La riforma dell'ordinamento giudiziario e del CSM è legge
Redazione Scientifica
20 Giugno 2022
«Solo pochi mesi fa, le Camere rispondevano con un lungo applauso all'appello del Presidente Mattarella che sollecitava l'approvazione di questa riforma. Oggi siamo qui per mantenere l'impegno di trasformare in legge un provvedimento che viene da lontano e che è stato costruito con il contributo di molti». Queste le parole della Guardasigilli, Marta Cartabia, intervenuta in Aula al Senato prima del voto.
Con 173 voti a favore, 37 contrari e 16 astensioni, il Senato ha approvato la riforma dell'ordinamento giudiziario e del CSM.
Il Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha sottolineato come «l'approvazione di questa legge – il terzo grande pilastro delle riforme della giustizia volte a rinsaldare la fiducia dei cittadini nell'amministrazione della Giustizia – consentirà che l'imminente rinnovo del Consiglio superiore della magistratura si svolga con nuove regole affinché questa istituzione, presidio costituzionale e imprescindibile dei principi dell'autonomia e dell'indipendenza dell'ordine giudiziario, principi irrinunciabili, possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la magistratura può contare».
Anche il Presidente del CNF, Maria Masi, ha commentato a riguardo: «bene l'approvazione definitiva della riforma del CSM e dell'ordinamento giudiziario: anche se non è la riforma migliore possibile, è certamente un passo avanti verso un maggiore equilibrio tra funzioni e poteri degli operatori del diritto». E ricorda le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario del CNF, «la qualità della giurisdizione dipende dalla qualificata e leale partecipazione delle parti e, in essa, del foro, alla complessa attività decisionale propria del giudice».
Ha poi aggiunto che «la legge Cartabia approvata oggi [16 giugno, ndr] dall'aula del Senato tiene conto, appunto, anche delle indicazioni che il Consiglio nazionale forense ha portato avanti negli anni, con particolare riferimento al diritto di voto degli avvocati nei Consigli giudiziari per le valutazioni -anche positive- dei magistrati, con preventivo parere dell'Ordine forense di riferimento. L'organizzazione degli uffici giudiziari non potrà e non dovrà prescindere dalla compartecipazione e dall'impegno dell'avvocatura, per un contributo di competenze al più giusto ed efficiente funzionamento della giustizia».
Tra le principali novità della riforma:
I consiglieri togati passano da 16 a 20 e saranno ripartiti tra 2 magistrati di legittimità, 5 PM e 13 giudici. I laici passano, invece, da 8 a 10.
Il sistema elettorale diventa misto: binominale maggioritario, con una quota proporzionale. Non è prevista alcuna lista, bensì candidature individuali, senza firme di sostegno. In ogni collegio binominale dovranno esserci un minimo di 6 candidati (di cui almeno la metà del genere meno rappresentato: in mancanza ci sarà un sorteggio).
Per quanto riguarda le nomine a pacchetto, ci sarà uno stop: il CSM dovrà procedere in base all'ordine cronologico delle scoperture. Saranno obbligatorie le audizioni dei candidati e la pubblicazione online degli atti e dei CV. Non potranno far parte della Commissione che si occupa delle nomine i componenti della Sezione disciplinare: esclusa la loro presenza anche dalle Commissioni che decidono sui trasferimenti d'ufficio ordinari e per incompatibilità.
Tutti i magistrati che hanno ricoperto incarichi elettivi non potranno più tornare a indossare la toga.
Chi non è stato eletto non potrà per 3 anni lavorare nella regione dove si è candidato, nè fare il capo di un ufficio giudiziario, il PM, il GIP e il GUP.
Non sarà più possibile continuare a fare il magistrato mentre si ricoprono incarichi elettivi e governativi: obbligatoria l'aspettativa, senza assegni in caso di incarichi locali.
Sarà possibile un solo cambio di funzione da giudice a PM e viceversa nel penale entro i 10 anni dall'assegnazione della prima sede.
I magistrati potranno andare fuori ruolo solo dopo 10 anni di effettivo lavoro sul campo e al massimo per 7 anni. Inoltre, si abbasserà il numero massimo dei fuori ruolo, oggi pari a 200, ma non è stato quantificato il taglio.
Arrivano le “pagelle” per i magistrati: un giudizio ad hoc, graduato in discreto, buono, ottimo, sulla capacità di organizzare il proprio lavoro.
Inoltre, si introduce il voto degli avvocati nei consigli giudiziari sulla professionalità dei magistrati, ma con alcuni limiti: sarà unitario e possibile solo in presenza, a monte, di un deliberato del Consiglio dell'Ordine. Il fascicolo personale del magistrato sarà aggiornato ogni anno (non più ogni 4) con provvedimenti a campione e statistiche sull'attività svolta: la novità è che si darà conto anche degli esiti, per avere una fotografia a tutto campo del lavoro, non per un giudizio sui singoli provvedimenti.