L'autopsia psicologica

Alessandra Bramante
Viviana Lamarra
06 Settembre 2016

La morte violenta di un individuo può essere imputata a tre cause principali: omicidio, suicidio o incidente. Spesso, da un punto di vista medico legale, l'eziopatogenesi relativa alla morte di un individuo appare evidente anche se non altrettanto possono esserlo i motivi del decesso.
 In tal senso, nell'ambito delle investigazioni retrospettive da svolgere nei casi di suicidio o di morte sospetta, risultano di fondamentale importanza alcuni concetti quali la diagnosi clinica della morte, le cause della morte ed i motivi riconducibili alle circostanze che hanno determinato le cause della morte
Abstract

La morte violenta di un individuo può essere imputata a tre cause principali: omicidio, suicidio o incidente. A tal riguardo risulta emblematico l'acronimo inglese NASH (natural, accident, suicide, homicide) che, utilizzato in una accezione più generale, indica la totalità dei motivi per i quali possiamo morire.

Spesso, da un punto di vista medico legale, l'eziopatogenesi relativa alla morte di un individuo appare evidente anche se non altrettanto possono esserlo i motivi del decesso.
 In tal senso, nell'ambito delle investigazioni retrospettive da svolgere nei casi di suicidio o di morte sospetta, risultano di fondamentale importanza alcuni concetti quali la diagnosi clinica della morte, le cause della morte (intese come gli eventi che hanno generato le condizioni cliniche (es. incidente automobilistico, ecc.) ed i motivi che invece sono riconducibili alle circostanze che hanno determinato le cause della morte. Questi possono essere naturali, accidentali, oppure riconducibili a suicidio o ad omicidio.

In ambito investigativo, al fine di ridurre i margini di errore nell'ipotizzare i motivi della morte di un individuo, l'autopsia psicologica sembra essere, ad oggi, la tecnica di indagine più raffinata.


Definizione e cenni storici

Esiste una branca della criminologia, chiamata vittimologia, che ha per oggetto lo studio della vittima del reato, della sua personalità, delle sue caratteristiche biologiche, psicologiche, morali, sociali e culturali, delle sue relazioni con l'autore del reato, e del ruolo che essa ha assunto nella criminogenesi e nella criminodinamica (Gulotta G., 1981).

Quando si tratta dello studio di una vittima sopravvissuta ad un reato, quindi in grado di testimoniare direttamente, ci troviamo nell'ambito della psicologia della testimonianza che cercherà attraverso le sue metodologie di analizzare da un lato l'attendibilità della testimonianza stessa per coglierne eventuali distorsioni cognitive che potrebbero portare a falsi ricordi, dall'altra per aiutare il testimone a ricordare. Nel caso in cui la vittima è deceduta a causa dell'azione criminale, purtroppo molto più frequente, è possibile ricorrere alla tecnica denominata autopsia psicologica.

Per molto tempo si è pensato che la vittima fosse di esclusiva competenza della medicina legale e della criminalistica. Invece tale approccio che va a considerare soltanto le tracce fisiologiche di sé importantissime tralascia tutta una serie di informazioni psicologiche e psicopatologiche sulla vittima prima del decesso che sono fondamentali, assieme a quelle fisiche e biologiche per poter stilare un profilo completo, per arrivare a formulare delle ipotesi attendibili sulle dinamiche che hanno portato alla sua morte e per completare il profilo del soggetto ignoto che ha commesso quel crimine particolare ai danni di quella vittima particolare che è stata prescelta tra tante.

In questo senso quindi si può fornire una autopsia psicologica, che risulta tecnica fondamentale anche nei casi di morte equivoca, cioè quei casi in cui non è chiaro se il decesso è avvenuto per omicidio, per suicidio o per un incidente.

Si parla di autopsia psicologica quando l'identità della vittima è nota ma è necessario stabilire le cause e le dinamiche del decesso.

