Contrario al diritto UE l’adeguamento di assegni familiari concessi dall’Austria ai lavoratori in funzione della residenza dei figli

La Redazione
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18 Giugno 2022

L'adeguamento degli assegni familiari e di vari vantaggi fiscali, concessi dall'Austria a favore dei lavoratori in funzione dello stato di residenza dei loro figli, è contrario al diritto dell'Unione. Tale meccanismo costituisce una discriminazione indiretta non giustificata, fondata sulla cittadinanza dei lavoratori migranti.

Il 1° gennaio 2019 l'Austria ha istituito un meccanismo di adeguamento per calcolare l'importo forfettario degli assegni familiari e quello di vari vantaggi fiscali che essa concede ai lavoratori i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro. Tali vantaggi fiscali comprendono il credito d'imposta per figli a carico, il bonus famiglia Plus, il credito d'imposta per famiglie monoreddito, il credito d'imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d'imposta per gli assegni alimentari. L'adeguamento può avvenire al rialzo o al ribasso in funzione del livello generale dei prezzi nello Stato membro interessato.

La Commissione, ritenendo che tale meccanismo di adeguamento e la differenza di trattamento che ne deriva principalmente per i lavoratori migranti rispetto ai cittadini nazionali siano contrari al diritto dell'Unione, ha proposto un ricorso per inadempimento contro l'Austria dinanzi alla Corte di giustizia. Nella presente causa, la Commissione è sostenuta dalla Repubblica ceca, dalla Croazia, dalla Polonia, dalla Romania, dalla Slovenia, dalla Slovacchia e dall'Autorità di vigilanza EFTA, mentre la Danimarca e la Norvegia sono intervenute a sostegno dell'Austria.

Con la sentenza pronunciata in data odierna, la Corte constata, anzitutto, che gli assegni familiari e il credito d'imposta per figli a carico di cui trattasi costituiscono prestazioni familiari che rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, le quali non sono soggette ad alcuna riduzione o modifica per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello che concede dette prestazioni.

Infatti, il regolamento esige una rigorosa equivalenza tra gli importi delle prestazioni familiari erogate da uno Stato membro ai lavoratori i cui familiari risiedono in tale Stato membro e ai lavoratori i cui familiari risiedono in un altro Stato membro. A tale riguardo, la Corte sottolinea che, in assenza di presa in considerazione delle differenze nel livello di prezzi all'interno dello Stato membro erogatore, le differenze in termini di potere d'acquisto tra gli Stati membri non giustificano che uno Stato membro possa erogare a questa seconda categoria di persone prestazioni di importo diverso da quello concesso alle persone appartenenti alla prima categoria.

Alla luce di tali circostanze, la Corte rileva che la normativa austriaca controversa, nei limiti in cui procede a un adeguamento delle prestazioni familiari in funzione dello Stato di residenza dei figli del beneficiario, costituisce una violazione del regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

Per quanto riguarda poi gli assegni familiari e l'insieme dei vantaggi fiscali oggetto del ricorso della Commissione, la Corte ricorda che il diritto dell'Unione vieta qualsiasi discriminazione, in materia di sicurezza sociale, fondata sulla cittadinanza dei lavoratori migranti. Orbene, il meccanismo di adeguamento controverso, applicandosi soltanto in caso di residenza del figlio al di fuori del territorio austriaco, incide essenzialmente sui lavoratori migranti, in quanto è probabile che siano più in particolare i loro figli a risiedere in un altro Stato membro.

Inoltre, poiché la grande maggioranza dei lavoratori migranti interessati da tale meccanismo è originaria di Stati membri in cui il costo della vita è inferiore a quello esistente in Austria, tali lavoratori percepiscono prestazioni familiari nonché vantaggi sociali e fiscali di importo inferiore rispetto a quello concesso ai lavoratori austriaci.

Di conseguenza, tale meccanismo di adeguamento costituisce una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza che, in ogni caso, non è giustificata. A tale riguardo, la Corte sottolinea che i lavoratori migranti partecipano allo stesso modo di un lavoratore nazionale alla determinazione e al finanziamento dei contributi alla base degli assegni familiari e dei vantaggi fiscali di cui trattasi, e ciò senza che sia preso in considerazione al riguardo il luogo di residenza dei loro figli. Ne consegue, a giudizio della Corte, che la normativa austriaca controversa costituisce altresì una violazione del regolamento relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione.

Date tali circostanze, la Corte accoglie integralmente il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione.

IMPORTANTE: La Commissione o un altro Stato membro possono proporre un ricorso per inadempimento diretto contro uno Stato membro che è venuto meno ai propri obblighi derivanti dal diritto dell'Unione. Qualora la Corte di giustizia accerti l'inadempimento, lo Stato membro interessato deve conformarsi alla sentenza senza indugio. La Commissione, qualora ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie. Tuttavia, in caso di mancata comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva alla Commissione, su domanda di quest'ultima, la Corte di giustizia può infliggere sanzioni pecuniarie, al momento della prima sentenza.