Truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e malversazione a danno dello Stato. Concorso o assorbimento?

30 Maggio 2017

Nel caso di erogazione da parte di un ente pubblico di un contributo o un finanziamento, ottenuto fraudolentemente, si discute se il delitto di cui all'art. 640-bis c.p. possa concorrere con quello di cui all'art. 316-bis c.p., ove il contributo finalizzato a favorire attivitàdi interesse pubblico sia destinato, almeno in parte, ad altre ...
1.

Nel caso di erogazione da parte di un ente pubblico di un contributo o un finanziamento, ottenuto fraudolentemente, si discute se il delitto di cui all'art. 640-bis c.p. possa concorrere con quello di cui all'art. 316-bis c.p., ove il contributo finalizzato a favorire attivitàdi interesse pubblico sia destinato, almeno in parte, ad altre finalità; ovvero se il delitto di cui all'art. 316-bis c.p. debba considerarsi assorbito in quello di cui all'art. 640-bis c.p. ritenendosi che il reato di cui all'art. 316-bis c.p. realizzi uno stadio minore dell'offesa al medesimo bene protetto.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione a breve saranno chiamate a stabilire se il reato di cui all'art. 316-bis c.p. abbia effettivamente natura sussidiaria rispetto al reato di cui all'art. 640-bis c.p.: in sostanza si tratterà di decidere se, nell'ipotesi in cui un finanziamento sia stato ottenuto con frode, il reato di cui all'art. 316-bis c.p. rimanga o meno assorbito nella fattispecie di cui all'art. 640-bis c.p., la quale esaurirebbe da sola l'intero disvalore della vicenda, configurandosi, invece, la successiva malversazione come un post factum non punibile, per rappresentare null'altro che la fase esecutiva di un unico progetto criminoso.

La questione è stata rimessa alle Sezioni unite con ordinanza n. 47174/2016 adottata dalla sesta Sezione penale sulla base di un riscontrato contrasto di giurisprudenza. Segnatamente la sesta Sezione, nel rispondere ad uno specifico motivo di ricorso proposto, ha esordito da un'analisi delle diverse disposizioni di cui agli artt. 316-bis c.p., introdotto dall'art. 3 della legge 86 del 1990 e art.640-bis c.p., introdotto dall'art. 22 della legge 55 del 1990: in tale direzione si è riconosciuto come le due norme ora indicate rappresentino disposizioni parallele che prendono in considerazione prestazioni pubbliche, qualificabili come sovvenzioni, contributi e finanziamenti, con le prime due denominazioni riferibili ad attribuzioni pecuniarie a fondo perduto, di tipo gestorio, la terza ad atti negoziali dall'onerositàattenuata. La differenza fra le due fattispecie è stata individuata nel fatto che la truffa opera nel momento percettivo, mentre l'art. 316-bisc.p. è destinato a reprimere le frodi successive al conseguimento di prestazioni pubbliche dallo scopo tipico individuato dal precetto che autorizza l'erogazione, uno scopo di interesse generale che risulterebbe vanificato ove il vincolo di destinazione venisse eluso (Cass. pen., Sez. VI, n. 3362/1992).

Sulla base di tali definizioni si è rilevato come dovesse stabilirsi se la truffa, prevista per reprimere il momento percettivo, possa assorbire la condotta susseguente all'erogazione, ovvero se detta condotta, in relazione al suo peculiare contenuto ed al momento in cui viene posta in essere, debba mantenere autonoma rilevanza.

