Maltrattamenti su minori. La disfunzionalità delle relazioni genitore-figlio
26 Marzo 2018
Abstract
L'abuso e il maltrattamento all'infanzia sono temi presenti da moltissimo tempo ma solo da alcuni decenni si è pervenuti a valutare la complessità di tali situazioni attraverso un sistema multidimensionale di analisi comprensivo di diversi livelli quali quello psicosociale, clinico, oltre che giudiziario. Introduzione
Nel 1946-1955 Caffey, Wolley e Evans evidenziavano e descrivevano la sintomatologia clinica dei bambini maltrattati e nel 1962 il pediatra americano Kempe definiva la cosiddetta Battered Child Syndrome descrivendola come la forma più estrema di un ampio spettro di lesioni non accidentali e di deprivazioni sul bambino. Negli anni ‘70 inoltre il fenomeno del maltrattamento nei confronti dei minori viene riconosciuta nella sua ampiezza (numerica) e nella gravità delle conseguenze dalla letteratura scientifica europea e statunitense. Il problema degli abusi (child abuse o child maltreatment) include infatti molte e varie condotte omissive o commissive in ambito intrafamigliare ed extrafamigliare e può avere esiti molto gravi psicofisici sui minori coinvolti. Vi sono varie definizioni del maltrattamento ai minori, tra le quali una delle più importanti, è quella dell'O.M.S. nel 1999 che riporta: «Per maltrattamento all'infanzia si intendono tutte le forme di cattiva cura fisica e affettiva, di abusi sessuali, di trascuratezza o di trattamento trascurante, di sfruttamento commerciale o altre, che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, la sua sopravvivenza, il suo sviluppo o la sua dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, di fiducia o di potere». Alcuni studiosi inoltre utilizzano il termine più ampio di esperienze sfavorevoli infantili, che di fatto dovrebbe comprendere sia l'abuso subìto in forma diretta (abuso sessuale, maltrattamento psicologico, fisico, trascuratezza), sia quello relativo a situazioni con modalità più indirette quali per esempio le conseguenze di un contesto familiare inadeguato correlato alla patologia dei genitori (alcolismo, tossicodipendenza, malattie psichiatriche) o a modalità relazionali disfunzionali e violente dei genitori (violenza assistita). Tipologie di abuso e maltrattamento
L'abuso è stato in primis affrontato e definito in ambito medico valutando quindi quasi esclusivamente il maltrattamento prettamente fisico. Successivamente gli studiosi hanno evidenziato come le forme di abuso possano essere molto più complesse, coinvolgendo aspetti psicologici e abusi fisici. Non solo, si è evidenziato ancora come alcuni tipi di abusi possano essere perpetrati in modo subdolo (Sindrome di Munchausen per procura). Negli anni ‘70 l'abuso veniva considerato come «Qualsiasi comportamento, volontario o involontario, da parte di adulti (parenti, tutori, conoscenti o estranei) che danneggi in modo grave lo sviluppo psicofisico e/o psicosessuale del bambino». In tal senso rientravano, dunque, non soltanto comportamenti di tipo commissivo, entro i quali vanno annoverati maltrattamenti di ordine fisico, sessuale o psicologico, ma anche di tipo omissivo, legati cioè all'incapacità più o meno accentuata, da parte dei genitori, di fornire cure adeguate a livello materiale ed emotivo al proprio figlio (Fergusson, Mullen, 1999). In questi casi il maltrattamento si concretizza quindi negli atti e nelle carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza , lesioni di ordine fisico e/o psichico o sessuale da parte di un familiare o di un terzo. Il maltrattamento psicologico di un minore consiste in atti omissivi e commissivi che vengono giudicati, sulla base di una combinazione di standard della comunità e di giudizi professionali, essere psicologicamente dannosi. Sono atti commessi da individui, singolarmente o collettivamente, che per le loro caratteristiche (per es. età, status, conoscenza, forma organizzativa) sono in una posizione di differente potere. Tali atti danneggiano immediatamente o successivamente il funzionamento comportamentale, cognitivo, affettivo o fisico del/lla bambino/a (dall' International Conference on Psychological Abuse of Children and Youth, 1983). Va considerato che l'abuso non corrisponde ovviamente ad una specifica diagnosi