L'assegno divorzile deve tener conto del tempo dedicato alla cura della famiglia
11 Luglio 2022
Massima
Nel valutare la spettanza dell'assegno divorzile si deve tenere conto della funzione non solo assistenziale ma anche perequativa e compensativa di tale contributo; ovvero, i vari criteri sono da ritenere equiordinati, essendo lo squilibrio economico-reddituale una precondizione di fatto della decisione sulla spettanza dell'assegno divorzile. Il caso
In seguito alla cessazione degli effetti civili del matrimonio veniva stabilito un assegno divorzile a carico dell'ex marito e a beneficio dell'ex moglie sulla base della documentata differenza tra la situazione patrimoniale dei due. Entrambi lavoravano ma la signora percepiva uno stipendio nettamente inferiore a quello del marito. Il Tribunale inoltre aveva tenuto in particolare considerazione nella sua pronuncia il contributo fornito dalla donna alla conduzione familiare per tutto il corso della vita matrimoniale, durata per quasi trent'anni e arricchita dalla nascita di 4 figli. L'uomo ricorreva in Corte d'Appello sostenendo di aver versato alla ex moglie delle somme finalizzate all'acquisto di un immobile. In considerazione di ciò la Corte territoriale riduceva la somma spettante alla donna, ma confermava il diritto della stessa a percepire l'assegno. Contro tale sentenza l'ex marito proponeva ricorso in Cassazione. La Corte con una sentenza chiara e concisa respinge il ricorso. La questione
La soluzione della vicenda si fonda sulla tanto delicata e discussa funzione dell'assegno divorzile. In seguito alla rivoluzionaria trasformazione che lo stesso ha subito l'assegno ha attualmente una natura composita non soltanto assistenziale, ma a carattere prevalentemente perequativo e compensativo. L'ordinanza si sofferma in particolare sull'incidenza nella determinazione e quantificazione dell'assegno della distribuzione dei compiti professionali o domestici e di cura della famiglia e dei figli che i coniugi hanno realizzato nel corso del matrimonio. Le soluzioni giuridiche
La Cassazione nella specie sottolinea come nell'ambito della valutazione della spettanza dell'assegno divorzile, assuma importanza non soltanto la funzione assistenziale dello stesso ma anche quella perequativa e compensativa. La Corte si pone nel solco dell'orientamento giurisprudenziale maggioritario formatosi in seguito alle ben note sentenze Cass.11504/2017 e Cass. S.U. 18287/2018 che hanno comportato un radicale cambio di rotta nell'interpretazione dei criteri sui cui fondare il diritto all'assegno. In particolare la giurisprudenza di legittimità sottolinea come l'assegno non si basi più soltanto sulla disparità economica dei coniugi (criterio del tenore di vita) e sulle condizioni soggettive del solo richiedente (criterio dell'autosufficienza economica) ma assuma un carattere prevalentemente perequativo/compensativo. In tal senso si sostiene che per l'assegno, va adottato un criterio composito che tenga conto delle rispettive condizioni economico-patrimoniali e dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge al patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età (Cass. 18287/2018). La giurisprudenza di legittimità valorizza pertanto il principio dell'autoresponsabilità economica del coniuge comparando le condizioni economiche delle parti ma attribuisce altresì rilevanza al contributo dato da ognuno dei due alla vita familiare. L'espressione “funzione compensativa” fa infatti riferimento alla “compensazione” delle aspettative professionali ed economiche sacrificate dal coniuge che si è dedicato in via esclusiva o primaria alla cura della famiglia e dei figli nel corso del matrimonio. Tale criterio, si precisa, discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà che permea l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo (Cass. 7783/2022). Alla luce di tali principi, sottolinea nella specie la Cassazione, qualora il coniuge richiedente si sia dedicato nei primi anni di vita matrimoniale esclusivamente alla famiglia, e solo successivamente abbia intrapreso un'attività lavorativa a tempo parziale, è necessario valutare il momento in cui è maturata tale decisione e le ragioni della stessa, nonché verificare se essa sia stata effettuata in autonomia o concordata con l'altro coniuge. In questo contesto assume infatti rilevanza il fatto che l'eventuale inattività lavorativa di uno dei due dipenda da una scelta della coppia. Si è così sottolineato in giurisprudenza che qualora tale scelta sia riconducibile alla necessità di far fronte alle esigenze della famiglia ed all'accudimento dei figli nati dall'unione, i relativi effetti devono essere tenuti in considerazione ai fini della determinazione dell'assegno (Cass. n. 23318/21). E ciò precisa l'ordinanza in esame sotto il duplice profilo del parziale sacrificio della capacità professionale e reddituale della ricorrente e del contributo da lei fornito alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune. Nello stesso senso più volte la giurisprudenza della Cassazione ha sottolineato che il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale (Cass. 2480/2019). Il