Un primo orientamento rileva che le due norme tutelano diversi beni giuridici: così l'art. 640-bisc.p. tutela il patrimonio dello Stato, di altri enti pubblici o dell'Unione europea, mentre la fattispecie di cui all'art. 316-bis c.p. tutela la P.A. da atti contrari agli interessi della collettivitàche possono essere anche di natura non patrimoniale; più specificamente si è affermato che l'art. 316-bis c.p. persegue lo scopo di reprimere le frodi successive al conseguimento delle prestazioni pubbliche, che vengono attuate non destinando i fondi alle finalità per le quali erano stati erogati; ciò non presuppone necessariamente che i fondi siano stati ottenuti con frode, potendo l'illecito realizzarsi nella semplice destinazione dei fondi al perseguimento di scopi diversi da quelli per i quali ne era prevista l'erogazione. Viceversa si riconosce che la truffa prevede necessariamente la frode quale mezzo per l'ottenimento dell'erogazione. Da quanto finora detto scaturisce, sulla base dell'impostazione in esame, che possano sussistere due comportamenti illeciti puniti da norme diverse: da un lato un finanziamento ottenuto in modo fraudolento ma poi destinato al perseguimento delle finalità previste dalla legge; dall'altro l'erogazione di un finanziamento ottenuto con modalità consentite ma poi destinato al perseguimento di finalità diverse da quelle previste dalla legge. In tal senso si è appunto affermato che il reato di malversazione in danno dello Stato (art.316-bis c.p.) può concorrere con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art.640-bis c.p.), in quanto il primo tutela la P.A. da atti contrari agli interessi della collettività, anche di natura non patrimoniale, mentre il secondo tutela il patrimonio da atti di frode, aggravata nel caso di conseguimento di erogazioni pubbliche (Cass. pen., Sez. II, n. 43349/2011; Cass. pen., Sez. II, n. 29512/2015).

Al fin qui esposto orientamento se ne contrappone un altro in base al quale si afferma che il reato di malversazione di cui all'art. 316-bis c.p. avrebbe natura sussidiaria e residuale rispetto alla truffa di cui all'art. 640-bis c.p. (Cass. pen., sez. II, n. 39644/2004; Cass. pen., Sez. VI, n. 23063/2009). Così, specificamente, con riguardo alla su esposta argomentazione relativa alla diversità dei beni giuridici protetti dalle due norme, si rileva, da un lato, come l'offesa al patrimonio della P.A. comporti necessariamente anche un pregiudizio per il bene giuridico rappresentato dal buon andamento della stessa P.A.; da un altro lato viene evidenziato come l'offesa al bene del buon andamento della P.A. con destinazione dei fondi a scopi diversi da quelli per i quali ne era prevista l'erogazione viene ad incidere necessariamente anche sul patrimonio della P.A., determinando una lesione di questo bene giuridico. Si propende, quindi, sulla base di tale orientamento, per un rapporto di sussidiarietà fra le due norme, trattandosi di due fattispecie criminose che sanzionano due comportamenti diversi, destinati ad offendere stadi e gradi diversi dello stesso bene giuridico; l'art. 640-bisc.p. più gravemente, mentre l'art. 316-bis c.p. in maniera minore, con la conseguenza che il secondo fatto di reato debba rimanere assorbito nel primo. Si rappresenta ancora come nella fattispecie concreta siano emersi due comportamenti, uno anteriore al conseguimento del finanziamento e realizzato attraverso artifizi e raggiri ed un altro posto in essere con l'impiego dei fondi per finalità diverse da quelle per le quali ne era prevista l'erogazione; si rileva, quindi, che il bene tutelato viene offeso sin dal momento consumativo della truffa, venendo poi ulteriormente offeso, una volta conseguito il finanziamento, con la diversa destinazione impressa ai fondi ottenuti; si evidenzia, quindi, che questa seconda condotta costituisce la fase esecutiva dello stesso progetto criminoso che si pone come una conseguenza naturale del conseguimento dell'erogazione a seguito di artifizi e raggiri, con la conclusione che non possono sottoporsi a sanzione due comportamenti diversi offensivi dello stesso bene, sia pure se posti in essere in momenti diversi (Cass. pen., Sez. II, n. 42934/2014).

2.

Alla luce del fin qui esposto contrasto di giurisprudenza le Sezioni unite della Corte di cassazione dovranno rispondere al quesito sollevato dalla sesta Sezione nei termini che seguono: se nel caso di erogazione da parte di ente pubblico di contributo o finanziamento, ottenuto fraudolentemente, il delitto il delitto di cui all'art. 640-bis c.p. concorra con quello di cui all'art. 316-bis c.p. ove il contributo finalizzato a favorire attivitàdi interesse pubblico sia destinato almeno in parte ad altre finalità, ovvero assorba tale ultimo delitto, nel presupposto che esso realizzi uno stadio minore dell'offesa al medesimo bene protetto.

