta, che gli impone di mantenere il patrimonio in condizioni tali da garantire la soddisfazione delle pretese dei creditori, anche di fronte alla minaccia della procedura esecutiva. A norma dell'art. 2902 c.c., l'atto revocato è perfettamente valido di fronte ai terzi, ma inefficace nei confronti del creditore agente, che può rivalersi sul bene oggetto dell'atto revocato per soddisfare il suo credito, sottoponendolo ad esecuzione forzata. Premesso quanto innanzi esposto, in materia condominiale, in un particolare precedente, il condominio aveva adito il Tribunale, esponendo di esser creditrice della società beta (condomina) per il pagamento delle quote condominiali relative all'esecuzione di lavori allo stabile comune; che la pretesa era stata azionata in un autonomo giudizio, non ancora definito, e che nel frattempo la società debitrice aveva ceduto taluni immobili alla società alfa ponendo a rischio il soddisfacimento della pretesa. Il Tribunale dichiarava l'inefficacia della vendita, regolando le spese. I giudici di appello, infine, rigettavano l'appello della condomina in quanto inammissibile. Giunta in cassazione, la condomina eccepiva la mancanza di eventus damni e l'insussistenza della prova di un credito liquido ed esigibile, profili su cui la sentenza non avrebbe pronunciato. I giudici di legittimità rigettavano il ricorso della condomina. Dunque, confermando il ragionamento del Tribunale, si ammette che i crediti condominiali possono essere tutelati con l'esercizio della revocatoria ordinaria, di cui all'articolo 2901 c.c., cioè la possibilità di annullare le cessioni del patrimonio del moroso quando rappresentino un potenziale danno per il condominio creditore e siano state messe in atto con frode da parte dell'acquirente (nonostante il credito sia ancora in corso di accertamento giudiziario); inoltre, per l'esercizio dell'azione da parte del condominio, non sarebbe necessario la partecipazione o la conoscenza dell'intento fraudolento ma la semplice consapevolezza della frode (Cass. civ., sez. II, 9 agosto 2019, n. 21257). Ad integrazione di ciò, si richiama quanto affermato da altra giurisprudenza secondo cui anche il titolare di un credito eventuale è legittimato a proporre dell'azione revocatoria degli atti che il potenziale debitore abbia compiuto in pregiudizio delle proprie ragioni (Cass. civ., S.U. 18 maggio 2004 n. 9440; Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2006 n. 5246; Cass. civ., sez. III, 14 maggio 2013 n. 11573; Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2015, n. 18321); fermo restando che l'eventuale sentenza dichiarativa dell'inefficacia dell'atto revocato non può essere portata ad esecuzione finche' l'esistenza del credito non sia accertata con efficacia di giudicato (Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2013 n. 17257). L'azione revocatoria può essere, infatti, proposta non solo a tutela di un credito certo, liquido ed esigibile, ma in coerenza con la sua funzione di conservazione dell'integrità del patrimonio del debitore, quale garanzia generica delle ragioni creditizie, anche a tutela di una legittima aspettativa di credito (Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2009, n. 5359). In risposta al quesito in esame, conformemente alla citata giurisprudenza, certamente il condominio può dirsi titolare di una “aspettativa di credito”. La questione, tuttavia, non va risolta in virtù dell'approvazione del rendiconto ma dall'attivazione dell'amministratore. Difatti, la portata della disposizione di cui all'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., non accennando ad alcuna distinzione, sembra possa comprendere «tutte» quelle ipotesi in cui l'obbligo dei condomini di pagare i contributi condominiali possa derivare dal bilancio preventivo, dal bilancio consuntivo, o attinenti ad un esercizio pregresso. Cioè, per avere una legittima aspettativa, sarebbe opportuno dimostrare che l'amministratore si sia attivato con azioni finalizzate all'ottenimento del credito condominiale. In pratica, anche se l'amministratore non può chiedere “formalmente” nulla in base al preventivo non approvato, tuttavia, il condominio deve pur continuare a funzionare (spese ordinarie come energia elettrica, pulizia, manutenzione, ecc.); sicché, in tal caso, potrebbe chiedere anticipi in misura uguale al preventivo dell'anno precedente (ultimo approvato). In caso di procedura, spetterà al giudice valutare la fondatezza della pretesa monitoria. Resta inteso che in difetto di riparto spese debitamente approvato, l'amministratore potrà ricorrere all'azione ordinaria (Cass. civ., sez. II, 29 marzo 2001, n. 4638; Cass. civ., sez. II, 17 maggio 1997, n. 4393). In conclusione, il condominio è legittimato a proporre dell'azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c. nei confronti del condomino moroso che alieni l'unico bene di cui sia titolare; l'azione (in tal caso) è consentita ove il credito sia già stato oggetto di accertamento giudiziale, anche se non definitivo (Trib. Verona 7 maggio 2019, n. 1059). |