I test psicologici in perizia: la valutazione psicodiagnostica dell'autore di reato

Alessandra Bramante
Viviana Lamarra
12 Gennaio 2017

Nella perizia la valutazione diagnostica clinico-forense è spesso coadiuvata dall'utilizzo di test mentali che sono ormai da tempo considerati utili strumenti per l'integrazione e il completamento delle indagini sullo stato mentale del soggetto. Essi infatti hanno acquisito negli ultimi anni affidabilità e attendibilità, in termini clinici, nella valutazione della personalità, delle condizioni psicopatologiche e disfunzionali del soggetto. Ovviamente i test vanno considerati degli strumenti e in quanto tali ...
Abstract

Nella perizia la valutazione diagnostica clinico-forense è spesso coadiuvata dall'utilizzo di test mentali che sono ormai da tempo considerati utili strumenti per l'integrazione e il completamento delle indagini sullo stato mentale del soggetto.

Essi infatti hanno acquisito negli ultimi anni affidabilità e attendibilità, in termini clinici, nella valutazione della personalità, delle condizioni psicopatologiche e disfunzionali del soggetto.

Storicamente, dopo una fase di iniziale di diffidenza da parte della comunità scientifica, è seguita una successiva fase di accettazione ove l'approfondimento testale è stato considerato come utile completamento per la diagnosi (FORNARI 2008) o come criterio accettabile di sicurezza diagnostica (ABBATE, CAPRI, FERRACUTI 1990).

Ovviamente i test vanno considerati degli strumenti e in quanto tali, utilizzati in modo metodologicamente corretto sia intrinsecamente (attenendosi rigorosamente alle indicazioni relative a somministrazione, elaborazione ed interpretazione dei dati) sia relativamente l'ambito di indagine della perizia e l'oggetto della valutazione specifica.

È essenziale quindi considerare con attenzione la compatibilità tra lo strumento clinico e i criteri di affidabilità e “scientificità” richiesti dal contesto forense, nonché, ovviamente, tra i dati ricavati attraverso lo strumento e la loro utilizzabilità per la risposta al quesito del giudice.

È in questo senso che si intende il concetto di specificità o genericità dello strumento tecnico e della sua idoneità o meno a misurare quanto utile per l'indagine peritale.

Il test quindi diventa, molto più che non il colloquio peritale, oggetto di valutazione relativamente la sua pertinenza riguardo l'ambito di valutazione e risulta quindi importante scegliere lo strumento di verifica più indicato da utilizzare per riferire i risultati pertinenti con i quesiti del giudice.

In ambito forense, come in ambito clinico, i test non possono però assurgere a unico riferimento per quanto riguarda la diagnosi clinica, in quanto le loro risultanze vanno sempre integrate con le evidenze cliniche e processuali, mettendone in luce anche le possibili criticità e limiti dovuti allo strumento.

Generalmente, al fine di rendere un quadro diagnostico il più possibile esaustivo, la comunità scientifica consiglia di utilizzare una batteria di test comprensiva di più reattivi, atti a valutare l'individuo nelle diverse aree del funzionamento psicologico.

In questo modo la percentuale di errori e di interpretazioni scorrette, quando sia utilizzata una batteria di test, appare fortemente ridimensionata se vi sia da un lato una valutazione complessiva che includa l'esame obiettivo psichiatrico, dall'altro l'esame di una serie di dati empirici (e documentabili), derivabili da strumenti testologici specifici di cui sia comunemente riconosciuta la validità e attendibilità (FORNARI, 2015).

I test, in quanto strumenti specifici, vanno utilizzati con attenzione e rigore metodologico: i dati emersi devono sempre essere interpretati secondo quanto indicato dai manuali scientifici di riferimento, attenendosi rigorosamente alla metodologia di somministrazione ed elaborazione indicata, tenendo conto dell'evoluzione scientifica degli stessi nel tempo, degli aggiornamenti relative a “tarature” e alle standardizzazioni più recenti, oltre che alla introduzione di nuovi e accreditati strumenti volti ad esplorare specifiche tematiche o aree del funzionamento psicologico/psicopatologico.

