Bonus fiscali: emanate ulteriori istruzioni

Saverio Capolupo
19 Luglio 2022

L'indebito utilizzo di bonus fiscali solleva perplessità, dubbi, sconcerto e, soprattutto, determina illegittimi arricchimenti a danno della collettività. È davvero incomprensibile che non sia stato previsto il rischio di frodi e, soprattutto, non siano stati introdotti “paletti” che consentissero di operare riscontri prima di erogare le somme richieste. Con una recente circolare è stata esclusa in ogni caso la possibilità di compensare i crediti inesistenti sicché quelli illegittimamente compensati saranno oggetto di recupero secondo i principi generali, ferma restando la possibilità di ravvedimento, oltre alle sanzioni ed interessi. È pertanto, irrilevante se il credito sia stato acquistato o meno in buona fede dal cessionario.
Premessa

L'indebito utilizzo di bonus fiscali solleva perplessità, dubbi, sconcerto e, soprattutto, determina illegittimi arricchimenti a danno della collettività. È davvero incomprensibile che non sia stato previsto il rischio di frodi e, soprattutto, non siano stati introdotti “paletti” che consentissero di operare riscontri prima di erogare le somme richieste. Con una recente circolare è stata esclusa in ogni caso la possibilità di compensare i crediti inesistenti sicché quelli illegittimamente compensati saranno oggetto di recupero secondo i principi generali, ferma restando la possibilità di ravvedimento, oltre alle sanzioni ed interessi. È pertanto, irrilevante se il credito sia stato acquistato o meno in buona fede dal cessionario.

Considerazioni preliminari

Con l'ennesima circolare dell'Agenzia delle entrate (23 giugno 2022, n. 23/E) sono state emanate ulteriori istruzioni riguardanti la detrazione per interventi di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico degli edifici, nonché l'opzione per la cessione o per lo sconto in luogo della detrazione.

Come premessa di carattere generale, va evidenziato che una materia così complessa - dai plurimi risvolti in termini di responsabilità, danni per l'erario, esercizio dei diritti dei cittadini - debba trovare la sua disciplina e la soluzione di molti dubbi in un provvedimento di carattere amministrativo.

Ferma restando l'assoluta competenza del personale dell'Agenzia e lo sforzo sostenuto, unitamente alla Guardia di Finanza per condurre una seria lotta all'evasione e all'elusione fiscale, il tema dell'utilizzo dei crediti d'imposta derivanti dai c.d. bonus meritava certamente una disciplina più armonica, tecnicamente più precisa, elaborata non tanto nell'ottica politico- elettorale bensì in quella socio-equitativa.

Tralasciando gli altri e numerosi profili di criticità che la normativa di riferimento origina, è certo che l'indebito utilizzo di bonus fiscali solleva perplessità, dubbi, sconcerto e, soprattutto, determina illegittimi arricchimenti a danno della collettività.

È davvero incomprensibile che non sia stato previsto il rischio di frodi e, soprattutto, non siano stati introdotti “paletti” che consentissero di operare riscontri prima di erogare le somme richieste.

Se si esaminano le istruzioni in materia di lotta all'evasione, al riciclaggio e all'utilizzo dei fondi comunitari (solo per fare degli esempi) si rileva agevolmente un'esaltazione della c.d. analisi del rischio effettuata soprattutto sull'utilizzo delle banche dati. Da un lato, si contesta l'acquisizione di ogni possibile dato riguardante la capacità contributiva dei cittadini a danno della privacy; dall'altro, ne viene ignorato il contenuto.

In altri termini, se questo patrimonio informativo non è stato utilizzato prima di erogare crediti per diversi miliardi diventa davvero difficile ipotizzare, secondo la medesima logica, che possano essere considerati per una seria lotta all'evasione.

D'altra parte, sarebbe stato sufficiente, utilizzando il solo codice fiscale dei richiedenti il credito, acquisire elementi sufficienti se non per eliminare del tutto le truffe quanto meno per ridurle in modo considerevole.

