Osservatorio sulla Cassazione – Maggio 2022

La Redazione
13 Giugno 2022

Torna l'appuntamento mensile con l'Osservatorio, una selezione delle più interessanti sentenze di legittimità depositate nel mese di Maggio.

Torna l'appuntamento mensile con l'Osservatorio, una selezione delle più interessanti sentenze di legittimità depositate nel mese di Maggio.

ll credito del professionista per l'accesso al concordato preventivo è prededucibile nel successivo fallimento?

Cass. civ., sez. VI – 1, 26 maggio 2022, n. 17140 – ord.

Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla domanda di ammissione al passivo avanzata da un professionista per l'attività da lui svolta nell'ambito della presentazione della domanda di concordato preventivo per conto di una s.p.a., poi dichiarato inammissibile: in primo grado, infatti, la domanda del ricorrente era stata respinta, sul presupposto che il regime di prededucibilità dei crediti ex art. 111, comma 2, l.fall., non si potesse estendere sino a comprendere i crediti nascenti dalle prestazioniprofessionali dei professionisti maturate per la presentazione di una domanda di concordato preventivo dichiarato inammissibile. Da qui, il ricorso in cassazione del professionista, dichiarato inammissibile, in quanto i crediti sorti a seguito delle prestazioni rese a favore dell'imprenditore per l'assistenza nell'attività di predisposizione della domanda di concordato preventivo rientrano fra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall., «norma che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un'eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo in caso di fallimento la preducibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi verifica in ordine al conseguimento di un'utilità in concreto per la massa dei creditori».

Concordato preventivo e scioglimento del contratto di factoring

Cass. civ., sez. I, 23 maggio 2022, n. 16532 – ord.

La Corte di Cassazione, nell'ambito di una controversia inerente la tutela dei crediti concordatari approntata attraverso lo scioglimento del contratto di factoring, ha affermato che: “i provvedimenti assunti a norma dell'art. 169-bis l. fall. - e quelli emessi in sede di reclamo - sulla richiesta del debitore di essere autorizzato alla sospensione o allo scioglimento dei contratti in corso non sono impugnabili ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., poiché costituiscono atti di esercizio delle funzioni di direzione della procedura concorsuale, non deputati a risolvere controversie su diritti; in caso di autorizzazione (o diniego) allo scioglimento dei contratti, a norma dell'art. 169-bis l. fall., la parte non soddisfatta può adire il giudice e contestare la ritenuta sussistenza (o insussistenza) dei presupposti per lo scioglimento del contratto attraverso una domanda da proporsi nell'ambito di un giudizio a cognizione piena».

Restituzione di quote ai soci in conto capitale: è bancarotta fraudolenta

Cass. pen., sez. V, 25 maggio 2022, n. 20356 - sent.

In ambito penale fallimentare, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con altra analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale. Stabilire se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo, o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell'impresa collettiva, è questione di interpretazione della volontà delle parti.

Revocatoria fallimentare e dilazione dei pagamenti

Cass. civ., sez. VI - 1, 20 maggio 2022, n. 16446 – ord.

In tema di revocatoria fallimentare, ove risulti l'esistenza di una stabile prassi di esecuzione (e accettazione) di pagamenti in un termine variabile (quale che sia) superiore al termine originariamente pattuito (quale che sia), non può affermarsi che la prassi in questione debba di per sé considerarsi inconciliabile con la dedotta esistenza di una nuova pattuizione d'uso; pure in questa prospettiva è difatti rimesso al giudice del merito verificare se la tolleranza manifestata dal creditore sia a tal punto sistematica da potersi ritenere indice probatorio dell'esistenza di una convenzione modificativa dei termini di pagamento rispetto alle scadenze originariamente convenute; e tutto il problema si sposta sul versante del concreto rispetto, o meno, della suddetta nuova prassi quanto al termine massimo da essa consentito.

Esdebitazione e definizione di soddisfacimento irrisorio

Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2022, n. 15246 – ord.

La Suprema Corte si è espressa sull'ammissione al beneficio della esdebitazione dai debiti residui di due procedure fallimentari che hanno coinvolto un socio illimitatamente responsabile di altrettante società di persone. ll ricorrente sostiene, tra i vari motivi, violazione e falsa applicazione dell'art. 142 l.fall. in ordine alla condizione di soddisfacimento, almeno parziale, dei creditori concorsuali relativi al fallimento della G.L.A. s.n.c., desunto dalla irrisorietà della percentuale relativa ai crediti privilegiati, soddisfatti al 13,89 %. La doglianza è fondata. La Corte di merito ha erroneamente ritenuto che «la valutazione ponderata» di tale percentuale «fosse tale da non integrare il requisito della “parziale soddisfazione” dei creditori concorsuali», sottolineandone l'irrisorietà rispetto al passivo nel suo complesso. La Suprema Corte sul punto ha concluso che “in tema di esdebitazione, la definizione di soddisfacimento irrisorio resta parametrata a percentuali minime e in effetti tali da considerarsi irrilevanti, per modo da poter esser ritenuta dal giudice del merito solo ove il concreto soddisfacimento, tenuto conto di tutte le risultanze della procedura, non sia tale da rappresentare il concetto neppure parzialmente”.

La mancanza di scritture contabili non basta per l'azione di responsabilità verso l'amministratore

Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2022, n. 15245 - sent.

La mancanza di scritture contabili, ovvero la sommarietà di redazione di esse o la loro inintelligibilità, non è in sé sufficiente a giustificare la condanna dell'amministratore. Nell'azione di responsabilità promossa dal curatore ex art. 146, comma 2, l.fall., la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all'amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa, ove però ne sussistano le condizioni, e sempreché il ricorso a esso (criterio) sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile; e sempreché, comunque, l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo.

Bancarotta semplice: risponde l'amministratore di fatto

Cass. pen., sez. V, 10 maggio 2022, n. 18442 - sent.

Nei reati societari, per definire la nozione di amministratore di fatto, occorre aver riguardo alla presenza di elementi sintomatici dell'inserimento organico dell'agente con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti, ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare e che il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione.

Fallimento e prova dei requisiti dimensionali ex art. 1, comma 2, l. fall.

Cass. civ., sez. VI-1, 10 maggio 2022, n. 14819 – ord.

Non rileva ai fini della prova dei requisiti dimensionali ex art. 1, comma 2, l. fall., il principio di inscindibilità del contenuto delle scritture contabili (art. 2709 c.c.), che riguarda la parte che dalle scritture contabili medesime intenda trarre vantaggio ma non preclude la contestazione di inattendibilità di singoli aspetti.