La tecnica si realizza in ambito investigativo, forense e di ricerca ed è il risultato di un lavoro di individuazione, raccolta ed analisi interdisciplinare di tutte le informazioni derivanti dalla scena del crimine, dalle scienze forensi nonché dalle testimonianze delle persone più significative nella vita della vittima, allo scopo di elaborare una valutazione approfondita delle sue condizioni psichiche e fisiche al momento del decesso. Attualmente rappresenta il metodo che ha minor margine di errore nello stabilire le effettive cause del decesso nei casi sospetto e/o equivoci.

L'autopsia psicologica nasce negli Stati Uniti quando Eli Robins ed i suoi colleghi della Washington University di Sant Louis, negli anni 1956 e 1957, condussero delle ricerche su 134 casi di suicidi consecutivi avvenuti nel corso di un anno. Poi, l'anno successivo, Theodore Curphy, direttore dell'Istituto di Medicina Legale della Contea di Los Angeles, formulò la richiesta di collaborazione al locale Centro Prevenzione Suicidi, codiretto dagli psicologi Edwin Shneidman e Norman Farberow, al fine di analizzare il notevole incremento del numero di morti per droga che si era verificato in quegli anni, dando così luogo ad uno dei primi approcci multidisciplinari al suicidio. Si arriva così all'articolo di Shneidman, del 1961, in cui l'autore coniò il termine autopsia psicologica definendola la ricostruzione retrospettiva della vita di una persona scomparsa, al fine di individuare aspetti che ne rivelino le intenzioni rispetto alla propria morte, indizi sulla tipologia del decesso e sull'eventuale grado di partecipazione alle dinamiche dello stesso e di fornire ipotesi circa i motivi per i quali la morte è avvenuta in quel dato momento. Tale tecnica si rileva presto un procedimento tecnico fondamentale nel caso in cui non sia possibile ricondurre con certezza la morte di un soggetto ad una chiara intenzione autolesiva e le prove medico-legali non permettano di formulare conclusioni definitive.

Case Report

Da un punto di vista storico un caso fondamentale che ha posto le basi per lo sviluppo dell'autopsia psicologica come tecnica peritale è stato l'omicidio del Tenente Jack Lester Mee, eroe della seconda guerra mondiale, ucciso dal suo amante nel 1947. L'avvocato difensore sollecitò la perizia per provare che la vittima aveva delle caratteristiche di pericolosità e di psicopatologia tali da giustificare l'omicidio commesso dal suo cliente. Si occuparono del caso due periti, Diaz Padron e Henriquez. I due esperti iniziarono ad analizzare le lettere, il diario personale e un libro di poesie scritto dalla vittima e fecero una revisione della sua storia clinica analizzando la documentazione della vittima presso un Ospedale Militare dove era stato recluso e da cui risultava che l'allora paziente soffriva di un frastorno della personalità particolarmente centrato sulla sua vita sessuale.

Protocolli strutturati per l'autopsia psicologica

Il primo protocollo strutturato di autopsia psicologica fu elaborato dallo stesso Shneidman nel 1976.

Tale protocollo è composto da sedici aree fondamentali di vita della vittima sulle quali indagare retrospettivamente. Esso ad oggi rappresenta un importante punto di riferimento per le diverse ricerche ed applicazioni del metodo. Le sedici aree sono:

  1. Informazioni anagrafiche e generali sulla vittima.
  2. Dettagli relativi alla morte del soggetto (es. cause, modalità, rapporti di polizia).
  3. Storia personale della vittima (es. malattie e terapie, eventuali 
precedenti tentativi di suicidio).
  4. Storia delle modalità delle morti avvenute nella famiglia della vittima.
  5. Modalità di risposta allo stress ed al disagio caratteristiche della vittima.
  6. Preoccupazioni, problematiche, tensioni e/o scontri recenti (ultimi giorni/mesi prima del decesso).
  7. Posizione della vittima rispetto all'uso di droghe o alcol sia al momento della morte che nel suo stile di vita.
  8. Qualità delle relazioni interpersonali della vittima.
  9. Fantasie del soggetto deceduto.
  10. Sogni ricorrenti del soggetto.
  11. Pensieri e paure in relazione alla morte, agli incidenti o al suicidio.
  12. Cambiamenti di abitudini nella vita della vittima prima del decesso 
(es. negli hobbies, nei comportamenti alimentari, nei modelli sessuali e 
nelle azioni quotidiane) immediatamente precedenti alla morte.
  13. Informazioni rispetto alla “visione della vita” del deceduto (es. desideri, obiettivi, successi).
  14. Informazioni relative alla valutazione dell'intenzionalità dell'atto.
  15. Reazioni degli intervistati in merito alla morte del soggetto.
  16. Commenti ed ulteriori eventuali informazioni particolari sul soggetto defunto e sulla sua vita.

Una delle più frequenti critiche mosse alla tecnica dell'autopsia psicologica era la mancanza di procedure standard, cosa che lasciava ovviamente troppa libertà alla interpretazione personale degli esperti coinvolti. Non esisteva infatti un modello strutturato e sistematizzato che permettesse di verificare la validità e l'affidabilità del procedimento stesso. Per sopperire a tale mancanza, nel 1987 Ebert elaborò delle linee guida in merito alle modalità da seguire durante l'autopsia psicologica. I punti principali di questo documento importante erano:

1. Abuso di alcol
 personale e familiare. Elementi relativi alla modalità di assunzione.
 Problematiche familiari, lavorative e relazionali connesse all'abuso di alcol.
 Tasso alcolico presente al momento del decesso.

2. Appunti con contenuti di tipo suicidario, analisi grafologica (esame del contenuto
e dello stile).

3. Analisi del materiale che la vittima ha scritto nel corso della propria vita quale diari, lettere, appunti, memorie, ecc.

4. Analisi della tipologia dei contenuti dei libri che la vittima leggeva quando era in vita (con particolare attenzione a libri dell'occulto, sulla vita dopo la morte, oppure relativi al suicidio).
Individuazione dei libri presi in prestito dalle biblioteche frequentate.

5. Valutazione delle relazioni interpersonali della vittima. 
Intervistare tutte le possibili persone che conoscevano la vittima. Valutare la reazione delle persone rispetto alla morte della vittima. Individuare legami di convivenze, matrimonio, separazioni e divorzio. Esaminare il rapporto della vittima con i bambini.
Verificare se vi siano stati episodi di rabbia o violenza verso persone particolari.

6. Relazioni coniugali (se la vittima era sposata).
 Individuare i problemi che potrebbero avere influito sull'umore della vittima.
 Verificare se vi sono stati rapporti extraconiugali.
 Valutazione generale sulla qualità della relazione.

7. Stato dell'umore, che implica l'analisi attenta delle fluttuazioni dell'umore del soggetto
 (eventuali sintomi di depressione come perdita di peso, disturbi della memoria, senso di stanchezza ingiustificato, disturbi del sonno, periodi di ritiro, diminuzione della libido, variazioni nel comportamento alimentare, ecc.).

8. Fonti di disagio psicosociale
 come lutti di persone o animali.
 Abbandoni, separazioni, divorzio o interruzione di relazioni significative; ma anche perdita del lavoro, promozioni, retrocessioni.
 Problemi finanziari e/o legali.
 Reazione agli stressors, come ad esempio cambi di residenza e traslochi.

9. Ricostruzione dei comportamenti precedenti alla morte.
 Analisi di eventuali o improvvisi cambiamenti nello stile di vita della vittima. Cessioni del proprio patrimonio.
 Presenza di disposizioni per bambini e/o animali domestici.
 Redazione del testamento o sue modifiche; saldi di polizze assicurative o saldi di debiti.