clinica e la valutazione deve considerare e integrare diversi livelli di analisi (clinico, psicosociale, relazionale), valutare di utilizzare un approccio multifattoriale che tenga in debita considerazione tutti i fattori contestuali (vulnerabilità personale allo stress, fattori ambientali, qualità delle relazioni di attaccamento alle figure genitoriali, gli stress e i life events precedenti) La distinzione tra abuso fisico, sessuale e psicologico è di tipo teorico avendo ogni abuso fisico quasi sempre effetti negativi sullo stato psicologico del bambino e, viceversa, potendo il maltrattamento psicologico essere accompagnato da condotte abusanti sul piano fisico. La comunità scientifica riporta alcune categorie di seguito descritte: Neglect: che si riferisce al non fornire cure adeguate e protettive. Può riguardare la mancata o inadeguata alimentazione del bambino, la mancanza di cure o assistenza medica, l'incapacità di proteggere il bambino dai rischi per la sua incolumità. Physical abuse: che si riferisce all'infliggere un danno al bambino da parte di persone deputate alla sua custodia e può comprendere le percosse che possono dare come conseguenze lesioni, fratture, emorragie interne, contusioni, ustioni e intossicazioni (American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 1997); Sexual abuse: che comprende diverse tipologie di condotte sessuali. In questa categoria rientra anche la pornografia minorile; Psychological abuse: quando una persona trasmette al bambino un messaggio di svalutazione e fa sentire al bambino di non essere amato attraverso azioni di rifiuto (emotivo), terrorizzandolo, rimproverandolo, isolandolo.
Inoltre secondo Dèttore e Fuligni (2008) il maltrattamento su minori si può suddividere in diverse aree:
Mentre identificare l'abuso fisico risulta in parte più semplice in considerazione delle lesioni e delle conseguenze non così facilmente occultabili, gli abusi relativi alle patologie delle cure spesso possono indurre gli operatori sanitari in inganno. Nell'abuso fisico i genitori o i caregivers eseguono direttamente o mettono il minore in condizioni di subire lesioni fisiche, anche se non sempre facilmente accertabili, quali:
Nell'abuso psicologico invece si ritrovano modalità di comportamento e di comunicazione del genitore nei confronti del minore che inducono quest'ultimo a sentirsi non amato, non desiderato, incapace, senza valore o degno di attenzione solo nel caso in cui egli soddisfi i bisogni altrui (American Professional Society on the Abuse of Children, 1995). L'International Conference on Psychological Abuse of Children and Youth (1983) aveva suddiviso l'abuso psicologico in sei tipologie di condotte del genitore di seguito riportate. a). Il rifiuto attuato con azioni verbali e non verbali volte a sminuire, criticare, umiliare, ridicolizzare il minore; b). l'incutere il terrore con comportamenti o con minacce di percosse, abbandoni o di metterlo in situazioni oggettivamente pericolose o vissute come tali; c). l'isolamento dai coetanei o da altri adulti di riferimento affettivo; d). lo sfruttamento o corruzione del minore mediante atti che lo incoraggiano a sviluppare comportamenti inappropriati e non adattivi (comportamenti antisociali, prostituzione, attività criminali, abuso di sostanze, ecc.) o evolutivamente inappropriati; e). la disconferma delle comunicazioni e dei bisogni del minore mediante un atteggiamento teso ad ignorare ogni tentativo del bambino ad interagire; f). la trascuratezza dei principali bisogni del minore relativi alla sua salute fisica, mentale e alla sua educazione. L'abuso psicologico è inevitabilmente correlato a tutte le altre forme di maltrattamento (fisico, trascuratezza e abuso sessuale) ed è all'origine di pesanti danni evolutivi, poiché può incidere sulla strutturazione del senso di Sé influenzando la sua stessa percezione interna in termini svalutativi, relativamente la sua autostima addirittura con conseguenze sul funzionamento intellettivo ed emozionale/relazionale e creano le premesse di grande vulnerabilità anche nel futuro. Nell'ambito degli abusi nei confronti dei minori le azioni e omissioni che si possono includere specificatamente nelle patologie delle cure si ritrovano invece situazioni in cui i genitori non riescono a modulare le proprie azioni secondo i bisogni di sviluppo del bambino (fisici, psicologici, relativi alla salute ed educativi) utilizzando modalità disfunzionali o inappropriate. Nella comunità scientifica le patologie delle cure si suddividono in:
Per quanto riguarda l'incuriaessa identifica situazioni dove il genitore non fornisce un accudimento o lo fornisce in modo carente sia per quanto riguarda i bisogni fisici, sia per quelli emotivi, psicologici e affettivi del bambino. Si ritrovano quindi situazioni dove, per esempio, non sono state eseguite al minore le vaccinazioni obbligatorie, le cure mediche di base, non vi è stato intervento idoneo relativamente disturbi organici o patologie, non vi è riscontro neppure delle cure di base come, per esempio il fornire vestiti adeguati all'età, al sesso e al clima, garantire l'igiene personale o prestare la dovuta attenzione alle esigenze di crescita del bambino che possono comportare deficit nel suo sviluppo psicomotorio, rallentamento della crescita fisica e ritardi del percorso psicoevolutivo (linguaggio, ecc.) Rientrano quindi nella categoria dell'incuria anche quei casi in cui i genitori, pur occupandosi dei bisogni nutrizionali del figlio, non rispettano i suoi bisogni affettivi, emotivi e di socializzazione. Ci sono infatti diversi gradi di questa tipologia di abuso, che vanno dall'abbandono al disinteresse per i bisogni emotivi del bambino. La personalità e lo sviluppo di un minore si realizzano attraverso fasi molto diverse tra di loro, ciascuna delle quali ha delle caratteristiche e dei bisogni psichici e fisici specifici a cui il genitore attento deve ottemperare. Quando questo non si realizza ciò determina un'alterazione della qualità di vita e delle modalità di relazione del bambino con il mondo esterno, con ripercussioni sullo stato fisico, mentale e comportamentale. I "fattori di rischio" possono riferirsi a una percezione di disinteresse generale nei confronti del minore che si evidenzia con la presenza di scarsa igiene (con presenza di dermatiti o malattie correlate) vestiti inadeguati, distorsione delle abitudini alimentari, denutrizione, ritardo nello sviluppo psico-motorio, demotivazione e stanchezza cronica del bambino, scarso rendimento scolastico, presenza di numerosi infortuni domestici dovuti a trascuratezza dei genitori e all'incapacità del bambino nell'autotutelarsi non avendo avuto esperienza di tutela da parte dell'adulto.
La cosiddetta discuria consiste invece nel fornire delle cure ma in modo inadeguato alle esigenze del bambino, per esempio in riferimento al suo sviluppo evolutivo richiedendo di acquisire precocemente capacità e competenze non in linea con quanto atteso alla sua età e per le sue effettive possibilità, oppure, al contrario, fornendo un accudimento tipico delle fasi evolutive precedenti a quella effettiva, tale da indurre un rallentamento o un vero e proprio blocco nel minore riguardo l'acquisizione delle competenze attese in linea con il suo sviluppo (anacronismo delle cure); oppure ancora fornendo cure eccessive che limitano l'apertura del bambino al sociale (iperprotettività). Spesso in queste situazioni si possono inserire anche genitori che proiettano sul figlio proprie aspettative, considerando il bambino "normale" per i loro solo (o quasi) quando il suo comportamento coincide con le loro aspettative. Ciò però comporta che tali genitori ignorano i veri bisogni del bambino, appropriati alla fase evolutiva che sta attraversando. Molto spesso i genitori sono ignari della violenza che stanno esercitando, spesso anzi pensano di agire per il bene dei propri figli e inconsapevolmente possono causare danni ancora maggiori perseverando. I tipici atteggiamenti di discuria sono quindi:
Per quanto riguarda infine l'ipercura essa consiste nell'attivare un'eccessiva attenzione allo stato fisico del bambino tale da identificare a volte un'eccessiva medicalizzazione (Sindrome di Munchausen per procura, Chemical Abuse e Medical – o Doctor – Shopping”. In questi casi il genitore mostra un'estrema ansia legata allo stato di salute del bambino cui consegue una vera e propria “fissazione” relativamente presunti sintomi e patologie affrontabili solo con reiterate visite mediche specialistiche ed un'assunzione impropria di farmaci.
