La perizia sull'autore di reato minorenne

Alessandra Bramante
22 Marzo 2017

Il fenomeno della devianza minorile è un tema importante e sentito e, negli ultimi anni, la problematicità di alcuni comportamenti violenti sia individuali che di gruppo, ha comportato una maggiore focalizzazione su aspetti e modalità che connotano l'agire di un minore autore di reato (cyberbullismo, violenza di gruppo, vandalismo, furti ecc.).
Abstract

Il fenomeno della devianza minorile è un tema importante e sentito e, negli ultimi anni, la problematicità di alcuni comportamenti violenti sia individuali che di gruppo, ha comportato una maggiore focalizzazione su aspetti e modalità che connotano l'agire di un minore autore di reato (cyberbullismo, violenza di gruppo, vandalismo, furti ecc.).

Introduzione

Spesso l'onnipotenza dell'adolescente (singolo) si coniuga con dinamiche del gruppo dei pari disfunzionali; il bisogno di essere riconosciuto nel gruppo per la costruzione della propria identità sociale e il fenomeno della diffusione di responsabilità (BANDURA, 1986) producono situazioni di criminalità in ambito minorile che possono sfociare anche in atti criminali gravi, in quanto la condotta trasgressiva viene giustificata a sé stessi per effetto della diffusione di responsabilità e la responsabilità personale diviene meno importante di fronte alla responsabilità comune.

In ambito giuridico ovviamente la responsabilità è sempre e solo personale ma il periodo relativo allo sviluppo e alle tappe psicoevolutive in cui si colloca il reato è da valutare con la massima attenzione, proprio per l'esigenza di evitare la “cristallizzazione” del comportamento criminale e per la necessità di un intervento finalizzato al recupero e al reinserimento sociale del minore.

Già con il r.d.l. 1404 del 20 luglio 1934 che istituiva il tribunale per i minorenni, si era ritenuto importante focalizzare l'attenzione sulla personalità del minore e le cause della sua condotta deviante.

Con il d.P.R. 448/1988, successivamente, si è delineata inoltre l'esigenza di una valutazione a più stadi della personalità come riportato nello specifico nell'art. 9.

Tale esigenza infatti si riferisce non solo alla necessità di rilevare se il minore è in grado di affrontare il processo ma anche per adeguare, dimensionare, il processo stesso alle esigenze del soggetto in età evolutiva (DE LEO, PATRIZI 1999).

Focalizzandosi sulla delicata fase del ciclo di vita in cui si trova l'imputato, quindi, si richiede di fornire indicazioni su misure, collocazioni, prescrizioni e sentenze che possano favorire lo sviluppo di quegli aspetti di personalità che possono supportare un successivo reinserimento sociale, tutelando lo sviluppo psicoevolutivo del minore, gli aspetti educativi senza tralasciare quello di responsabilizzazione.

Ciò al fine di prevenire ulteriori danni come quello dell'identificazione del ruolo del delinquente (PATRIZI, 2004), valutando preferibilmente, in alternativa al carcere (utilizzato come extrema ratio nei casi più gravi), le sanzioni alternative.

L'iter peritale in ambito minorile si differenzia in parte da quello dell'adulto per i quesiti posti dal giudice.

La richiesta di indagini infatti può riguardare:

  • la valutazione della capacità di intendere e di volere;
  • la maturità del reo minore;
  • la sua capacità di stare in giudizio;
  • oltre che di accertarne l'imputabilità e il grado di responsabilità e tutti aspetti valutabili tramite i cosiddetti accertamenti sulla personalità del minore (art.9 del d.P.R. 448/1988).

La perizia, infatti, ha come obiettivo quello di fornire informazioni al giudice fermandosi alla fase conoscitiva.

Essa, in quanto supporto tecnico, deve essere svolta per rispondere ai quesiti quindi sarà cura del perito rendere fruibile il lavoro svolto in termini di chiarezza e rigorosità della metodologia, di comprensibilità del linguaggio utilizzato e del percorso valutativo alla base delle conclusioni a cui si è pervenuti.