10. Analisi del linguaggio 
(possibili cambiamenti nel linguaggio ed eventuali riferimenti al suicidio).

11. Analisi dell'uso di sostanze stupefacenti. Individuazione di tutte le droghe utilizzate dalla vittima e valutazione dei loro effetti.

12. Anamnesi medica. Analisi dell'intera storia medica della vittima. Verificare la presenza di sintomi e diagnosi insolite o di eventuali malattie terminali.

13. Esame dello stato mentale della vittima prima della morte (orientamento, memoria, attenzione, concentrazione, umore ed affettività).
Valutare anche presenza di allucinazioni e/o manie, livello di QI, linguaggio e capacità di giudizio.

14. Storia psicologica
del soggetto. Verificare precedenti tentativi di suicidio.
Valutare eventuali trattamenti psicoterapeutici ed ospedalieri. Esaminare eventuali diagnosi.
Esaminare eventuali comportamenti impulsivi.
Esaminare i risultati di ogni test psicologico eventualmente eseguito dalla vittima.

15. Studi di laboratorio.

16. Rapporto dell'Autorità giudiziaria.
17. Valutazione della motivazione
rispetto al gesto suicidario. Predisporre una tabella suddivisa in quattro parti: omicidio, incidente, naturale, omicidio (appuntando i dati a sostegno di ciascuna ipotesi). Fornire possibili ragioni per il suicidio o per altre ipotesi.
18. Ricostruzione degli eventi occorsi il giorno prima della morte. Compilazione di una tabella riportante tutti i movimenti della vittima. Ricostruzione cronologica del periodo immediatamente prima del decesso.
19. Valutazione dei sentimenti rispetto alla morte, preoccupazioni e fantasie della vittima.

20. Carriera militare.

21. Decessi in famiglia (individuare suicidi familiari, elaborare tutte le modalità di decesso).

22. Storia familiare
(identificare i membri della famiglia e le relazioni con la vittima). Esaminare lo status socioeconomico della vittima.
Verificare eventuali conflitti avvenuti prima della morte.

23. Storia occupazionale (analisi degli impieghi svolti, presenza di problematiche ricorrenti).
Verificare se esistevano problematiche lavorative immediatamente precedenti alla morte, oppure azioni disciplinari.

24. Livello di istruzione raggiunto.
Individuare eventuali problemi con gli insegnanti o i compagni.

25. Familiarità con metodi o oggetti utilizzabili per togliersi la vita. Verificare il possesso di armi o coltelli e la disponibilità di droghe o sostanze chimiche letali. Verificare l'interesse della vittima per le armi.

26. Precedenti di polizia.

Un altro autore, Jack Annon, nel 1995 aggiunse ulteriori particolari per rendere ancora più affidabile e completa la procedura dell'autopsia psicologica. Più nel dettaglio sono i seguenti:

  • Esame minuzioso della scena dove accaddero i fatti nonché quello delle 
relative foto e videoregistrazioni.
  • Studio dei rapporti di polizia e delle dichiarazioni dei testimoni ed analisi 
dei risultati dell'autopsia medica e tossicologica.
  • Analisi dei documenti riguardanti la vittima prima della sua morte (es. note scolastiche, visite mediche, informative del datore di lavoro, ecc.).
  • Interviste a persone informate sui fatti e sugli avvenimenti antecedenti quali gli eventuali testimoni oculari, i familiari, gli amici, i colleghi di 
lavoro, il personale sanitario, il medico di famiglia, ecc. ).

L'autore sostiene che il tempo necessario per formulare una preliminare opinione riguardo lo stato mentale/psicologico di un soggetto prima della sua morte è compreso tra le 20 e le 30 ore di lavoro investigativo anche se questo può variare notevolmente in relazione alle difficoltà nel reperire le informazioni necessarie. Afferma anche che il tempo ottimale per realizzare le interviste risulta esser compreso tra 1 e 6 mesi dopo il decesso in quanto in tale periodo si conserva la nitidezza del ricordo risultando quindi affidabile l'informazione ottenuta; trascorso questo tempo le inevitabili dinamiche psicologiche successive al lutto potrebbero interferire con l'obiettività del ricordo. 