Nella scelta degli strumenti/test va valutata infatti la loro affidabilità e validità di termini scientifici oltre che naturalmente il loro “accreditamento” in ambito giuridico.

Valutazione psicodiagnostica nella perizia sull'imputabilità e sulla pericolosità sociale dell'autore di reato

L'applicazione di reattivi mentali è stata, nel tempo, ampiamente implementata, essendo questi ormai considerati in modo unanime dalla comunità scientifica, un utile complemento per un inquadramento psicodiagnostico approfondito e completo.

I reattivi mentali infatti, stante ovviamente la correttezza delle modalità del loro utilizzo metodologico e tecnico, sono strumenti che, in modo strutturato e standardizzato, possono raccogliere dati a supporto di un inquadramento diagnostico di tipo “funzionale” della psiche del periziando.

Nell'ambito della perizia sull'autore di reato in particolare, relativa alla valutazione della presenza di un vizio di mente in grado di escludere o scemare grandemente la sua capacità di intendere e di volere, la valutazione testale è generalmente utilizzata proprio per approfondire in modo tecnico le specifiche aree del funzionamento psichico in grado di influenzare in termini psicopatologici, la capacità del periziando di autodeterminarsi nel fatto-reato.

Nello specifico, essi rappresentano situazioni stimolo standardizzate e più o meno strutturate che evocano nell'esaminando risposte verbali, mimiche e gestuali (FORNARI, 2008) che possono fornire dati e indicazioni riguardo la funzionalità o disfunzionalità delle risposte, sulla base di studi statistici e scientifici relativi ad una data popolazione.

I reattivi più utilizzati nella pratica forense sono i test di efficienza mentale (di livello e neuropsicologici) e i test di personalità che, somministrati in batterie testali integrate, possono evidenziare un eventuale funzionamento psicopatologico nel soggetto e la sua incisività riguardo gli aspetti cognitivi, affettivi, relazionali.

Tali risultanze, nel caso, sono comunque oggetto di una ulteriore valutazione complessa ed integrata con i dati clinici emersi dai colloqui e da eventuali altri approfondimenti clinici e strumentali, uno step di approfondimento integrato in un quadro di valutazione molto più ampio.

I reattivi di efficienza mentale, misurano l'intelligenza ovvero la capacità dell'individuo di comprendere, analizzare la realtà e di affrontare in modo adeguato, adattivo e funzionale i problemi. Va ovviamente considerato che l'intelligenza è una funzione assai più complessa del solo aspetto cognitivo ma la misurazione di eventuale insufficienza mentale è basilare per la valutazione, ancorché più complessa, della capacità di intendere, ma in parte anche di quella di volere, oggetto della perizia.

Inoltre, un approfondimento testale rende possibile non solo porre una diagnosi di insufficienza mentale ma anche approfondire lo studio quantitativo e qualitativo soprattutto nei quadri più lievi, ove risulterebbe difficile (se non impossibile), evidenziare e quantificare le aree deficitarie mediante il solo colloquio clinico.

Uno dei test di livello più utilizzati è il Wechsler Adult Intelligence Scale (W.A.I.S.) ora nella versione più aggiornata (IV) ma, negli ultimi anni, hanno acquisito importanza anche i test neuropsicologici atti a valutare più nello specifico le aree del pensiero compromesse nel loro funzionamento nel caso, per esempio, di traumi o di deterioramento cognitivo del soggetto, o di disfunzionalità a carico della memoria o nel ragionamento (Winsconsin Card Sorting Test – W.C.S.T, SPM- Standard Progressive Matrices).

Negli ultimi anni, inoltre, la neuropsicologia forense si è avvalsa di strumenti e test di approfondimento relative ad aree specifiche di competenze cognitive, strumenti che all'oggi possono coadiuvare nell'approfondimento psicodiagnostico, i test più conosciuti e accreditati.

Tra questi troviamo test di approfondimento nella valutazione delle funzioni frontali del soggetto, della sua capacità e flessibilità nella scelta di strategie nel problem solving, della capacità di astrazione e della tendenza alla perseverazione, all'impulsività o, infine focalizzati sulla valutazione della simulazione/dissimulazione di disturbi psichiatrici o cognitivi (IAT).