Il perito può essere chiamato ad esprimersi su:

  • imputabilità e grado di responsabilità (art. 98 c.p.);
  • pericolosità sociale (art. 203 c.p.);
  • rilevanza sociale del fatto (art. 27 d.P.R. 448/1988);
  • sospensione del processo e messa alla prova (artt. 28, 29 d.P.R. 448/1988);
  • adeguate misure penali (art. 30 d.P.R. 448/1988);
  • eventuali provvedimenti civili (art. 32 d.P.R. 448/1988);
  • prescrizione, riconciliazione con la vittima (art.20 d.P.R.448/1988).

Per quanto riguarda il quesito che attiene alla imputabilità, e quindi alla capacità di intendere e volere del minore al momento dei fatti, il perito dovrà prendere in esame l'insieme delle competenze e delle attitudini relazionali che connotano la personalità del minore che si legano alla capacità di rispondere degli effetti personali, sociali e giuridici del proprio comportamento (DE LEO, PATRIZI, 1995).

Riguardo alla capacità di partecipare coscientemente al processo importante è capire in quale modo riesce a comprendere, affrontare ed utilizzare il giudizio a cui va incontro, anche proprio per le finalità relative alla responsabilizzazione del minore sopra menzionate.

Più difficile è la valutazione della pericolosità sociale (art. 203 c.p.) nel caso di un minore. Anticipare infatti la connotazione di pericolosità sociale in un adolescente significa per il perito esprimere una valutazione con un altissimo grado di incertezza che richiede una estrema attenzione relativamente tutti gli elementi rilevati siano essi individuali e di personalità, di supporto o di criticità nell'ambito sociale e famigliare, relazionale e affettivo, ambientale o correlati a psicopatologia in uno stadio della formazione e della strutturazzione della personalità del minore ancora in divenire.

Le indagini possono e devono quindi essere ampie e su più livelli, relative alle condizioni e alle risorse personali, famigliari, sociali e ambientali del ragazzo oltre che per valutarne gli aspetti critici ed eventualmente incidenti sulla sua capacità di intendere e/o di volere, la sua maturità psicologica, ma anche per aiutare il giudice nella scelta della pena e per inquadrare il giusto percorso di trattamento e reinserimento sociale.

Capacità di intendere e/o di volere e maturità

Nel caso del minore autore di reato focus della perizia è quello di stabilire se l'imputato è in grado di correlare i fatti di cui è accusato con le proprie azioni e con le conseguenze di queste, sulla base proprio della considerazione che il minore può non aver ancora raggiunto un grado di sviluppo fisico e psichico tale da poter comprendere il valore etico-sociale delle proprie azioni, da distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è. Questo ovviamente a prescindere dalla valutazione relativa alla presenza di una vera e propria psicopatologia, in parallelo a quanto avviene nei procedimenti nei confronti degli adulti.

Il nostro codice annovera la minore età tra le cause di esclusione dell'imputabilità (art. 97 c.p.) e tiene in debito conto la non effettiva coincidenza tra la maturità fisica e quella psichica e il non allineamento per tutti di un limite temporale certo e definito (tra i 14 e i 18 anni) della maturità psichica. Ovviamente esigenze giuridiche di certezza, uguaglianza e praticità dell'accertamento hanno imposto l'adozione di un criterio cronologico definito per tutti (dai 18 anni in su).

Relativamente il periodo compreso tra i 14 e i 18 anni l'art. 98 c.p. subordina l'eventuale affermazione della responsabilità penale all' accertamento della capacità cosiddetta “naturale”. Esso definisce che è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto quattordici anni, ma non ancora diciotto, se aveva la capacità di intendere e di volere […].