La ricerca evidenziò come non vi siano sostanziali differenze tra le informazioni ottenute un mese dopo la morte e quelle risultanti a sei mesi dal decesso: pertanto non si sostanziò alcuna perdita di particolari nella ricostruzione biografica del soggetto suicida. Lo stesso Brent concorda sul fatto che il periodo ottimale per la somministrazione dell'intervista va dai 2 ai 6 mesi successivi al decesso.


Un altro elemento da tenere in considerazione per la raccolta di informazioni retrospettive è l'analisi di materiale fotografico: sappiamo anche dall'esperienza maturata nella clinica psicoterapeutica quanto le fotografie possano catturare stati d'animo particolari che ad un osservazione attenta e scrupolosa possono rivelare molto della personalità del soggetto in esame, sulle sue relazioni familiari, e sul suo contesto relazionale.

Uno dei paesi in cui il protocollo dell'autopsia psicologica si è maggiormente sviluppato è Cuba ove il MAPI (Modelo de autopsia psicología integrado) è completamente strutturato e sistematizzato ed attualmente il suo utilizzo si è esteso ad altri paesi latinoamericani quali Messico, Cile, Honduras e Costa Rica. Ogni operatore che applica tale protocollo è tenuto a realizzarlo attenendosi ad un manuale che prevede e richiede risposte prestabilite. Ciò al fine di evitare che elementi soggettivi possano condizionare la valutazione dei casi e permettere che i risultati possano esser verificabili e riproducibili da terze persone. Il Ministero della Salute Pubblica di Cuba ha sviluppato la metodologia scientifica per la validazione del MAPI attraverso tre ricerche svolte tra gli anni 1990 e 1996 su vittime di suicidio, omicidio ed incidenti.

Per quel che riguarda i disturbi psichiatrici, l'autopsia psicologica mostra che oltre il 90% delle persone che muoiono per suicidio soddisfa il criterio per uno o più disturbi psichiatrici. In Finlandia sono fatti vari studi, in particolare la ricerca di Ericsson rileva che, nell'arco di un anno, su 229 suicidi il 93% rientrava, secondo la classificazione del DSM IV, in una diagnosi di Asse I, con il 59% dei soggetti che risultava depresso.

Quando è importante utilizzare tale tecnica

In ambito penale, i casi di utilizzo dell'autopsia psicologica più frequenti sono quelli relativi alla determinazione dello stato psicologico del suicida al momento dell'evento, le morti dubbie, equivoche o di eziologia medico legale imprecisata ed il sospetto di istigazione al suicidio, reato previsto dall'articolo 580 del codice penale, che così recita: Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima ...

È inoltre evidente come la conoscenza dello stato mentale della vittima sia fondamentale non solo per la tipizzazione del delitto ma anche per l'eventuale comminazione della pena nei casi in cui il suicidio si palesasse quale omicidio o induzione al suicidio. In tal senso l'art. 580 c.p. continua così: Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1) e 2) dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere e di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.

L'autopsia psicologica, salvo alcune importanti eccezioni quali la sistematica applicazione nei casi di suicidi di appartenenti alle forze di polizia, non ha ancora trovato in Italia, cosi come in generale in Europa, un suo spazio all'interno dell'investigazione. Non le è ancora stato riconosciuto il fondamentale contributo che tale tecnica è in grado di apportare nelle indagini sulle morti equivoche e/o suicidi.

Colui che sarà chiamato ad intervenire come esperto di autopsia psicologica in un caso di suicidio o presunto tale dovrà avere una formazione specifica e conoscere approfonditamente la psicologia del suicida e del comportamento suicidario, così come tutte le teorie che hanno cercato di comprendere da molti punti di vista questa condotta autodistruttiva.