I test di personalità,invece, si focalizzano sulla valutazione di aspetti della personalità focalizzandosi, riguardo alla valutazione dell'autore di reato in particolare, sulla disfunzionalità o sulla rilevanza psicopatologica, eventualmente declinabile, in termini giuridici, come vizio di mente.

In questa categoria di test si differenziano i reattivi proiettivi di personalità (il cui più famoso e utilizzato è il test proiettivo di Personalità di Rorschach) e i questionari di personalità, questionari cioè standardizzati i cui più utilizzati in ambito forense sono il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (nelle sue versioni MMPI-2, MMPI-2 RE, MMPI-2 RF) e il Millon Clinical Multiaxial Inventory-III -MCMI-III.

Sempre in relazione all'approfondimento clinico di eventuali psicopatologie infine, possono essere comprese anche le interviste cliniche strutturate (Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I e Axis II Disorders -SCID I e SCID II le più utilizzate) al fine di inquadrare gli elementi clinici in modo strutturato e correlato al DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders).

In una breve carrellata si riportano quindi:

il Test Proiettivo di Personalità di Rorschach è uno tra i più utilizzati in ambito forense ed, in particolare, nell'ambito della valutazione dell'imputabilità e della pericolosità sociale in quanto evidenzia dati utili e validi relativi al funzionamento del pensiero ed in particolare relativi ad eventuale presenza di un funzionamento di tipo psicotico o borderline del soggetto, generalmente correlabili ad aspetti psicopatologici importanti e rilevanti nella valutazione del vizio di mente.

Il test ha una rilevanza a livello internazionale e il suo utilizzo, integrato in una batteria di test in presenza dell'MMPI-2 e della WAIS IV, è ampiamente documentato in ambito forense per una valutazione complessa e globale della personalità patologica.

Come già sopra evidenziato per i test in generale, la correttezza della metodologia dalla somministrazione, dalla siglatura, sino al riassunto numerico e all'interpretazione, è assolutamente necessaria e imprescindibile in particolare per questo test, in quanto, solo in questo modo è possibile garantire un corretto processo di valutazione degli elementi emersi.

Il test consiste infatti in una serie di 10 macchie di inchiostro di forma indefinita ed ambigua, poco strutturate. In tal senso le risposte agli stimoli che ne conseguono rappresentano istanze interne all'individuo proiettate sulla tavola. Esistono più riferimenti metodologici relativi alla somministrazione e alla valutazione/interpretazione delle risultanze, tutte egualmente valide e accreditate; di fatto la valutazione globale del test e delle evidenze disfunzionali non si differenzia a seconda del metodo utilizzato (di fatto focalizzato più a differenziazioni formali di siglatura e di formule statistiche) e ciò comporta che pur nelle differenze la valutazione complessiva, se correttamente e rigorosamente costruita su riferimenti scientifici, non può dare risultati completamente divergenti.

Interessante peraltro sono i risultati di una ricerca svolta da Rosenthal ove emergeva che Rorschach e MMPI-2 avevano una validità analoga in linea con gli altri strumenti di misura della personalità. Lo stesso Metodo Exner si è avvalso di studi comparati utilizzando il questionario MMPI-2.

Ovviamente, sempre secondo la commissione guidata da Rosenthal, le informazioni tratte dal Rorschach vanno integrate con quelle di altre fonti, quali colloqui e altri materiali; che il test va somministrato e valutato in forma standardizzata (in riferimento ai dati statistici e non alle interpretazioni simboliche) […] il clinico deve conoscere i dati di letteratura riguardo al test” e ovviamente attenersi ad essi. (FERRACUTI, 2008)

Tra i test definibili a “metodi Tematici“ che partono cioè da materiale predefinito dotato di senso, si può trovare il Thematic Apperception Test (TAT), introdotto da Morgan e Murray nel 1935, test il cui set di figure è materiale atto ad elicitare la produzione di storie. Il suo utilizzo è importante per rivelare aspetti inconsapevoli o inconsci del soggetto. È un test tuttora molto popolare ed è tra i test proiettivi più usati dopo il test di Rorschach.