Infine, un capitolo a parte si configura relativamente la cosiddetta violenza assistita, che consiste nel rendere testimoni di violenza domestica (aggressioni fisiche, violenza psicologica, morale, economica e sessuale) i minori. Tali situazioni, se pur non coinvolgono direttamente il minore nei termini di aggressioni fisiche, producono in lui uno stato di allerta, ipervigilanza, terrore tale da configurare in alcuni casi un vero e proprio Disturbo Post Traumatico da Stress o quantomeno disturbi ansiosi e depressivi oltre che incidere nel suo percorso psicoevolutivo negli ambiti relazionali, affettivi e cognitivi. Ipercura: una distorsione pericolosa del senso di protezione e cura
Tra le tipologie di ipercura la letteratura scientifica identifica la Sindrome di Munchhausen per procura. Questa patologia è una forma di abuso in cui il bambino rischia seri danni fisici e psicologici e, spesso, anche la stessa la vita, anche se il fine ultimo dei genitori o di uno solo dei due non è procurare danni al figlio o ucciderlo, ma di ricreare una situazione di cure e presa in carico terapeutica del bambino da parte di terzi. Tale tipologia di violenza risulta essere molto complessa in quanto intervengono numerosi attori oltre alla coppia genitoriale e al bambino e molteplici dinamiche interne relazionali, disfunzionali, finalizzate a mantenere la stabilità familiare e negare i conflitti. È una patologia psichiatrica riferita in modo prevalente alla figura genitoriale materna, spingendola a procurare lesioni e malattie croniche ai figli pur di essere al centro dell'attenzione delle equipe mediche che si occupano delle cure. Presenta quindi delle peculiarità inusuali e in un certo senso subdole, in quanto non ci si ritrova un genitore noncurante, trascurante o violento, ma apparentemente esemplare, accudente e ineccepibile, attento e premuroso anche se finalizzato a ingraziarsi l'equipe medica. Valutare la possibilità di una tale situazione e fare diagnosi in tal senso comporta un'intuizione da parte degli operatori sanitari coinvolti (spesso molteplici) e uno studio approfondito della storia clinica del piccolo paziente, spesso connotata da stranezze relativamente la sintomatologia e l'evoluzione altalenante della patologia. L'associazione temporale tra i sintomi del bambino e la presenza del genitore è inoltre un elemento importantissimo. Fu il professor Roy Meadow nel 1977 a descrivere per primo la sindrome di Münchausen per procura. In considerazione della alta possibilità di confrontarsi in situazioni di menzogna, manipolazione e freddo calcolo le indicazioni da lui fornite sono state molto utili al fine di evidenziare una casistica piuttosto importante, prima non considerata e neppure scoperta. Ciò ha portato anche a dare maggiori strumenti e, conseguentemente attivare una maggiore attenzione degli operatori sanitari o educativi vero forme di abuso meno eclatanti ed evidenti nei loro effetti. È un disturbo molto serio, che il DSM-V colloca tra i Disturbi fittizi e molti autori sono concordi nell'inquadrarlo in un contesto clinico di tipo psicotico. Chiaramente ad essere disturbata è la madre e non il bambino, che è e rimane di fatto solo una vittima. Nel DSM-IV veniva delineata come Disturbo fittizio con segni e sintomi fisici predominanti (300.19)”. Secondo alcuni studiosi tra cui Montecchi F. (2005): «Nella sindrome di Münchausen per procura il genitore, generalmente la madre, attribuisce al bambino sintomi e malattie di cui non soffre realmente, ma che sono piuttosto il frutto di una convinzione distorta, radicata nello stato di salute fisica e psichica del genitore stesso che, alla nascita del figlio, “trasferisce” su di lui (per procura) la propria