Cannabis da droga: identificazione, somministrazione e punibilità

Oscar Ghizzoni
23 Novembre 2015

Gli accertamenti analitici destinati alla verifica delle potenzialità droganti della cannabis presentano diversi profili di difficoltà, in particolare con riferimento a prodotti dal basso contenuto di principio attivo idoneo a produrre effetto stupefacente.La Cannabis sativa (canapa) è una pianta arbustiva o erbacea appartenente alla sottofamiglia delle “cannabacee” della famiglia delle “moracee”; cresce spontaneamente in molte zone del mondo dove viene usata per scopi diversi; i più importanti sono: produzione di fibre tessili, semi, droghe (marijuana, hashish, ecc.) e farmaci.
Abstract

Gli accertamenti analitici destinati alla verifica delle potenzialità droganti della cannabis presentano diversi profili di difficoltà, in particolare con riferimento a prodotti dal basso contenuto di principio attivo idoneo a produrre effetto stupefacente.

La Cannabis. Definizione

La Cannabis sativa (canapa) è una pianta arbustiva o erbacea appartenente alla sottofamiglia delle “cannabacee” della famiglia delle “moracee”; cresce spontaneamente in molte zone del mondo dove viene usata per scopi diversi; i più importanti sono: produzione di fibre tessili, semi, droghe (marijuana, hashish, ecc.) e farmaci.

La cannabis è una specie dioica, in cui gli organi riproduttori maschili si trovano su una pianta e quelli femminili su un'altra. Le sostanze farmacologicamente (e tossicologicamente) attive sono contenute soprattutto nella resina che in fase di piena maturazione ricopre le infiorescenze e le foglie apicali della pianta femmina adulta.

Non vi è di fatto una evidente differenza tra le specie da fibra o ad uso agrotecnico e quelle da droga, se non nel quantitativo di resina prodotta in fase di piena maturazione.

Seppur esistano diverse selezioni genetiche dedicate ai più diversi usi, si presenta qualche difficoltà nel distinguerle in base all'aspetto esteriore.

In evidenza

La produzione di canapa in ambiente naturale nelle regioni del Nord Italia si presta maggiormente alle coltivazioni ad uso agrotecnico, in tale contesti le piante di canapa (indipendentemente dalle varianti selezionate) sviluppano infatti un contenuto molto ridotto o addirittura insignificante, di principio attivo drogante, che seppur in minime quantità è presente anche nelle varietà da fibra o da semi

Secondo quanto disposto dall'articolo 5-bis del regolamento (Ce), 17 maggio 1999, n. 1251, la coltivazione ad uso agrotecnico è subordinata all'utilizzazione di varietà di canapa aventi tenore in T.H.C. non superiore allo 0,2% seppur sia ampiamente riconosciuto anche dagli stessi organismi di controllo Europei come le varietà ammesse possano subire modifiche durante gli anni.

Per contro, le varietà di cannabis da droga maggiormente diffuse in abito nazionale od europeo, derivanti da produzioni in serra, possono arrivare ad un contenuto in principio attivo Δ9-T.H.C. del 15-20%.

La normativa interna

Il decreto legge 20 marzo 2014, n. 36 , convertito con legge 16 maggio 2014, n. 79, recependo gli insegnamenti della Corte costituzionale (sentenza 32/2014) ha apportato alcune modifiche al testo unico sugli stupefacenti (d.P.R. 309/1990), ripristinando il sistema sanzionatorio collegato agli illeciti relativi alle sostanze stupefacenti e psicotrope.

Tali sostanze sono state classificate e suddivise in quattro tabelle contenute nell'allegato IV (I e III sanzioni maggiori; II e IV sanzioni minori).

I prodotti della Cannabis sono inseriti in tabella II.

TABELLA II

SOSTANZE

DENOMINAZIONE COMUNE

DENOMINAZIONE CHIMICA

ALTRA DENOMINAZIONE

Cannabis Indica (foglie e infiorescenza)

Cannabis Indica (olio)

Cannabis Indica (resina)

Le preparazioni contenenti le sostanze di cui alla presente tabella, in conformità alle modalità di cui alla tabella dei medicinali.