Alla base di questa scelta vi è la consapevolezza appunto, come sopra anticipato, che fra i quattordici e i diciotto anni può essere contemplata la capacità di intendere e di volere necessaria per essere considerati penalmente responsabili delle proprie azioni, come altresì può non esserlo, indipendentemente da patologie giuridicamente rilevanti, dato che si tratta di una fascia di età in cui i soggetti raggiungono la maturità richiesta ai fini penali in momenti diversi e personali.

In questo caso possiamo definire:

  • capacità di intendere come l'idoneità del soggetto a rendersi conto del valore sociale dell'atto che compie e che tale atto può contrastare o meno con le esigenze della vita comune.
  • Capacità di volere, significa invece, attitudine del soggetto ad autodeterminarsi, con possibilità di optare per la condotta più adatta.

Nel periodo tra i 14 e i 18 anni quindi la capacità di intendere e di volere integra, oltre all'infermità mentale in grado di comportare un vizio di mente, il concetto di maturità.

La giurisprudenza della Corte di cassazione identifica alcuni parametri di valutazione in merito, tra i quali:

  • armonico sviluppo della personalità;
  • sviluppo intellettivo adeguato all'età;
  • comprensione del valore morale della propria condotta;
  • capacità di soppesare le conseguenze dannose del proprio operato per sé e per gli altri;
  • forza del carattere;
  • comprensione dell'importanza di certi valori etici;
  • attitudine a distinguere il bene dal male l'onesto dal disonesto il lecito dall'illecito;
  • capacità di elaborare i comportamenti umani a livello di coscienza;
  • capacità di percepire criticamente il contenuto etico di un atto e di correlarlo al contesto dei rapporti e interessi socialmente protetti;
  • capacità di volere i propri atti come risultato di una scelta consapevole;
  • assimilazione delle regole morali e sociali in base ad un'autentica convinzione e non per un processo di imitazione formale.

Il concetto di maturità quindi è palesemente altra cosa rispetto al vizio di mente: il minore può essere immaturo ma perfettamente "sano di mente".

Anche se, infatti, in passato si sono riscontrati orientamenti restrittivi che correlavano il giudizio di immaturità a criteri biologici ed organici, come carenze o ritardi dello sviluppo intellettivo, l'art.98 c.p. oggi fa riferimento a situazioni in cui il minore può essere clinicamente "normale".

Quanto al significato generico del concetto di maturità, la Corte di cassazione sentenzia: Il concetto di maturità del minore ai fini della valutazione della sua imputabilità è espresso dal complesso di capacità, sentimenti ed inclinazioni, dallo sviluppo intellettivo, dalla forza di carattere, dalla capacità di intendere certi valori etici, dall'attitudine a distinguere il bene dal male, il lecito dall'illecito e dall'attitudine di volere, cioè a determinarsi nella scelta; il suo accertamento perciò non può prescindere dalle speciali ricerche sui precedenti personali e familiari del soggetto sotto l'aspetto fisico, psichico, morale ed ambientale e soprattutto il giudizio non può prescindere dalla considerazione dei tempi di commissione del fatto lungo l'arco evolutivo della personalità del soggetto e perciò esso richiede un maggior rigore valutativo quando tale fatto si colloca nella fase finale dell'età evolutiva (Cass. pen., 10 novembre 1987, in Giust. Pen., II).

La comunità scientifica di riferimento di psichiatria forense e psicologia giuridica, identifica, più specificatamente, alcuni criteri clinici per formulare una diagnosi attendibile.

A titolo orientativo FORNARI identifica una serie di indicatori clinici utili nella valutazione, che identificano criticità nel quadro psicoevolutivo del minore tali da configurare uno stato di immaturità, quali:

  • la presenza di un livello intellettivo deficitario (ritardi di maturazione, mancante o inadeguata, acculturazione, analfabetismo di ritorno o scolarizzazione insufficiente, sottorendimento contingente variamente motivato, difetti primari del patrimonio originario) oppure un livello intellettivo nella norma con difetti settoriali a carico delle funzioni di analisi, critica, sintesi, giudizio, anticipazione e previsione delle conseguenza dei propri comportamenti; pensiero stereotipato con limitazione di interessi e adesione alla realtà di tipo passivo; evidenti difficoltà nell'elaborazione e comprensione di situazioni complesse;
  • un'affettività povera, coartata, bloccata; oppure affettività labile, infantile, facilmente scompensabile (per incapacità di utilizzare i dinamismi profondi potenziali o per mancato sviluppo degli stessi): una gestione della componente affettiva non ancora adeguata; volontà di adattamento in una personalità che non riesce a integrare l'elaborazione e la riflessione con l'azione; alternarsi tra ritiro e inibizione da un lato, impulsività e condotte emotive dall'altro;
  • diffusività dell'Io, con mancata o inadeguata identificazione nel proprio ruolo personale e sociale;
  • limitate capacità di impegno, progettazione e pianificazione del presente e del futuro generiche e puerili; atteggiamenti di inerzia, passività e attesa o progetti velleitari e pseudoautonomi;
  • forte senso di inferiorità associato a svalutazione personale con aspetti depressivi e mancanza di libero e spontaneo adattamento;
  • identificazione sessuale non ancora definita: relazioni etero-sessuali caratterizzate da vissuti e negatività, minaccia o conflittualità, rapporto con sessualità inadeguato, per mancanza di integrazione e armonizzazione di tale componente all'interno della personalità;
  • difficoltà di comunicazione variamente espresse e orientate sia verso il mondo dei coetanei che degli adulti, con deleghe di diverso tipo; dal punto di vista affettivo relazionale, significativa difficoltà nei rapporti umani, con forte inibizione e disadattamento sul piano emotivo e tendenza al ritiro dall'espansione relazionale o intrusività e ipersocievolezza convenzionali;
  • inautenticità nei rapporti umani, con alternarsi tra ritiro e inibizione, impulsività e aggressività, desiderio di stupire e di ottenere un riconoscimento da parte delle persone adulte, timore del conseguente impegno relazionale; spiccata suggestibilità nei confronti dell'ambiente esterno, con atteggiamenti ambivalenti di ricerca e comprensione e affetto e timore di divenire oggetto d'Altri.

Per quanto riguarda CAPRI, da un punto di vista psicologico, i riferimenti necessari a cui ci si attiene per poter fare una diagnosi attendibile solitamente sono:

  • concezioni sociologiche, ovvero situazioni di disagio o privazione sociale (famiglie disgregate in cui coincidono negative condizioni economiche, sovraffollamento, disoccupazione, immigrazione);
  • concetti medici, ovvero aspetti biologici e organici della personalità con deficit dello sviluppo intellettivo;
  • aspetti psicologici, ovvero turbe prevalentemente affettive e inadeguato sviluppo psichico globale sia intellettuale che volitivo motivazionale, istintivo-affettivo ed etico-morale.

Secondo CAPRI infatti, nell'ambito della psicologia dell'età evolutiva, i processi di maturazione possono essere identificati a quattro livelli: affettivo, cognitivo, sociale e morale.

Nell'immaturità psicologica (in particolare intellettiva) si ritrovano scarse capacità di ragionamento ipotetico deduttivo, acriticità e scarsa capacità di adattamento, incapacità di prevedere le conseguenze di un atto, di controllo e modulazione dei sentimenti, incapacità di programmazione e di progettualità, scarsa capacità di imparare dall'esperienza.

Ciò può essere determinato da:

  • fattori biologici (situazioni di ritardo di maturazione neuronale o di natura metabolica, ecc.);
  • fattori socio-ambientali (scarse sollecitazioni ambientali, carenze affettive quantitative o qualitative, istituzionalizzazione in certi periodi formativi ecc.);
  • fattori psichici essenzialmente conflittuali che portano a fenomeni di inibizione intellettiva che bloccano, nel periodo prepuberale o adolescenziale, il passaggio dal pensiero induttivo al pensiero logico-formale dell'adulto.