convinzione di malattia». La figura genitoriale generalmente attiva è la madre; il padre viene descritto quasi sempre come una persona passiva, debole, non in grado di impedire o intervenire. Peraltro alcuni studi hanno evidenziato che spesso la sindrome risulta “funzionale” nel mantenimento di una stabilità (ovviamente distorta) della famiglia e della coppia, atta a sanare conflitti interni. Tale situazione crea nel bambino una situazione di forte stress psicologico, di ansia, di paura oltre che ripercussioni anche a livello fisico come conseguenza inevitabile dei continui controlli e ricoveri. Il bambino, suggestionato dalla madre e sotto il suo totale controllo, può arrivare purtroppo a convincersi di essere realmente malato e di necessitare di cure Le patologie indicate come sofferte dal minore possono inoltre variare a seconda delle conoscenze dell'abusante e spesso possono evidenziarsi contraddizioni tra anamnesi, sintomatologia riferita ed esami obiettivi, cui comunque il minore è continuamente sottoposto. Per ottenere attenzione e supporto dai clinici l'abusante prevede, oltre a visite mediche, esami clinici e approfondimenti, anche condotte attive od omissive nei confronti del minore, azioni lesive che prevedono anche tentativi di soffocamento o addirittura l'avvelenamento (a dosi non letali) o richieste di interventi invasivi (quali operazioni chirurgiche) non necessarie. Tali condotte sono tutte finalizzate alla necessità di apparire premurose, dedite al bambino, madri esemplari. Ma, come già evidenziato, l'ulteriore abuso subìto dal minore consta dalla collusione con la madre che egli stesso deve sostenere in quanto unica modalità relazionale funzionale per ottenere l'attenzione e l'affetto del genitore, instaurando un insano e pericoloso circolo vizioso anche di tipo psicologico.
Altra forma di abuso nell'ambito della ipercura è il cosiddetto doctor shopping per procura. Si tratta di situazioni in cui il bambino ha sofferto nei primi anni di vita di una grave malattia e in seguito tale situazione comporta la pseudo necessità di reiterare visite mediche specialistiche per disturbi anche di minima entità. È di fatto una "esagerazione della malattia": generalmente le madri, eccessivamente preoccupate per le condizioni fisiche del figlio, ricorrono continuamente all'aiuto medico, percependo lievi patologie come gravi minacce alla salute ricorrendo insistendo a numerosi ricoveri ospedalieri e continui accertamenti. Si differenzia dalla sindrome di Munchausen per procura poiché il disturbo materno è di tipo nevrotico-ipocondriaco e gestendo l'ansia del genitore è possibile rimodulare tale modalità in modo più funzionale.
Un'altra forma di abuso e il cosiddetto Help seekers. In questo tipo di patologia il minore presenta dei sintomi fittizi indotti dalla madre ma si differenzia dalla sindrome di Munchausen per la frequenza con cui vengono indotti i sintomi e per la motivazione materna. Gli episodi di ricerca di cure sono limitati nel tempo e rappresentano un preciso bisogno della madre in particolari momenti e l'accesso al medico può risultare efficace in quanto può indurre il genitore a comunicare i suoi problemi, l'ansia e la depressione, dando modo di intervenire in modo corretto sull'adulto e non sul minore.
Altra tipologia è relativa all'abuso chimico. Con tale termine viene indicata l'anomala somministrazione di sostanze farmacologiche o chimiche al bambino. Le sostanze somministrate possono essere suddivise in quattro gruppi:
Questa sindrome spesso emerge a fronte di sintomi inusuali e non spiegabili in base alle consuete indagini di laboratorio e strumentali, che insorgono ogni volta che la madre ha un contatto diretto con il bambino.