Una volta emerso il gravissimo fenomeno della riscossione di crediti inesistenti è stata attivata la solita politica “dello scarico barile” sicché la colpa non è di nessuno. Invece, le responsabilità andrebbero verificate seriamente, a prescindere dai risultati delle indagini della Magistratura e della Guardia di Finanza ovvero dai successivi controlli già annunciati da parte dell'Agenzia delle entrate.

L'utilizzo del credito d'imposta

L'utilizzo di crediti inesistenti è stato determinato dalla possibilità riconosciuta ai soggetti che hanno utilizzato i c.d. bonus non solo di avvalersene in sede di dichiarazione dei redditi in più anni (4, 5 e 10 a seconda delle varie tipologie) ma anche di cederlo a terzi sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto (c.d. "sconto in fattura"), di importo massimo non superiore al corrispettivo stesso, anticipato dai "fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, cedibile dai medesimi ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti, di società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo ovvero di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private.

Nel caso in cui le spese per gli interventi siano sostenute in periodi di imposta diversi, l'opzione esercitata con riferimento alle spese sostenute in un determinato periodo d'imposta non condiziona la modalità di fruizione delle agevolazioni con riferimento alle spese sostenute nei successivi esercizi.

Qualora, inoltre, sul medesimo immobile siano effettuati più interventi agevolabili è possibile decidere se fruire direttamente della detrazione o esercitare le opzioni previste, con riferimento alle spese sostenute per ciascun intervento indipendentemente dalla scelta operata con riferimento agli altri.

Va, peraltro, considerato che il fornitore può negare il riconoscimento dello sconto in fattura; l'opzione è esercitata dal contribuente che sostiene le spese "di intesa con il fornitore", rientrando tale intesa nelle ordinarie dinamiche dei rapporti contrattuali e delle pratiche commerciali.

L'opzione per lo sconto in fattura può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori (SAL).

Per gli interventi ammessi al Superbonus, i SAL non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento. A tal fine non rileva l'eventuale circostanza che gli interventi siano realizzati in periodi d'imposta diversi.

Qualora il SAL emesso non si riferisca ad almeno il 30 per cento degli interventi realizzati fino a quel momento, è possibile fruire, per i corrispondenti importi fatturati, solo della detrazione nella dichiarazione dei redditi. In tale caso, inoltre, sarà possibile indicare in dichiarazione la prima rata di detrazione spettante e, eventualmente, optare per la cessione del credito corrispondente alle successive rate di detrazione non fruite.

Gli importi fatturati a seguito dell'emissione di successivi SAL possono essere portati in detrazione nel limite massimo di spesa previsto per ciascun intervento. Inoltre, se sul medesimo immobile siano effettuati più interventi ammessi al Superbonus la verifica dello stato di avanzamento dei lavori è effettuata separatamente per ciascuno degli interventi agevolabili.

La possibilità di esercitare l'opzione per lo sconto in fattura o la cessione, anche per stati di avanzamento lavori, riguarda, anche gli interventi ivi elencati che danno diritto a detrazioni diverse dal Superbonus. Le opzioni costituiscono, invero, unicamente una modalità alternativa di fruizione della detrazione ed il loro esercizio presuppone la sussistenza dei medesimi presupposti oggettivi e soggettivi richiesti, in linea generale, ai fini dell'utilizzo in dichiarazione della predetta detrazione.

Al riguardo, l'opzione in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori implica la facoltà e non l'obbligo del contribuente di esercitarla anche" in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori sicche il SAL è una mera eventualità, disciplinata dalla norma, che non preclude la possibilità di esercitare la suddetta opzione anche qualora non siano previsti, contrattualmente, stati di avanzamento dei lavori ferma restando, comunque, la necessità che gli interventi agevolabili siano effettivamente realizzati. Tale condizione sarà oggetto di verifica da parte dell'Amministrazione finanziaria in sede di controllo.