Si ricorda in ogni caso che i prodotti della Cannabis sono considerati a tutti gli effetti sostanze stupefacenti ai sensi del testo unico d.P.R. 309/1990, in ogni loro forma, di conseguenza ne è vietato l'utilizzo, la produzione ed il commercio, fatte salve le eccezioni di legge.

Dottrina e protocolli

Circolare Mipaaf, 8 maggio 2002, n. 200

Oggetto: Regime di sostegno a favore dei coltivatori di canapa destinata alla produzione di fibre

(cannabis sativa – NC 5302 10 00).

  1. Compatibilmente con le disposizioni della regolamentazione comunitaria vigente in materia ed al fine di agevolare gli organi di controllo operanti sul territorio nello svolgimento della istituzionale attività di controllo e repressione, l'amministrazione ritiene utile precisare quanto segue.
  2. Secondo quanto disposto dall'articolo 5-bis del regolamento (Ce), 17 maggio 1999, n. 1251, il pagamento per superficie è subordinato all'utilizzazione di varietà di canapa aventi tenore in T.H.C. non superiore allo 0,2%.
  3. Secondo quanto disposto dall'articolo 7-bis, comma 1, lett. b) del regolamento (Ce), 29 ottobre 1999, n. 2316, modificato da ultimo dal regolamento (Ce), 21 febbraio 2002, n. 327, i pagamenti per superficie per la canapa sono subordinati all'utilizzazione di sementi certificate delle varietà menzionate nell'allegato XII del medesimo regolamento.*
  4. Secondo quanto disposto dall'articolo 7-ter, comma 1, del regolamento (Ce), 29 ottobre 1999, n. 2316, il metodo che deve essere impiegato dalle autorità competenti dello Stato membro per rilevare il tasso di T.H.C. su una percentuale delle superfici coltivate a canapa destinata alla produzione di fibre è descritto nell'allegato XIII del medesimo regolamento. Le varietà di canapa destinate alla produzione di fibre, che figurano al punto 2b) dell'allegato XII del succitato regolamento, sono controllate applicando la procedura B del metodo comunitario descritto nell'allegato XIII.
  5. Ai fini della tutela degli agricoltori che ritengono di usufruire delle misure comunitarie di cui trattasi e per consentire agli organi di polizia l'effettuazione dei controlli dell'anzidetto regime di aiuti, gli operatori interessati dovranno dare comunicazione sull'impianto della coltura di cannabis sativa alla più vicina stazione di polizia (Polizia di Stato, Corpo dei Carabinieri, Guardia di Finanza, ecc.).
  6. Le circolari n. 734 del 2 dicembre 1997 e n. 4 del 20 aprile 1999 sono abrogate. Nel raccomandare la massima diffusione della presente circolare presso gli operatori ed organismi interessati, si sottolinea che la ripresa della coltivazione della cannabis sativa in Italia sarà tanto più diffusa, serena e di sicura proiezione per il futuro, quanto maggiore sarà l'attenzione e l'impegno dei coltivatori e delle organizzazioni di categoria nel puntuale adempimento di tutte le attività di competenza

*le varietà ammesse subiscono modifiche durante gli anni

Somministrazione ed effetti

Sulla farmacotossicologia dei T.H.C. si rimanda a I metaboliti di T.H.C. in O. Ghizzoni, Guida in stato di alterazione: dagli accertamenti su strada alle analisi dei campioni biologici.

In evidenza

Negli ultimi 20 anni, le nuove tecniche di coltivazione (come ad esempio la coltivazione idroponica) ha aumentato enormemente la potenza dei cannabinoidi prodotti.

Negli anni 60 e 70 nel pieno dell'epoca flower power, le coltivazioni contenevano mediamente 10 mg di T.H.C.

Attualmente, un joint (spinello, sigaretta alla marijuana) può contenere attorno ai 150 mg fino ad arrivare a 300 se si pratica la tecnica dell'imbibizione con olio di hashish. Questa considerazione è molto importante per stabilire gli effetti dose dipendente, poiché rende obsoleti molti dati raccolti negli anni settanta riguardanti l'utilizzo di spinelli.