Sul versante dell'affettività (sempre riguardo l'immaturità) invece, CAPRI identifica le criticità idonee a configurare un quadro di immaturità nella presenza di:

  • un'affettività egocentrica, immatura o passiva;
  • una profonda insicurezza e dipendenza affettiva;
  • tendenza all'acting out ed elevata reattività alla frustrazione;
  • ritardo nella formazione di parametri etico-sociali di riferimento.

Per DE LEO e PATRIZI ancora aspetti specifici da valutare correlati alla capacità di intendere e di volere sono:

  • le conoscenze e competenze cognitivo-sociali;
  • le competenze emotive e relazionali;
  • le capacità anticipatorie degli effetti delle proprie azioni;
  • le capacità di orientamento all'azione e autoregolative. (DE LEO E PATRIZI 1999).

Ed infine per GULOTTA (2002, 2009) tale valutazione deve focalizzarsi:

  • per quanto riguarda la capacità di intendere sulle competenze analitiche (analisi della situazione, percezione/interpretazione degli eventi, ragionamento ipotetico-deduttivo), la conoscenza procedurale, le competenze di temporalizzazione, l'autocorreggibilità cognitiva;
  • per quanto riguarda la capacità di volere sulla volizione (voler raggiungere un obiettivo), la coerenza, la decisione e la scelta, l'autocontrollo e il contenimento degli impulsi, il riconoscimento delle proprie e altrui emozioni, la pianificazione dei propri comportamenti, la futurizzazione del sé e l'autocorreggibilità delle scelte;
  • per quanto riguarda le competenze socio-relazionali sul riconoscimento dell'altro, le competenze sociali e metasociali ed infine l'autocorreggibilità relazionale.
La perizia

Il lavoro del perito in ambito minorile, per quanto sopra descritto, si presenta quindi molto complesso e articolato, più flessibile rispetto a quanto disposto nell'ambito dell'accertamento della capacità di intendere e di volere degli adulti, e contemporaneamente meno formalizzato e “blindato” nella formulazione di criteri specifici di riferimento della comunità scientifica.

Le operazioni peritali comportano quindi una maggiore focalizzazione su aspetti psicologici e relativi al quadro di sviluppo psicoaffettivo del minore, su aspetti ambientali e famigliari (di criticità e/o di supporto), e sull'acquisizione di informazioni dalle agenzie del territorio che interagiscono con il minore (Servizi Territoriali, Servizi sociali, scuola, ecc.), ricomponendo gli elementi per una valutazione di quanto avvenuto (fatto-reato) ma anche prospetticamente per un eventuale intervento a supporto della risocializzazione del minore stesso.

I colloqui peritali quindi potranno essere individuali con il minore, con i genitori e la famiglia, con gli operatori del territorio di osservazione e potranno prevedere degli approfondimenti testali per l'accertamento di problematiche di tipo cognitivo, affettivo-relazionale, di personalità, ecc.

Nel caso di richiesta di accertamento di un vizio totale o parziale di mente dovuto ad infermità di mente, in parallelo con quanto previsto per l'adulto autore di reato, le attività di approfondimento saranno, metodologicamente le medesime (colloqui clinici, inquadramento psicopatologico, approfondimento psicodiagnostico mediante utilizzo di test, osservazione, ecc.) con particolare attenzione ovviamente a quanto prescritto dalla comunità scientifica di riferimento a riguardo.

Infatti si dovrà fare espressamente riferimento alla diagnosi categoriale, funzionale e alla psicopatologia dell'età evolutiva, secondo i parametri e i criteri condivisi e tenendo conto anche dei limiti che l'essere nell'età dello sviluppo determinano nel definire precisamente alcune diagnosi e patologie (vedi per esempio l'impossibilità di definire specificatamente la presenza di un disturbo di personalità o l'indicazione di alcune criticità dello sviluppo cognitivo e relazionale a seconda dell'età) o nell'utilizzo di strumenti pertinenti quali i test (per esempio di alcuni test grafici, alcuni test proiettivi di personalità o questionari standardizzati non possono essere utilizzati al di sopra o al di sotto di una certa età anagrafica).