Conclusioni

L'accertamento dell'effettiva causa di morte di un individuo, oltre alla necessità di rendere giustizia alla vittima e alla società, risponde ad importanti esigenze di carattere epidemiologico e preventive.
 L'accurata determinazione della morte di un individuo per suicidio è infatti essenziale per identificare gruppi di popolazione a rischio e relativi programmi preventivi e di intervento.

In ambito investigativo, al fine di ridurre i margini di errore nell'ipotizzare i motivi della morte di un individuo, qualora questa presenti aspetti di equivocità, l'autopsia psicologica sembra essere, ad oggi, la tecnica di indagine più raffinata.

In conclusione è importante che la tecnica dell'autopsia psicologica venga applicata prestando particolare attenzione al rispetto della dignità del defunto, alle dinamiche psicologiche che si sviluppano tra i sopravvissuti gli intervistatori, alla formazione di questi ultimi, al trattamento delle informazioni e alla difesa della loro riservatezza. Un'attenzione speciale dovrà essere rivolta ogni qual volta tra i sopravvissuti da intervistare vi sia anche un minore: pur non potendosi escludere in linea di principio tale possibilità, essa dovrà sempre essere valutata attentamente e, nel caso in cui fosse possibile, dovrà essere evitata. In nessun modo, poi, i dati ricavati da un'autopsia psicologica dovrebbero essere utilizzati per fini diversi da quelli investigativi o per la ricerca scientifica.

Criticità dell'indagine

Come già affermato in precedenza una delle più frequenti critiche mosse alla tecnica dell'autopsia psicologica era la mancanza di procedure standard, cosa che lasciava ovviamente troppa liberta alla interpretazione personale degli esperti coinvolti.

De Leo, in un suo lavoro, ha cercato di mettere a fuoco i punti deboli degli studi di autopsia psicologica: il problema principale è la mancanza di protocolli standardizzati. Cioè, non ci sono delle linee guida condivise per gli intervistatori. Sovente le indagini sono centrate su paradigmi di natura strettamente medica, con poca attenzione alle variabili socio-culturali. Un altro problema è il bias degli informatori. Inoltre, spesso si lascia un intervallo troppo lungo tra la morte e la procedura di autopsia psicologica. Infine, dal punto di vista scientifico, si nota l'assenza di gruppi di controllo validi. Dunque, oggi la necessità principale per un'adeguata autopsia psicologica è la standardizzazione delle procedure. Tuttavia negli ultimo anni sono sati stilati protocolli e linee guida al fine di ovviare a tale criticità.

Vi sono poi alcune questioni importanti relative alla etica, prima di tutte quella che riguarda il rispetto per la memoria del defunto. Un'altra delicata questione riguarda la confidenzialità nel trattamento dei dati personali. Bisogna poi considerare i difficili problemi etici connessi alla raccolta delle informazioni: l'intervista con i sopravvissuti è infatti un aspetto delicato in considerazione del rispetto dei defunti, dell'integrità e della salute degli intervistati, della tensione psicologica verso l'intervistatore, del periodo intercorso tra suicidio ed intervista, dell'evocazione di sensi di colpa e di fantasie di morte nell'intervistato.

Beskow e colleghi hanno individuato alcuni punti da tenere ben presenti, dal punto di vista etico, durante lo svolgimento delle autopsie psicologiche: l'intervistatore deve possedere delle competenze psicologiche, è opportuno che un iniziale contatto telefonico seguito da una lettera di presentazione precedano e preparino l'intervista che deve esser fatta sempre previa sottoscrizione di consenso informato e per ultimo che, fra il momento del suicidio e l'intervista è raccomandato un intervallo compreso tra i due e i sei mesi.

Non vi è una letteratura scientifica sufficiente che indichi i livelli di efficacia di questo strumento, rispetto ai metodi investigativi tradizionali, in termini di contributo alle indagini. La limitata conoscenza e diffusione dell'autopsia psicologica della vittima, almeno in Italia, porta gli investigatori, gli avvocati e i P.M. a sottoutilizzarla.

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