Per gli interventi eseguiti dai soggetti titolari di reddito d'impresa, il diritto alla detrazione e la conseguente possibilità di esercitare le opzioni sorgono al momento in cui la spesa si considera sostenuta secondo i criteri della competenza economica.

L'attività di controllo

Il diritto al credito d'imposta sorge, ovviamente, al verificarsi di determinati presupposti.

Ne consegue che l'assenza dei requisiti richiesti dal quadro giuridico di riferimento nonché la mancata effettuazione degli interventi, determina il recupero della detrazione in quanto indebitamente fruita - sia pure nelle modalità alternative dello sconto in fattura o della cessione del credito - maggiorato degli interessi e delle sanzioni.

A tal fine Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza possono esercitare i poteri e le facoltà attribuiti in materia di imposte sui redditi ed IVA. Al riguardo, l'agenzia delle entrate preannuncia che, nell'ambito dell'ordinaria attività di controllo, procede, in base ad analisi di rischio, alla verifica della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione nei termini ordinari previsti per tali tributi.

Va da se che, ove sia accertata la mancata integrazione, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, si procederà al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del soggetto che ha esercitato l'opzione, maggiorato degli interessi e delle sanzioni.

Il recupero dell'importo della detrazione non spettante è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario mentre i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto.

È stata anche ribadita la responsabilità in solido in caso di concorso nella violazione, del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante e dei relativi interessi.

In merito ai criteri da osservare per la individuazione della responsabilità in solido del fornitore e dei cessionari le istruzioni chiariscono che la stessa va individuata sulla base degli elementi riscontrabili nella singola istruttoria attribuendo particolare rilevanza alle ipotesi in cui il cessionario abbia omesso il ricorso alla specifica diligenza richiesta, attraverso la quale sarebbe stato possibile evitare la realizzazione della violazione e l'immissione sul mercato di liquidità destinata all'arricchimento dei promotori dell'illecito.

La sussistenza della diligenza, per contro, è sempre esclusa nei casi di compartecipazione all'operazione illecita.

Non è difficile prevedere, al riguardo, un futuro contenzioso trattandosi di un principio del tutto generico che, sebbene ancorato alla situazione di fatto di volta in volta considerata, si presta ad una evidente ampia discrezionalità di valutazione che, tenuto conto che viene esercitata dai funzionari dell'Agenzia delle entrate, inevitabilmente sarà utilizzata nella misura più ampia possibile.

Ad alimentare i dubbi contribuiscono le stesse istruzioni laddove precisano che il livello di diligenza richiesto dipende dalla natura del cessionario, soprattutto con riferimento agli intermediari finanziari o ai soggetti sottoposti a normative regolamentari per i quali è richiesta l'osservanza di una qualificata ed elevata diligenza professionale.

Per completezza, però, va anche evidenziato che l'Agenzia delle entrate fornisce un elenco degli indicatori da considerare sia sotto i profili soggettivi e oggettivi sia con riferimento a quelli correlati alla normativa antiriciclaggio.

Peccato, però, che detti profili non sono stati considerati, neanche in modo parziale, prima di certificare l'esistenza formale del credito né prima di erogare le somme da parte degli intermediari.

Indubbiamente, considerata anche la spinta “politica” proveniente da diversi orientamenti, un esame di merito per ciascuna pratica avrebbe allungato i tempi del riconoscimento in aperto contrasto con i termini legislativamente fissati per la chiusura dei lavori agevolati.

Si ribadisce, però, che alcuni elementi erano agevolmente verificabili in termini temporali molto brevi tenuto conto che sono tutti disponibili preso l'anagrafe tributaria. A titolo di mero esempio, si citano l'incoerenza reddituale e patrimoniale tra il valore e l'oggetto dei lavori asseritamente eseguiti nonché il profilo dei committenti beneficiari delle agevolazioni in esame e la sproporzione tra l'ammontare dei crediti ceduti ed il valore dell'unità immobiliare.