Un ulteriore tipo di valutazione inoltre è quella focalizzata sulla previsione di comportamenti futuri. Un accertamento di questo tipo può essere effettuato per accertare la pericolosità sociale ossia che la possibilità che il minore autore di reato rimetta in atto i medesimi comportamenti delinquenziali o comportamenti di maggiore gravità.

Ed in questo senso emerge un ulteriore differenza tra la perizia in ambito penale minorile e quella effettuata in ambito penale adulti.

Mentre nel caso di perizia su autore di reato adulto il lavoro si focalizza esclusivamente sul fatto reato, sulla responsabilità dell'imputato e sulla sua imputabilità, in ambito minorile la valutazione ha una prospettiva più a lungo termine e la valutazione stessa richiede di proiettare nel futuro delle ipotesi sulla personalità del soggetto imputato, stante gli elementi di cui si dispone.

In questo senso possiamo inserire per esempio la valutazione di personalità nei casi di messa alla prova (art. 28 d.P.R. 448/1988), focalizzandosi sulla possibilità che sviluppi competenze nell'arco dell'iter giudiziario che gli permetta di assumersi ed elaborare le conseguenze del reato commesso nonché la capacità di assumersi la responsabilità di un cambiamento (DE LEO, PATRIZI 1999).

Riassumendo a livello metodologico il perito deve attingere informazioni dai sistemi relazionali di riferimento del ragazzo, prestare attenzione al rapporto tra vissuto del minore e le azioni commesse, valutare la presenza di eventuale psicopatologia, nel caso la sua incisività sullo stato psichico del minore, sul suo sviluppo psicoaffettivo e cognitivo; infine si dovrà prendere in considerazione le modalità interattive tra il minore e i sistemi istituzionali dopo l'azione deviante per valutare la fattibilità e l'adesione ad eventuali progetti di risocializzazione e ipotizzare conseguentemente interventi funzionali alla crescita dell'adolescente.

Le tappe della valutazione peritale possono quindi riassumersi in:

  • esame della documentazione presente nel fascicolo processuale;
  • raccolta di informazioni dalla difesa;
  • contatto con i servizi socio-sanitari e/o della giustizia che si occupano del minore;
  • anamnesi socio-famigliare e personale con incontri con i famigliari e figure di riferimento;
  • somministrazione test psicodiagnostici;
  • Discussione e valutazione psicologico-giuridica.

E i criteri relativi all'accertamento della maturità dell'autore di reato minorenne possono essere intesi in breve come:

  • lo sviluppo intellettivo;
  • dominio di sé;
  • l'attitudine a distinguere il bene dal male, il lecito dall'illecito;
  • l'idoneità a comprendere il valore e disvalore sociale di una propria azione od omissione;
  • la capacità di autocontrollo delle spinte affettive.
Criticità dell'indagine

concetto di maturità e quello di infermità mentale.

Non sono infatti di facile comprensione i rapporti tra questi due elementi in particolare quando entrambi possono concorrere in parallelo nella valutazione della imputabilità.

Se infatti la presenza di un vizio totale di mente permette di prosciogliere il minore maggiore di 14 anni secondo l'ex art.88 c.p., o l'immaturità dello stesso secondo l'ex art.98 c.p., più complessa si presenta la situazione in cui il vizio di mente risulta parziale (con capacità di intendere e di volere grandemente scemata) in un quadro di maturità (quando cioè la psicopatologia ha inciso nell'attuazione del fatto-reato ma non ha inciso nel quadro generale di maturità del soggetto) o ancora di immaturità, specialmente quando la valutazione di pericolosità sociale nel soggetto risulta presente.

Secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza infatti l'immaturità e l'infermità mentale, sono due concetti distinti e a sé stanti e possono coesistere nel minore, valutandone caso per caso le diverse interazioni.