La mancanza di un sistema di scoring e di interpretazione unitario risulta però, purtroppo, un limite soprattutto in ambito forense. In tal senso quindi ancora più importante è il fatto che possa essere utilizzato in una batteria di test più ampia ove i suoi risultati possano essere integrati con le risultanze di altri test standardizzati, a conferma o disconferma del quadro clinico.

Anche in questo caso la metodologia utilizzata nella somministrazione e nella valutazione degli elementi strutturali deve essere rigorosa, proprio al fine di mantenere una struttura tecnicamente riconosciuta dalla comunità scientifica.

Vi sono 4 filoni all'interno dei quali si possono collocare i contributi più significativi nella valutazione del test.

  • I contributi che pongono l'accento sulla manifestazione delle tendenze inconsce nel contenuto delle storie (Murray, Tomkins, Piotrowski, Stein);
  • i contributi che considerano le storie elaborate come un prodotto cognitivo privilegiando l'analisi formale e che hanno come riferimento teorico la Psicologia dell'Io americana (Rapaport, Gill, Schafer, Holt);
  • la sintesi dei due approcci (Shentoub, Debray, Brelet);
  • i contributi che ne valutano le dimensioni specifiche relative al funzionamento psicologico (Cramen e Westen) (FERRACUTI, 2008)

In ambito forense ovviamente è importante valutare dati ed elementi con criteri che possano renderli confrontabili in un sistema strutturato e, se pur in termini limitativi, valutarne solo gli aspetti corroborati da elementi specifici e condivisi (lunghezza e complessità delle storie, tematiche affrontate, tipologia di personaggi, modalità ed intrecci relazionali, ecc.) non utilizzando interpretazioni a sfondo psicoanalitico che personalizzano troppo l'elaborato del testista e non lo rendono condivisibile e confrontabile.

Tra i questionari di personalità uno dei più famosi e utilizzati a livello internazionale è il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI-2, MMPI-2 RE, MMPI-2 RF).

Il MMPI-2 (Hataway e McKinley 1995) è un questionario di personalità autosomministrato composto da 567 item che prevede risposte Vero o Falso.

La prima versione, MMPI (1942), ha raccolto numerosissimi lavori di ricerca che ne hanno attestato l'affidabilità e la validità del test. Attualmente tale prima versione non è più utilizzata in quanto sostituita dalla più attuale MMPI-2 revisionata al fine di migliorare lo strumento rendendolo più attuale e adeguato alla valutazione del target.

Nell'ultimo periodo lo strumento ha incrementato ulteriormente le sue potenzialità interpretative, prima in una forma ulteriormente rivisitata (MMPI-2 RE, Revised Edition) e poi in una nuova forma completamente ristrutturata (MMPI- 2 RF, Restructured Form, 338 item). Per gli adolescenti dai 14 ai 18 anni inoltre è previsto l'utilizzo di una specifica forma denominata MMPI-A.

I criteri cui attenersi per la somministrazione sono relativi alla presenza di un livello minimo di istruzione pari alla licenza elementare, la creazione di un setting adeguato confortevole e riservato, nonché l'assenza di elementi limitati quali difficoltà attentive, deficit visivi, dislessia o anche semplicemente la diversità culturale cui si può ovviare somministrando il test nella versione linguistica e culturale di riferimento del soggetto (esistono versioni del test in diverse lingue).

Completezza, facilità nella somministrazione e standardizzazione dei risultati lo rendono uno dei test più utilizzati in ambito forense.

Il MMPI-2 è infatti attualmente, e da tempo, uno dei test più frequentemente utilizzato in casi giudiziari per fornire informazioni sulla personalità degli imputati o degli attori.

È uno strumento, nelle sue varie versioni, empiricamente validato e le scale di riferimento hanno un chiaro e stabile significato, correlato statisticamente a determinate caratteristiche comportamentali. Tali scale hanno un'alta attendibilità e forniscono descrizioni valide e chiare di problemi, sintomi e caratteristiche delle persone espresse in termini clinici e contribuiscono a rendere tali elementi condivisibili tra gli operatori e poco suscettibili a differenze di interpretazione (come invece può avvenire nei reattivi proiettivi di personalità)

Infine sono presenti scale di validità in grado di distinguere situazioni di esagerazione sintomatologica e di simulazione, eventualità non solo non remota ma spesso presente nell'ambito di valutazioni in sede peritale soprattutto nell'ambito della valutazione dell'imputabilità (simulazione) e della pericolosità sociale (dissimulazione).