Le gravi ricadute sui cessionari

La verifica circa la responsabilità in solido del singolo cessionario deve essere condotta, caso per caso, valutando il grado di diligenza effettivamente esercitato che, nel caso di operatori professionali, quali ad esempio i soggetti ricompresi nell'ambito applicativo del decreto legislativo antiriciclaggio, deve essere particolarmente elevato e qualificato.

Ricordato che le comunicazioni inviate alla piattaforma per le cessioni dei crediti dell'Agenzia delle entrate non rappresentano, né sostituiscono, gli atti contrattuali di cessione del credito intervenuti tra le parti, esse rappresentano lo strumento con cui un soggetto rende noto all'Agenzia delle entrate di aver ceduto un credito di imposta, derivante da una detrazione fiscale, ad altro soggetto (anche il fornitore), al fine di consentirne l'utilizzo da parte di quest'ultimo (in qualità di cessionario) nei modi previsti.

A questo punto emergono le conseguenze più rilevanti delle istruzioni che obbligano, nella sostanza, i cessionari a valutare, al momento dell'utilizzo in compensazione dei crediti fiscali acquisiti, di aver preventivamente operato con la necessaria diligenza all'atto dell'acquisto del credito, con speciale riguardo inter alia a quelli oggetto di sequestro da parte dell'Autorità giudiziaria.

Di qui l'ovvia conclusione volta ad escludere “in ogni caso la possibilità di compensare i crediti acquisiti in violazione dei princìpi sopra espressi”. Coerentemente, i crediti illegittimamente compensati sono oggetto di recupero secondo i principi generali, ferma restando la possibilità di ravvedimento.

In ultimo, si precisa che l'eventuale dissequestro di crediti, acquistati in violazione dei principi sopra illustrati, da parte dell'Autorità giudiziaria (ad esempio, in ragione dell'assenza di periculum in mora in capo al cessionario) non costituisce ex se circostanza idonea a legittimare il loro utilizzo in compensazione.

Di conseguenza, in caso di utilizzo in compensazione di crediti d'imposta inesistenti, interessati dal provvedimento di dissequestro, gli organi di controllo procederanno parimenti alla contestazione delle violazioni e alle conseguenti comunicazioni all'Autorità giudiziaria ordinaria per le indebite compensazioni effettuate.

In conclusione

Questa conclusione degli Organi centrali ha creato un vero e proprio panico in quanto è stato esplicitamente affermato, per la prima volta, che ai fini dell'utilizzo del credito da parte del cessionario, si prescinde dalla buona fede ovvero dal grado di diligenza utilizzato per assumere come unico elemento di riferimento la esistenza o inesistenza del credito.

Francamente non si comprende lo stupore suscitato dalle istruzioni dell'Agenzia che, non solo trovano, direttamente o indirettamente, un riscontro nella norma primaria (anche a non voler scomodare i principi costituzionali) ma è soprattutto dettato dal buon senso, prima ancora dell'intervento della stessa Magistratura contabile.

In altri termini, non è possibile ipotizzarsi un riconoscimento di credito costruito sulla base di truffe in quanto supportato da prove documentali materialmente e ideologicamente false sol perché il cessionario lo ha acquistato in buona fede. Indubbiamente, gli intermediari finanziari non hanno lo strumento investigativo della Polizia giudiziaria per effettuare indagini e riscontri; ma è altrettanto innegabile che la buona fede non può spostare l'asse della responsabilità dal cessionario all'Agenzia delle entrate ancorché la sussistenza formale del credito sia stata dalla stessa certificata.

Giustamente l'Agenzia delle entrate precisa che le decisioni della magistratura rilevano solo nell'ipotesi in cui si accerti la inesistenza del credito e non su altri profili attinenti ai rapporti con i cedenti, le misure ablative, ecc.

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