Pharmacology and effects of cannabis: a brief review; C. Heather Ashton; British Journal of Psychiatry (2001), 178, 101-106

Il principale metodo di somministrazione (per la maggior parte dei casi autosomministrazione) è quello per via inalatoria in seguito al fumo di cannabis. Dopo essere stato assorbito a livello polmonare, il principio attivo arriva velocemente al cervello, conferendo a tale via di somministrazione una particolare efficacia per l'ottenimento dell'effetto drogante, con conseguente aumento del potenziale di abuso.

In letteratura si ritrovano alcuni studi volti alla valutazione degli effetti diretti della cannabis e del tetraidrocannabinolo (T.H.C.) nei volontari sani. Un numero crescente di nuovi agenti terapeutici è infatti rivolto ai recettori dei cannabinoidi e per tale motivo sono in corso studi per l'identificazione di biomarcatori utili a tale scopo.

Dottrina e protocolli

Biomarkers for the effects of cannabis and T.H.C. in healthy volunteers Lineke Zuurman, Annelies E. Ippel, Eduard Moin & Joop M. A. van Gerven Centre for Human Drug Research, Leiden, the Netherlands British Journal of Clinical

Pharmacology DOI:10.1111/j.1365-2125.2008.03329.x


Le caratteristiche farmacocinetiche dei cannabinoidi sono state valutate principalmente in studi di farmacologia clinica. L'emivita della fase di distribuzione è di 0,5 ore mentre l'emivita per la fase dell'eliminazione è altamente variabile con una media di 30 ore. Entrambi i dati sono coerenti con l'alta lipofila del T.H.C. La combustione della cannabis, trasforma circa il 50% del contenuto di T.H.C. in fumo, il resto viene disperso per opera del calore o da fumo e non è inalato. Fino al 50% di fumo inalato è espirato di nuovo, mentre parte di questo subisce un primo passaggio metabolico locale ad opera delle strutture polmonari. Il risultato è che la biodisponibilità di T.H.C. per questa via di assorbimento è stimata tra 0,10 e 0,25.

L'assorbimento del T.H.C. inalato avviene nel giro di pochi minuti.

Segue. Relazione dose-dipendente

Vi è un'ampia variabilità nella dose di T.H.C. necessaria per produrre un effetto sul sistema nervoso centrale, poiché è nota l'elevata tolleranza al T.H.C. attraverso la downregulation dei recettori CB1 e delle G-protein. Una revisione di 165 studi di farmacologia clinica ha tentato di normalizzare gran parte dei vari dati relativi alle dosi e alle vie di somministrazione del T.H.C.

Si è quindi definita una dose minima pari a una quantità di meno di 7 mg, una dose media pari a 7-18 mg, e una dose elevata una quantità superiore a 18 mg.

Dottrina e protocolli

The Pharmacologic and Clinical Effects of Medical Cannabis Laura M. Borgelt, Kari L. Franson, Abraham M. Nussbaum, and George S. Wang ; PHARMACOTHERAPY Volume 33, Number 2, 2013

Uno studio sulla biodisponibilità ha dosato il T.H.C. ed i suoi metaboliti per un periodo pari a 7 giorni dopo la somministrazione di sigarette contenenti una quantità di principio attivo del 1,75% o del 3,55%.

Il risultato ha mostrato una concentrazione media (± S.D.) di T.H.C. pari a 7,0 ± 8,1 ng/ml per singola inalazione per la dose più bassa (1,75% di THC, circa 16 mg) e 18,1 ± 12,0 ng/ml su singola inalazione del dosaggio più elevato (3,55% di T.H.C., circa 34 mg). Il valore è stato ricavato mediante gas-cromatografia accoppiata a spettrometria di massa (GC/MS).

Le concentrazioni plasmatiche aumentano rapidamente, raggiungendo rispettivamente i picchi medi di 84,3 ng/ml (range 50-129) e 162,2 ng/ml (range 76-267) per i due tipi di sigarette.

