Condizioni e presupposti per l’applicazione del principio di equivalenza per sopperire a carenza di certificazioni di qualità richieste dalla lex specialis

Simone Francario
22 Giugno 2022

Il mancato possesso delle certificazioni di qualità previste dalla legge di gara non è automaticamente preclusivo della partecipazione alla procedura concorrenziale e può essere sanato tramite l'applicazione del principio di equivalenza a condizione però che siano rispettati i requisiti e le condizioni fissate dal legislatore agli artt. 82 ed 87 del d.lgs. 50/2016.

La fattispecie. Un operatore economico veniva escluso da una gara pubblica per mancanza della certificazione di qualità aziendale, richiesta dalla legge di gara, comprovante l'adozione di un adeguato modello organizzativo per la prevenzione della corruzione.

Al posto di detta certificazione, il concorrente aveva fornito alla stazione appaltante una autocertificazione con cui, da un lato attestava di non essere in possesso della richiesta certificazione, dall'altro affermava di aver comunque adottato un sistema di gestione aziendale altrettanto idoneo a prevenire reati ed episodi di corruzione.

Il provvedimento di esclusione veniva impugnato dinanzi al TAR Molise che rigettava il ricorso.

Avverso la sentenza di primo grado veniva proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato. In via preliminare il Consiglio di Stato ha ribadito che il possesso della già menzionata certificazione era previsto come obbligatorio dalla lex specialis e che, inoltre - sulla scorta dei chiarimenti forniti dalla stazione appaltante -, i concorrenti potevano dimostrare l'esistenza di tale requisito anche tramite una apposita autocertificazione.

Sul punto i giudici di Palazzo Spada hanno precisato che l'oggetto dell'autocertificazione era solamente il “possesso di Certificazione di qualità aziendale, non essendo invece consentito all'operatore economico, ai fini della partecipazione alla gara, ‘autocertificare' il possesso della retrostante capacità tecnica, ossia l'adozione di modalità di organizzazione interna dell'impresa e la loro asserita idoneità a prevenire fenomeni di corruzione.”

Alla luce di ciò l'autocertificazione fornita dall'appellante non poteva raggiungere il suo scopo ed è stata ritenuta inidonea a sopperire alla carenza di un requisito di partecipazione alla gara.

Inoltre, come si legge in sentenza, non può trovare applicazione in questo caso il principio di equivalenza in base al quale l'amministrazione può ammettere, a seguito di una propria valutazione discrezionale, certificazioni di qualità ed in generale mezzi di prova sul possesso dei requisiti equivalenti a quelli richiesti.

Ciò in quanto l'applicazione del principio di equivalenza è legata a precisi presupposti previsti dall'art. 87, comma 2, del d.lgs. 50/2016 per cui le stazioni appaltanti “ammettono parimenti altre prove relative all'impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità, qualora gli operatori economici interessati non avessero la possibilità di ottenere tali certificati entro i termini richiesti per motivi non imputabili agli stessi operatori economici, a condizione che gli operatori economici dimostrino che le misure di garanzia della qualità proposte soddisfano le norme di garanzia della qualità richieste”.

Da ciò deriva che “il mancato possesso della prescritta certificazione di qualità – come verificatosi nel caso di specie – di per sé non è automaticamente preclusiva della partecipazione alla procedura concorrenziale, a condizione però che siano rispettate le condizioni fissate dal legislatore agli artt. 82 ed 87 del medesimo decreto, ossia il concorrente fornisca la prova del possesso di requisiti e di misure equivalenti a quelli richiesti dalla legge di gara, nonché sull'assenza di proprie responsabilità in ordine al mancato rilascio delle certificazioni di qualità.”

Nel caso di specie il Consiglio di Stato ha ritenuto che l'appellante, non avendo adempiuto all'onere probatorio previsto dall'art. 87, comma 2, non poteva pertanto invocare l'applicazione del principio di equivalenza.

Alla luce di queste ragioni il Consiglio di Stato rigettava l'appello.