Il Millon Clinical Multiaxial Inventory-III (MCMI-III) è invece un questionario specificatamente riferito ad un formato multiassiale (del DSM IV) e tre stadi di validazione. La suddivisione delle scale nelle categorie di personalità e di psicopatologia permettono di distinguere caratteristiche di personalità più stabili dai disturbi clinici acuti, oltre a valutarne un livello di gravità.

L'affidabilità test-retest è confermata ed il questionario è stato validato anche attraverso criteri esterni ed in correlazione con il MMPI.

La sua capacità di discriminare atteggiamenti di simulazione è però “moderata” e generalmente viene utilizzato con soggetti in cui è già nota una disfunzionalità o la presenza di una psicopatologia pregressa. Risulta di facile applicazione e valutazione delle risultanze ed è strutturato in modo da evidenziare la disfunzionalità anche rilevandone la gravità e l'incidenza, in particolare relativamente i disturbi di personalità, compresi specificatamente nella elaborazione dei risultati a differenza dell'MMPI-2 i cui risultati devono essere rielaborati in termini clinici dal testista per valutare la presenza di un disturbo di personalità.

Nell'ambito della valutazione dell'autore di reato evidenziare eventuali disfunzionalità legate alle relazioni, all'affettività e alla socializzazione, è sicuramente importante e riuscire a fornire, nel caso una diagnosi differenziale, lo è altrettanto.

In tal senso, e proprio per la necessità di differenziare aspetti psicopatologici di rilevanza per l'imputabilità (relativi per esempio ad un funzionamento psicotico del soggetto o “al limite” correlabile a disturbi gravi della personalità) da quelli correlati ad aspetti della personalità disfunzionali e patologici ma non incisivi relativamente la capacità di intendere e/o di volere del periziando, possono essere utili anche questionari o scale cliniche specifiche.

Tra queste, per esempio, è importante la Psychopathy Checklist (PCL-R), una scala clinica di 20 item che raccoglie comportamenti che inferiscono tratti della personalità considerati fondamentali al costrutto della psicopatia, uno dei fattori che maggiormente influenza la possibilità di simulazione, oltre ad evidenziare scarsa o assente capacità empatica.

Il Psychopatic Personality Inventory- Revised (PPI-R) è un test costituito da otto scale di contenuto e da 3 scale di validità, utile per la valutazione della pericolosità sociale in quanto centrato sulla personalità e sui comportamenti psicopatici, non solo devianti, criminali e antisociali.

Lo State-Trait Anger Expression Inventory 2 (STAXI-2), ancora, misura invece l'esperienza, l'espressione e il controllo della rabbia, utile per evidenziare elementi correlabili a disturbi della personalità.

Infine il TAS 20- Toronto Alexithymia Scale, è un questionario autosomministrato di 20 item che identifica la presenza di Alessitimia, diagnosi che identifica difficoltà nell'identificazione e nell'espressione dell'affettività con conseguenti problematiche relazionali e sociali correlate spesso a disturbi post traumatici da stress, disturbi di personalità o depressione.

Infine, a ulteriore supporto dei test proiettivi di personalità, di quelli tematici, dei questionari di personalità e delle scale specifiche, si possono integrare le risultanze di Interviste cliniche strutturate, utili per dare una valutazione anche categoriale della patologia (correlando i dati a diagnosi categoriale del DSM) come nel caso della Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I e Axis II Disorders -SCID I e SCID II. Tali interviste cliniche strutturate infatti sono utili nell'identificare, con domande standardizzate, sintomi e caratteristiche di personalità inquadrabili secondo i criteri clinici e statistici del DSM.

La valutazione psicodiagnostica: integrazione delle risultanze dei test

La valutazione testale è, come sopra descritto, una parte importante della valutazione peritale.