Infine, ultima tipologia è la sindrome da indennizzo per procura. Si tratta di casi in cui i genitori ricercano un indennizzo (ad esempio nel caso di un infortunio) che porta il bambino ad assumere dei sintomi riferiti dai genitori stessi, la sintomatologia viene indotta nel bambino, che fedelmente si adegua. I sintomi variano a seconda delle conoscenze mediche della famiglia e la sindrome si risolve con totale e improvvisa guarigione una volta ottenuto il risarcimento. Il tema della violenza e il maltrattamento sui minori nelle sue varie forme è stato oggetto di studio e di confronto da parte della comunità scientifica internazionale negli ultimi decenni. Per la sua importanza è stato oggetto anche di considerazioni politiche e di convenzioni a livello internazionale finalizzate alla tutela del minore. Nonostante ciò, quando dalle indicazioni si passa all'attuazione spesso le agenzie del territorio deputate all' individuazione, controllo, diagnosi ed intervento in situazioni di maltrattamento infantile risultano “sguarnite” e non sempre efficaci e funzionali. Per quanto riguarda il maltrattamento, nelle sue varie forme, è importantissimo che gli operatori sanitari e gli educatori a contatto con i minori, siano in grado di individuare situazioni anomale ed indirizzare chi di competenza nella valutazione ed intervento. Anche per i minori, come già per gli adulti infatti, risulta difficile da parte di operatori anche esperti, se non nei casi di violenza fisica manifesta, valutare la gravità di taluni comportamenti, spesso occulti, da parte dei genitori o dei caregivers. Si è ritenuto importante inoltre evidenziare nel paragrafo relativo alle Patologie delle cure come comportamenti e condotte dei genitori possano essere gravemente disfunzionali senza comunque addivenire ai ben più conosciuti ed evidenti comportamenti violenti. Incuria, discuria e ipercura, con modalità diverse e spesso molto ambigue, possono dar luogo a conseguenze gravi sia fisiche che psicologiche nel minore, inficiandone il suo corretto sviluppo psicofisico, il suo percorso psicoevolutivo, l'acquisizione delle competenze cognitive, sociali, relazionali, affettive o addirittura comportandone la morte. Tali condotte, specialmente quelle relative alla discuria e all'ipercura, spesso non sono di facile valutazione, in quanto necessitano di una conoscenza più approfondita ed articolata della relazione genitori-figlio, nelle sue dinamiche e nella ripetitività di taluni atteggiamenti nel quotidiano che ad un primo esame superficiale possono essere sottovalutati. Gli aspetti traumatici e fortemente lesivi gli elementi fondanti la crescita del minore, oltre alle tempistiche spesso protratte per anni, portano a conseguenze psicopatologiche importanti in tutte le aree di sviluppo quali quella cognitiva, affettiva e relazionale, comportando un deficit spesso non recuperabile in toto, se non con interventi tempestivi e adeguatamente supportivi. Situazioni di violenza assistita o trascuratezza e incuria anche psicologica provocano infatti nel minore la perdita di capacità di regolazione affettiva, incapacità di rispondere in modo adeguato ai pericoli oltre ad evidenziare sintomatologie cliniche di grande rilevanza correlati a vissuti traumatici, ansiogeni e depressivi. L'ambito relazionale inoltre è sicuramente quello più gravemente inficiato in quanto la distorsione delle modalità relazionali attuata dalle figure genitoriali alle quali il minore non può che riferirsi, resterà obbligatoriamente il modello su cui egli avrà sempre da confrontarsi nella sua crescita e da adulto. Casale A.M., De Pasquali P., Lembo M.S., (a cura di) Vittime di crimini violenti. Aspetti giuridici, psicologici, psichiatrici, medico-legali, sociologici e criminologici, Rimini, 2014 Casale A.M., De Pasquali P., Esposito A., Lembo M.S., (a cura di), Donne e reato. Aspetti giuridici, antropologici, medico-legali, criminologici, psicologici e psichiatrico-forensi, Rimini, 2015 Chindemi D., Cardile V, Violenza psichica endo-famigliare, plagio della vittima e rimedi terapeutici, Responsabilità Civile e Previdenza, Fascicolo n.3/2007, Giuffrè, 2007 Di Blasio P. (a cura di), Tra rischio e protezione. 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