Conseguentemente, l'esclusione di uno stato di infermità mentale non accerta se il minore avesse, al momento in cui ha commesso il reato, la capacità di intendere e di volere e reciprocamente, la valutazione della sussistenza di un eventuale infermità fisica o psichica, che possa influire sulla capacità di intendere e di volere, non comprende l'esame della maturità dell'imputato infradiciottenne e, pertanto, non è da sola sufficiente nell'accertamento dell'imputabilità.

Occorre, infatti, distinguere, per esempio, il caso in cui la malattia di mente abbia inciso sul normale sviluppo del minore in modo da impedirgli di raggiungere lo stadio di evoluzione della coscienza e della volontà che costituisce il presupposto dell'autodeterminarsi e quindi dell'imputabilità, dal caso in cui l'infermità mentale sia relativa al minore il cui quoziente di età psichica corrisponda al normale sviluppo dell'età cronologica: nella prima ipotesi l'imputabilità è esclusa; nella seconda ipotesi si deve accertare se l'infermità abbia del tutto annullato la capacità di intendere e di volere, con conseguente mancanza di imputabilità, ovvero si sia limitata a scemarla grandemente.

Infine secondo un approccio psichiatrico-forense e psicologico-giuridico è evidente come lo sviluppo psico-fisico dell'adolescente sia uno stadio profondamente diverso da quello dell'adulto: il periodo intermedio dai quattordici ai diciotto anni corrisponde approssimativamente al periodo della pubertà, la quale è caratterizzata spesso da profonde criticità fisiologiche e psicologiche che ricorrono nella normalità; tali situazioni per un periodo anche piuttosto lungo possono produrre sullo stato psicologico, affettivo e relazionale, come anche sullo sviluppo del carattere e della personalità.

È facilmente comprensibile che se nel periodo dell'adolescenza si inserisse un fattore morboso specifico, un elemento psicopatologico, la sua influenza sul minore avrebbe un'influenza molto più incisiva dello stesso fattore nei confronti di un adulto che ha già conseguito alcune competenze cognitive e relazionali e comunque un maggiore equilibrio.

Il minore presenta infatti capacità e competenze meno complesse di quelle dell'adulto e ciò ovviamente non può che incidere maggiormente in presenza di una infermità mentale che non può che aggravare la criticità del quadro psicopatologico e di immaturità (in confronto all'adulto).

Va comunque considerato che tale attenta disamina sugli aspetti di valutazione scientifica della personalità del minore, si semplificano enormemente nel momento in cui, appurata l'accuratezza e la base scientifica delle risultanze, si declinano nella risposta ai quesiti in modo di fatto più semplice in quanto la sommatoria di uno stato morboso ed incidente sulla capacità di intendere e di volere, configurando anche solo un vizio parziale di mente, in un quadro di immaturità o comunque di criticità correlate ad uno sviluppo psicologico (cognitivo ed affettivo) ancora in divenire non può che determinare un quasi azzerare (o comunque influenzare in modo estremamente negativo) la capacità del minore di autodeterminarsi, almeno dal punto di vista psicologico e clinico.

Guida all'approfondimento

ABAZIA L. (a cura di) La perizia psicologica in ambito civile e penale, Milano, 2012;

CAPRI P., LANOTTE A., ROCCO P., La personalità del minore: il concetto e la diagnosi di immaturità psicologica, in Nel segno del Minore, Padova 1990;

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GULOTTA G., Psicologia e processo penale, in Elementi di psicologia giuridica e di diritto psicologico, Giuffrè Milano, 2002

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GULOTTA G. (a cura di) Trattato di psicologia giudiziaria nel sistema penale, Giuffrè, Milano 1987;

GULOTTA G., ZARA G. La neuropsicologia criminale e dell'imputabilità minorile, in Manuale di Neuroscienze forensi, Giuffrè, Milano, 2009;

QUADRIO A., DE LEO G. (a cura di), Manuale di Psicologia Giuridica, LED, Milano 1995.

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