Come già sottolineato, la valutazione psicodiagnostica che emerge dalla valutazione delle risultanze dei test va in ogni caso integrata e supportata da dati clinici e processuali.

Importante per il testista (e conseguentemente per il perito) è valutare in modo analitico e approfondito le risultanze testali di ognuno dei test somministrati, motivandone la scelta e la metodologia applicata. Parte della valutazione delle stesse risultanze infatti dipende proprio dalla rigorosità della metodologia utilizzata e dalla conoscenza dei riferimenti scientifici per l'elaborazione.

Ma il lavoro di elaborazione non finisce nella semplice elencazione dei risultati dei vari test ma si deve focalizzare su una rielaborazione ed un'integrazione delle risultanze in un inquadramento più complesso che ponga in relazione tutti i vari elementi raccolti. Ciò naturalmente sia nel caso gli elementi siano tutti convergenti, sia che essi mostrino delle incongruenze.

Limiti e criticità dei test vanno sempre correttamente considerati ma la valutazione non può convergere solo in un senso o nell'altro semplicemente riferendosi alle risultanze più in linea con il proprio pensiero e la propria ipotesi di partenza, a scapito di elementi che invece ne falsificano la sussistenza.

Compito del testista è infatti integrare per quanto possibile tutte le risultanze ed evidenziare eventuali divergenze valutandone le motivazioni (tecniche e metodologiche, relative a criticità e limiti del test, relative a “zone d'ombra” nella valutazione clinica che possono non essere state adeguatamente evidenziate dai test utilizzati, ecc.).

Nella valutazione complessiva finale è importante quindi riuscire ad evidenziare il funzionamento psichico del periziando nei suoi aspetti cognitivi, affettivi, relazionali, di progettazione, evidenziandone eventuali criticità, disfunzionalità e aspetti psicopatologici emersi nei vari test che, successivamente, il perito potrà collocare in un quadro più complesso ed esaustivo comprensivo di tutti gli altri elementi clinici emersi in sede peritale e nella loro incisività nel fatto-reato.

La valutazione psicodiagnostica: integrazione delle risultanze dei test

La valutazione testale è, come sopra descritto, una parte importante della valutazione peritale.

Come già sottolineato, la valutazione psicodiagnostica che emerge dalla valutazione delle risultanze dei test va in ogni caso integrata e supportata da dati clinici e processuali.

Importante per il testista (e conseguentemente per il perito) è valutare in modo analitico e approfondito le risultanze testali di ognuno dei test somministrati, motivandone la scelta e la metodologia applicata. Parte della valutazione delle stesse risultanze infatti dipende proprio dalla rigorosità della metodologia utilizzata e dalla conoscenza dei riferimenti scientifici per l'elaborazione.

Ma il lavoro di elaborazione non finisce nella semplice elencazione dei risultati dei vari test ma si deve focalizzare su una rielaborazione ed un'integrazione delle risultanze in un inquadramento più complesso che ponga in relazione tutti i vari elementi raccolti. Ciò naturalmente sia nel caso gli elementi siano tutti convergenti, sia che essi mostrino delle incongruenze.

Limiti e criticità dei test vanno sempre correttamente considerati ma la valutazione non può convergere solo in un senso o nell'altro semplicemente riferendosi alle risultanze più in linea con il proprio pensiero e la propria ipotesi di partenza, a scapito di elementi che invece ne falsificano la sussistenza.

Compito del testista è infatti integrare per quanto possibile tutte le risultanze ed evidenziare eventuali divergenze valutandone le motivazioni (tecniche e metodologiche, relative a criticità e limiti del test, relative a “zone d'ombra” nella valutazione clinica che possono non essere state adeguatamente evidenziate dai test utilizzati, ecc.).

Nella valutazione complessiva finale è importante quindi riuscire ad evidenziare il funzionamento psichico del periziando nei suoi aspetti cognitivi, affettivi, relazionali, di progettazione, evidenziandone eventuali criticità, disfunzionalità e aspetti psicopatologici emersi nei vari test che, successivamente, il perito potrà collocare in un quadro più complesso ed esaustivo comprensivo di tutti gli altri elementi clinici emersi in sede peritale e nella loro incisività nel fatto-reato.