giudice deve pertanto, secondo tale linea interpretativa, valutare le condizioni economico patrimoniali delle parti, ma deve altresì accertare se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise durante il matrimonio con conseguente sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare in relazione alla durata del matrimonio. “Lo scioglimento del vincolo incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare”. Pertanto, “l'adeguatezza dei mezzi deve essere valutata non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare” (Cass. 6537/ 2022; Cass. 1201/2022; Cass. 6002/2022). In questo contesto, precisa la Cassazione nell'ordinanza in esame, assume altresì rilevanza il criterio dell'effettività. La Corte infatti sottolinea come il giudizio sull'adeguatezza dei redditi degli ex coniugi va valutato in relazione all'attualità e non in forza di un giudizio ipotetico, i cui esiti vengano ricalcati su pregressi contesti individuali ed economici non più rispondenti, all'attualità, a quello di riferimento (nello stesso senso Cass. 35710/2021). In altre parole è necessario valutare l'effettività della situazione vissuta al momento dai due, i redditi e le possibilità reali di lavoro con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche (Cass. 5817/2018). Il ricorrente a sostegno della sua istanza citava una differente interpretazione , peraltro minoritaria, secondo la quale pur dopo la pronuncia delle SU del 2018, l'assegno divorzile è caratterizzato da un'imprescindibile finalità assistenziale, con la quale può concorrere, a determinate condizioni, quella compensativa. Si sostiene in tal senso che è sufficiente constatare che in tutti i casi in cui l'assegno non sia riconosciuto, non ricorrendo in concreto le condizioni per valorizzare la ricordata funzione compensativa, è perché il coniuge richiedente, evidentemente, si trova in condizioni di "autosufficienza economica". L'esistenza di un obbligo di pagamento dell'assegno implica un perdurante legame di dipendenza (economica) tra gli ex coniugi che non c'è quando detto obbligo non sussista, cioè quando entrambi sono “indipendenti economicamente” (Cass. 24934/2019). Nella specie peraltro la Cassazione si discosta espressamente da tale interpretazione precisando come i vari criteri siano da ritenere equiordinati, in quanto lo squilibrio economico-reddituale è una precondizione di fatto della decisione sulla spettanza dell'assegno divorzile. I giudici di legittimità in conclusione riconoscono la legittimità dell'assegno stabilito dalla Corte territoriale, pur dimezzato nell'importo, alla luce della funzione perequativo-compensativa che tale assegno ha assunto alla stregua dell'orientamento di legittimità maggioritario, pur percependo l'ex-moglie un reddito idoneo a garantirle un livello di vita adeguato. La donna infatti si era per molti anni dedicata completamente alla famiglia e all'accudimento dei figli, ed anche negli anni successivi, durante i quali aveva svolto attività lavorativa a tempo parziale, si è sempre occupata delle esigenze familiari consentendo così all'ex-marito di dedicarsi completamente alla sua professione. Osservazioni
Una volta superato, con Cass.11504/2017, il criterio del mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, si è creduto, anche se per breve tempo, di poter fondare il diritto all'assegno divorzile su un mero criterio assistenziale negandolo così a quel coniuge che ha comunque una qualche, seppur minima, forma di autonomia. Peraltro l'orientamento della Cassazione successivo a Cass. SU. 18287/2018, appoggiato dalla dottrina, ha sottolineato l'importanza del contributo fornito dal coniuge nella conduzione della vita familiare lasciando intendere come non si possa cancellare con un colpo di spugna una vita matrimoniale, a volte lunga (nel caso in esame si tratta di trent'anni), arricchita spesso dalla nascita di figli (nella specie 4) in cui uno dei due, non sempre la donna, rinuncia a occasioni professionali o a progressioni di carriera per occuparsi della famiglia, consentendo così all'altro di essere più libero e potersi costruire una posizione nel mondo del lavoro. L'assegno in quest'ordine di idee assolve alla funzione etica e giuridica di riequilibrare la posizione economico patrimoniale dell'ex coniuge attuando una compensazione “dello squilibrio reddituale e patrimoniale determinatosi in ragione delle scelte di vita matrimoniale operate concordemente dai coniugi durante la vita matrimoniale” (L.M. Cosmai, Assegno divorzile e una tantum, in lfamiliarista.it). Tale orientamento inoltre recupera il senso dell'art. 29 Cost. e dell'art. 143 c.c. come norme di riferimento della solidarietà coniugale e post-coniugale. In altre parole “la pregressa vita matrimoniale non può restare esclusa dal giudizio relativo all'assegno divorzile per il solo fatto formale che il divorzio fa venir meno il vincolo matrimoniale. Il vincolo c'è stato ed ha prodotto conseguenze nella distribuzione dei compiti e dei ruoli e perciò quello che è avvenuto nel corso del matrimonio non può scomparire” (Dosi, Assegno di divorzio, in Lessico di diritto di famiglia, 2019). |