Ulteriori test con sigarette aventi concentrazioni di T.H.C. pari a 1,32, 1,97 o 2,54%, hanno mostrato picchi di assorbimento rispettivamente di 94.3, 107.4 e 155.1 ng/ml.

Le concentrazioni medie di oltre 30.000 preparazioni di cannabis sequestrate negli Stati Uniti tra il 1980 e il 1997 contiene il 3,1% di T.H.C. e solo lo 0,3% di C.B.D.

Dottrina e protocolli

Human Cannabinoid Pharmacokinetics Marilyn A. Huestis, Chemistry and Drug Metabolism, Intramural Research Program, National Institute on Drug Abuse, NIH, 5500 Nathan Shock Drive, Baltimore, MD 21146, USA Chem Biodivers. 2007 August ; 4(8): 1770–1804. doi:10.1002/cbdv.200790152.

L'utilizzo dei prodotti cannabici a basso contenuto di T.H.C. (0.5 - 1.5 %) ai fini droganti, non produrrebbe di fatto significativi effetti stupefacenti nei potenziali consumatori, per i motivi di seguito rappresentati.

Al solo scopo orientativo, in riferimento alle tabelle di cui alla legge 49/2006 (dichiarata illegittima sotto il profilo normativo con sent. 32/2014 della VII Sez. della Corte costituzionale ma certamente ancora attuale sotto il profilo tecnico-tossicologico) la dose media singola per il Δ9-T.H.C. corrisponde a 25 mg (0,025 g), il quantitativo massimo giornaliero è pari a 500 mg (0,5 g ovvero 20 d.m.s.).

Mediamente una sigaretta (spinello) artigianale contiene dai 500 mg ai 1000 mg (0,5-1,0g) di vegetale, assumendo che sia totalmente costituito dalla canapa all'1% di principio drogante, il contenuto in Δ9-THC può variare a seconda del peso sopra riportato da 5 mg a 10 mg di principio attivo puro, ovvero molto meno dei 25 mg relativi alla dose media singola.

Ciò significa che un consumatore medio, al fine di ottenere un minimo effetto stupefacente, soprattutto considerando che circa il 50% del principio attivo viene disperso tramite fumo nell'ambiente e quindi non inalato, dovrebbe fumare dai tre ai cinque spinelli confezionati utilizzando unicamente canapa e in assenza di tabacco (tenuto conto che nella maggior parte dei casi la canapa viene mischiata con tabacco, i numeri di cui sopra sono destinati ulteriormente ad aumentare ma appare inverosimile che un consumatore medio possa fumare dai tre ai cinque spinelli di "erba pura" per ottenere un minimo effetto, o dai cinque ai dieci spinelli per ottenere l'effetto di una dose singola.).

Chiaramente si tratta di una situazione limite, poco credibile, considerando che il consumatore medio desidera ottenere un effetto stupefacente con una singola dose, ovvero un singolo spinello, spesso mischiando la canapa con tabacco.

In ogni caso si tenga conto che stiamo parlando di un contenuto di Δ9-T.H.C. decisamente superiore a quello previsto dalla normativa europea come limite per le specie ad uso agroindustriale 0.2% contro l'1% eppure, come si è dimostrato, non si può affermare che la varietà esaminata possa avere significativi effetti stupefacenti nei potenziali consumatori.

La modalità del prelievo

(Come da allegato XIII (articolo 7-ter, paragrafo 1) regolamento (Ce) n. 2316/1999 della Commissione del 22 ottobre 1999)

In una popolazione di una determinata varietà di canapa, si preleva una parte di 30 cm contenente almeno un'infiorescenza femminile per ogni pianta selezionata. Il prelievo deve essere effettuato a condizione che, per ciascuna varietà coltivata, vengano prelevati campioni rappresentativi, durante il periodo compreso tra il ventesimo giorno successivo all'inizio e il decimo giorno successivo alla fine della fioritura.

