Deposito del ricorso: la "cortesia" da parte dell'ufficiale giudiziario non costituisce rimessioni in termini

15 Luglio 2022

“Un ricorso depositato irritualmente non può considerarsi pendente presso l'ufficio giudiziario fintanto che non gli sia attribuito un numero di registro generale e sia inserito nel PAT […] l'accettazione informale del deposito irrituale non comporta rimessione in termini, e la data di deposito del ricorso deve intendersi, a tutti gli effetti, quella del deposito secondo le regole del PAT”.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza del 16 giugno 2022, n. 707, è tornato ad esprimersi sulle corrette modalità di deposito del ricorso, conformi alle regole dettate per il P.A.T.

La controversia traeva origine da un ricorso elettorale instaurato ai sensi dell'art. 129 del c.p.a. che il T.A.R. adito in primo grado aveva dichiarato inammissibile per vizio di forma e per tardività. Il ricorrente, a fronte di tale pronuncia, proponeva appello dinnanzi al CGARS.

L'atto proposto, tuttavia, non era conforme alle regole del PAT in quanto l'appello:

  • non risultava redatto in formato digitale con firma digitale;
  • non risultava depositato in formato digitale mediante spedizione all'indirizzo PEC a ciò deputato.

Dalla sentenza in commento, infatti, emerge come l'appellante avesse spedito il ricorso all'indirizzo PEC cgarspa-segrprotocolloamm@ga-cert.it, anziché all'indirizzo PEC cgarspat-deposito@PEC.ga-cert.it.

Il CGARS ha avuto modo di ripercorrere l'evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha accompagnato l'entrata in vigore e l'evoluzione del PAT, evidenziando quali siano i presupposti in presenza dei quali il giudice amministrativo possa consentire alla parte di regolarizzare la propria posizione. Più nel dettaglio, il giudice ha trattato separatamente le due questioni, evidenziando quanto segue.

Per ciò che attiene alla prima questione, relativa al ricorso depositato senza la firma digitale, il Collegio ha osservato che, ai sensi dell'art. 136, c. 2-bis, c.p.a.,[…] tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti sono sottoscritti con firma digitale”) e che ai sensi dell'art. 9, c. 1, d.P.C.S. 28 luglio 2021 gli atti processualisono redatti in formato di documento informatico sottoscritto con firma digitale conforme ai requisiti di cui all'articolo 24 del CAD”.

Il richiamo normativo deve esser letto congiuntamente all'insegnamento dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (n. 6/2022), secondo cui la predisposizione del ricorso in formato non digitale, ancorché non conforme alle già menzionate disposizioni, non fa incorrere la parte in espressa comminatoria legale di nullità; a ciò consegue che il giudice ben possa consentire alla parte di regolarizzare la propria posizione.

Per ciò che attiene al secondo profilo, relativo al deposito del ricorso effettuato ad un indirizzo PEC non abilitato alla ricezione degli atti processuali, il CGARS ha rilevato l'impossibilità di addivenire ad una sua regolarizzazione.

Il Collegio ha sottolineato come il processo amministrativo sia un processo telematico, ove tutti gli atti sono non solo formati, ma anche depositati, in modalità esclusivamente digitale, salve talune specifiche eccezioni legate al malfunzionamento del SIGA ovvero, a processo già incardinato, a specifiche e motivate ragioni tecniche.

Da ciò consegue che il deposito in modalità digitale debba avvenire necessariamente all'indirizzo PEC specificamente abilitato a ricevere i ricorsi, giacché il deposito mediante spedizione a un diverso indirizzo PEC (ancorché del medesimo ufficio giudiziario) non è idoneo a determinare la pendenza del ricorso.

Solo a fronte di un ricorso correttamente depositato, che prenda un numero di R.G. e risulti perciò pendente, il giudice può essere investito del caso e può ordinarne la regolarizzazione.

Alla luce di quanto sopra esposto il Collegio ha rilevato che “Le eventuali attività di “soccorso” e “cortesia” da parte dell'ufficio giudiziario (segreteria e presidente) finalizzate vuoi a informare la parte della necessità di effettuare un nuovo deposito secondo le regole del PAT, vuoi a inserire direttamente il ricorso irritualmente depositato nella procedura del PAT, attengono, appunto, alla sfera della mera “cortesia”:

  • che non è giuridicamente dovuta;
  • la cui omissione non determina alcuna responsabilità da parte dell'ufficio giudiziario;
  • che è, soprattutto, inidonea a produrre effetti giuridici di rimessione in termini che altererebbero inammissibilmente il principio di parità delle parti processuali e le regole del contraddittorio.

Ne consegue che:

a) un ricorso depositato irritualmente non può considerarsi pendente presso l'ufficio giudiziario fintanto che non gli sia attribuito un numero di registro generale e sia inserito nel PAT (salvi i casi eccezionali in cui è consentito operare in deroga al PAT);

b) l'accettazione informale del deposito irrituale non comporta rimessione in termini, e la data di deposito del ricorso deve intendersi, a tutti gli effetti, quella del deposito secondo le regole del PAT”.

Per l'effetto, dunque, il Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso.

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