3.

Il primo Presidente della Cassazione ha fissato per il 23 febbraio 2017 l'udienza per la trattazione della questione se nel caso di erogazione da parte di ente pubblico di contributo o finanziamento, ottenuto fraudolentemente, il delitto il delitto di cui all'art. 640-bis c.p. concorra con quello di cui all'art. 316-bis c.p. ove il contributo finalizzato a favorire attivitàdi interesse pubblico sia destinato almeno in parte ad altre finalità, ovvero assorba tale ultimo delitto, nel presupposto che esso realizzi uno stadio minore dell'offesa al medesimo bene protetto.

4.

All'udienza del 23 febbraio le Sezioni unite della Cassazione hanno affermato che il reato di malversazione in danno dello Stato (art. 316-bis c.p.) concorre con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.)

5.

« Il reato di malversazione in danno dello Stato (art. 316-bis c.p.) concorre con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.) »

La vicenda concreta sottoposta all'esame della Suprema Corte, che ha fornito l'occasione per l'enunciazione del principio sopra riportato, attiene alla sottrazione di beni strumentali di proprietà di una società ed acquistati con l'impiego di finanziamenti pubblici ed al correlativo mancato pagamento delle rate residue riguardanti il prestito agevolato concesso. I giudici di merito avevano riconosciuto il concorso tra il reato di cui all'art. 316-bis c.p., per il quale vi era stata affermazioni di penale responsabilità e quello di cui all'art. 640-bis c.p., in relazione al quale era intervenuta dichiarazione di non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione.

Con il ricorso per cassazione l'imputato aveva, tra l'altro, eccepito violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento della natura sussidiaria del reato di cui all'art. 316-bis c.p. rispetto a quello di cui all'art. 640-bis c.p., ritenendo che i due comportamenti contestati fossero espressione di un'identica offesa al bene giuridico tutelato.

La questione sottoposta all'esame delle sezioni unite della Corte di cassazione attiene alla possibilità di concorso del reato di malversazione ai danni dello Stato (art. 316-bis c.p.) con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.). Le Sezioni unite con la sentenza in commento hanno riconosciuto la possibilitàdel concorso fra le due norme incriminatrici ora citate, escludendo la sussistenza fra l'art. 316-bis c.p. e l'art.640-bis c.p. di un'ipotesi di concorso apparente di norme che comporrebbe, in base alla previsione contenuta nell'art. 15 c.p., l'applicazione della sola disposizione di legge speciale in deroga a quella di legge generale.

Viene al riguardo precisato che il criterio di specialità risulta essere, sulla base di costanti affermazioni delle stesse sezioni unite della Corte di cassazione (Cass. Sez. unite n. 1963/2010), l'unico principio legalmente previsto in tema di concorso apparente; esso, in base alla previsione contenuta nell'art. 9 della legge n. 689 del 1981, va applicato anche alle ipotesi di illeciti amministrativi, essendo l'interprete, di volta in volta, chiamato ad effettuare una comparazione delle fattispecie astratte, prescindendo dalla qualificazione, penale o amministrativa, degli illeciti posti a raffronto.

Fatta questa premessa sul principio applicabile per risolvere la questione, le sezioni unite passano ad analizzare gli elementi costitutivi dei due reati, al fine stabilire la natura del concorso che può sussistere fra gli stessi. In questa direzione in primo luogo, da un lato, viene rilevato come gli artifizi e raggiri non rappresentano l'unica modalità attraverso la quale può ottenersi la percezione dei finanziamenti e delle altre provvidenze previste dall'art. 316-bis c.p.; da un altro lato, poi, si osserva come la percezione illegittima non necessariamente sfocia nello storno delle somme erogate dalla loro finalità, che rappresenta l'elemento caratterizzante del reato di cui all'art. 640-bis c.p. Tali considerazioni, già presenti nella giurisprudenza delle Sezioni unite (Cass. Sez. unite., n. 7537/2010), appaiono avvalorate anche da un excursus storico e sistematico che contraddistingue le due norme incriminatrici in esame: difatti esse sono contenute in disposizioni di legge autonome entrate nello stesso contesto temporale, a distanza di un mese l'una dall'altra e caratterizzate entrambe dal mancato inserimento di una clausola di riserva. Trattasi, evidentemente, seguendo l'argomentare delle sezioni unite, di una scelta ben precisa operata dal legislatore nella direzione di una definizione autonome delle due fattispecie.