Nel caso di una varietà dioica, devono essere prelevate solo le piante femminili. L'essiccazione dei campioni deve iniziare appena possibile e comunque entro le 48 ore, indipendentemente dal metodo, ad una temperatura inferiore a 70 ºC. I campioni devono essere essiccati sino al raggiungimento di un peso costante, con umidità compresa tra l'8% e il 13%.

Dai campioni essiccati devono essere eliminati gli steli e i semi di più di 2 mm.

I campioni essiccati sono triturati sino ad ottenere una polvere semifina (setaccio con maglie di larghezza di 1 mm).

La polvere deve essere conservata al massimo per 10 settimane, in ambiente asciutto, in oscurità ed a temperatura inferiore a 25ºC, prima di essere avviata ad analisi.

La punibilità

Le Sezioni unite nel 2008, mettendo un punto fermo in tema di coltivazione, hanno affermano che la coltivazione di piante destinate alla produzione di sostanza stupefacente è sempre punibile.

La Cassazione ha così posto una differenza fondamentale tra condotte immediatamente e direttamente collegate all'uso della sostanza stupefacente (i.e. detenzione) e la coltivazione. Quest'ultima viene ritenuta illegittima a prescindere dal vincolo diretto e immediato con il consumo ed è punita anche laddove non risulti destinata all'immissione sul mercato. La punibilità della stessa ha dunque a che fare con la fase della produzione e della relativa autorizzazione alla stessa.

Ne consegue che, secondo la giurisprudenza, in punto di produzione/coltivazione:

  • la condotta di coltivazione, prima che sia realizzato il prodotto con capacità drogante, è ritenuta illecita a patto di dimostrarne le finalità;
  • è infatti necessario che la pianta sia idonea all'effettiva produzione, ovverosia l'offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre sostanze per il consumo, quindi non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, ma la conformità al tipo botanico e l'idoneità a produrre sostanza stupefacente (Su questo punto incide certamente l'inidoneità del luogo di coltivazione, del tipo botanico, della coltivazione in serra);
  • dosi inferiori a quella media singola possono configurare una condotta illecita soprattutto nel caso in cui la specie botanica non abbia ancora espresso le sue potenzialità.

Alla luce di detti principi, la giurisprudenza più recente ha introdotto dei correttivi/temperamenti in base ai quali, premessa la punibilità della coltivazione di per se (offensività in astratto), dato il disposto di cui all'art. 49 c.p., spetta comunque al giudice determinare l'offensività in concreto della sostanza esaminata.

Sul punto diverse sentenze affermano che in assenza di capacità drogante non vi è offensività. La maggior parte delle sentenze che affermano detta assenza, tuttavia, sono riferite a coltivazioni di non più di 4/5 piante, vale a dire quel tipo di coltivazione che solitamente è considerata la c.d. coltivazione domestica.

L'assenza di capacità drogante in “in concreto” non deve essere riferita al quantitativo complessivo delle piante rinvenute e dunque al suo potenziale di diffusione ma all'utilizzo delle stesse come sostanze stupefacenti e al loro effetto drogante , con riferimento alla percentuale di THC rinvenuta e potenzialmente utilizzabile a tal fine.

L'offensività in concreto, infatti, manca quando il prodotto finale non abbia alcuna capacità drogante in quanto non è realizzabile la fattispecie tipica, che è quella della pianta con adeguato contenuto di principio attivo effettivamente utilizzabile per il consumo.

Case report

Si segnala, in particolare una recente pronuncia della suprema Corte (Cassazione penale, Sez. VI, 20 marzo 2014, n. 15152) che riguarda un caso in cui il giudice ha affermato l'offensività in concreto della coltivazione, pur offrendo ottimi spunti di riflessione sulla questione esaminata:

In tema di coltivazione di piante da stupefacenti, condotta penalmente rilevante anche qualora realizzata per destinazione del prodotto a uso personale, compete comunque al giudice di merito l'apprezzamento dell'eventuale "inoffensività in concreto" della condotta, quando le oggettive circostanze del fatto e la modestia dell'attività posta in essere portino a escludere, in fatto, ogni lesione dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice (sezioni Unite, 24 aprile 2008, D.S.): inoffensività che ricorre allorquando la sostanza ricavabile dalla coltivazione non sia idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile. Tale apprezzamento va però effettuato senza avere riguardo allo stadio (iniziale, in corso, avanzato, esaurito) del processo produttivo accertato (giacché in tal modo si darebbe ingresso a un improprio criterio di punibilità differenziata), poiché l'offensività della condotta si radica nella sola "idoneità" della coltivazione a produrre la sostanza per il consumo: non importa, a tal fine, quindi, la quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza dell'accertamento, ma la conformità delle piante al tipo previsto e la loro attitudine (anche per modalità e cura di coltivazione) a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente utilizzabile per il consumo.

Nella fattispecie, relativa a 213 piante di canapa indiana, di altezza variabile da 70 a 120 cm, in grado di consentire di produrre sostanza stupefacente del tipo marijuana, per "migliaia di singole dosi" droganti, secondo la Corte il problema della ritenuta offensività della condotta era stato risolto con proprietà dal giudice di merito, attraverso l'accertamento chimico-tossicologico, che aveva dimostrata la capacità produttiva di droga delle piante sequestrate.

(In senso conforme: Cassazione penale, Sez. III, 12 giugno 2014 n. 27957; Cassazione penale, Sez. III, 21 maggio 2014 n. 25176; Cassazione penale, Sez. III, 30 aprile 2014 n. 27066; Cassazione penale 14 maggio 2014, Sez. IV, n. 21064; Cassazione penale 2 aprile 2014, Sez. IV, n. 19267; Cassazione penale 8 aprile 2014, Sez. VI, n. 19241; Cassazione penale 12 marzo 2014, Sez. IV, n. 16245; Cassazione penale 26 marzo 2014, Sez. Vi, n. 14995; Cassazione penale 5 marzo 2014, Sez. VI, n. 14984).

È utile in tal caso concentrare l'attenzione sul passaggio relativo alla inoffensività che ricorre allorquando la sostanza ricavabile dalla coltivazione non sia idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile. Tale passaggio ci riporta infatti al Case report sopra menzionato e ripropone due domande dal risvolto estremamente pratico:

  • quanti "spinelli" devono essere consumati per ottenere un minimo effetto drogante?
  • è verosimile una condotta che preveda il consumo di diversi "spinelli" di canapa pura (ovvero non mischiata al tabacco) prima di raggiungere l'effetto desiderato, soprattutto in un contesto di mercato illecito che consente un facile approdo a prodotti dall'elevato contenuto in principio attivo?
Criticità dell'indagine
  • Spesso non è visivamente possibile discriminare specie di cannabis ad uso agroindustriale da quelle da droga, prima della maturazione;
  • il campionamento dei prodotti cannabici per gli accertamenti tossicologici destinati ad accertarne le potenzialità droganti devono essere eseguiti entro protocolli specifici;
  • in presenza di prodotti a basso contenuto di principio attivo drogante è sempre necessario valutare l'idoneità dello stesso a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile.

Guida all'approfondimento

Baccini C: Sostanze d'abuso e tossico-dipendenze, Sorbona 1997;

Howlett AC, Fleming RM: Cannabinoid inhibition of adenylate cyclase: pharmacology of the response in neuroblastoma cell mebranes, Mol Pharmacol., 36: 532, 1984;

Howlett AC, Bindan-Russel M, Devane WA, Melvin LS, Johnson MR, Herkenham M: The cannabinoidi receptor: bochemical, anatomical and behavioral chracterization, TINS, 13: 420, 1990;

Mercuriali G: Tossicodipendenza: definizioni, patologia, quadri clinici, Edizioni ETS, Pisa, 1993;

Brecher EM: Licit ad Illicit Drugs, Consumer Union, Mount Vernan, 1972;

Malizia E: Le Droghe, Newtun Compton Editori, Roma, 1995;

Atavico U, Macchia T: La determinazione delle droghe d'abuso, CLAS 1991;

Clarke's: Analysis of Drugs and Poisons, Fourth Edition 2011.

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