Conclusioni

Un approfondimento psicodiagnostico può essere considerato quindi utile e fruibile in termini forensi quando presenta:

una batteria di test sufficientemente ampia da supportare un inquadramento globale degli aspetti psichici del periziando sia riguardo gli aspetti cognitivi (funzionamento cognitivo, intelligenza, pensiero critico, ecc.) sia riguardo ad aspetti clinici di rilievo psicopatologico (funzionamento psicotico, disturbi gravi di personalità, ecc.);

la scelta dei test è motivata sulla base della loro specificità relativamente ipotesi di approfondimento clinico su dati ed informazioni emerse nei colloqui peritali o nella documentazione agli atti;

tale scelta si riferisce a test accreditati in ambito forense in quanto riconosciuta la loro validità dalla comunità scientifica di riferimento;

la disamina delle risultanze di ognuno dei test riporta tutti i dati utili per una corretta valutazione degli stessi (protocolli, dati grezzi, rielaborazione degli stessi, valutazione secondo riferimenti scientifici accreditati e riportati nella relazione) e per la valutazione della correttezza degli aspetti di procedura e di somministrazione;

le risultanze di tutti i test sono integrati in una valutazione globale del funzionamento del soggetto evidenziandone sia gli aspetti che si supportano vicendevolmente, sia gli aspetti discordanti e critici, motivando eventualmente, se corroborate in termini tecnici e scientifici, ipotesi relativamente tale divergenza di dati.

Criticità dell'indagine

In ambito forense l'utilizzo dei test psicologici è spesso oggetto di ampia discussione in ambito peritale, sia in itinere per quanto riguarda la scelta degli stessi e la metodologia utilizzata, sia, molto più spesso, relativamente alle risultanze dei test, spesso utilizzate come terreno di scontro tra periti e consulenti su aspetti tecnici che spesso sfuggono alla comprensione dei non addetti ai lavori.

Tale situazione implica che in questi casi, molti dati e informazioni utili, possano non essere valorizzati in modo idoneo e utile ai fini dell'indagine e che, nello “scontro” di opinioni, le risultanze testali rimangano sullo sfondo della discussione nel processo proprio per l'impossibilità di discriminare in modo corretto l'una o l'altra interpretazione da parte dei “non tecnici”.

Va considerato però che, per quanto sopra descritto, tali situazioni si verificano non tanto in relazione a criticità evidenti ed intrinseche dei test (anche se è sempre necessario essere consapevoli dei limiti che essi hanno in quanto strumenti) ma a criticità correlate a malpractice nella loro applicazione ed elaborazione o, ancora, relativa alla non condivisione di tutti i dati e protocolli raccolti durante la perizia, modalità che lede la possibilità di valutarne la correttezza procedurale e di rielaborazione e, quindi, i risultati stessi da parte dei consulenti.

Infatti è basilare (come sopra descritto), per una corretta valutazione delle risultanze, conoscere e controllare in termini di metodologia tutti gli aspetti inerenti il loro utilizzo, dalla somministrazione (indicazione iniziale, raccolta protocolli, inchiesta, approfondimenti, tempi di latenza, ecc.) alle procedure di analisi e di rielaborazione dei dati secondo i riferimenti scientifici del settore.

Spesso invece la valutazione testale nella perizia si riduce ad una relazione che riporta solo parzialmente informazioni sulla procedura (assenza di protocolli dei test e dei dati grezzi) sulla metodologia seguita (non sempre riportata) e sui riferimenti scientifici di supporto (spesso non riportati e purtroppo spesso non utilizzati nella elaborazione dei dati) che di fatto rendono non fruibili i dati in quanto non scientificamente supportati e corroborati dal professionista.

Pur essendo necessario infatti rendere agevole nella lettura e nella comprensione le risultanze dei test somministrati a chi non è un tecnico del settore, va considerata con altrettanta attenzione la necessità di rendere possibile ai tecnici (consulenti) valutare la correttezza metodologica del loro utilizzo in quanto strumenti fornendo tutti i dati raccolti, i passaggi tecnici e i riferimenti scientifici utilizzati per valutarne correttamente i risultati.

Guida all'approfondimento

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