L'effettuata comparazione fra le due fattispecie astratte conduce le Sezioni unite ad enucleare almeno tre situazioni concrete diverse nelle quali deve verificarsi la ricorrenza di uno o di entrambi reati in esame: in primo luogo viene considerata l'ipotesi in cui il privato ottiene un finanziamento illecitamente e successivamente utilizza la somma per scopi privati; quindi può ricorrere l'ipotesi che il privato, ottenuta con mezzi fraudolenti l'erogazione, la destini effettivamente ad opere ed attività giustificanti il sostegno economico richiesto; ed ancora viene considerata l'ipotesi che il privato ottenga legittimamente il finanziamento, ma poi ometta di destinarlo all'attività o all'opera di pubblico interesse per cui era stato erogato. In quest'ultimo caso si riconosce la ricorrenza di un'ipotesi di malversazione pura e quindi la sussistenza del solo reato di cui all'art. 316-bis c.p.; nel secondo caso è evidente l'autonomia fra le due fattispecie, in quanto viene posta in essere una truffa, alla quale non segue una malversazione, con conseguente configurazione del solo reato di cui all'art. 640-bis c.p.; invece nel primo caso, dopo il compimento della truffa viene posta in essere un'altra condotta cronologicamente autonoma ed eventuale che integra il reato di malversazione di cui all'art. 316-bis c.p., configurandosi un'ipotesi di concorso materiale fra i due reati.

Attraverso l'esemplificazione compiuta, le sezioni unite dimostrano come concretamente i due reati possano combinarsi tra di loro con modalità autonome; ed appunto la riconosciuta differenza strutturale fra le due fattispecie e le possibili interferenze fra le condotte consumative delle stesse consentono ai giudici di legittimità di risolvere il contrasto di giurisprudenza insorto fra le sezioni semplici nel senso del possibile concorso materiale dei due reati di cui all'art. 316-bis c.p. e 640-bis c.p., unificabili sotto il vincolo della continuazione.

Le Sezioni unite, nel risolvere la questione sopra esaminata, hanno anche preso in considerazione la particolare attenzione, manifestatasi nella giurisprudenza sovranazionale ed in quella della Corte Costituzionale, al divieto del principio del bis in idem sostanziale, quale diritto fondamentale dell'individuo sulla base dell'elaborazione della Corte Edu (Corte Edu, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia; Corte Edu, Grande Camera, 15 novembre 2011, A e B. contro Norvegia) e della Corte costituzionale (sentenza n. 200 del 2016).

In tale analisi viene evidenziato come l'essenza del divieto espresso dalla giurisprudenza della Corte Edu debba essere ravvisato nella necessita di non sottoporre ad accertamento due volte l'interessato per il medesimo fatto storico; detto divieto pero, rilevano le sezioni unite, non ha natura assoluta, non essendo precluso il perseguimento della persona sottoposta a controllo in due autonome procedure, pur auspicandosi una trattazione unitaria; precluso è solo la sottoposizione della persona ad un autonomo giudizio, quando sia stato già definito uno dei due.

Quanto alla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2016, viene rappresentato come la stessa si sia limitata a prescrivere l'applicazione dell'art. 649 c.p.p. anche nell'ipotesi in cui oggetto del giudizio concluso sia un reato in concorso formale con l'altro posto in comparazione, In conclusione le Sezioni unite escludono che l'evoluzione della giurisprudenza della Corte Edu e di quella della Corte costituzionale impongano una riconsiderazione dell'istituto del concorso apparente di norme sulla base di criteri diversi da quello di specialità.