Minaccia e deruba il padre: il comportamento gli vale una condanna per estorsione
07 Luglio 2022
Un uomo veniva accusato e condannato di estorsione ai danni del proprio padre.
Avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino, l'imputato proponeva ricorso per Cassazione, ma il ricorso è stato dichiarato manifestamente infondato.
Con il principale motivo di doglianza, l'imputato lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità al delitto di tentata estorsione.
Ha evidenziato il Collegio che la richiesta di denaro fatta dall'imputato era stata accompagnata da minaccia di atti autolesionistici, ma anche da violenza.
In tema di reati contro il patrimonio commessi in danno ai congiunti, la Corte di cassazione ha ricordato che «a) la causa di non punibilità e la condizione di non procedibilità di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 649 c.p. si applicano anche alle ipotesi tentate dei delitti di cui agli artt. 628, 629 e 630 c.p.; b) la suddetta causa di non punibilità non si applica e, quindi il soggetto agente è punibile, nel caso in cui le condotte siano commesse con violenza alle persone. Ne consegue che la predetta causa di non punibilità opera con riguardo a tutti i delitti tentati contro il patrimonio commessi con minaccia» (Cass. pen., n. 24643/2012 e Cass. pen., n. 26619/2018).
Per questi motivi, la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.
*Fonte: DirittoeGiustizia |